Il giudizio discrezionale dell'autorità giudiziaria deve tener conto della particolare tenuità dell'offesa e della non abitualità del comportamento.
La Corte d'Appello di Napoli confermava la decisione di prime cure che aveva condannato l'attuale ricorrente per il reato di cui all'
Svolgimento del processo
1. È oggetto di ricorso la sentenza con cui la Corte d'appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato G.C. alla pena di mesi nove di reclusione per il reato di cui all'art. 496 cod. pen. Secondo il capo d'imputazione, C., interrogato da agenti della P.G. sulla propria identità nel corso di un controllo finalizzato al contrasto del fenomeno dell'uso di stupefacenti, dichiarava di chiamarsi R.G..
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, Avv. A.D.M., eccependo, con unico motivo, la violazione dell'art. 131-bis cod. pen. Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere assenti i presupposti richiesti dalla citata disposizione e, segnatamente, la particolare tenuità dell'offesa e il comportamento non abituale dell'imputato. Il ricorrente insiste, in particolare sulla mancata considerazione della condotta complessiva dell'imputato, in concreto scarsamente offensiva, posto che egli aveva indicato agli agenti soltanto il falso cognome, risultando gli altri dati (data di nascita e luogo di residenza) corrispondenti al vero, ed avendo egli stesso provveduto a recuperare la propria carta d'identità presso la sua abitazione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. L'unico motivo dedotto, nel lamentare la violazione dell'art. 131-bis cod. pen., coglie nel segno, in quanto la complessiva valutazione di gravità della condotta non risulta sufficientemente esplicata, essendosi la Corte d'appello limitata a osservare che «le modalità della condotta non sembrano di minimale importanza» e che «il prevenuto, nel fornire sicuramente un falso cognome, [abbia] così realizza[to] pienamente la condotta tipica».
Sebbene possa condividersi tale ultima affermazione, è vero anche che essa non basta a fondare appieno le ragioni per cui la complessiva valutazione di gravità della condotta sia stata ritenuta ostativa all'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. Più precisamente, questo Collegio ritiene che la motivazione dell'impugnata sentenza non soddisfi i canoni di valutazione che devono ispirare il giudice nell'interpretazione e applicazione della norma in parola.
Sul tema, questa Corte, rievocando l'insegnamento delle Sezioni Unite, ha infatti statuito che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità in parola, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza, da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (cfr. Sez. U., n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591, cit. in Sez. 5, n. 1489 del 19/10/2020, dep. 2021, Serra, Rv. 280250 - 01). Anche in tempi più recenti, le Sezioni Unite son tornate a riflettere sulla ratio della norma in questione, osservando che «la particolare tenuità dell'offesa, desunta dalla modalità della condotta e dall'esiguità del danno o del pericolo, e non abitualità del comportamento, costituiscono i parametri fondamentali ai quali il giudizio discrezionale dell'autorità giudiziaria deve fare riferimento al fine di ritenere applicabile o meno al caso concreto la causa di non punibilità in esame» (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064 - 01, punto 3 del considerato in diritto; in precedenza, sempre a proposito della ratio che ha ispirato l'introduzione dell'art. 131-bis cod. pen., v. la già citata Sez. U. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj).
Ebbene, il fugace riferimento dei Giudici d'appello alle «modalità della condotta» e alla loro «non minimale importanza» non appaga l'esigenza di dar forma a quella "valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta", indicata dalla Suprema corte nelle decisioni prima citate che, sola, vale a escludere ragionevolmente l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen. Con ciò, non si vuol anche affermare che una siffatta valutazione, laddove effettivamente svolta, avrebbe indotto, o dovuto indurre, la Corte territoriale a ritenere applicabile la norma di cui al 131-bis cod. pen. (in base, ad esempio, alla diversa considerazione di taluni aspetti inerenti alla condotta dell'imputato, come l'essersi recato a casa a recuperare la carta d'identità, successivamente al controllo della P.G.), ma soltanto ribadire la necessità di una valutazione, chiaramente esplicitata, dei motivi per cui il giudice ritenga di escludere l'applicazione dell'art. 131-bis, alla luce dei criteri dettati anche dall'art. 133, primo comma, cod. pen. e, dunque, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza, da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo.
Sebbene ciò non implichi «la necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti» (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647 - 01), è pur vero che, almeno rispetto a quell'unico elemento di valutazione ritenuto rilevante (nel caso di specie, la modalità della condotta), il giudice non può limitarsi a formule stereotipate (nel caso di specie: «le modalità della condotta non sembrano di minimale importanza [...] il prevenuto, nel fornire sicuramente un falso cognome, ha così realizza[to] pienamente la condotta tipica»), dovendo egli invece scandagliare, alla luce dell'art. 133, primo comma, cod. pen., gli elementi indicativi della gravità del reato. Ciò che non è dato riscontrare nella motivazione dell'impugnata sentenza.
3. Questo Collegio ritiene, pertanto, che il ricorso vada accolto e la sentenza impugnata annullata, limitatamente al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli.