Reddito accertabile con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici.
La Corte d'Appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado con la quale l'imputato era stato condannato per avere falsamente attestato, in sede di istanza di ammissione al gratuito patrocinio, le sue condizioni reddituali, omettendo di precisare la titolarità di ben 71 autoveicoli.
Contro tale pronuncia, l'imputato propone...
Svolgimento del processo
1. La Corte d'Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino, appellata dall'imputato E. C., con la quale il predetto era stato condannato per il reato di cui all'art. 95 del d.P.R. 115/02, per avere falsamente attestato, in sede di istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, le proprie condizioni reddituali, omettendo di indicare la titolarità di 71 beni mobili registrati (autoveicoli), fatto accertato in Napoli il 3 marzo 2009, con la recidiva reiterata e infra quinquennale.
2. L'imputato ha proposto ricorso con difensore, formulando tre motivi.
Con il primo e il secondo, ha dedotto rispettivamente inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 79 e 95 d.P.R. n. 115/2002 e vizio della motivazione con riferimento alla valutazione della rilevanza penale della condotta contestata all'imputato.
Quanto al primo profilo, la difesa rileva che dal combinato disposto delle norme richiamate non emerge l'obbligo del richiedente di indicare la titolarità di beni mobili registrati, l'autocertificazione contenuta nell'istanza di ammissione al beneficio avendo a oggetto solo il reddito complessivo e non le singole componenti, i beni mobili registrati potendo rilevare quali elementi per valutare il reddito d'impresa, ma non anche quello delle persone fisiche.
Quanto al secondo profilo, invece, il deducente rileva che la Corte territoriale non avrebbe considerato che non è più richiesta dalla legge la dichiarazione di impossidenza di beni immobili o mobili registrati e che, dopo avere affermato la necessità di non confondere i piani della sussistenza dei presupposti del reato e della revoca dell'ammissione al beneficio, precisando in un passaggio che non vi è un onere del richiedente di indicare la possidenza di beni mobili registrati o immobili, ha poi richiamato l'art. 79 del d. P.R. cit., per ricavarne un obbligo di fornire detta indicazione in sede di dichiarazione sostitutiva da allegare all'istanza.
Peraltro, l'imputato aveva denunciato di disconoscere la titolarità di 69 delle 71 vetture al medesimo intestate e, rispetto a tale dato, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la denuncia, non avendo la difesa fornito la prova ritenuta "diabolica", poiché negativa, di non sapere di tali fittizie intestazioni.
Con il terzo motivo, la difesa ha dedotto vizio motivazionale quanto alla contestata recidiva, evidenziando che i giudici del merito si sarebbero limitati al richiamo dei precedenti penali senza nulla argomentare in ordine alla valutazione della pericolosità sociale dell'imputato, di fatto rendendo una motivazione del tutto apparente.
4. La difesa ha depositato atto di rinuncia alla discussione orale, con conclusioni, chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso e sviluppando le argomentazioni con essi rassegnate.
Motivi della decisione
1. Il ricorso va accolto nei termini che seguono, limitatamente alla ritenuta recidiva e rigettato nel resto.
2. Secondo la Corte territoriale la difesa avrebbe confuso i presupposti, non coincidenti, per la sussistenza del reato di falso del quale si discute e per la revoca del beneficio, precisando essere principio indiscusso che il primo è integrato da false indicazioni o omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva o in ogni altra prevista per l'ammissione al beneficio. E, pur rilevando l'insussistenza di un onere di indicare nella dichiarazione la possidenza di beni mobili registrati o immobili, ha però ritenuto l'obbligo dell'istante di attestare, nella dichiarazione sostitutiva, la sussistenza delle condizioni di reddito. Nel caso in esame, l'E. aveva omesso di indicare la possidenza di ben 71 automezzi, beni che, secondo la Corte territoriale, costituiscono sicuri indicatori del reddito per costante giurisprudenza e che, nella specie, dimostrerebbero fonti illecite di guadagno, avendo la stessa difesa avanzato la spiegazione secondo la quale la criminalità organizzata è solita servirsi di "teste di legno", alle quali intestare beni.
Quanto, poi, alla ritenuta recidiva, la Corte territoriale ha ritenuto di condividere la valutazione del primo giudice, alla luce della rilevanza e gravità dei precedenti penali.
3. Il primo e il secondo motivo sono infondati.
Ai fini dell'individuazione delle condizioni necessarie per l'ammissione al patrocinio, rileva ogni componente di reddito, imponibile o non, siccome espressivo di capacità economica (sez. 4, n. 12410/2019) e le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al patrocinio integrano il reato di cui si tratta solo allorquando riguardino la sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, ma non anche quando cadano su elementi a tal fine irrilevanti (sez. 4, n. 20836/2019). La correttezza di tale ultimo approccio ermeneutico sembra trovare un appiglio testuale in quanto incidentalmente affermato dal Supremo collegio in una recente decisione riguardante la diversa, seppur correlata, tematica della revoca del beneficio, con specifico riferimento alla falsità o incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione, prevista dall'art:.79, c. 1, lett. c) del d.P.R. n. 115/2002, in caso di redditi che non superino il limite di ammissibilità (in motivazione, Sez. U. n. 14723 del 19/12/2019, dep. 2020, Pacino).
In quella sede, peraltro, le Sezioni unite hanno precisato che la falsità o incompletezza della dichiarazione sostitutiva di cui all'art. 79, c. 1, lett. c), d.P.R. n. 115/2002 non comporta, qualora i redditi effettivi non superino i limiti di legge, la revoca dell'ammissione che può esser disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate dagli articoli 95 e 112, d.P.R. cit.
