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Con decreto ingiuntivo, la società beta, in qualità di cessionaria di un portafoglio di crediti della società alfa, aveva ingiunto a Tizia il pagamento della somma a titolo di esatto adempimento del contratto di apertura di credito a uso rotativo stipulato da Tizia con la società cedente. A seguito dell'ingiunzione, Tizia proponeva opposizione in Tribunale, eccependo, tra i vari motivi, la prescrizione del diritto di credito della società opposta. |
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La disposizione ex art. 1335 c.c. prevede che la proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. La norma pone una presunzione di conoscibilità dell'atto, necessaria per porre un punto fermo nella problematica dell'effettivo momento di conoscenza di un atto da parte del suo destinatario.
Premesso ciò, se il creditore invia una diffida al debitore per ottenere un pagamento, quest'atto interrompe il decorso della prescrizione, per cui il relativo termine inizia a decorrere da capo a partire dal giorno successivo al ricevimento dell'atto stesso. La raccomandata si considera ricevuta nel momento in cui arriva a conoscenza del destinatario. In pratica, la raccomandata si considera ricevuta nel momento in cui il portalettere – non trovando nessuno a casa – lascia nella cassetta l'avviso di comunicazione della giacenza, con l'invito a ritirare la busta all'ufficio postale. L'atto si considera comunque conosciuto, benché non ritirato, e produce ugualmente i suoi effetti giuridici.
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La compiuta giacenza è prevista dalla legge italiana, per quanto riguarda la spedizione di raccomandate, di cartelle esattoriali e di atti giudiziari, che non vengono ritirati dai destinatari. Per evitare che le comunicazioni siano inefficaci, infatti, il Legislatore ha stabilito che, entro un termine temporale si possano considerare ad ogni modo ricevute. Per quanto riguarda le normali raccomandate, più precisamente, la compiuta giacenza si verifica nel caso in cui il destinatario delle stesse non si rechi nei trenta giorni prescritti presso l'ufficio postale per il ritiro. L'originale, in tal caso, viene rinviato al mittente con l'apposita indicazione di compiuta giacenza. Con la conseguenza che la lettera, da un punto di vista legale, si presume ricevuta dal destinatario e quanto in essa contenuto si presume conosciuto. La lettera raccomandata - anche in mancanza dell'avviso di ricevimento - costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza dell'atto (Cass. civ., sez. I, 19 agosto 2016, n. 17204). In sintesi, quando la lettera o altra comunicazione spedita a mezzo posta giunge all’indirizzo del destinatario ma questi non la ritira, si presume che sia venuta a conoscenza del medesimo, con ogni conseguenza di legge anche relativamente al decorso della prescrizione; il ritorno al mittente “per compiuta giacenza”, pertanto, non inficia la validità e l’efficacia della spedizione, salvo prova contraria da parte del destinatario. |
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Secondo il giudicante, la circostanza che Tizia sino alla notifica del decreto ingiuntivo opposto non aveva mai ricevuto alcuna comunicazione in merito alla chiusura del contratto di finanziamento né relativamente al calcolo del dovuto era stata smentita dalla documentazione prodotta in sede monitoria e nel presente giudizio di opposizione dalla società beta. Difatti, la società convenuta aveva provato di aver inviato una prima richiesta di pagamento con lettera raccomandata con avviso di ricevimento del 19 giugno 2008, cui erano state seguite le altre due lettere raccomandate con avviso di ricevimento del 6 aprile 2009 e del 20 ottobre 2014. La notifica delle tre suindicate raccomandate si era perfezionata per compiuta giacenza, non essendosi Tizia premurata di ritirarle nel termine di trenta giorni dall'avviso di giacenza. Ne segue che il termine di prescrizione era stato efficacemente interrotto, operando in questo caso la presunzione di conoscenzaex |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con ricorso per decreto ingiuntivo la società NPL Management S.p.A., in qualità di cessionaria di un portafoglio di crediti della società Cofidis S.p.A. (già Vecofin S.p.A.), ha chiesto di ingiungere a I.D. il pagamento della somma di € 17.908,67, oltre interessi convenzionali di mora al tasso annuo del 22,19 % dal 4 febbraio 2021 sino al saldo, a titolo di esatto adempimento del contratto di apertura di credito a uso rotativo n. (omissis) stipulato da I.D. con la società cedente.
