Risposta negativa dalla Cassazione: in tal caso, infatti, non può dirsi con esattezza se i pagamenti effettuati dall'amministratore derivino da fondi propri di quest'ultimo ovvero da fondi di natura condominiale.
L'odierno ricorrente dichiarava di essere stato amministratore di condominio e di avere anticipato una data somma a favore del condominio, chiedendone inutilmente la restituzione.
Per tale motivo, chiedeva e otteneva dal
L'opposizione veniva rigettata, ma su appello del Condominio il Tribunale riformava la decisione osservando come non sussistesse alcuna prova dell'esborso effettuato dall'amministratore dal proprio conto e che l'assenza di un conto corrente condominiale ostacolava la verifica dei movimenti effettuati.
Contro tale decisione, l'amministratore di condominio propone ricorso per cassazione.
Con l'ordinanza n. 37476 del 22 dicembre 2022, la Cassazione dichiara il ricorso infondato, affermando che il giudizio del Tribunale sull'assenza della prova del credito si basava sul fatto che mancasse un conto corrente del condominio dal quale verificare effettivamente la contabilità, dunque non poteva con esattezza dirsi se i pagamenti effettuati dall'amministratore derivassero o meno da fondi propri di quest'ultimo ovvero da fondi di natura condominiale.
Il Tribunale, in sostanza, aveva considerato che gli esborsi erano stati effettuati dall'amministratore stesso, ma aveva ritenuto allo stesso tempo tale fatto non idoneo a dimostrare la sua pretesa creditoria poiché non era chiaro se essi fossero stati effettuati con i soldi personali del medesimo o con quelli del condominio, senza una contabilità dalla quale poter distinguere i fondi dell'uno e quelli dell'altro.
Anche per questa ragione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Svolgimento del processo
1.-V.R. è stato amministratore del condominio di via (omissis), a Torino, fino all'anno 2014.
2.-Egli sostiene di aver anticipato la somma di 4.335,11 € proprio a favore del condominio durante, per l'appunto, gli anni di gestione condominiale, e di avere inutilmente richiesto al condominio la restituzione di tali somme.
3.-V.R. ha dunque ottenuto dal Giudice di Pace di Torino un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio per la restituzione di quanto da lui anticipato in proprio.
Il condominio ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo eccependo che l'amministratore non aveva tenuto una regolare contabilità, nel senso che non era previsto un registro di contabilità, e non aveva aperto il conto corrente condominiale, con conseguente irregolare gestione contabile, e con conseguente impossibilità per i condomini di avere visione dei movimenti in entrata e in uscita eseguiti dall'amministratore; che il credito del R. non era dunque provato ed infine che non poteva considerarsi come prova un preteso riconoscimento di debito che invece non aveva affatto quella natura.
In tal senso il Condominio ha proposto domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno da distrazione di somme.
Il Giudice di Pace ha rigettato l'opposizione ritenendo provato il credito, sia in ragione della risultanza contabile, che in regione del riconoscimento effettuato dal successivo amministratore del condominio. Ha rigetta altresì la domanda riconvenzionale.
Tuttavia, su appello del condominio, il Tribunale di Torino ha riformato la decisione di primo grado ed ha osservato che il R. non aveva affatto provato specificamente gli esborsi fatti dal proprio conto, di cui chiedeva la ripetizione, e che, anzi, l'assenza di un conto corrente del condominio impediva per l'appunto di verificare con esattezza i movimenti effettuati dall'amministratore.
il Tribunale infine ha negato che il successivo amministratore, o comunque il condominio, possano aver effettuato un riconoscimento di debito come invece sostenuto dal ricorrente.
4.-V.R. ricorre avverso tale sentenza con due motivi di ricorso mentre il condominio non si è costituito.
Motivi della decisione
5.- Il primo motivo denuncia omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa.
Secondo il ricorrente il Tribunale ha ritenuto non provato il credito in quanto l'amministratore non aveva indicato espressamente, e conseguentemente allegato, i relativi documenti, ossia quali fossero le spese singolarmente da lui effettuate nell'interesse del condominio e di cui aveva diritto alla restituzione.
Invece, ritiene il ricorrente, che risultava chiaramente dagli atti di causa che questa allegazione era stata effettuata attraverso il deposito dei documenti, in particolare dal 14 in poi, che dimostravano come il pagamento era stato effettuato personalmente dall'amministratore: tutti documenti non espressamente contestati dal condominio.
Il motivo è infondato.
Il giudizio del Tribunale circa la mancanza di prova dell'esborso personale da parte del dell'amministratore di condominio è basato su una precisa constatazione: che mancando un conto corrente del condominio, mancando dunque una chiara contabilità, non poteva dirsi con esattezza se i pagamenti effettuati dall'amministratore derivassero da fondi propri di quest'ultimo oppure da fondi del condominio, ed aveva osservato che tale prova non poteva ricavarsi dal mero saldo contabile che indicava maggiori uscite rispetto alle entrate, proprio perché non era stato dimostrato che quelle uscite erano frutto dell'impiego di fondi personali da parte dell'amministratore, né una prova simile poteva ricavarsi da un asserito riconoscimento di debito che invece andava negato in quanto il nuovo amministratore aveva fatto espressa riserva di verificare le risultanze contabili: espressa riserva che dunque era incompatibile con un esplicito riconoscimento del debito verso il vecchio amministratore.
In sostanza, il Tribunale ha tenuto conto del fatto che gli esborsi erano stati effettuati dall'amministratore stesso, e dunque non ha trascurato il fatto da costui allegato, ma piuttosto ha ritenuto che tale fatto non era idoneo a provare la pretesa del creditore in quanto non era chiaro se quegli esborsi fossero stati effettuati con soldi personali dell'amministratore anziché con quelli del condominio, in mancanza di una contabilità che distinguesse i fondi dell'uno da quelli dell'altro.
6.- Il secondo motivo denuncia violazione dell'articolo 115 del codice di procedura civile. Sostiene in particolare il ricorrente che la sua pretesa, ossia il fatto di aver effettuato pagamenti con fondi propri, non era stata espressamente contestata dalla controparte, e dunque doveva ritenersi come fatto ammesso così come aveva correttamente osservato il giudice di primo grado.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha infatti osservato come dalla corrispondenza tra il ricorrente ed il Condominio era emerso che quest'ultimo ha contestato invece la pretesa dell'amministratore rispondendo espressamente alla diffida di costui.
Allo stesso modo ha fatto l'amministratore successivo, il quale ha espressamente replicato che occorreva una verifica della contabilità per stabilire se fosse o meno fondata la pretesa del ricorrente.
Questi documenti sono stati depositati in atti dal condominio e questo deposito costituisce comportamento di contestazione della pretesa del ricorrente: ossia, al di là del fatto che ci sia stata una contestazione espressa, il deposito in giudizio della formale contestazione del credito avvenuta prima dell'inizio della causa è comportamento idoneo a manifestare la condotta processuale del convenuto, il quale per l'appunto proprio attraverso il deposito di quegli atti , manifesta la volontà di voler insistere nella contestazione del credito a cui supporto quel deposito è finalizzato.
il ricorso va dunque rigettato
P.Q.M.
La Corte rigetta. Nulla spese. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.