Ed è su tale piano che va colta la differenza delle due distinte valutazioni, sollecitata proprio dalla difesa.
È certamente vero che il delitto di cui all'art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 è integrato dalle false indicazioni o dalle omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al beneficio, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione stessa (Sez. U. n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, Infanti, Rv. 242152; sez. 4 n. 40943 del 18/9/2015, Rv. 264711; n. 35969 del 29/5/2019, Arlotta, Rv. 276862). Ed è vero che è stato in passato affermato che la falsa attestazione, da parte del richiedente, nella dichiarazione sostitutiva prevista dall'art. 79, lett. c), del medesimo d.P.R., di non essere proprietario di beni mobili registrati non integra il reato di cui all'art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, atteso che detta dichiarazione ha per oggetto soltanto le condizioni di reddito, da determinarsi secondo le modalità di cui al precedente art. 76, e non anche la consistenza dei beni facenti parte del patrimonio degli interessati (sez. 4, n. 41306 del 10/10/2007, Scumaci, Rv. 237732).
Tale principio, tuttavia, è stato successivamente calibrato.
Si è così precisato che, ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per la determinazione dei limiti di reddito, rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione: ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite ovvero i redditi per i quali l'imposizione fiscale è stata esclusa (ex plurimis, sez. 3, n. 25194 del 31.3.2011, Brina, Rv. 250960, in un caso in cui l'imputato aveva falsamente dichiarato i redditi familiari nell'istanza di ammissione al patrocinio, omettendo in particolare di indicare le somme percepite, rispettivamente, dal padre, a titolo di TFR e, dalla sorella, a titolo di indennità di disoccupazione; conf. sez. 4 n. 36362/2010, in cui si è precisato che è a ciò funzionale la disposizione contenuta nell'art. 79, lett. c), d. P.R. n. 115/2002, laddove prevede che l'istante deve attestare la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate dall'art. 76).
I principi affermati in tali arresti rinvengono giustificazione in quanto previamente precisato dal giudice delle leggi, avendo la Corte cost., nella sent. n. 144 del 1992, affermato che rilevano anche redditi che non sono stati assoggettati ad imposta vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione, quindi anche redditi da attività illecite, ovvero redditi per i quali è stata elusa l'imposizione fiscale; tutti tali redditi sono poi accertabili con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall'art. 2739 c.c. (quali il tenore di vita ed altri fatti di emersione della percezione di redditi).
Quindi, nella nozione di reddito, ai fini dell'ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga (vedi, sul punto, sez. 4, n. 418 del 25/11/2021, dep. 2022, Baccini, Rv. 282560 che opera un richiamo ai principi fissati dal giudice delle leggi).
È alla luce di tali principi, dunque, che va esaminata la spiegazione data dai giudici territoriali. La condotta integrativa del reato non è data dalla omessa denuncia di possidenza dei beni mobili registrati, bensì dall'attestazione di condizioni reddituali che non tenevano conto del reddito ricavato attraverso la intestazione fittizia di tali beni, secondo una spiegazione presuntiva che la stessa difesa aveva suggerito (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). Tale lettura è conforme a quella rinvenibile nella sentenza appellata, laddove il giudicante aveva precisato che l'omissione era caduta su dati rilevanti per comprendere adeguatamente il tenore di vite dell'imputato, a nulla rilevando in contrario la presentazione di una denuncia-querela, stante la circostanza che la tesi della inconsapevolezza delle intestazioni avrebbe avuto come presupposto la infedeltà dei dati riportati nei relativi atti e la mancanza di notifiche inerenti alla circolazione di un così consistente numero di automezzi. La difesa, di contro, non aveva dimostrato la indisponibilità dei mezzi e neppure la falsità della sottoscrizione dei relativi contratti di acquisto.
4. Il terzo motivo è invece fondato.
È principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello per cui è richiesta al giudice, sia che egli affermi, sia che escluda la sussistenza della recidiva, una specifica motivazione che dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (sez. 6, n. 56972 del 20/6/2018, Franco, 274782; sez. 3, n. 4135 del 12/12/2017, dep. 2018, Alessio, Rv. 272040). A tal fine, la valutazione deve dar conto della ritenuta concreta significatività del nuovo episodio in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, alla stregua altresì dei parametri di cui all'art. 133, cod. pen., sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della pericolosità del reo (sez. 3, n. 30591 del 8/6/2022, Garzena, Rv. 283414; n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, Del Chicca, Rv. 270419, in cui si è precisato, per l'appunto, che la recidiva è intesa carne elemento sintomatico di accentuata pericolosità sociale e non come fattore meramente descrittivo dell'esistenza di precedenti penali, cosicché la relativa valutazione giudiziale non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull'arco temporale in cui gli stessi risultano consumati, dovendosi invece scrutinare il rapporto tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificandosi se e in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che ha influito come fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice). Nella specie, tale valutazione è stata semplicemente omessa dai giudici territoriali.
5. La sentenza deve essere, dunque, annullata limitatamente alla recidiva, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli per nuovo esame sul punto, con rigetto nel resto del ricorso e dichiarazione di irrevocabilità della affermazione di penale responsabilità, ai sensi dell'art. 624, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla ritenuta recidiva con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara irrevocabile l'affermazione di penale responsabilità.