Quando l'avvocato è stato nominato difensore della parte offesa ovvero si può desumere la volontà di conferirgli mandato dallo svolgimento di concrete attività difensive nel giudizio o da altre dichiarazioni del querelante rese nell'atto di querela.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze confermava la sentenza con cui il tribunale di Lucca, in data 26.6.2019, aveva condannato S.P. alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, liquidati in euro 5000,00, in relazione al reato ex art. 615 ter, c.p., commesso in danno della "(omissis) S.R.L.", in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la sentenza del giudice di merito, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, lamentando: 1) violazione di legge in relazione agli artt. 337, 129, 96, c.p.p., 39, disp. att., c.p.p., per mancanza di valida querela; 2) violazione di legge, con riferimento all'art. 538, c.p.p., e mancanza di motivazione, in punto di quantificazione del danno risarcibile, posto che la corte territoriale, da un lato non ha indicato i principi posti alla base della valutazione operata in tema di danno equitativo; dall'altro, ha omesso di considerare il rilievo difensivo, con cui si rappresentava che i dati di cui il prevenuto si è impadronito sono stati utilizzati da quest'ultimo "esclusivamente per difendersi nella causa di licenziamento (vinta dal S. ) e non certo per scopi di spionaggio industriale"; 3) violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2.2. Con requisitoria scritta del 13.9.2022, depositata sulla base della previsione dell'art. 23, co. 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Con conclusioni scritte del 27.9.2022, pervenute a mezzo di posta elettronica, l'avv. A.B., difensore di fiducia del S. , nel replicare alla requisitoria scritta del pubblico ministero, insiste per l'accoglimento del ricorso.
3. In via preliminare va rilevato che, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 157, 160 e 161, c.p., il termine di prescrizione del reato per cui si procede, commesso il 28.11.2013, nella sua massima estensione, tenuto conto, cioè, degli atti interruttivi intervenuti, pari a sette anni e sei mesi, e in presenza di cause di sospensione del relativo decorso per un periodo pari a 244 giorni, risulta sicuramente perento alla data del 27.1.2022.
Si è pertanto verificata, successivamente alla pronuncia della sentenza di appello, una causa di estinzione del reato, che compete al Collegio rilevare, non potendosi considerare il ricorso presentato dall'imputato sorretto da motivi, tutti inammissibili.
Come è noto, infatti, il principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito dall'art. 129, co. 2, c.p.p., opera anche con riferimento alle cause estintive del reato, quale è la prescrizione, rilevabili nel giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 3, 01/12/2010, n. 1550, Rv. 249428; Cass., sez. un., 27/02/2002, n. 17179, Rv. 221403; Cass., Sez. 2, n. 6338 del 18/12/2014, Rv. 262761).
Logico corollario di tale affermazione sulla piena operatività dell'art. 129, c.p.p., è che anche nel giudizio di legittimità sussiste l'obbligo di dichiarare una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129, co. 2, c.p.p., pur ove risulti l'esistenza della causa estintiva della prescrizione, obbligo che, tuttavia, in considerazione dei caratteri tipici del giudizio innanzi la Corte di Cassazione, sussiste nei limiti del controlilo del provvedimento impugnato, in relazione alla natura dei vizi denunciati (cfr. Cass., sez. 1, 18/04/2012, n. 35627, Rv. 253458).
Il sindacato di legittimità che, pertanto, si richiede alla corte in questo caso deve essere circoscritto all'accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire a una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte dall'art. 129, co. 2, c.p.p.: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell'insussistenza del fatto o dell'estraneità a esso dell'imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini e ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l'operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata. Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall'art. 129 c.p.p., l'esistenza di una causa di non punibLlità più favorevole all'imputato, deve prevalere l'esigenza della definizione immediata del processo (cfr. Cass., sez. 4, 05/11/2009, n. 43958, F.).
In presenza di una causa di estinzione del reato, infatti, la formula di proscioglimento nel merito (art. 129, comma 2, c.p.p.) può essere adottata solo quando dagli atti risulti "evidente" la prova dell'innocenza dell'imputato, sicché la valutazione che in proposito deve essere compiuta appartiene più al concetto di "constatazione" che di "apprezzamento" (cfr. Cass., sez. 2, 11/03/2009, n. 24495, G.), circostanza che sulla base già della sola lettura del capo d'imputazione non può ritenersi sussistente nel caso in esame.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio, agli effetti penali, per essere il reato indicato in premessa estinto per prescrizione.
4. Ciò posto, occorre occuparsi dei profili civilistici, ai sensi del disposto dell'art. 578, co. 1, c.p.p., per i quali resta intatto l'interesse al risarcimento dei danni, derivanti dal fatto oggetto di contestazione, della costituita parte civile.
4.1. Orbene, infondato appare il primo motivo di ricorso.
Si osserva, al riguardo, come la giurisprudenza di legittimità, in una serie di arresti puntualmente richiamati dalla corte territoriale, ha affrontato in maniera del tutto condivisibile il tema posto dal S. .
