
Ciò vale anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, considerando che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem.
L'attuale ricorrente conveniva in giudizio la società chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per via della realizzazione di alcune operea distanza inferiore rispetto a quella legale.
La società eccepiva la prescrizione del diritto al risarcimento, negando la violazione delle distanze legali e chiedendo in via riconvenzionale...
Svolgimento del processo
1.1. A. B., con atto di citazione notificato il 17/3/2000, ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Grosseto, l'Hotel A. di S. &. C. s.a.s. chiedendo, tra E. S., dante causa della stessa, di alcune opere a distanza inferiore a quella legale.
1.2. La convenuta ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento, negando la violazione delle distanze legali, ed ha chiesto, in via riconvenzionale, l'accertamento dell'acquisto per usucapione del diritto a mantenere il fabbricato nello stato di fatto esistente e del diritto di servitù di passo sul tratto posto al confine delle due proprietà sul lato sud dell'Hotel.
1.3. Il tribunale, con sentenz21 del 2010, ha rigettato tutte le domande ritenendo, da un lato, la fondatezza dell'eccezione di prescrizione relativa alla domanda di risarcimento del danno, e, dall'altro lato, l'infondatezza delle domande riconvenzionali proposte dalla società convenuta.
1.4. L'Hotel A. ha proposto appello avverso la sentenza del tribunale.
1.5. Il B. ha resistito al gravame proponendo, a sua volta, appello incidentale.
1.6. La corte d'appello, con la sentenza in epigrafe, ha parzialmente accolto tanto l'appello principale quanto l'appello incidentale e, in riforma della sentenza gravata, ha dichiarato l'acquisto per usucapione del diritto della società appellante a mantenere il fabbricato denominato "Hotel A." alla distanza dal confine della proprietà B. inferiore a quella legale in cui si trova ed ha condannato la società appellante al risarcimento dei danni, in favore dell'attore, nella misura di €. 15.000,00, oltre rivalutazione e interessi.
1.7. La corte, in particolare, per quanto ancora interessa, ha, innanzitutto, ritenuto, a fronte dell'incontestato decorso del termine ventennale, che era fondata la domanda della società appellante di accertamento dell'acquisto per usucapione del suo diritto di mantenere la costruzione alla distanza del confine di mt. 3,20.
1.8. La corte, sul punto, ha condiviso il principio per cui in materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali.
1.9. La corte, poi, dopo aver evidenziato l'incontestata violazione delle distanze da parte dell'edificio della società convenuta, peraltro emergente dalle consulenze tecniche svolte in primo grado, ha: - in primo luogo, escluso il decorso della "prescrizione quinquennale" del diritto maturato dal B. al risarcimento dei conseguenti danni (dallo stesso " ... dedotti ... [esclusivamente] nel maggior costo dell'acquisto dalla confinanti F. del terreno idoneo a consentirgli il massimo sfruttamento edilizio del terreno di sua proprietà" e "nella forma più costosa dell'edifico realizzato", non avendo indicato altri danni conseguenti alla compressione del suo diritto di edificare), in ragione sia della natura "permanente" del relativo illecito, dove il danno deriva dalla "mancata eliminazione del manufatto", sia della mancata emergenza dagli atti del giudizio della "data di maturazione" dei danni lamentati; - in secondo luogo, provveduto alla relativa quantificazione, limitatamente al danno ("che può ritenersi sussistente in re ipsa") corrispondente al "maggior costo della costruzione", in via equitativa ("in assenza di ogni elemento diverso di valutazione"), nella somma di €. 15.000,00, laddove "del maggior costo" ("dell'acquisto dalla confinanti") "nessuna prova ha dato l'appellante", con la conseguente impossibilità di valutare "se - ed eventualmente di quanto - la porzione di edificio ceduto alle F. avesse un valore oggettivamente maggiore del prezzo di mercato dell'area a lui ceduta".
