Con l'ordinanza in commento, la Corte Suprema ribadisce che il potere di revoca spetta al giudice del rinvio ovvero al giudice che ha pronunciato il provvedimento oggetto di ricorso, ed abbia ritenuto corretta la revoca anche della seconda ammissione, stante la detta valutazione autonoma di manifesta infondatezza della domanda.
L'attuale ricorrente proponeva opposizione dinanzi al Tribunale avverso il decreto con il quale era stata rigettata la richiesta di liquidazione dei compensi per il difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio, relativamente al giudizio di cassazione, avente ad oggetto l'impugnazione del rigetto della domanda di...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
O.Z. proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Campobasso avverso il decreto con il quale era stata rigettata la richiesta di liquidazione dei compensi per il difensore della parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, relativamente al giudizio di cassazione, avente ad oggetto l’impugnazione del rigetto della domanda di protezione internazionale, conclusosi con declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nella vicenda, il Tribunale in primo grado aveva rigettato la domanda di protezione, provvedendo contestualmente alla revoca del beneficio, che però era stato nuovamente concesso in via provvisoria ai fini della proposizione del ricorso per cassazione.
A seguito della decisione della Corte Suprema, la richiesta di liquidazione per il giudizio di legittimità era stata rigettata, sul presupposto che già fosse intervenuta la revoca, ma l’opponente rilevava che occorreva distinguere la precedente revoca, non opposta, del beneficio relativamente al giudizio di merito, rispetto alla successiva ammissione concessa per il giudizio di legittimità.
Il Tribunale, quale giudice dell’opposizione, con ordinanza n. 120 del 5 maggio 2021 ha rigettato l‘opposizione.
A tal fine ha richiamato la previsione di cui all’art. 35 bis co. 17 del D. Lgs. n. 25/2008, ed ha rilevato che, essendo stato disatteso il ricorso in cassazione, pur tenendo conto della nuova ammissione in via provvisoria ex art. 122 del DR n.115/2002, per proporre ricorso, quest’ultimo era stato reputato inammissibile in quanto finalizzato ad ottenere una mera rivisitazione della ricostruzione in fatto già operata dal Tribunale, il che confermava la manifesta infondatezza della domanda.
Per la cassazione di tale ordinanza propone ricorso O.Z. sulla base di tre motivi.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese in questa fase. Il primo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussone tra le parti, con riferimento alla carenza di motivazione del decreto di revoca del beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non esaminata dal giudice dell’opposizione.
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 120 e 136 del DPR n. 115/2002, in quanto non si è tenuto conto del fatto che il ricorrente aveva conseguito, in vista del ricorso per cassazione, una nuova ammissione in via provvisoria al beneficio, come appunto previsto dall’art. 120, essendo stata quindi valutata in quella sede la non manifesta infondatezza della pretesa.
Il giudice del decreto opposto aveva però confuso la revoca della precedente ammissione con la nuova ammissione in vista del ricorso per cassazione e tale conclusione è stata confermata dal giudice dell’opposizione, in maniera illogica.
Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione anche con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost, e 136 del DPR n. 115/2002, dell’art. 35 bis co. 17 del D. Lgs. n. 25/2008, come modificato dal d.l. n. 13/2017, art. 6 lett. g), degli artt. 74 co. 2 e 82 del DPR n. 115/2002, anche con riferimento all’irretroattività del d.l n. 113/2018.
La decisione gravata ha ritenuto che l’art. 35 bis citato debba essere interpretato nel senso che il rigetto della domanda di protezione implica un’automatica revoca del beneficio, ma trattasi di interpretazione erronea della norma, essendo invece necessario comunque motivare circa la manifesta infondatezza della domanda.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono inammissibili.
In primo luogo, deve ribadirsi che stante il carattere interamente devolutivo del giudizio di opposizione, che non si presenta come un giudizio di impugnazione, il medesimo è un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della decisione opposta (Cass. n. 1470/2018), e le censure in cassazione devono investire direttamente la decisione resa in sede di opposizione, non potendosi invece reiterare critiche, come appunto fatto nel primo motivo, alla motivazione offerta dal giudice del provvedimento opposto.
Nel caso in esame, il Tribunale quale giudice dell’opposizione, pur mostrandosi del tutto consapevole che a seguito della prima revoca, il ricorrente avesse conseguito, ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso il rigetto della domanda di protezione da parte del Tribunale, una nuova ammissione in via provvisoria, ha ritenuto che, senza mettere in discussione la facoltà che la legge concede alla parte interessata ex art. 120 del DPR n. 115 del 2002, tuttavia, stante l’esito del giudizio in sede di legittimità, ricorressero le condizioni per una nuova revoca del beneficio, e ciò alla luce della previsione di cui all’art. 35 bis co. 17 sopra richiamato.
La conclusione del Tribunale è incensurabile.
A norma dell'art. 35 bis, comma 17, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, nella specie applicabile ratione temporis, nelle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, allorché il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e l'impugnazione ha ad oggetto una decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi degli articoli 29 e 32, comma 1, lettera b-bis), il giudice, quando rigetta integralmente il ricorso, indica nel decreto di pagamento adottato a norma dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, le ragioni per cui non ritiene le pretese del ricorrente manifestamente infondate ai fini di cui all'articolo 74, comma 2, del predetto decreto. Alla luce di tale disposizione, Cass. Sez. 6 - 1, 27/09/2019, n. 24109, ha già affermato che deve ritenersi pienamente compatibile, sul piano costituzionale, la previsione della revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato a fronte della manifesta infondatezza delle domande, spettando al giudice di merito che procede stabilire motivatamente se la manifesta infondatezza vi sia oppure no. Del resto, già l'art. 122 del d.P.R. n. 115/2002, subordina l'ammissibilità dell'istanza di patrocinio alla valutazione di "non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere", mentre l'art. 136, comma 2, del medesimo d.P.R. n. 115/2002 stabilisce che il magistrato revoca l'ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell'ordine degli avvocati, se risulta l'insussistenza dei presupposti per l'ammissione ovvero se l'interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (si veda già (Cass. Sez. 6 - 2, 10/04/2020, n. 7785).
Agli effetti dell'art. 35 bis, comma 17, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, il rigetto della domanda di protezione internazionale non implica automaticamente la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la quale postula, piuttosto, comunque l'accertamento del presupposto della colpa grave nella proposizione dell'azione, valutazione diversa ed autonoma rispetto a quella afferente alla fondatezza del merito della domanda.
L'art. 35 bis, comma 17, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, suppone l'esercizio di un potere distinto rispetto a quello del giudice che decide sulla domanda di protezione internazionale. Tale potere è orientato da una valutazione a sua volta diversa dalla già operata delibazione ex ante del requisito della non manifesta infondatezza (che va compiuto al momento della presentazione della domanda) e si sostanzia nella revoca ex post della ammissione al beneficio quando, a seguito del giudizio, non risulti provato che la persona ammessa non abbia azionato una pretesa manifestamente infondata, del che il giudice deve dar conto necessariamente in motivazione (argomenta da Corte cost. ord. 17 luglio 2009, n. 220).
Non è dunque corretto sostenere che, nelle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, allorché il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, il giudice debba motivare "solo se non revoca" il patrocinio, intendendosi altrimenti il provvedimento di ammissione automaticamente revocato per il sol fatto che il ricorso sia stato rigettato integralmente (si veda Cass. Sez. 6 - 2, 24/09/2020, n. 20002).
Poste tali premesse che rispondono all’orientamento oramai consolidato di questa Corte, ancorché in un passaggio l’ordinanza gravata assuma erroneamente che nel caso di rigetto della domanda di protezione, l’ammissione disposta in via provvisoria sia di fatto revocata, il che contrasta con quanto sopra riferito, va però evidenziato che nel successivo sviluppo della motivazione, il Tribunale ha fatto specifico riferimento al contenuto della decisione del giudice di legittimità, rilevando come con la stessa fosse stata confermata la valutazione di manifesta infondatezza che aveva già portato alla prima revoca del beneficio, avuto riguardo alla circostanza che il ricorso per cassazione non conteneva censure di diritto, ma aspirava, in maniera non consentita, ad una rivisitazione del fatto.
Non è casuale poi che la stessa decisione gravata, senza quindi accedere alla soluzione della revoca ex lege del beneficio, abbia richiamato il principio affermato da Cass. S.U. n. 4315/2020, che ha statuito che in caso di ammissione al patrocinio per il ricorso per cassazione, il potere di revoca spetta al giudice del rinvio ovvero al giudice che ha pronunciato il provvedimento oggetto di ricorso, ed abbia ritenuto corretta la revoca anche della seconda ammissione, stante la detta valutazione autonoma di manifesta infondatezza della domanda.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.
Nulla a disporre per le spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato Ministero.
Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile;
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.