L'avvocato proponeva opposizione al decreto di liquidazione dei suoi onorari in materia di patrocinio a spese dello Stato, lamentando la violazione del D.M. n. 55/2014 in virtù del quale i giudizi in materia di modifica delle condizioni di separazione personale fra coniugi rientrano nella volontaria giurisdizione e, stante il valore indeterminabile, la natura e l'oggettiva complessità della lite, chiedeva la rideterminazione dei compensi in ragione dello scaglione superiore. Il Presidente della Corte d'Appello accoglieva parzialmente l'opposizione, liquidando però un compenso inferiore rispetto allo scaglione indicato dall'avvocato.
Per questo motivo, quest'ultimo si rivolge alla Suprema Corte.
Con l'ordinanza n. 37835 del 27 dicembre 2022, la Corte di Cassazione dichiara innanzitutto che nel caso concreto il provvedimento impugnato non era sceso al di sotto dei minimi tariffari previsti per i procedimenti di volontaria giurisdizione e dunque esso si sottrae al sindacato di legittimità, precisando che l'importo liquidato era stato dimezzato in forza dell'applicazione dell'art. 130
Ciò posto, i Giudici accolgono il secondo motivo di ricorso, con il quale l'avvocato lamentava l'omessa pronuncia del Giudice di merito sul riconoscimento e sulla liquidazione delle spese e degli onorari del giudizio di opposizione al decreto di liquidazione, trattandosi di giudizio autonomo che soggiace anch'esso alle norme processuali in tema di riconoscimento e liquidazione delle spese e dei compensi del professionista. Come rilevano gli Ermellini, infatti, il mancato regolamento delle spese cui il giudice avrebbe dovuto provvedere non si sottrae alle regole generali previste dagli
Segue la cassazione del provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto.
Svolgimento del processo
1. L’Avv. V.P. proponeva opposizione al decreto di liquidazione dei propri onorari (€. 750,00) in materia di patrocinio a spese dello Stato. Le prestazioni si riferivano ad un reclamo dinanzi a la Corte d’appello di Catanzaro in materia di modifica delle condizioni di separazione fra coniugi.
1.1. Con l’opposizione, l’Avvocato lamentava la violazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, in forza del quale i giudizi in materia di modifica delle condizioni di separazione personale fra coniugi rientrano nella volontaria giurisdizione (Tabella 7 allegata al D.M. n. 55/14) e, in applicazione dell’art. 5, comma 6, del D.M. n. 55/14, stante il valore indeterminabile, la natura e l’oggettiva complessità della controversia, chiedeva: di rideterminarsi i compensi in ragione dello scaglione superiore (da €. 52.001,00 a €. 260.000,00); di provvedere alla liquidazione delle spese dello stesso giudizio di opposizione.
2. Il Presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, con ordinanza n. 3692/2017, accoglieva parzialmente l’opposizione e, riconoscendo la particolare natura e gli obiettivi caratteri di complessità del procedimento presupposto, nonché l’articolarsi di questo in plurime udienze, liquidava ex art. 5, comma 6, D.M. n. 55/2014, il compenso in €. 1.300,00, (somma ottenuta dalla riduzione della metà dell’importo di €. 2.600,00); nulla ha disposto in ordine alle spese del giudizio di opposizione.
3. Avverso detta ordinanza l’Avv. V.P. ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo deduce la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 5, comma 6, del D.M. n. 55/14, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale liquidato il compenso per le cause di valore indeterminabile basso (da €. 26.000,01 a €. 52.000,00), mentre avrebbe dovuto applicare lo scaglione quanto meno intermedio (da €. 52.000,01 a €. 260.000,00). Lamenta il ricorrente la contraddittorietà e incoerenza della motivazione, laddove il Giudice – a fronte di obiettivi caratteri di complessità riconosciuti al difensore nella trattazione del giudizio presupposto – giunge poi a liquidare il compenso in ragione dello scaglione minimo.
