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23 dicembre 2022
Spetta l’assegno divorzile alla ex che viene licenziata per comportamenti illeciti

Non è integrata un'ipotesi ostativa all'insorgenza del diritto, così come avviene quando la ex moglie abbandona volontariamente il proprio lavoro.

La Redazione
La Corte d'Appello respingeva il reclamo proposto da un uomo contro il decreto del Tribunale che, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, aveva aumentato l'importo dell'assegno divorzile riconosciuto alla sua ex moglie. In particolare, la donna aveva richiesto l'assegno a carico dell'ex coniuge in quanto disoccupata, essendo stata licenziata dal quotidiano presso cui lavorava come impiegata per vari comportamenti illeciti, integranti gli estremi di reato, per i quali era stata pronunciata sentenza di condanna penale.
 
Contro questa decisione, l'uomo ricorre in Cassazione deducendo che la condotta dolosa della ex moglie sarebbe ostativa all'insorgenza del diritto a percepire l'assegno divorzile, in quanto tale situazione dovrebbe essere equiparata all'abbandono volontario dal lavoro per il quale la giurisprudenza di legittimità ha escluso il riconoscimento del diritto.
 
Con ordinanza n. 37577 del 22 dicembre, la Corte Suprema respinge il ricorso.
 
Innanzitutto, va ricordato che l'assegno divorzile, oltre alla natura compensativa e perequativa, ha una finalità assistenziale, richiedendosi l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi e l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Qualora tali condizioni non sussistano al momento della pronuncia della sentenza di divorzio, uno degli ex coniugi, in sede di modifica delle condizioni, può dedurre il verificarsi di una nuova situazione, idonea a modificare l'originario assetto reddituale e patrimoniale. In questi casi il giudice è tenuto ad accertarne la loro eventuale sopravvenienza.
 
Ciò premesso, il precedente giurisprudenziale richiamato dal ricorrente ha escluso il riconoscimento dell'assegno divorzile perché l'impossibilità di procurarsi i mezzi adeguati, in quel caso, non dipendeva da incapacità lavorativa, ma dalla “libera scelta” del coniuge di abbandonare l'occupazione lavorativa. Il mancato riconoscimento del diritto, dunque, non è stato considerato «come una sorta di “sanzione” per il coniuge debole che si è posto volontariamente in una situazione di difficoltà economica, ma sempre legata all'insussistenza dell'oggettiva impossibilità di procurarsi i mezzi adeguati».
 
Nel caso di specie, invece, quella che viene invocata è proprio una “sanzione” ai danni della ex moglie: pur non contestandosi che quest'ultima si trovi nell'impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive, il solo fatto che la situazione di difficoltà economica sia dipesa da una sua condotta volontaria (addirittura dolosa) comporterebbe la perdita del diritto di usufruire della solidarietà dell'ex coniuge, principio cui è ispirato il riconoscimento dell'assegno divorzile. Soluzione che è senz'altro estranea alla disciplina dettata sia dall'art. 5 che dall'art. 9 L. n. 898/1970.
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