Si è affermato, in particolare, che è valida la querela sottoscritta dalla persona offesa e, in calce, dal difensore che l'ha depositata in Procura, considerato che in virtù dell'art. 337, comma primo, c.p.p., la querela presentata da un incaricato deve essere munita dell'autenticazione della sottoscrizione da soggetto a ciò legittimato e, quindi, ai sensi dell'art. 39 disp. att., c.p.p., anche dal difensore, nominato formalmente ovvero tacitamente. (Nella specie la Corte ha affermato che la nomina tacita è desumibile anche dalla presentazione dell'atto all'autorità competente ad opera del legale e che l'autentica del difensore, autorizzato dall'art. 39 predetto, può ritenersi assolta dal difensore mandatario e depositante, che abbia apposto la sua firma sull'atto di querela di seguito a quella del titolare del diritto: cfr. Sez. 6, n. 13813 del 26/03/2015, Rv. 262966).
In questa prospettiva si è ulteriormente chiarito che, in tema di formalità della querela, l'autenticazione della firma del querelante da parte di un avvocato deve ritenersi valida solo nel caso in cui questi sia nominato difensore della parte offesa, a norma degli articoli 101, comma primo, e 96, comma secondo, c.p.p., ovvero si possa desumere la volontà di conferirgli mandato dallo svolgimento di concrete attività difensive nel giudizio o da altre dichiarazioni del querelante rese nell'atto di querela, come l'elezione di domicilio presso il difensore che ha autenticato la sottoscrizione (cfr., Sez. 2, n. 9187 del 02/02/2017, Rv. 269436).
Applicando i richiamati principi alla fattispecie in esame non possono condividersi i rilievi articolati dal ricorrente volti a contestare la presenza di una valida querela.
Il ricorrente non lamenta che la querela nei suoi confronti sia stata presentata dall'avv. S.C., del Foro di Lucca, presso l'autorità giudiziaria competente, ma, piuttosto, che quest'ultima sia stata delegata dal querelante esclusivamente al materiale deposito della querela firmata dalla sola persona offesa, P.G.S., nella sua qualità di legale rappresentate della società "(omissis) S.R.L.", il cui sistema informatico e telematico protetto è stato violato dall'ex dipendente S. , con sottoscrizione, tuttavia, priva di qualsiasi autentica.
Va, però, rilevato, come dalla stessa procura speciale allegata al ricorso, recante la sottoscrizione dello S., debitamente autenticata in calce dall'avv. C., si evince che il legale responsabile della "(omissis) S.R.L." aveva conferito alla professionista il compito di presentare la querela contro il S. , allegata alla procura e sottoscritta dal solo S., presso la procura della Repubblica del tribunale di Lucca.
L'avv. C. verrà, poi, nominata difensore di fiducia della costituita parte civile.
Appare, pertanto, evidente come, essendo stata presentata la querela nei confronti del S. in uno con la procura speciale conferita dallo S. all'avv. C. con sottoscrizione debitamente autenticata dal difensore, ricorra nella fattispecie in esame il caso di querela presentata da soggetto all'uopo incaricato dal titolare del relativo diritto, munita dell'autenticazione della sottoscrizione da soggetto a ciò legittimato, nella specie il difensore, nominato tacitamente, avv. C., potendosi desumere la volontà dello S. di conferire il mandato difensivo alla suddetta professionista proprio dal compito affidatole di presentare (che, per inciso, equivale a proporre, perché la querela si propone, per l'appunto, presentandola) l'indicata querela, come confermato dalla circostanza che la C. sarebbe stata successivamente anche formalmente nominata difensore della parte civile.
4.2. L'intervenuto annullamento della sentenza impugnata agli effetti penali rende del tutto irrilevante il terzo motivo di ricorso, attinente alla dosimetria della pena.
4.3. Inammissibile, invece, appare il secondo motivo di ricorso.
E invero, secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, condiviso dal Collegio, in relazione al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dal reato la valutazione del giudice del merito non può essere analitica ma è rimessa, in via equitativa, al suo prudente apprezzamento e non è sindacabile in sede di legittimità se contiene l'indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico adottato (cfr. Cass., sez. V, 31.1.2007, n. 9182, rv. 236262).
La relativa valutazione del giudice, pertanto, affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria (cfr. Cass., sez. V, 22.6.2013, n. 35104, rv. 257123; Cass., sez. VI, 28.11.2013, n. 48461, rv. 258170).
Orbene nella sentenza oggetto di ricorso la corte territoriale ha dato conto, con motivazione approfondita ed immune da vizi logici, delle ragioni su cui si fonda la quantificazione del danno risarcibile operata dal giudice di primo grado, evidenziando come essa "risulti congrua e rispondente a equità", in quanto assumono rilievo "anche i danni all'immagine prodotti dalla condotta dell'imputato, il quale ha attinto dati relativi a plurimi dipendenti della parte civile, utilizzandoli poi innanzi alla autorità giudiziaria (cfr. p. 6).
Nessuna radicale contraddittorietà si ravvisa in tale motivazione.
A fronte di tale esaustivo percorso motivazionale, le critiche del ricorrente dunque, non solo appaiono manifestamente infondate, ma risultano anche, in ultima analisi, fondate su di una diversa valutazione in punto di fatto, non consentita in sede di legittimità.
Il ricorso del S. va, pertanto, rigettato agli effetti civili, mentre la non completa soccombenza del ricorrente comporta che quest'ultimo non sia condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.