1.10. La corte, infine, in ragione dell'accoglimento della domanda dell'originario attore, ma in misura molto ridotta, e di una delle domande della società convenuta, ha disposto l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti ponendo a carico delle stesse, nella misura del 50% ciascuna, quelle di consulenza tecnica.
2.1. A. B., con ricorso notificato il 22/12/2017, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza della corte d'appello.
2.2. L'Hotel A. di S. & C. s.a.s. ha resistito con controricorso notificato il 29/1/2018 nel quale ha proposto, per due motivi, ricorso incidentale.
2.3. Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 873 e 1158 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha dichiarato il diritto della società appellante a mantenere la propria costruzione a distanza inferiore a quella legale rispetto alla confinante proprietà B., omettendo, tuttavia, di considerare che le norme fissate dagli strumenti urbanistici locali, lì dove prescrivono inderogabilmente le distanze tra le costruzioni ad integrazione di quelle previste dal codice civile, sono dettate a tutela dell'interesse pubblico, e cioè di garantire in ogni caso un certo distacco tra fabbricati, e che, pertanto, non è configurabile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore rispetto a quelle fissate eia norme inderogabili.
3.2. Il motivo è infondato. Per quanto, in effetti, non sono mancate pronunce che hanno opinato in senso contrario (come Cass. n. 20769 del 2007, la quale ha ritenuto che in materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi inammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme inderogabili degli strumenti urbanistici locali, non potendo l'ordinamento accordare tutela ad una situazione che, attraverso l'inerzia del vicino, determina l'aggiramento dell'interesse pubblico cui sono prevalentemente dirette le disposizioni violate; Cass, n. 2117 del 2004, del pari invocata dal ricorrente, non è, invece, pertinente), resta, tuttavia, il fatto che, da tempo, questa Corte costantemente ritiene che, in materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali (Cass. n. 4240 del 2010; Cass. n. 22824 del 2012, la quale ha significativamente respinto un'istanza di rimessione della questione alle Sezioni Unite; Cass. n. 3979 del 2013; Cass. n. 11052 del 2016; Cass. n. 1395 del 2017; Cass. n. 8227 del 2018, in motiv. più di recente, Cass. n. 25863 del 2021, in motiv.; Cass. n. 12865 del 2022, in motiv.).
3.3. L'usucapibilità del diritto a tenere un immobile a distanza inferiore da quella legale non equivale, in effetti, alla stipula pattizia di una deroga in tal senso perché risponde alla diversa e ulteriore esigenza di garantire la stabilità dei rapporti giuridici in relazione al decorso del tempo. Se dalla norma codicistica o da quella integrativa discende, come comunemente si afferma, il diritto soggettivo del vicino di pretendere che il confinante edifichi a distanza non inferiore a quella prevista, si deve, nondimeno, ammettere, ove anche si consideri vietata la deroga convenzionale, che l'avvenuta edificazione (con opere quindi permanenti e visibili), mantenuta con i requisiti di legge per oltre venti anni, dia luogo al verificarsi dell'usucapione, da parte del confinante, del diritto a mantenere l'immobile a distanza inferiore a quella legale: senza che ciò infici, naturalmente, le facoltà della pubblica amministrazione, restando, così, salva la disciplina pubblicistica e l'osservanza degli standard di qualsivoglia natura che il legislatore o l'amministrazione abbiano fissato, anche alla stregua, eventualmente, di normativa di fonte sovranazionale.
3.4. Ciò che vien meno è soltanto la facoltà del singolo di far valere il proprio diritto soggettivo, attribuitogli in conseguenza della disposizione rispondente all'interesse generale, ma senza assunzione di un potere privato confondibile con quello dell'amministrazione. Entrambi soggetti possono concorrere alla tutela dell'interesse fissato dall'ordinamento, ma ferma rimane la distinzione dei caratteri tra potere privato e potere pubblico, ciascuno contraddistinto dai limiti generali della categoria cui appartiene. E ciò giustifica anche il diverso trattamento da riservare da un lato agli accordi di deroga e dall'altro al meccanismo dell'usucapione: ove quest'ultima operi, resta alla sola pubblica amministrazione il potere (pubblico) di agire per conformare la proprietà al modo previsto dal legislatore.