In particolare, la società NPL Management S.p.A. ha esposto che il credito azionato derivava dall’importo ceduto di € 5.314,41, oltre ad € 12.594,26 per interessi al tasso convenzionalmente pattuito nella misura del 22,19% calcolati sull’importo capitale finanziato di € 4.410,50 con decorrenza dalla data di cessione del 26 marzo 2008 sino alla data del ricorso.
1.2. Con decreto ingiuntivo n. 9177/2021 pubblicato il 14 maggio 2021 il Tribunale di Milano ha ingiunto a I.D. il pagamento della somma indicata, oltre interessi e spese processuali.
1.3. I.D. ha proposto tempestiva opposizione, eccependo che:
- il modulo di richiesta del finanziamento sottoscritto il 5 febbraio 2002 (doc. 1 del fascicolo monitorio) era incomprensibile;
- l’eventuale diritto di credito della società NPL Management S.p.A. era prescritto, non essendo pervenuta
alcuna comunicazione da parte di Cofidis S.p.A. o di Vecofin S.p.A. in merito alla chiusura del contratto di finanziamento o della cosiddetta “riserva”, né tantomeno in relazione al calcolo del residuo dovuto;
- nelle Condizioni Generali del contratto era dissimulata una forma di anatocismo;
- dalla lettura delle Condizioni Generali nulla si evinceva in merito all’obbligo di spese e all’applicazione di interessi convenzionali esorbitanti, nella misura del 22,19 %, evidenziando che ai sensi dell’art. 1284 c.c. la preventiva sottoscrizione delle condizioni economiche è presupposto essenziale per la loro successiva applicazione, data la mancanza di alcuna forma di sanatoria postuma;
- il tasso applicato risultava illegittimo per usura oggettiva, in quanto superiore al tasso soglia;
- l’ammontare del credito azionato era comunque errato, non essendo la somma di € 5.314,41 riconducibile ad alcun ammontare nel contratto di finanziamento e non avendo la società NPL Management S.p.A. tenuto conto dei versamenti effettuati dall’opponente per complessivi € 1.810,00 (docc. 2-3 di parte attrice opponente).
In via riconvenzionale, parte attrice opponente ha chiesto la condanna della società NPL Management S.p.A. ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ritenendo che la confusa documentazione prodotta in sede monitoria non riuscisse a soddisfare i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità richiesti per l’emissione del decreto ingiuntivo.
Infine, l’opponente ha evidenziato che la mancata trasparenza nelle statuizioni contrattuali, l’eccessiva complicazione giuridica sulla definizione dell’aumento del capitale, la quasi inesistente oggettiva esposizione grafica, il carattere lillipuziano utilizzato, nonché l’assoluta mancanza di spiegazioni da parte degli addetti della Cofidis (o Vecofin) S.p.A. alla trattativa varrebbero complessivamente ad integrare un comportamento in violazione dei principi della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c.
1.4. Si è costituita in giudizio la società NPL Management S.p.A., chiedendo il rigetto dei motivi di opposizione, in quanto infondati in fatto e in diritto.
Segnatamente, parte convenuta opposta ha contestato:
- il carattere incomprensibile del modulo di richiesta del finanziamento, rilevando che:
a) il modulo, così come le condizioni ad esso applicate, erano illustrati in modo chiaro e specifico;
b) I.D. aveva sottoscritto il modulo con l’apposizione di ben due firme, dimostrando così di averne letto e compreso il contenuto;
c) I.D. aveva effettuato pagamenti, senza mai eccepire alcunché;
- l’eccezione di prescrizione del proprio diritto di credito, osservando che il termine di prescrizione era stato interrotto dalle raccomandate del 6 aprile 2009 e del 20 ottobre 2014 che si erano perfezionate per compiuta giacenza (docc. 4 e 5 del fascicolo monitorio);
- l’assunto di parte opponente circa l’applicazione di clausole anatocistiche, deducendo in proposito che gli artt. 6 e 7 delle Condizioni Generali (doc. 1 del fascicolo monitorio) stabilivano in modo espresso che gli interessi venivano calcolati unicamente sul capitale;
- la circostanza che nelle Condizioni Generali nulla si evinceva in merito all’obbligo di spese e agli interessi convenzionali nella misura del 22,19 %, deducendo che gli artt. 3 e 6 disciplinavano in modo chiaro, rispettivamente, le condizioni economiche e l’applicazione e la misura degli interessi di mora sul capitale rimasto impagato;
- la fondatezza dell’eccezione di usura oggettiva, rilevando che il T.A.N., il T.A.E.G. e il tasso di mora applicati erano inferiori al tasso soglia stabilito al momento della conclusione del contratto, individuato nella misura del 29,93% in conformità alle indicazioni contenute nella tabella di Banca d’Italia sui tassi soglia allegata al ricorso (doc. 6 del fascicolo monitorio);
- l’eccezione sollevata da parte opponente in merito all’errata quantificazione del credito, osservando che:
a) NPL Management S.p.A. aveva tenuto in considerazione tutti i pagamenti effettuati da Immacolata
D., come evincibile dall’estratto conto prodotto nel fascicolo monitorio sub doc. 2;
b) l’importo di € 5.314,41 derivava dal capitale concesso inizialmente quale linea di credito e dai successivi riutilizzi, con l’aggiunta degli interessi e dalle spese previste, dedotti i pagamenti effettuati nel tempo da I.D.;
- la fondatezza della domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento del danno ai sensi dell’art 96 c.p.c., sul presupposto che i documenti prodotti nel giudizio monitorio non generavano alcuna confusione, risultando questi, al contrario, di facile lettura e comprensione;
- tutte le circostanze su cui parte opponente aveva ipotizzato la responsabilità precontrattuale della società opposta, ai sensi dell’art. 1337 c.c.
Infine, la società NPL Management S.p.A. ha chiesto la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell’art. 648 c.p.c., non essendo l’opposizione fondata su prova scritta né di pronta soluzione e risultando questa essere stata proposta a fini dilatori.
1.5. All’esito della prima udienza è stata rigettata l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ed è stato assegnato il termine di quindici giorni per l’introduzione della procedura di mediazione, conclusasi con esito negativo come da verbale del 10 marzo 2022 (doc. allegato alle note di trattazione scritta di parte convenuta opposta per l’udienza del 12 aprile).
La causa è stata istruita solo documentalmente ed è stata fissata l’udienza del 9 novembre 2022 per la precisazione delle conclusioni. In quella sede, la causa è stata trattenuta in decisione, assegnando alle parti i termini ridotti di cui all’art. 190 c.p.c. pari a venti giorni per il deposito delle comparse conclusionali e ulteriori venti giorni per il deposito delle memorie di replica.
2. In via preliminare, si ritiene che tutte le questioni sollevate dall’opponente in merito alla corretta instaurazione della procedura di mediazione debbano ritenersi superate dal dettato normativo e, in particolare, dall’art. 8 d.lgs. n. 28/2010 in virtù del quale “[…] La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante […]”. D’altro canto, le circostanze allegate dall’opponente secondo cui “la signora I.D. è stata ricoverata presso
l’Ospedale Humanitas di Milano, dal 30 novembre 2021 al 20 dicembre 2021 e dal 13 gennaio 2022 al 28 gennaio 2022, e riferisce di non aver mai ricevuto avvisi anche tramite il controllo della casella di posta presso la sua abitazione effettuato da persone di sua fiducia” (cfr. note scritte depositate in data 8 aprile 2022) sono prove di qualunque supporto probatorio.
3. Tanto premesso, l’opposizione proposta da I.D. è infondata per le ragioni che seguono.
3.1. In primo luogo, si rileva che l’eccezione di incomprensibilità del modulo di richiesta di finanziamento è stata formulata in modo così generico da considerarsi come non proposta. il carattere estremamente generico della contestazione, in effetti, non ha nemmeno consentito alla società convenuta opposta di difendersi puntualmente. Parte opponente, infatti, si è limitata ad affermare che il rapporto di finanziamento oggetto d’esame sarebbe stato proposto su un modulo che risulterebbe ictu oculi incomprensibile, senza però specificarne in alcun modo le ragioni. Al riguardo, si osserva solamente che il modulo oggetto d’esame è stato sottoscritto da I.D. con l’apposizione di due firme, non risultando che l’opponente abbia mosso contestazioni né chiesto chiarimenti in ordine al suo contenuto, se non dopo aver ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo.
Ebbene, ferma l’assoluta genericità dell’eccezione che non consente di svolgere più specifiche considerazioni, le circostanze di fatto appena esposte contribuiscono a palesarne l’infondatezza e la pretestuosità.
3.2. Parimenti infondata è l’eccezione di prescrizione del diritto di credito vantato dalla società NPL Management S.p.A.
La circostanza che I.D. sino alla notifica del decreto ingiuntivo opposto non avrebbe mai ricevuto alcuna comunicazione in merito alla chiusura del contratto di finanziamento né relativamente al calcolo del dovuto è smentita dalla documentazione prodotta in sede monitoria e nel presente giudizio di opposizione dalla NPL Management S.p.A.
La società convenuta ha provato di aver inviato una prima richiesta di pagamento con lettera raccomandata con avviso di ricevimento del 19 giugno 2008 (doc. 10 di parte convenuta opposta allegato alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c.), cui sono seguite le altre due lettere raccomandate con avviso di ricevimento del 6 aprile 2009 e del 20 ottobre 2014 (docc. 4-5 del fascicolo monitorio).
La notifica delle tre suindicate raccomandate si è perfezionata per compiuta giacenza, non essendosi
I.D. premurata di ritirarle nel termine di trenta giorni dall’avviso di giacenza.
Ne segue che il termine di prescrizione è stato efficacemente interrotto, operando in questo caso la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., in quanto I.D. non ha in alcun modo provato di essere stata, senza sua colpa, nell’impossibilità di avere notizia delle raccomandate pervenute al proprio indirizzo.
3.3. Altresì infondata risulta l’eccezione dell’opponente secondo cui nelle Condizioni Generali del contratto sarebbe dissimulata una forma di anatocismo.
Anche in questo caso la formulazione estremamente generica e confusa dell’eccezione non ha consentito alla difesa dell’opposta di muovere puntuali contestazioni né tantomeno permette ora al giudice di svolgere specifiche valutazioni in merito
Ci si limita sinteticamente ad osservare che gli artt. 6 e 7 delle Condizioni Generali del contratto, richiamati da parte convenuta opposta, prevedono espressamente che gli interessi vengono calcolati sul capitale non pagato, non ravvisandosi, invece, alcun meccanismo anatocistico nelle stesse o in altre clausole contrattuali, che parte opponente avrebbe avuto in ogni caso l’onere di indicare.
3.4. Priva di pregio risulta poi l’eccezione dell’opponente secondo cui dall’esame del contratto nulla si evincerebbe in merito all’obbligo di spese e agli interessi convenzionali, ritenuti esorbitanti.
A tal riguardo, innanzitutto, si rileva che nel frontespizio del modulo sono indicate in modo preciso le condizioni economiche che regolano l’apertura di credito e, segnatamente:
- T.A.N. annuale nella misura del 24 %;
- T.A.E.G. dal 28,20 % al 27,29 %;
- premio assicurativo pari allo 0,6 % del debito residuo in caso di adesione all’assicurazione;
- imposta di bollo sul contratto e sull’estratto conto nella misura pro tempore vigente;
- spese di invio e gestione dell’estratto conto di cui all’art. 3 delle Condizioni Generali pari a € 1,01.
Quanto agli interessi di mora, rinviando nel prosieguo le considerazioni relative alla loro lamentata esorbitanza (si veda infra par. 2.6.), ci si limita ora ad osservare che l’art. 6 prevede chiaramente che “[i]l mancato puntuale pagamento di una o più rate mensili, comporterà l’addebito di interessi di mora sul capitale impagato al minore tra il tasso di cui all’art. 2, c.4, L. 108/1996 ed il tasso del 2,5% mensile”.
Di conseguenza, è evidentemente infondata anche la connessa deduzione di parte opponente per cui la preventiva sottoscrizione delle condizioni economiche del contratto integrerebbe un presupposto per la loro successiva applicazione.
Come appena rilevato, infatti, è documentato che I.D. ha sottoscritto il modulo di
richiesta di finanziamento apponendo due firme in calce al frontespizio del medesimo, cui seguono le Condizioni Generali applicabili al rapporto contrattuale. In particolare, I.D. ha dichiarato di approvare, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 c.c., specificamente alcune clausole, tra cui, per quanto maggiormente rileva nel caso di specie, anche il citato art. 6 delle Condizioni Generali, che indica il criterio per determinare il tasso di mora. Pertanto, le condizioni economiche contrattualmente pattuite risultano applicabili, in quanto specificamente approvate dall’opponente.
3.5. Priva di fondamento è l’eccezione di usura oggettiva, sollevata da parte opponente sulla scorta della considerazione del fatto che il tasso applicato supererebbe “la soglia effettiva ed inequivocabile del quantum”.
Per come è stata formulata nell’atto di citazione e mai meglio integrata né chiarita nelle memorie istruttorie o nelle note scritte d’udienza, anche questa eccezione appare estremamente generica.
Premesso che la parte che deduce la violazione dell’usura bancaria, e quindi l’applicazione di tassi superiori a quelli previsti dalla legge n. 108/1996, ha l’onere di dimostrare l’avvenuto superamento dello specifico tasso soglia rilevante, si ritiene che nel caso de quo tale onere non sia stato affatto assolto.
Negli scritti difensivi poc’anzi citati parte attrice opponente non ha indicato quale fosse il tasso soglia da ritenersi vigente alla data di stipula del contratto né ha fornito specifiche indicazioni circa le modalità e i criteri utilizzati ai fini della verifica del superamento del tasso soglia.
Ne discende che le allegazioni della società attrice siano da ritenersi carenti al punto da non consentire nemmeno di individuare la misura del tasso soglia rispetto al quale dovrebbe essere valutato il carattere usurario degli interessi pattuiti.
A tal riguardo, giova richiamare il principio enunciato recentemente dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, secondo cui “[l]’onere probatorio nelle controversie sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l’entità usuraria degli stessi, ha l’onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall’altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto”. (Cass. civ, SS.UU, 18 settembre 2020, n. 19597).
Solo nella comparsa conclusionale, e quindi tardivamente, l’opponente ha eccepito che il tasso di interesse di mora risulterebbe pari al 18%, senza tuttavia, anche in questa sede, fornire alcun chiarimento in proposito.
Al contrario, parte convenuta opposta ha esposto le modalità di calcolo e i criteri seguiti per l’individuazione del tasso soglia usura nella misura del 29,93 %.
In particolare, la società NPL Management S.p.A. ha prodotto documentazione da cui risulta che il tasso medio previsto per la categoria di finanziamento richiesto da I.D. al momento della conclusione del contratto (5 febbraio 2002) era pari al 19,95 % (doc. 6 fasc. monitorio). Come previsto dal medesimo documento, ai fini della determinazione degli interessi usurari ex art. 2, comma 4, della legge 7
marzo 1996, n. 108 il tasso individuato doveva essere aumentato della metà, essendo stato introdotto
l’aumento di un quarto per l’effetto delle modifiche apportate dall’art. 8, comma 5, lettera d), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70.
Ebbene, aumentando della metà il tasso medio pari al 19,95 %, si perviene alla percentuale del 29,93 % rilevante ai fini della soglia usura.
Con specifico riferimento, poi, agli interessi di mora, parte convenuta opposta ha richiamato l’art. 6 delle Condizioni Generali, secondo cui essi devono essere pari al minor tasso tra quello stabilito dall’art. 2 art. 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108 e il tasso del 2,5 % mensile.
Posto che il tasso del 2,5 % mensile è pari al 30% annuo, anche in questo caso il tasso soglia cui occorre far riferimento è quello del 29,93 %.
Alla luce di quanto sopraesposto, dunque, né il T.A.N. (24 %) né il T.A.E.G. (dal 28,20 % al 27,29 %) né il tasso applicato agli interessi di mora nel ricorso per decreto ingiuntivo (22,19 %) risultano superiori alla soglia individuata, con la conseguenza che non è ravvisabile alcun fenomeno usurario.
3.6. Infine, occorre esaminare l’eccezione relativa all’errata quantificazione del credito e alla sua conseguente incertezza. In particolare, l’opponente ha lamentato, da un lato, la mancata deduzione dei pagamenti effettuati risultanti bollettini prodotti sub docc. 2 e 3, dall’altro, la non riconducibilità della somma di € 5.314,41 ad alcun ammontare previsto nel contratto di finanziamento.
L’eccezione è infondata sotto entrambi i profili.
Innanzitutto, si rileva che la società convenuta opposta, nel determinare la somma richiesta, ha tenuto in considerazione tutti i pagamenti effettuati da I.D., come risulta dall’estratto conto prodotto sub 2 nel giudizio monitorio.
Quanto al secondo profilo, giova premettere che I.D. ha ottenuto il 7 febbraio 2002 una linea di credito per € 2.000,00, ricevendo successivamente, in data 4 settembre 2006, una proposta di aumento di credito fino a € 4.500,00, come allegato e documentato dalla stessa parte opponente (doc. 4). A tale ultimo riguardo, si osserva che è stata la stessa parte opponente a sostenere che “In data 4 settembre 2006
Cofidis proponeva alla signora D. un “aumento del credito” inviato tramite formulario “volantino” “dépliant” con una nuova rata mensile di restituzione di Euro centocinquantacinque” (atto di citazione p. 2).
Ebbene, l’importo ceduto di € 5.314,41 risulta dall’importo capitale di € 4.410,50 (pertanto, entro il limite dell’importo finanziato) e dai successivi riutilizzi, cui sono stati sommati gli interessi e le spese sino alla data di cessione, dedotti i pagamenti effettuati da I.D., come emerge dall’esame del già più volte menzionato estratto conto.
Alla somma di € 5.314,41 sono stati poi aggiunti gli interessi convenzionali del 22,19 % (come evidenziato in precedenza, al di sotto della soglia usura al momento della conclusione del contratto) calcolati sull’importo capitale di € 4.410,50 dalla data di cessione sino alla data del ricorso per decreto ingiuntivo e corrispondenti a € 12.594,26.
Parte convenuta opposta, dunque, ha indicato i criteri seguiti per la determinazione del credito di € 17.908,67, risultante proprio dalla somma di € 5.314,41 e di € 12.594,26.
Dalle considerazioni sin qui svolte emerge l’infondatezza dell’opposizione con conseguente rigetto della stessa e conferma del decreto ingiuntivo opposto, che deve essere dichiarato definitivamente esecutivo ai sensi dell’art. 653 c.p.c.
I rilievi sin qui svolti sono tali da assorbire ogni ulteriore contestazione o domanda proposte – ivi compresa la domanda proposta da parte opponente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. - evidenziandosi che i profili non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione o comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Firmato Da: C.N. Emesso Da: CA DI FIRMA QUALIFICATA PER MODELLO
4. Le spese di giudizio seguono la soccombenza di parte opponente ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e vengono liquidate in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. n. 55/2014, come da ultimo aggiornati
dal D.M. n. 147/2022, tenuto conto del valore della causa determinato ai sensi dell’art. 5 del predetto decreto, dell’attività effettivamente svolta (con particolare riguardo alla limitata attività della fase istruttoria che giustifica, in relazione a tale fase, l’applicazione dei valori minimi indicati nei parametri) e della complessità delle questioni esaminate.
Infine, preso atto della mancata partecipazione dell’opponente al procedimento di mediazione (doc. allegato alla nota scritta dell’opposta del 6 aprile 2022), senza un giustificato motivo, la signora D. deve essere altresì condannata al versamento di entrata al bilancio dello Stato pari a quella dovuta per il contributo unificato del presente giudizio ai sensi dell’art. 8, comma 4-bis, del d.lgs. 28/2010. Deve essere quindi applicata la sanzione introdotta dall’art. 8, comma 4-bis d.lgs. 28/2010 (comma inserito dall'art. 84,
co. 1, lett. i), d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98; per l’applicabilità di tale disposizione vedi il comma 2 dell’art. 84 del medesimo D.L. n. 69/2013 che recita: “[…] Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”).
Nel caso in esame il contributo ammonta ad euro 118,50; l’opponente deve essere quindi condannata al pagamento di una somma di importo corrispondente in favore dell’Erario
P.Q.M.
Il Tribunale, in persona del giudice A.F., definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta da I.D. (C.F. (omissis)) avverso il decreto ingiuntivo n. 9177/2021 emesso dal Tribunale di Milano in favore della società NPL MANAGEMENT S.P.A. (P.I. (omissis)),
così provvede:
a. rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 9177/2021 pubblicato il 14 maggio 2021, che dichiara definitivamente esecutivo;
b. condanna I.D. a rimborsare, in favore della società NPL Management S.p.A., le spese
di giudizio, che liquida in € 4.237,00 per compensi, oltre rimborso forfettario per spese generali, nella misura del 15% del compenso, oltre ad IVA e CPA come per legge;
c. condanna I.D. al pagamento, in favore dello Stato, dell’importo di euro 118,50.