
Nel caso in esame, il legale giustificava il suo inadempimento con la difficoltà economica conseguente all'impossibilità di lavorare a causa di una grave patologia. Tuttavia, le Sezioni Unite dichiarano il ricorso inammissibile per tardività.
Ritenuta sussistente la dedotta violazione deontologica del mancato pagamento delle spese di lite, il CDD applicava ad un avvocato la sanzione della sospensione dalla professione forense per un anno.
In particolare, il Consiglio osservava, «da un lato, che il mancato pagamento delle spese era stato...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. L'avv. (omissis) oppone un motivo di ricorso per la cassazione "della sentenza del Consiglio Distrettuale di Disciplina n. 125 del 21 settembre 2018 e depositata il 7 novembre 2018 ed ogni altro atto consequenziale e successivo, tra cui la sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 63 del 13 maggio 2022".
Questi i principali fatti di causa:
l'avvocato (omissis) stato raggiunto dal seguente capo di incolpazione: "promosso personalmente procedimento contro la (omissis) spa, veniva condannato a pagare le spese di lite liquidate in euro 2.000,00 e, proposto reclamo, veniva condannato al pagamento di ulteriori spese per euro 1.830,00 ma, nonostante ripetuti solleciti ed iniziative dell'avvocato (omissis), ometteva di adempiere ai pagamenti, così violando le disposizioni di cui agli articoli 5 e 59 del previgente codice deontologico forense, attualmente articoli 9 e 64 del vigente codice deontologico. In Roma l'8 febbraio 2011";
l'incolpazione scaturiva da un esposto presentato dalla collega M. nel marzo 2011, con il quale si chiedeva che venisse valutata la rilevanza deontologica del mancato pagamento (dopo l'inutile esito di precetto e pignoramento mobiliare) delle spese di lite al quale l'avvocato (omissis) era stato condannato per soccombenza, in doppio grado, in un giudizio da lui proposto in proprio, ex articolo 700 cod.proc.civ., nei confronti della suddetta banca;
il Consiglio Distrettuale di Disciplina riteneva sussistere la dedotta violazione deontologica (posta a tutela dell'affidamento dei terzi nella capacita dell'avvocato di rispettare i propri doveri professionali) ed applicava (anche in considerazione del protrarsi per lunghissimo periodo dell'inadempienza, oltre che dei 'significativi' precedenti e della pendenza di ulteriori tredici procedimenti disciplinari) la sanzione della sospensione dalla professione forense per un anno osservando, da un lato, che il mancato pagamento delle spese era stato pacificamente riconosciuto dall'avvocato (omissis) che, dall'altro, la giustificazione da questi addotta (difficoltà economica conseguente all'impossibilità di lavorare a causa di una grave patologia comportante assoluta inabilitazione) non poteva essere condivisa, dal momento che il debito da soccombenza in questione risaliva al 2010, mentre soltanto nel novembre 2013 l'avvocato (omissis) aveva dedotto la precarietà delle proprie
condizioni di salute (del resto documentate con un certificato medico prodotto solo nel febbraio 2014);
questa decisione veniva dall'avvocato (omissis) impugnata avanti al Consiglio Nazionale Forense (a mezzo di ricorso trasmesso via Pec il 4 dicembre 2018) sulla base di due motivi: - il primo, relativo alla asserita insussistenza dell'illecito deontologico, trattandosi di inadempimento che non aveva comportato la spendita della qualifica di avvocato, e comunque giustificato dalle sue gravi condizioni di salute ed economiche; - il secondo, relativo alla eccessività della sanzione applicata, potendo quest'ultima essere più equamente contenuta nel mero avvertimento, vista anche l'epoca risalente dei precedenti disciplinari contestati;
il Consiglio Nazionale Forense rilevava preliminarmente l'assenza agli atti di idonea e valida procura speciale ai fini dell'impugnazione a favore dell'avvocato (omissis) ella sua qualità di unico firmatario del reclamo, con conseguente difetto di rappresentanza processuale in capo al difensore stesso; da qui il rinvio del procedimento dall'udienza del 16 dicembre 2021 a quella del 17 febbraio 2022, con fissazione di termine al 15 febbraio 2022 per la regolarizzazione del difetto di procura ex art.182 cod.proc.civ., come da comunicazione regolarmente notificata a mezzo Pec tanto all'avvocato (omissis) quanto allo stesso avvocato (omissis) non comparso in giudizio;
in assenza di regolarizzazione mediante allegazione di procura speciale alle liti finalizzata all'impugnazione, il giudizio veniva quindi dichiarato estinto, con conseguente "stabilizzazione" della decisione disciplinare impugnata.
2. Con l'unico motivo di ricorso per cassazione l'avvocato (omissis) lamenta "violazione di legge per erronea applicazione dell'articolo 420 cpp" (legittimo impedimento dell'imputato), dal momento che il Consiglio Nazionale Forense non aveva rilevato l'erroneo disconoscimento del suo legittimo impedimento avanti al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Roma, nonostante che la precarietà delle sue condizioni di salute (adenocarcinoma laringeo diagnosticato nel 2008, come da ultimo attestato dal certificato medico 2 novembre 2021, qui allegato) fosse tale da impedirgli non solo una regolare e continuativa attività professionale, ma anche la partecipazione ad udienze comportanti, come quelle disciplinari, una impegnativa discussione ed un protratto eloquio. Né il Consiglio Distrettuale di Disciplina aveva disposto l'acquisizione di ulteriore documentazione medica ovvero visita fiscale, e neppure gli aveva comunicato la data della nuova udienza, con conseguente nullità insanabile e rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Il ricorrente ripropone quindi difese di merito in ordine al fatto che il mancato pagamento delle spese in questione fosse, in effetti, dipeso dalle drammatiche difficoltà economiche nelle quali egli era incorso a seguito della suddetta patologia.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso venga rigettato in quanto infondato, posto che:
il Consiglio Distrettuale di Disciplina, su istanza dell'avv. (omissis) aveva già disposto il rinvio al 21.9.18 della prima udienza dibattimentale del 15.6.18, rigettando analoga istanza di differimento dell'udienza del 21.9.18 per mancata documentazione di un impedimento effettivamente ostativo;
solo un impedimento assoluto a comparire (qui motivatamente escluso), e non una qualsiasi situazione di difficoltà, giustifica il differimento del processo ex articolo 420 ter cpp;
l'apprezzamento della gravità del fatto e della condotta ai fini della sanzione disciplinare opportunamente applicabile è riservato, ex art.22 CDF, all'ordine professionale e non può essere devoluto alla Corte di Cassazione (Cass. SSUU n. 24896/20).
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalla parte intimata.
In data 6 ottobre 2022 il ricorrente avv.(omissis) a presentato istanza cautelare di sospensione della misura disciplinare ex art.36 co. 7^ I. 247/12; istanza che, con provvedimento presidenziale, è stata assegnata a decisione unitamente al merito.
4. Il ricorso è inammissibile per due fondamentali ragioni:
in primo luogo, esso contravviene al disposto dell'art.36 co. 6^ I. 247/12, secondo cui l'oggetto dell'impugnazione avanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è in materia costituito dalla decisione disciplinare del Consiglio Nazionale Forense mentre, nel caso di specie, il ricorso si rivolge, per il tenore letterale e per quello sostanziale delle doglianze in esso contenute, avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina. Come si è anticipato, l'unico motivo di ricorso per cassazione attiene all'asserita integrazione - per ostative ragioni di salute - della fattispecie di impedimento assoluto a comparire ex art.420 cpp, vale a dire ad una questione insorta nel procedimento di primo grado avanti al Consiglio Distrettuale di Disciplina, e neppure dedotta in sede di reclamo al Consiglio Nazionale Forense, il quale venne investito di sole censure concernenti l'insussistenza dell'illecito deontologico contestato e, in subordine, l'eccessività della sanzione applicata. Che quella qui in esame sia impugnazione anomala e non prevista dalla legge trova inequivoca conferma nel fatto che, con essa, l'avv. (omissis) chiede che venga cassata - come primario e specifico oggetto di devoluzione - appunto la "sentenza del Consiglio Distrettuale di Disciplina n.125 del 21 settembre 2018", mentre l'annullamento della sentenza Consiglio Nazionale Forense viene sì richiesto, ma solo in via derivata, essendo quest'ultima considerata al pari di un mero "atto consequenziale e successivo" alla sentenza del Consiglio Distrettuale di Disciplina. La consecuzione tra decisioni di primo e secondo grado viene dunque dal ricorrente erroneamente posta all'interno di una relazione che non è di impugnazione della sentenza del Consiglio Nazionale Forense in quanto gravatoria e sostitutiva della decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina, bensì di caducazione dell'atto successivo per derivazione e consequenzialità logico-giuridica dall'annullamento dell'atto prodromico. Il che innesta nell'ambito del plesso impugnatorio giurisdizionale (le cui regole sono applicabili al procedimento disciplinare a carico degli avvocati: Cass.SSUU n. 412/20 ed altre) una dinamica tipica ed esclusiva del diverso contesto della concatenazione degli effetti degli atti e provvedimenti amministrativi.
in secondo luogo, e quand'anche si voglia conservativamente operare un ribaltamento interpretativo del ricorso per cassazione così da ritenerlo direttamente ed autonomamente rivolto proprio (o quantomeno anche) alla sentenza del Consiglio Nazionale Forense, è dirimente osservare come quest'ultima non si basi né sulla questione del legittimo impedimento a comparire (non devoluta) né sulle questioni di merito della sussistenza ed entità della contestata responsabilità disciplinare (invece devolute, ma non esaminate per l'assorbente rilievo del vizio di rappresentanza). Sicchè l'impugnazione di legittimità contro quest'ultima sentenza avrebbe dovuto individuare ed investire la specifica ragione decisoria del Consiglio Nazionale Forense, appunto insita nell'estinzione del giudizio a causa del fatto che l'avv. (omissis) unico firmatario del reclamo, era sprovvisto di procura speciale a difendere e rappresentare il reclamante avv. (omissis)e che tale lacuna non era stata colmata in corso di giudizio. E tuttavia, questa - non colta - ragione decisoria non viene censurata nel presente ricorso per cassazione, non contestando in alcun modo l'odierno ricorrente né che il reclamo al Consiglio Nazionale Forense fosse stato proposto dall'avv. (omissis)n difetto di procura speciale, né che quest'ultima investitura fosse in effetti necessaria ex lege, e nemmeno che l'invito alla regolarizzazione a tal fine rivolto e ritualmente comunicato dal Consiglio Nazionale Forense, ex art.182 co. 2^ cod.proc.civ., fosse rimasto inottemperato. E' pur vero che il Consiglio Nazionale Forense ha testualmente affermato, in motivazione e dispositivo, la 'stabilizzazione dell'impugnata decisione', ma ciò è avvenuto, come chiaramente si desume dalla natura processuale ed in limine della decisione, proprio per effetto della dichiarata estinzione del giudizio di reclamo e non di un autonomo vaglio e recepimento nel merito delle stesse conclusioni affermative di responsabilità alle quali era giunto il Consiglio Distrettuale di Disciplina; dunque, conclusioni che in tanto potevano essere, in ipotesi, annullate o riformate, in quanto fosse stato proposto un rituale reclamo al Consiglio Nazionale Forense, il che non è avvenuto. E ciò basta a rendere palesemente inammissibili anche i profili di doglianza che il presente ricorso vorrebbe contro di esse oggi veicolare.
5. La pronuncia di inammissibilità del ricorso esplica effetto assorbente sull'istanza di sospensione cautelare di una sanzione disciplinare che deve trovare definitiva conferma.
Nulla si provvede sulle spese attesa la peculiare natura del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
v.to l'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.