
Il Legislatore valorizza svariate vicende della vita della società in cui l'infiltrazione mafiosa sta per materializzarsi, ma senza spingersi fino a conferire rilevanza a ciò che accade in altri organismi societari appartenenti allo stesso gruppo.
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli ha respinto l'istanza di riesame proposta da (omissis) avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 26 aprile 2022 dal G.i.p. dello stesso Tribunale avente ad oggetto la somma di euro 245.355,00 rinvenibile in forma liquida o disponibile su conti correnti della (omissis) s.r.l. e della (omissis) s.r.l. nonché dell'indagato persona fisica o comunque depositata presso istituti bancari da ricercare in fase esecutiva oltre che delle somme di denaro accreditate sui conti correnti dopo l'esecuzione del sequestro, in relazione all'imputazione provvisoria di avere violato l'art. 316-ter cod. pen. (capi 1 e 2) nel conseguimento di contributi economici pubblici o di altre erogazioni per un ammontare complessivo di pari importo.
Più in particolare la misura cautelare è stata applicata in relazione al conseguimento da parte delle società di cui l'indagato è legale rappresentante di contributi diretti in denaro a fondo perduto o di agevolazioni economiche di varia natura (crediti di imposta o ammissione a finanziamenti garantiti dallo Stato) previsti dalla legislazione emergenziale da Covid-19 (v. infra), sull'assunto - fatto proprio dal G.i.p. e condiviso dal Tribunale - dell'omessa informazione che le medesime società, nonché una terza, la (omissis) s.r.l., in liquidazione, parimenti riconducibile all'indagato, fossero state raggiunte da informazioni interdittive antimafia ai sensi dell'art. 91 d. lgs. n. 159 del 2011.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'indagato che, riproponendo le censure già dedotte dinanzi al Tribunale, deduce violazione di legge e vizi di motivazione in ordine a tre profili:
- con riferimento alla normativa speciale che regola la concessione dei contributi in denaro e delle ulteriori agevolazioni economiche (d.l. n. 137 del 2020 cd. Decreto Ristori; d.l. n. 149 del 2020 cd. Decreto Ristori bis, entrambi facenti rinvio all'art. 25, commi 8 e 9 del d.l. n. 34 del 2020) l'ambito della preclusione soggettiva prevista dal combinato disposto del citato art. 25 d.l. n. 34 del 2020 con l'art. 67 del d. lgs. n. 159 del 2011 riguarda esclusivamente i destinatari di un provvedimento definitivo di misura di prevenzione, tenuti a comunicare le condizioni ostative all'ente erogante; l'interdittiva antimafia non costituisce, invece, una misura di prevenzione contemplata nel Libro I, Titolo I, Capo II del Codice antimafia, rappresentando provvedimento amministrativo di natura cautelare e preventiva;
- il fatto non è sussumibile nell'ipotesi di reato contestata.
Anche a voler ritenere corretto l'inquadramento normativo fatto proprio dalla ordinanza, il Tribunale ha ritenuto ininfluente la circostanza che le società di cui l'indagato è legale rappresentante abbiano richiesto i finanziamenti in epoca antecedente all'interdittiva antimafia, emessa nei confronti di entrambe in data 26 giugno 2022, reputando, invece, rilevante e decisivo il fatto che una terza società da lui amministrata, la (omissis)
s.r.l., fosse stata fatta a sua volta segno di interdittiva in epoca anteriore e vale a dire il 5 marzo 2020.
Tuttavia il contributo previsto per l'emergenza pandemica è riferito alle singole attività imprenditoriali, con la conseguenza che riguardo· alle due predette società non esisteva, al momento della richiesta, alcun provvedimento interdittivo e quindi nessun impedimento all'erogazione;
- il ricorrente ha formalmente rinunziato ai contributi conseguiti ai sensi dell'art. 25 del d.l. n. 34 del 2020 in data 14 ottobre 2021 ed il successivo giorno 18 ha restituito gli importi percepiti.
Nonostante la documentazione ufficiale prodotta a tal fine (modelli F24 e documenti esistenti nel database dell'amministrazione finanziaria), il Tribunale l'ha ritenuta insufficiente, richiedendo una prova liberatoria aggiuntiva consistente alternativamente in una attestazione dell'amministrazione finanziaria o in appositi accertamenti esperiti dalla Guardia di Finanza.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Oggetto dell'imputazione provvisoria mossa al ricorrente (omissis) costituente premessa necessaria per l'applicazione della misura cautelare reale del sequestro preventivo a fini di confisca, è la violazione dell'art. 316-ter cod. pen. sotto forma di omessa comunicazione di informazioni dovute all'ente erogante ai fini dell'indebito conseguimento di contributi a fondo perduto, di crediti di imposta o dell'indebita ammissione a finanziamenti garantiti dallo Stato previsti dalla normativa emergenziale Covid-19.