3.5. Non sono di ostacolo a questa concezione le possibili frodi prospettate dalla giurisprudenza: si tratta di un inconveniente (dipendente, comunque, da un congegno macchinoso e precario) che non giustifica un inquadramento incoerente dei principi vigenti sui modi di acquisto dei diritti reali e sulla disciplina dei limiti legali della proprietà. Tantomeno questo inconveniente vale a giustificare la illogica dicotomia tra tutela delle distanze di fonte codicistica e di fonte regolamentare.
3.6. Né sono configurabili le temibili diseconomie esterne, come le conseguenze negative sul piano della salute e dell'ambiente, che gli studiosi di analisi economica del diritto rinvengono nella deroga pattizia alle distanze: una cosa, infatti, è incidere sui poteri pubblici, o consentire una generalizzata derogabilità, il che può cagionare effetti lesivi permanenti dell'interesse generale tutelato; altra cosa è ammettere che operi il fenomeno dell'usucapione, che vale soltanto a riportare il meccanismo di contemperamento dei diritti soggettivi nell'alveo ordinario previsto dal legislatore, escludendo la sussistenza, nel circoscritto ambito della proprietà immobiliare, di diritti soggettivi a tutela rafforzata (così, pressoché testualmente, Cass. n. 4240 del 2010, in motiv.).
3.7. Deve, in definitiva, ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici: e ciò vale anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem (Cass. n. 3979 del 2013; Cass. n. 1395 del 2017; Cass. n. 25863 del 2021).
4.1. Con il secondo motivo, il ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha equitativamente determinato il danno subito dall'attore, senza, tuttavia, considerare che, in realtà, lo stesso aveva offerto tutti gli elementi di prova necessari per la sua puntuale e corretta quantificazione, come la relazione peiritale allegata all'atto di citazione, né adeguatamente motivare sulla mancata ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio, prospettata proprio per determinare il minor esborso che l'attore avrebbe sostenuto nel caso in cui, per edificare la volumetria consentita dal piano regolatore generale relativamente al terreno di sua proprietà, non avesse dovuto acquistare la porzione di terreno di proprietà F..
4.2. Con il terzo motivo, il ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha determinato il danno subito dall'attore, senza, tuttavia, considerare che la società convenuta, essendosi limitata ad eccepire la prescrizione del diritto ali risarcimento dei danni azionato dall'attore, non aveva specificamente contestato i fatti posti a fondamento del quantum della domanda proposta dallo stesso, comprese le risultanze della relazione peritale allegata.
4.3. Con il quarto motivo, il ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. e 118 disp.att. c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha equitativamente determinato il danno subito dall'attore ma senza motivare adeguatamente in ordine ai criteri con i quali ha proceduto alla relativa liquidazione.
4.4. Con il primo motivo di ricorso incidentale, la controricorrente, lamentando la violazione dell'art. 2043 c.c. nonché l'omesso esame e/o l'erronea valutazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello l'ha condannata al risarcimento dei danni in favore dell'attore senza, tuttavia, considerare che, come emerge dalla relazione del consulente tecnico d'ufficio, l'estensione del fondo del B. era tale che, pur se l'Hotel A. fosse stato posizionato correttamente rispetto al confine, l'attore non avrebbe comunque potuto realizzare il suo progetto edificatorio, e cioè la costruzione di un fabbricato di civile abitazione, per la cui realizzazione avrebbe comunque dovuto integrare la sua originaria proprietà con quella dei vicini.
4.5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la controricorrente, lamentando la violazione dell'art. 2947 c.c. nonché l'erronea valutazione di un fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello, dopo aver correttamente qualificato la violazione delle norme sulle distanze come un illecito permanente, ha rigettato l'eccezione di prescrizione che la stessa aveva sollevato, omettendo, però, di considerare che: - innanzitutto, è stato lo stesso attore ad aver riconosciuto di essersi accorto già negli anni '80 che l'immobile dell'Hotel A. non era rispettoso delle distanze dal confine; -- in secondo luogo, che il diritto al risarcimento dei danni si è prescritto poiché il relativo giudizio è stato introdotto dopo il termine di cinque anni dalla edificazione non rispettosa delle distanze; - in terzo luogo, che l'attore ha chiesto il risarcimento del danno in relazione ai maggiori costi sopportati per la realizzazione di un immobile e non per effetto della permanenza dell'edificio; - infine, che la cessazione della permanenza dell'illecito consegue, comunque, al decorso del termine ventennale utili per l'acquisto a titolo di usucapione del diritto reale di mantenere la costruzione, iniziata nel 1966 e completata due anni dopo, a distanza inferiore a quella legale.
5.1. Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato. La controricorrente, infatti, non ha considerato che la corte d'appello l'ha condannata al risarcimento limitatamente al danno corrispondente al "maggior costo della costruzione", determinandolo in via equitativa nella somma di €. 15.000,00, e non anche per il danno relativo al "maggior costo" "dell'acquisto dalle confinanti sul rilievo che "nessuna prova ha dato l'appellante", con la conseguente impossibilità di valutare "se - ed eventualmente di quanto - la porzione di edificio ceduto alle F. avesse un valore oggettivamente maggiore del prezzo di mercato dell'area a lui ceduta"'.
5.2. Il secondo motivo del ricorso incidentale è, nei limiti che seguono, fondato, con assorbimento del secondo, del terzo e del quarto motivo di ricorso principale, oltre che del quinto, che riguarda la ripartizione delle spese processuali.
5.3. La corte d'appello, infatti, ha rigettato l'eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni lamentati dall'attore in ragione della natura permanente del relativo illecito ma ha omesso di considerare che il relativo risarcimento è stato dalla stessa riconosciuto limitatamente al danno corrispondente al "maggior costo della costruzione", determinandolo in via equitativa nella somma di €. 15.000,00, vale a dire un danno che non è di per sé derivato dalla permanenza nel tempo della condotta illecita né perdura o si rinnova per tutto il tempo in cui la stessa prosegue fino alla sua cessazione, come nel caso dell'illecito permanente, ma, corrispondendo solo ai maggiori costi che l'attore ha dovuto sopportare per la realizzazione della costruzione, si è, come tale, esaurito già nel momento (che la corte non ha, tuttavia, in alcun modo accertato in fatto) in cui lo stesso, in conseguenza della violazione delle distanze, ha provveduto al (completo) pagamento delle relative spese (e non oltre), con il conseguente e corrispondente inizio, in ragione della sua contestuale manifestazione, del termine per la relativa prescrizione (incontestatamente ritenuto "quinquennale") ed, in ogni caso, non oltre il momento (che del pari la corte d'appello non ha accertato) in cui, in fatto (come nel caso in cui sia rimossa la costruzione realizzata in violazione delle norme sulle distanze) o di diritto (come nel caso in cui l'autore della condotta contra ius abbia acquistato il diritto al mantenimento della costruzione a distanza inferiore a quella legale), sia cessata la relativa condotta illecita.
6. Il primo motivo del ricorso principale, come il primo motivo del ricorso incidentale, devono essere, quindi, respinti.
7. Il secondo motivo del ricorso incidentale dev'essere, invece, accolto, con assorbimento di tutti gli altri motivi del ricorso principale e la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, per l'effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d'appello di Firenze che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte cosi provvede: accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, respinto il primo del ricorso principale e il primo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d'appello di Firenze che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio