Questo il nuovo principio di diritto affermato dalla Cassazione, che si unisce ad un altro principio che specifica in quali termini il creditore che abbia ottenuto la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell'atto di cessione della quota di s.n.c. compiuto dal suo debitore possa ottenere il suo credito.
La società cooperativa asseriva di essere creditrice di uno degli attuali ricorrenti per un importo pari alla fideiussione rilasciata a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni della società in nome collettivo. La creditrice conveniva in giudizio gli odierni ricorrenti proponendo azione revocatoria del patto di famiglia stipulato in virtù dell'art. 768-bis...
Svolgimento del processo
1. (omissis) - soc. coop., esponendo di essere creditrice per l'importo di Euro 900.000,00 di F.M. in virtù di fideiussione rilasciata a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni di (omissis) s.n.c., convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Verona F.M., I.M. e D.M. proponendo azione revocatoria del patto di famiglia stipulato ai sensi dell'art. 768-bis cod. civ. mediante il quale il primo aveva trasferito a titolo gratuito in favore degli altri due convenuti le quote rappresentanti il 51% del capitale sociale di M.I. e D. s.n.c.. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda.
2. Il Tribunale adito dichiarò inammissibile la domanda per la non assoggettabilità ad azioni esecutive della quota della società in nome collettivo.
3. Avverso detta sentenza propose appello l'originaria attrice. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell'appello.
4. Con sentenza di data 29 marzo 2018 la Corte d'appello di Venezia accolse l'appello, dichiarando l'inefficacia nei confronti dell'appellante del patto di famiglia. Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che, benché le partecipazioni sociali non fossero suscettibili di esecuzione forzata fino alla scadenza della società o alla sua liquidazione, ove antecedente alla scadenza, si trattava soltanto della sospensione della possibilità di agire in executivis collegata alla scadenza o alla liquidazione, con la reviviscenza del diritto stesso al verificarsi delle condizioni per il suo esercizio, e che l'appellante, quale creditore del socio, poteva fare opposizione alla proroga della società ai sensi dell'art. 2307 cod. civ., con liquidazione della quota del socio debitore in caso di accoglimento dell'opposizione, soltanto ove accolta l'azione revocatoria. Aggiunse che la soddisfazione del creditore poteva trovare immediata tutela anche con riferimento agli utili del socio ed alla sua stessa quota nel caso di alienazione a terzi, alla luce del principio di diritto enunciato da Cass. n. 11491 del 2014.
5. Hanno proposto ricorso per cassazione F.M., I.M. e D.M. sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso la parte intimata.
6. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in combinato disposto con l'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228 (che ne ha prorogato l'applicazione alla data del 31 dicembre 2022). Il Pubblico Ministero ha presentato le conclusioni scritte. E' stata presentata memoria da entrambe le parti.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia falsa applicazione degli artt. 2901 e 2902 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, non intaccando l'azione revocatoria la validità dell'atto e non comportando quindi la restituzione della quota, a fronte dalla inespropriabilità delle quote di s.n.c. (Cass. n. 15605 del 2002) la società dovrà riconoscere in capo ai soci, cui la quota è stata trasferita, il diritto agli utili ed alla liquidazione del suo controvalore in caso di scioglimento.
2. Con il secondo motivo si denuncia falsa applicazione dell'art. 2270 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il creditore, per potere soddisfarsi sugli utili e compiere atti conservativi sulla quota di liquidazione, deve essere creditore particolare del socio e che, per effetto dell'azione revocatoria, a F.M. non verrebbero retrocesse le quote, mentre I. e D.M. non diverrebbero debitori di (omissis).
3. Con il terzo motivo si denuncia falsa applicazione dell'art. 2252 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, alla luce dell'art. 2252, anche dopo lo scioglimento della società, vi sia o meno la fase di liquidazione, il contratto sociale non potrà mai essere modificato senza il consenso di tutti i soci, e quindi neppure in esito ad una procedura esecutiva inammissibile.
4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2270, 2289 e 2305 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il diritto del creditore particolare del socio di ottenere la liquidazione della quota, costituito dalla possibilità di soddisfarsi sul suo controvalore economico ai sensi dell'art. 2289, è un diritto diverso da quello di provocare l'espropriazione della res, nel caso di specie inammissibile.
Aggiunge che il diritto alla futura ed eventuale liquidazione della quota, previsto dall'art. 2270, non intacca il contratto sociale perché non incide sulla compagine sociale, per cui il diritto al controvalore di liquidazione dovrà essere riconosciuto dalla società esclusivamente al socio o ai suoi creditori. Osserva ancora che l'art. 2305 consente al creditore particolare del socio di soddisfarsi sul credito in cui si converte la quota societaria per effetto della liquidazione e che potrebbe soddisfarsi su tale quota solo a condizione che F.M. fosse ancora socio, mediante un'espropriazione o un prodromico sequestro ma del solo credito da eventuale e futura liquidazione, non certo della quota o dello status di socio.
5. Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2307 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che (omissis) non può fare opposizione alla proroga della società ai sensi dell'art. 2307 cod. civ. perché, anche ove accolta l'azione revocatoria, non diverrebbe creditore particolare del socio.
6. Con il sesto motivo si denuncia violazione dell'art. 102 cod. proc. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la coniuge di F.M., G.C., ha partecipato al contratto ai sensi dell'art. 768 - quater cod. civ., nel quale ha rinunciato alla liquidazione da parte degli assegnatari delle partecipazioni societarie mediante il pagamento della somma prevista dall'art. 768 - quater comma 2, per cui essa è litisconsorte necessario pretermesso.