1.1. Il motivo è infondato.
L’art. 5, comma 6, D.M. n. 55/2014, riferito alle cause di valore indeterminabile così dispone:
“Le cause di valore indeterminabile si considerano di regola e a questi fini di valore non inferiore a euro 26.000,00 e non superiore a euro 260.000,00, tenuto conto dell'oggetto e della complessità della controversia. Qualora la causa di valore indeterminabile risulti di particolare importanza per lo specifico oggetto, il numero e la complessità delle questioni giuridiche trattate, e la rilevanza degli effetti ovvero dei risultati utili, anche di carattere non patrimoniale, il suo valore si considera di regola e a questi fini entro lo scaglione fino a euro 520.000,00”.
Il ricorrente sostiene che si debba applicare la tabella 7 per i procedimenti di volontaria giurisdizione (v. ricorso pag. 2).
Nel caso in esame, il provvedimento impugnato non è sceso al di sotto dei minimi tariffari (€. 2.225,00) previsti dalla tabella 7 per i procedimenti di volontaria giurisdizione di valore tra €. 26.001,00 e €. 52.000,00 e quindi si sottrae al sindacato di legittimità.
E’ appena il caso di precisare che l’importo base di €. 2.600,00 fissato dal Presidente della Corte di Catanzaro è stato dimezzato in applicazione dell’art. 130 del DPR n. 115/2002.
La scelta tra il minimo e massimo rientra nella discrezionalità del giudice di merito e il riferimento alla complessità del procedimento e alla pluralità di udienze è funzionale evidentemente alla individuazione di un importo maggiore (€. 2.600,00) rispetto al minimo tariffario (€. 2.225,00).
Quanto alla sussistenza di un obbligo di motivazione, vale ribadire che l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la sua congruità (Cass. 19989/2021; Cass. 89/2021 ed altre). (ex plurimis: Cass. Sez. 6- 2, n. 14092 del 04.05.2022).
1.2. Gli ulteriori criteri di valutazione suggeriti dal ricorrente (singolarità dell’originario provvedimento di modifica delle condizioni di separazione; particolare delicatezza del coinvolgimento degli interessi patrimoniali dei figli degli ex coniugi, chiamati a restituire le donazioni e i sostentamenti da questi ricevuti per non gravare sulle inconsistenti risorse dei genitori) quali elementi di valutazione per uscire dalla «regola minima» e elevare i compensi, quanto meno fino allo scaglione immediatamente successivo, attengono alla discrezionale valutazione dei fatti di causa, rimessa – come si è detto innanzi - al Giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 112 e 91 cod. proc. civ. e del D.M. n. 55/14, e relative tabelle allegate, per avere la Corte territoriale completamente omesso di pronunziare sul riconoscimento e sulla liquidazione delle spese e degli onorari del giudizio di opposizione a decreto di liquidazione in oggetto. Il ricorrente deduce che il giudizio di opposizione è, a tutti gli effetti, un autonomo giudizio civile che soggiace alle norme processuali in materia di riconoscimento e liquidazione delle spese e delle competenze di avvocato. Una volta accolte le argomentazioni di merito articolate dal ricorrente, la Corte territoriale è obbligata a pronunziare sulle spese processuali, ponendole a carico della parte soccombente, con il limite della loro eventuale compensazione. La mancata statuizione su di esse vizia il provvedimento ex art. 112 cod. proc. civ.
2.1. Il motivo è fondato.
Il Presidente della Corte di merito ha omesso di pronunciarsi sulla liquidazione del compenso maturato dall’Avv. P. per aver intrapreso, nel suo interesse, il giudizio di opposizione a decreto di liquidazione delle spese e quindi il vizio di omessa pronunzia è palese. Il mancato regolamento delle spese di un procedimento contenzioso da parte del giudice che, a norma dell'art. 91 cod. proc. civ., avrebbe dovuto provvedervi con la sentenza o altro provvedimento a contenuto decisorio emesso a definizione dello stesso, non si sottrae alle regole generali dettate dagli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e integra un vizio di omessa pronuncia, riparabile soltanto con l'impugnazione (Cass. Sez. 2, n. 9785 del 25.03.2022; Cass. Sez. 3, n. 4012 del 19.02.2013).
Va, quindi, accolto il secondo motivo di ricorso, con rigetto del primo. L’ordinanza è cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo; cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.