L'Amministrazione, seppur tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute in occasione dell'adozione di un nuovo strumento di pianificazione territoriale, non può essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dal Consorzio “il Diaccio” avverso la sentenza del T.a.r. per la Toscana dell’ 8 settembre 2015 n. 1215.
2. Il 18 luglio 2002, il consorzio “il Diaccio” (d’ora in avanti, il “consorzio”) ha presentato presso il comune di Follonica un piano di lottizzazione per la realizzazione di un centro fieristico direzionale.
2.1. Con la deliberazione di consiglio comunale dell’11 marzo 2004, il comune di Follonica ha adottato il piano strutturale.
2.2. Con la nota prot. n. 11330 del 19 maggio 2004, il comune ha comunicato la sospensione del procedimento sulla domanda presentata dal consorzio, in attesa che venisse prodotta documentazione comprovante la conformità del piano di lottizzazione alle previsioni del piano strutturale adottato.
2.3. Con la deliberazione del consiglio comunale del 5 luglio 2005 n. 67, il comune ha approvato il piano strutturale.
2.4. Il 7 marzo 2008, il consorzio ha presentato “un contributo” al “redigendo” regolamento urbanistico, con cui ha invitato il comune all’introduzione di una disciplina che permettesse la realizzazione delle opere per le quali era stata presentata l’istanza.
2.5. Con la delibera del 10 novembre 2009 n. 72, il comune ha adottato il regolamento urbanistico, strumentale all’attuazione del piano.
2.6. Il 18 febbraio 2010, i consorziati hanno presentato un’osservazione critica al regolamento adottato.
2.7. Con la deliberazione del consiglio comunale del 10 ottobre 2010 n. 52, il comune ha, in parte, definitivamente approvato il regolamento e, in parte, adottato alcune prescrizioni afferenti alle aree di proprietà degli odierni appellanti.
2.7.1. Con riferimento alle aree dove sono ubicati i terreni di proprietà del consorzio (in parte, ricompresi nell’area di riqualificazione “RQ08a” e, in parte, nell’area di trasformazione “TR02” subcomparto “TR02a”), il regolamento ha previsto, in particolare, una nuova capacità edificatoria, ritenuta peggiorativa rispetto alla precedente, e l’obbligo della presentazione del piano attuativo fra tutti i proprietari dei subcomparti delle aree classificate “TR2”, la cui approvazione è stata subordinata alla cessione gratuita di un’area limitrofa alla strada provinciale “152” e alla realizzazione delle relative opere pubbliche.
2.8. Il 20 dicembre 2010, il consorzio ha presentato, nuovamente, alcune osservazioni al regolamento, chiedendo, in particolare, che nel sub comparto “TR02a” la realizzazione degli interventi potesse avvenire con piano attuativo “svincolato” dagli altri comparti dell’area “TR”, che venissero mantenute le superfici coperte previste dal precedente piano regolatore e che fossero eliminati i vincoli costituiti dalla cessione gratuita di un’area e dalla realizzazione gratuita delle opere pubbliche.
2.9. Con la deliberazione del consiglio comunale del 10 giugno 2011 n. 30, il comune ha definitivamente approvato il regolamento urbanistico.
3. Con il ricorso notificato in data 26 ottobre 2011 e depositato in data 24 novembre 2011, il consorzio ha impugnato l’atto di approvazione del regolamento, nei limiti del suo interesse ad agire.
3.1. Si è costituito in giudizio il comune di Follonica, resistendo al ricorso e domandandone il rigetto.
3.2. Successivamente - avuta notizia nel corso del processo dell’avvenuta archiviazione dell’istanza di approvazione del piano di lottizzazione a suo tempo proposto - con il ricorso notificato il 20 aprile 2015 e depositato il 5 maggio 2015, il consorzio ha formulato motivi aggiunti avverso il su menzionato provvedimento di archiviazione.
4. Con la sentenza n. 1215 dell’8 settembre 2015, il T.a.r.:
a) ha respinto il ricorso principale;
b) ha accolto il ricorso per motivi aggiunti e, conseguentemente, ha annullato il provvedimento di archiviazione dell’istanza presentata (capo non impugnato);
c) ha compensato le spese del giudizio.
5. Con ricorso notificato il 7 marzo 2016 e depositato il 5 aprile 2016, il consorzio ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, proponendo tre motivi di impugnazione (estesi da pagina 10 a pagina 20).
5.1. Si è costituito in giudizio il comune di Follonica, domandando il rigetto dell’appello e depositando una prima memoria difensiva il 14 luglio 2022, nella quale è stata prospettata l’improcedibilità dell’impugnazione ex adverso proposta per sopravvenuta carenza d’interesse.
In particolare, il comune deduce che, con la deliberazione del consiglio comunale n. 73 del 12 novembre 2021, il comune “ha adottato il nuovo Piano Strutturale cui seguirà la redazione del Piano Operativo che, ai sensi della Legge Regionale Toscana n. 65/2014, costituisce strumento di pianificazione urbanistica in sostituzione del citato Regolamento Urbanistico”.
5.2. Con l’ordinanza n. 284 del 7 febbraio 2020, il Presidente della quarta sezione ha domandato alla parte appellante “se continua a sussistere l’interesse alla definizione del giudizio, per evitare che nei ruoli ordinari delle udienze siano eventualmente inseriti giudizi destinati ad essere dichiarati estinti, nonché per prevenire la condanna della parte soccombente ai sensi dell’articolo 26, commi 1 e 2, del codice del processo amministrativo”.
5.3. Il 12 settembre 2022, in vista della camera di consiglio fissata per il 15 settembre 2022, parte appellante ha ribadito il suo interesse ad una decisione sull’appello.
5.4. Il 3 novembre 2022, sia il consorzio che il comune hanno depositato memorie difensive.
5.5. Il consorzio, in particolare, ha insistito sull’interesse alla decisione del ricorso.
5.6. Il 14 e il 15 novembre 2022, prima il comune e poi il consorzio hanno depositato delle repliche alle difese altrui.
6. All’udienza del 6 dicembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. In limine litis, in applicazione del criterio della ragione più liquida, il Collegio ritiene che non sia necessario procedere alla disamina dell’eccezione pregiudiziale di improcedibilità formulata dal comune e si possa procedere direttamente all’esame dei motivi di impugnazione, essendone palese la loro infondatezza (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 5 del 2015, § 5.3.).
7.1. Il Collegio dichiara poi l’inammissibilità della documentazione prodotta nel presente processo dagli appellanti, in quanto il suo deposito viola il precetto di cui all’art. 104 c.p.a.
7.2. Va poi dato atto che non è stato formalizzato il decesso del signor Corti ai sensi dell’art. 80, comma 3, c.p.a. e 300, comma 1, c.p.c. (cui ha fatto solo un cenno la difesa del comune nella memoria del 3 novembre 2022, pag. 3), sicché non va dichiarata l’interruzione del processo.
7.3. Per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio procede alla disamina dei motivi posti a sostegno del ricorso di primo grado (sul principio e la sua applicazione pratica, fra le tante, cfr. sez. IV, n. 1137 del 2020; sez. IV n. 1130 del 2016, sez. V n. 5868 del 2015; sez. V n. 5347 del 2015 che esclude in radice che tale modus procedendi possa dare corso ad un vizio revocatorio per errore di fatto), che delimitano obbligatoriamente, ex art. 104 comma 1, c.p.a., il thema decidendum del presente giudizio di appello.
7.4. Con il primo motivo di ricorso (sostanzialmente ripreso nel primo motivo di appello), i ricorrenti hanno dedotto che non sia stata fornita risposta idonea alle osservazioni presentate nel corso del procedimento in violazione delle previsioni di cui all’art. 17, comma 5, legge della regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1.
7.4.1. Il motivo in esame è infondato.
7.4.2. In diritto, si evidenzia che, secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio “Le osservazioni presentate in occasione dell'adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all'Amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree. Pertanto, seppure l'Amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essa essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse.” (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021 n. 2422 e 30 gennaio 2020, n. 751).
7.4.3. Va dunque ribadito che il Comune non ha un obbligo di risposta specifica alle osservazioni presentate dai privati nel corso del procedimento di approvazione dello strumento urbanistico generale, perché queste non costituiscono un rimedio giuridico, ma un apporto collaborativo (così, di recente, Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 2022 n. 3018).
7.4.4. Questa statuizione trova applicazione anche con riferimento all’art. 17, comma 5, legge regionale n. 1/2005, all’epoca vigente, la quale prevedeva che “Il provvedimento di approvazione contiene il riferimento puntuale alle osservazioni pervenute e l'espressa motivazione delle determinazioni conseguentemente adottate”, essendo sufficiente la dimostrazione che le osservazioni siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e i canoni generali posti a base della formazione dello strumento urbanistico.
7.4.5. In fatto, il Collegio evidenzia che, nel caso di specie, le osservazioni di parte sono state compiutamente esaminate dal comune e non accolte con congrua e adeguata motivazione esposta nella scheda numero 19 (doc. 3 depositato in primo grado dal comune in data 26 giugno 2013).
7.4.6. La statuizione di rigetto del T.a.r. risulta pertanto corretta in diritto e in fatto, e priva, dunque, dei censurati errori di giudizio.
7.5. Con il secondo motivo (sostanzialmente ripreso con il secondo motivo di appello), gli interessati deducono che solo in sede di approvazione del regolamento è stata prevista una fascia di inedificabilità assoluta nell’area comprendente i terreni di loro proprietà. Lo strumento urbanistico impugnato avrebbe quindi subito una rilevante modifica dopo la sua adozione e, perciò, avrebbe dovuto essere nuovamente pubblicato per consentire la presentazione delle osservazioni.
7.5.1. Il motivo in esame è infondato.
7.5.2. Secondo la consolidata e condivisa giurisprudenza del Consiglio di Stato:
a) occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie” (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni della pianificazione sovraordinata, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi), modifiche “facoltative” (consistenti in innovazioni non sostanziali), e modifiche “concordate” (conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal comune). Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale (o dell’ente competente in materia) rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale (cfr. Cons. Stato, sez. iv, 13 novembre 2020, n. 7027; sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944);
b) l’eventualità che le previsioni del piano urbanistico comunale (o di altro strumento urbanistico) subiscano, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano (o nello strumento) adottato, è un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute; pertanto, soltanto laddove chi ha interesse dimostri che le modifiche introdotte incidono sulle caratteristiche essenziali dello strumento stesso e sui suoi criteri di impostazione, si rende necessario riprendere da capo il relativo procedimento di formazione; l’eventuale necessità di “ripubblicazione” sorge solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l’impostazione di Piano stesso. Costituisce, perciò, principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui si rende necessaria la ripubblicazione del piano solo quando, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una “rielaborazione complessiva” del piano stesso, e cioè un “mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944; 21 settembre 2011, n. 5343, 26 aprile 2006 n. 2297, 31 gennaio 2005, n. 259; 10 agosto 2004, n. 5492), mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche non comportino uno stravolgimento dello strumento adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori, ma consistano in variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree (Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027; sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 5769).
7.5.3. Applicando i suesposti principi (ribaditi di recente dalla sezione, con la sentenza del 11 aprile 2022 n. 2700) al caso di specie, il Collegio evidenzia che la modifica dedotta dall’appellante non può considerarsi un “mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla … impostazione” del regolamento adottato, né un suo “stravolgimento” o un suo “profondo mutamento”, tale da comportare l’obbligo di ri-pubblicazione del piano ai fini della sua legittimità.
7.6. Con il terzo motivo (sostanzialmente ripreso con il terzo motivo di appello), gli interessati si dolgono che il regolamento urbanistico, prevedendo la necessaria presentazione del P.U.I. e l’immotivata attribuzione di un’inadeguata volumetria realizzabile ed eccessivi costi a causa delle c.d. opere perequative, impedirebbe di realizzare il centro fieristico previsto dal piano di lottizzazione a suo tempo presentato, senza esplicitare le relative ragioni di pubblico interesse sottese.
7.6.1. Il motivo in esame è infondato.
7.6.2. La tesi dell’odierna appellante non può trovare accoglimento alla stregua dei principi elaborati dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (ex plurimis, sez. IV, nn. 2460 del 2022; 603 del 2022; 3 luglio 2018, n. 4071; 6 ottobre 2017, n. 4660;18 agosto 2017, n. 4037; Ad. plen. n. 24 del 1999) sui limiti della tutela delle aspettative edificatorie dei privati rispetto all’esercizio di poteri pianificatori ambientali e paesaggistici, secondo cui:
i) le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;
ii) anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni;
iii) con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo;
iv) una posizione di vantaggio (derivante da una convenzione urbanistica o da un giudicato) può essere riconosciuta (e quindi essere oggetto della tutela da parte del giudice amministrativo) soltanto quando abbia ad oggetto interessi oppositivi e non invece quando si tratti di interessi pretensivi, come è nel caso in esame in cui si tratta dell’esercizio dello ius variandi su istanza del privato.
7.6.3. In considerazione dei suesposti principi, la censura si palesa manifestamente infondata, tenuto conto che la scelta dell’amministrazione comunale - di condizionare l’edificazione alla presentazione del piano attuativo fra tutti i proprietari dei subcomparti delle aree classificate “TR2”, alla cessione gratuita di un’area limitrofa alla strada provinciale “152” e alla realizzazione delle relative opere pubbliche - si presenta scevra da profili di illogicità e manifesta irragionevolezza, e, inoltre, parte appellante non ha comprovato di trovarsi in nessuna di quelle fattispecie che radicano un affidamento legittimo “in melius” o alla conservazione dello status quo, con riferimento all’esercizio del potere pianificatorio (inteso in senso lato).
7.7. Per le suesposte motivazioni, l’appello deve essere respinto.
8. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dei criteri di cui all’art. 26 c.p.a.
9. Il Collegio rileva, inoltre, che l’infondatezza del ricorso in appello si fonda su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 234 del 2022; n. 7998 del 2021; n. 2205 del 2018; n. 2879 del 2017; n. 5497 del 2016, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. ex plurimis sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016).
9.1. A tanto consegue il pagamento della sanzione nella misura minima di euro 2.000,00 siffatta condanna è computata nel quantum separatamente per ogni ricorrente: in caso di ricorso collettivo, infatti, i rapporti processuali restano distinti e per così dire “paralleli”, di talché la misura della sanzione prevista dal più volte menzionato art. 26, co. 2, c.p.a. (“non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio”, nella specie pari ad € 975,00) non può che riferirsi a ciascuna “parte soccombente”. Del resto, trattandosi di una sanzione pecuniaria, trova applicazione il principio generale sancito dall’art. 5, l. n. 689 del 1981 secondo cui, quando più persone concorrono nella medesima violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa prevista, non potendosi configurare una situazione di solidarietà salvo che una norma di legge non disponga diversamente; circostanza questa che non si verifica nella specie, nulla disponendo al riguardo nè l’art. 26 c.p.a. nè l’art. 96, co.3, c.p.c. (sull’applicazione dei principi di cui alla l. n. 689 del 1981 alla sanzione pecuniaria sancita dall’art. 26 c.p.a., cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2205 del 2018; n. 2116 del 2018; n. 364 del 2017; sulla natura sanzionatoria di tale misura si argomenta anche da Corte cost., n. 152 del 2016 che ha esplicitamente ravvisato tale indole nella misura pecuniaria sancita dal menzionato art. 96, co.3, c.p.c.); dal punto di vista sistematico, infine, tale soluzione appare coerente con quanto stabilito dall’art. 97 c.p.c., nella parte in cui prevede la solidarietà passiva solo in relazione al pagamento delle spese di lite e del risarcimento dei danni cagionati dal processo.
9.2. La condanna della parte appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. rileva, infine, anche agli eventuali effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 2642/2016, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Condanna gli appellanti, in solido, alla rifusione delle spese di lite del presente grado, liquidate in favore del comune di Follonica in euro 10.000,00 (diecimila/00) oltre spese generali al 15%, I.V.A. e C.P.A., come per legge.
Condanna, altresì, ciascuno degli appellanti, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a., al pagamento della somma di € 2.000,00 (mille) da versare secondo le modalità di cui all’art. 15 disp. att. c.p.a., mandando alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.