7. Il sesto motivo, da scrutinare in via pregiudiziale in quanto dotato di efficacia assorbente, è infondato. Nel giudizio intrapreso ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. nei confronti di patto di famiglia ai sensi dell'art. 768 - bis cod. civ. sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge e degli altri legittimari che abbiano partecipato al contratto poiché da esso consegue l'obbligazione degli assegnatari delle partecipazioni societarie o dell'azienda di liquidare costoro mediante il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti del codice civile (art. 768 - quater cod. civ.). Il litisconsorzio necessario sussiste anche nei confronti del coniuge e degli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto (art. 768 - sexies cod. civ.). A seguito dell'azione revocatoria la posizione dei soggetti non beneficiari della disposizione non resta impregiudicata in quanto sono incisi, sia pure soltanto relativamente al creditore che ha introdotto il giudizio revocatorio, gli effetti di un atto che viene ad inserirsi nella regolazione parziale della vicenda successoria del disponente e nei suoi rapporti con gli eredi necessari. L'inefficacia relativa attinge infatti un atto dal quale consegue l'effetto giuridico del pagamento in favore di coniuge e legittimari della somma prevista dall'art. 768 - quater, comma 2.
A conclusioni diverse deve però pervenirsi ove gli altri partecipanti al patto di famiglia abbiano rinunciato in tutto alla liquidazione prevista dall'art. 768 - quater, comma 2. L'eventuale accoglimento dell'azione non determinerebbe alcun effetto giuridico che possa incidere nella sfera giuridica del coniuge o del legittimario avendo costoro rinunciato al loro diritto, ma comporterebbe esclusivamente l'inefficacia relativa dell'atto in riferimento alla sola posizione del coniuge debitore e dei beneficiari dell'atto. Il litisconsorzio necessario è pertanto in tale ipotesi da escludere, mentre ricorre nel caso di rinuncia parziale, perché in questo caso il diritto alla liquidazione permarrebbe per la parte non rinunciata.
Nel caso di specie, come affermato dalla parte ricorrente (producendo quale allegato n. 3 al ricorso il contratto ed indicando la relativa disposizione - art. 3), vi è stata rinuncia in tutto al diritto da parte del coniuge, per cui non vi è litisconsorzio necessario.
Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: "nel giudizio intrapreso ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. nei confronti di patto di famiglia ai sensi dell'art. 768 - bis cod. civ. non sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge e degli altri legittimari che abbiano partecipato al contratto e che abbiano rinunciato in tutto alla liquidazione in loro favore mediante il pagamento da parte degli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti del codice civile".
8. I motivi dal primo al quinto, da trattare congiuntamente in quanto afferenti alla medesima questione di diritto, sono infondati, previa parziale correzione della motivazione, per il resto conforme a diritto.
Non è in discussione la non espropriabilità della quota della società in nome collettivo del socio debitore da parte del creditore prima dello scioglimento della società (salvo che l'atto costitutivo preveda la libera trasferibilità con il solo consenso di cedente e cessionario - Cass. 7 novembre 2002, n. 15605). Ne consegue che la quota è espropriabile se sia stato deliberato lo scioglimento della società e compiuta la liquidazione o comunque una volta che sia stata liquidata la quota del socio debitore per lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a costui. L'azione revocatoria, il cui effetto è la possibilità di promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive o conservative sul bene oggetto dell'atto impugnato (art. 2902, comma 2, cod. civ.), è funzionale al compimento degli atti esecutivi una volta che la quota sia diventata espropriabile per effetto della liquidazione. Analogamente al creditore particolare del socio, che può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore soltanto alla scadenza della società (cfr. art. 2305 cod. civ., che esclude così l'operatività nella s.n.c. dell'art. 2270, comma 2), il creditore del socio che abbia ceduto la propria quota, una volta che abbia ottenuto la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti della dell'atto di disposizione ai sensi dell'art. 2901, ove risulti perfezionata la liquidazione della quota può compiere le azioni esecutive, se munito di titolo esecutivo, o conservative aventi ad oggetto il credito corrispondente alla somma di denaro rappresentante il valore della quota. La conservazione della garanzia patrimoniale si realizza qui come reintegrazione del valore del bene uscito dal patrimonio del debitore.
Il creditore del socio che abbia ceduto la propria quota non puo però far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore finché dura la società, o compiere gli atti conservativi sulla quota spettante nella liquidazione, ai sensi dell'art. 2270, comma primo, perché trattasi di facoltà estranea agli effetti dell'azione revocatoria previsti dall'art. 2902 e che presuppone la qualità di creditore particolare di colui che è attualmente socio. Per la stessa ragione non può fare opposizione alla proroga della società ai sensi dell'art. 2307. Per questi aspetti la motivazione della sentenza impugnata, per il resto conforme a diritto, deve essere corretta ai sensi dell'art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ..
Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: "il creditore, che abbia ottenuta la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell'atto di cessione della quota di società in nome collettivo compiuto dal suo debitore, può promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive, se munito titolo esecutivo, o conservative aventi ad oggetto il credito risultante dalla liquidazione della quota".
La novità delle questioni affrontate costituisce ragione di compensazione delle spese.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dispone la compensazione delle spese processuali.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.