1. L'ordinanza impugnata è stata pronunziata il 10 maggio 2022 dal Tribunale del riesame di Catanzaro, che ha annullato il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con il quale era stata applicata a (omissis) professione avvocato, la misura cautelare dell'interdizione temporanea dall'esercizio della professione forense. Il Giudice per le indagini preliminari aveva riconosciuto la gravità indiziaria in relazione a due addebiti di falso in atto pubblico di fede privilegiata e ad un fatto di truffa ai danni dell'Agenzia delle Entrate-riscossione e tale giudizio è stato validato dal Tribunale del riesame, che ha però ritenuto la non attualità delle esigenze cautelari.
Il quadro indiziario posto a base del provvedimento cautelare concerne reati commessi in concorso con la moglie (omissis), anch'ella avvocato; si tratta della falsificazione di un'ordinanza di assegnazione somme da parte del Giudice dell'esecuzione resa nei confronti dell'Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di Catanzaro (debitore esecutato), alterata per quanto riguarda l'importo, indicato in una cifra inferiore allo scopo di far risultare esistente un ulteriore credito da azionare, con conseguente proliferare di spese di giudizio, condotta, quest'ultima, ritenuta integrare il reato di truffa. Ancora, i due sono stati riconosciuti gravemente indiziati di un ulteriore falso per avere sostituito ad un'altra ordinanza di assegnazione un provvedimento, uguale negli importi, da loro formato.
2. Contro l'ordinanza di cui sopra ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale di Catanzaro,
La parte pubblica impugnante — che non ha suddiviso l'impugnativa in motivi e non ha formulato denunzia esplicita dei vizi di cui all'art. 606 cod. proc. pen. — ha riportato, per sintesi, il contenuto della richiesta di misura cautelare ed ha fatto riferimento al provvedimento di accoglimento del Giudice per le indagini preliminari ed all'ordinanza demolitiva del Collegio della cautela. Quanto alle vere e proprie proposizioni critiche, il pubblico ministero lamenta che il Tribunale del riesame non avrebbe esaminato la rilevanza della professione forense quanto alla possibilità di consentire la reiterazione del reato, trascurando di valorizzare in malam partem la mole di documenti non firmati ritrovati presso lo studio e concernenti procedure esecutive. Il Tribunale della cautela — ha concluso la parte ricorrente — avrebbe trascurato che (omissis) e la (omissis) avevano incrementato il proprio giro di affari grazie alle falsificazioni.
Motivi della decisione
Il ricorso del pubblico ministero è inammissibile.
1. In primo luogo, esso è caratterizzato da un'impostazione non corretta, dal momento che non ha incanalato le doglianze nell'ambito dei vizi di cui all'art. 606 cod. proc. pen., come avrebbe dovuto sulla scorta dei caratteri del giudizio di legittimità, che può muoversi sono nel solco dei binari segnati dalla norma suddetta. Il ricorso, infatti, consta del resoconto — ampio — della richiesta di misura cautelare e in quelli, molto più brevi, dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari e di quella del Tribunale del riesame, seguiti dalla formulazione di enunciati di non condivisione della scelta del Collegio della cautela legati alla strumentalizzazione della professione forense di cui si era macchiato l'indagato.
2. In secondo luogo, il ricorso è aspecifico in quanto privo di confronto con quanto osservato dal Tribunale del riesame a proposito della risalenza nel tempo delle condotte oggetto dell'incidente cautelare e del mancato accertamento, nonostante le indagini svolte, di ulteriori comportamenti illeciti, oltre che dell'incensuratezza dell'indagato. Si tratta di una motivazione non manifestamente illogica che resiste a critiche di mera non condivisione del pubblico ministero, che ha opposto al ragionamento del Tribunale il suo punto di vista, senza però evidenziare falle argomentative, rilevanti ex art. 606, comma 1, lett. e) codice di rito, nel costrutto per cui chiede il vaglio di questa Corte. Ciò si risolve in un ricorso aspecifico, in spregio al dovere di specificità autorevolmente ribadito da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato.
Quanto, in particolare, alla pretesa rilevanza in malam partem della professione svolta, tale dato, se effettivamente ha costituito la precondizione che ha consentito all'indagato di commettere i reati che gli vengono contestati, non è tuttavia un elemento da solo sufficiente, in assenza di ulteriori indicatori di un attuale pericolo di ricaduta nel crimine, per imporre la misura cautelare. Trattasi, in sé, di un'attività pienamente lecita che è stata sì strumentalizzata nella specie all'epoca della commissione dei fatti, ma che può esplicitarsi anche con modalità legittime laddove non emerga aliunde il rischio, ad oggi, di ulteriori comportamenti penalmente rilevanti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del PM.