Secondo, poi, l'impostazione accolta dal Tribunale e sul punto ampiamente sviluppata nell'ordinanza, la condotta illecita è propriamente consistita nella omessa comunicazione all'amministrazione erogante del venir meno delle condizioni originarie per la fruizione del sostegno economico, in funzione dei controlli che, in base alla normativa emergenziale adottata per fronteggiare gli effetti economici negativi derivanti dalla pandemia da SARS Covid-19, risultano necessariamente successivi all'erogazione dei contributi o all'ammissione ai benefici.
Stando ancora all'ordinanza ed al provvedimento impositivo della misura cautelare reale confermato, oggetto della mancata comunicazione da parte del ricorrente è la circostanza che in data 26 giugno 2020 le società (omissis) srl e la (omissis) srl erano state raggiunte da informative interdittive prefettizie antimafia ai sensi dell'art. 91 del d. lgs. n. 159 del 2011, in ragione del fatto che il relativo amministratore, (omissis), è il figlio 1(omissis) (omissis), fondatore e membro apicale dell'omonimo clan camorristico radicato nel territorio di (omissis) e comuni limitrofi e che una terza società dallo stesso amministrata, la (omissis) srl in liquidazione, era stata in precedenza (5 marzo 2020) raggiunta da analoga interdittiva.
È tale ricostruzione dell'ambito applicativo dell'art. 316-ter cod. pen., quale risultante dal suo rinvio implicito al cbn. disp. delle previsioni rilevanti della normativa emergenziale e di quelle pertinenti del d. lgs. n. 159 del 2011 (artt. 67, 84, 85 e 91) che viene, dunque, fatta segno di censura da parte del ricorrente, contestando egli l'astratta compatibilità delle condotte in addebito o se si vuole della fattispecie concreta con quella legale ipotizzata, invocando una delibazione prioritaria dell'antigiuridicità penale del fatto (Sez. U, n. 6 del 27/03/1992, Midolini, Rv. 191327), come tale pienamente ammissibile ai fini del vaglio di legittimità stabilito dalla legge per le misure cautelari reali (art. 325, comma 1, cod. proc. pen.).
3. Tanto premesso, il Tribunale di Napoli si è, con dovizia di argomenti, encomiabilmente profuso nello sforzo di individuare le previsioni normative in base alle quali ha ravvisato a carico del ricorrente la sussistenza di un onere (susseguente) di comunicazione, la cui omissione ha determinato la configurabilità a suo carico del delitto di cui all'art. 316-ter cod. pen.
Dalla contestazione provvisoria risulta, infatti, che le società (omissis) s.r.l. e (omissis) s.r.l. hanno richiesto e hanno avuto accesso ai seguenti contributi diretti in denaro o sono state ammesse alle agevolazioni economiche di seguito indicate.
3.1. Ammissione a finanziamento garantito dal Fondo Centrale di Garanzia PMI
- Piccole e Medie Imprese per i finanziamenti concessi da banche o intermediari finanziari autorizzati e altri soggetti abilitati alla concessione del credito di cui all'art. 13, lett. m), d.l. n. 23 del 2020 (cd. Decreto Liquidità) convertito nella legge n. 40 del 5 giugno 2020 (strumento di agevolazione economica ordinaria esteso oltre i limiti originari di applicazione a causa della emergenza da pandemia Covid-19).
Tra i requisiti essenziali ai fini dell'erogazione del finanziamento, l'art. 13 indica l'assenza di motivi di esclusione previsti dall'art. 80 commi 1, 2, 3 d. lgs. n. 50 del 2016.
Il comma 2 di detto art. 80 prevede che "Costituisce, altresì, motivo di esclusione la sussistenza, con riferimento ai soggetti indicati al comma 3, di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall'art. 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all'art. 84, comma 4, del medesimo decreto. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-bis e 92, commi 2 e 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia. Resta fermo, altresì, quanto previsto dall'art. 34-bis, commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159".
Secondo il Tribunale, dunque, la preclusione soggettiva non si esaurisce nella ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 67, comma 2, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e cioè dell'applicazione in via definitiva di una misura di prevenzione nei confronti del soggetto, persona fisica o giuridica, beneficiario delle provvigioni o agevolazioni pubbliche, ma risulta estesa ai casi di tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all'art. 84, comma 4, dello stesso decreto legislativo.
Questo è, infatti, l'elemento di novità nella previsione normativa che nella chiave di lettura accusatoria consentirebbe di superare i limiti di cui al citato art. 67, comma 2, in relazione al quale una recente pronuncia di questa Corte di cassazione ha affermato già il principio secondo cui, in tema di contributi economici pubblici previsti dalla normativa emergenziale volta al sostegno delle imprese colpite dalla pandemia da Covid-19, non si configura il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche nel caso in cui non sia allegata alla richiesta di fruire del contributo a fondo perduto di cui all'art. 1 d.l. 22 marzo 2021, n. 41 convertito nella legge 21 maggio 2021, n. 69, la dichiarazione di essere stato destinatario di informazione interdittiva antimafia, essendo ostativa alla fruizione del predetto contributo unicamente l'omessa dichiarazione dell'insussistenza delle condizioni di cui all'art. 67 d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che riguarda l'applicazione, con provvedimento definitivo, di una misura di prevenzione, fra le quali non rientra, tuttavia, la predetta interdittiva, in quanto provvedimento amministrativo incapacitante, avente natura cautelare e preventiva (Sez. 6 , n. 14731 del 11/01/2022, Pezzella, Rv. 283142).
Nel caso in esame, infatti, il Tribunale ha ritenuto di dover valorizzare la circostanza che, come già anticipato, una terza società riconducibile al ricorrente (la (omissis) s.r.l.) era stata fatta a sua volta segno di interdittiva antimafia, figurando nel relativo provvedimento l'affermazione che " ... è ragionevole supporre una propagazione della controindicazione antimafia dalla società (omissis) s.r.l. de [sic] (omissis) s.r.l. verso la (omissis) s.r.l." (pag. 16 ordinanza).
Tuttavia, come recita il testo di legge di cui all'art. 84, comma 4, d. lgs. n. 159 del 2011 tra "Le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all'adozione dell'informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3" non sembra rientrare anche quella indicata dal Tribunale.
Per espressa previsione normativa, infatti, la sussistenza di una di tali situazioni può essere alternativamente o cumutativamente desunta:
a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio ovvero recano una condanna non definitiva per taluni gravi reati espressamente ivi elencati;
b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione;
c) dall'omessa denuncia, salvo la ricorrenza di determinate esimenti, all'autorità giudiziaria dei reati di cui agli artt. 317 e 629 cod. pen. aggravati da parte dei soggetti indicati dall'art. 38 del d. lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 (codice appalti previgente);
d) dagli accertamenti disposti dal prefetto ai sensi della legge n. 726 del 12 ottobre 1982 o ai sensi dell'art. 93 dello stesso d. lgs. n. 159 del 2011;
e) dagli accertamenti da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta di quello di cui alla precedente lett. d);
f) dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari di cui ai provvedimenti di cui alle lettere a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l'intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia".
Ora a prescindere dal fatto che la ricordata affermazione non può che valere come semplice congettura, non è possibile ritenere che, sulla base proprio delle citate previsioni, possa dirsi acclarata la sussistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa solo in forza della avvenuta adozione di un provvedimento interdittivo antimafia a carico di una società diversa da quella che accede al finanziamento e/o alla agevolazione, per quanto riconducibile alla titolarità della medesima persona fisica.
La lettera f) dell'art. 84 dimostra, infatti, chiaramente che il legislatore reputa significative svariate vicende della vita della società in cui l'infiltrazione mafiosa sta per materializzarsi, ma senza spingersi a conferire rilevanza a ciò che accade in altri organismi societari, quand'anche facenti parte di uno stesso gruppo, di un medesimo consorzio o di un raggruppamento temporaneo di imprese.
3.2. Conseguimento del contributo a fondo perduto di cui all'art. 25 del ci.I. n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020 (cd. Decreto Rilancio) in favore di soggetti esercenti attività d'impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario nonché di titolari di partita IVA.
Il comma 8 dell'art. 25 contempla la presentazione dell'istanza esclusivamente per via telematica, istanza che, ai sensi del comma 9, deve contenere "anche l'autocertificazione che i soggetti richiedenti nonché i soggetti di cui all'art. 85, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 non si trovano nelle condizioni ostative di cui all'art. 67 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011 (... )".
In questo caso il Tribunale ha valorizzato il fatto che nel novero dei soggetti tenuti all'autocertificazione sono compresi anche quelli di cui all'art. 85, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, quelli, cioè, sottoposti alla verifica e potenzialmente destinatari delle informazioni antimafia di cui all'art. 91.
Resta, tuttavia, fermo il dato letterale che le condizioni ostative all'ammissione ai benefici finanziari sono sempre indicate in quelle di cui all'art. 67 dello stesso decreto legislativo n. 159 del 2011, senza alcuna innovazione, dunque, con riferimento ai limiti della preclusione soggettiva; inoltre l'individuazione specifica dei tenuti all'obbligo, contestualmente alla conferma dell'ampiezza dello stesso, circoscritto alla comunicazione della presenza delle misure di cui all'art. 67 d. lgs. 159 del 2011 rafforza l'identificazione dell'effetto ostativo solo in tale condizione.
3.3. Ammissione al credito d'imposta di cui all'art. 1, commi da 98 a 108 della I. n. 208 del 2015, come modificati dall'art. 7-quater del ci.I. n. 243 del 2016 ai fini dell'acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite del Mezzogiorno d'Italia, esteso all'emergenza Covid-19 come illustrato nell'ambito della "Comunicazione alla Commissione UE - Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del Covid-19 (2020/C 91 1/01)"
Stando all'ordinanza impugnata, in questo caso è evidente che, alla luce di quanto disposto in termini generali dall'art. 3 del ci.I. n. 76 del 2020 (che richiama l'art. 92, comma 3, d. lgs. n. 159 del 2011 per i procedimenti avviati su istanza di parte), la concessione di un credito d'imposta di importo superiore a 150.000 euro non possa prescindere dall'attestazione / comunicazione da parte del soggetto richiedente sottoposto a verifica, dei dati oggetto di informativa antimafia (pag. 14 ordinanza).
4. Riepilogando, l'ordinanza ritiene che, sulla base di una lettura sia analitica che sistematica delle norme applicabili (in particolare degli artt. 84, commi 3 e 4 nonché dell'art. 85 d. lgs n. 159 del 2011), il presupposto imprescindibile per l'erogazione del contributo o l'ammissione al finanziamento o il riconoscimento del credito d'imposta consista nella c.d. "regolarità antimafia" del soggetto richiedente, sia esso persona fisica o giuridica, rinvenendo in dette norme una preclusione aggiuntiva rispetto a quella prevista dall'art. 67, comma 4 dello stesso decreto che presuppone un provvedimento definitivo di applicazione di una misura di prevenzione, ma tale ricostruzione del dato normativo non appare condivisibile per le ragioni già in parte anticipate.
Dal punto di vista sistematico si viene, infatti, a configurare una preclusione soggettiva fondata su provvedimenti amministrativi soggetti ad impugnativa, mentre l'art. 67, comma 4, richiede la definitività di un provvedimento adottato dall'autorità giudiziaria.
In secondo luogo, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa previste dalle disposizioni normative in tema di finanziamento garantito dal Fondo Centrale di Garanzia PMI debbono riguardare direttamente il soggetto giuridico richiedente i contributi o l'ammissione ai benefici economici, come evidenziato dalla lett. f) dell'art. 84 del d. lgs. n. 159 del 2011 che attribuisce rilevanza a specifiche vicende interne degli organismi societari o delle imprese individuali interessate.
La ricordata affermazione contenuta nel provvedimento riguardante la società (omissis) s.r.l. non può, del resto, ritenersi neppure assimilabile al risultato di accertamenti disposti dal Prefetto competente (art. 84, comma 4, lett. d], d. lgs. n. 159 del 2011) risolvendosi, come anzidetto, in una mera, per quanto verosimile, congettura.
Infine, il richiamo ai soggetti di cui all'art. 85 dello stesso decreto legislativo n. 159 del 2011 (quelli cioè sottoposti a verifica antimafia) contenuto nel comma 9 dell'art. 25 del d.l. n. 34 del 2020 appare insuscettibile di estendere l'ambito della preclusione soggettiva che riguarda, per inequivoca previsione normativa, coloro che si trovano nelle condizioni ostative di cui all'art. 67 dello stesso d. lgs. n. 159 del 2011.
5. L'accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso assorbe evidentemente la residua doglianza articolata dalla difesa del ricorrente riguardo alla rinunzia ai benefici e alla prova dell'intervenuta restituzione dei contributi; l'ordinanza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, così come il decreto di sequestro da essa confermato, dovendo di conseguenza essere disposta la restituzione all'avente diritto delle somme di denaro eventualmente ancora in sequestro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata ed il decreto di sequestro e dispone la restituzione delle somme all'avente diritto. Manda alla Cancelleria per l'immediata comunicazione al · Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen.