La destinazione a zona agricola di una porzione di territorio, in sede di pianificazione del territorio, assolve oltre che a esigenze prettamente agrarie ed urbanistiche, anche a quelle di tutela dell'ambiente.
L'attuale ricorrente, ritenendosi leso dalle restrizioni edificatorie introdotte dalla pianificazione locale, impugnava innanzi al Tribunale Regionale di giustizia amministrativa di Trento gli atti di approvazione e adozione della variante urbanistica del Comune nella parte in cui questi ultimi inserivano le aree di sua proprietà entro la vigenza dell'art. 61 delle norme tecniche di attuazione (n.t.a.) del piano regolatore generale (p.r.g.).
La controversia giunge dinanzi al Consiglio di Stato, dove il ricorrente deduce la violazione degli artt. 21 e 29 della Legge provinciale urbanistica n. 1 del 4 marzo 2008, nonché degli artt. 11, 37, e 38 delle norme tecniche di attuazione del piano urbanistico provinciale (p.u.p)., «per avere il pianificatore locale imposto sulle aree di proprietà dell'istante, aventi destinazione agricola di pregio e non incluse fra quelle di tutela ambientale come individuate dal p.u.p., il vincolo di protezione paesaggistica di cui all'art. 61 delle n.t.a. del p.r.g. del Comune, svuotando il contenuto e le prerogative della destinazione agricola di pregio ed imponendo una tutela non prevista dalla competente legislazione provinciale e, comunque, una tutela più “stringente” di quella che quest'ultima imporrebbe».
Con sentenza n. 100 del 3 gennaio 2023, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso.
A sostegno della sua tesi, Palazzo Spada richiama l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui «la destinazione a zona agricola di una porzione di territorio, in sede di pianificazione del territorio, assolve oltre che a esigenze prettamente agrarie ed urbanistiche, anche a quelle di tutela dell'ambiente». Inoltre «le realtà territoriali possono, infatti, formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica o ecologica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici».
Pertanto, il Comune conserva la competenza a introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici nella sua attività pianificatoria generale. L'art. 1,
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza (ud. 6 dicembre 2022) 3 gennaio 2023, n. 100
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
i) della giunta provinciale di Trento datata 2 febbraio 2015, n. 121, recante approvazione con prescrizioni della variante n. 14 al piano regolatore generale;
ii) del consiglio comunale di Arco del 29 agosto 2013, n. 47, recante prima adozione della variante;
iii) del consiglio comunale di Arco del 28 novembre 2014 n. 76, recante adozione definitiva della variante.
2. Questi gli snodi principali della vicenda:
a) con deliberazione n. 121, di data 2 febbraio 2015, la giunta provinciale della Provincia Autonoma di Trento approvava, con prescrizioni, la variante urbanistica n. 14 al piano regolatore generale del comune di Arco;
b) a seguito della variante, il compendio immobiliare di proprietà del sig. S. (rappresentato dalle pp.ff. 2138/13, 2139/2, 2139/4, 2139/5, dalle p.ed. 2279 e dalle pp.mm. 100, 103, 104 della p.ed 678) veniva incluso nell’ambito delle “Aree di protezione dei contesti paesaggistici”, disciplinate dall’art. 61 delle norme tecniche di attuazione (n.t.a.) del piano regolatore generale (p.r.g.), e identificato sulla cartografia di piano con il cartiglio puntinato contrassegnato dalla sigla Pa;
c) per il tramite della variante n. 14, il pianificatore locale ampliava sul territorio comunale l’estensione delle aree di protezione dei contesti paesaggistici, già individuati dal p.u.p. (piano urbanistico provinciale), vietando gli incrementi volumetrici sugli edifici esistenti ad eccezione di quelli collegati ad interventi di efficientamento energetico.
2.1. Il sig. S., ritenendosi leso dalle restrizioni edificatorie introdotte dalla pianificazione locale, impugnava innanzi al T.R.G.A. di Trento gli atti di approvazione e adozione della predetta variante n. 14 nella parte in cui questi ultimi inserivano le aree di sua proprietà entro la latitudine di vigenza dell’art. 61 delle n.t.a. del p.r.g.
2.2. Il gravame veniva affidato a tre motivi, estesi da pagina 5 a pagina 10 dell’atto introduttivo del giudizio, così compendiati:
a) violazione degli artt. 21 e 29 della l.r. 1 del 2008, violazione degli artt. 11, 37 e 38 del p.u.p. approvato con l.p. n. 5 del 2008, eccesso di potere;
b) eccesso di potere sotto vari profili sintomatici;
c) violazione del principio di proporzionalità, illogicità, irragionevolezza e ingiustizia manifesta.
2.3. Si costituiva il comune di Arco, per resistere al ricorso.
2.4. Il T.R.G.A. di Trento, con sentenza n. 496 del 2 dicembre 2015, respingeva il ricorso con dovizia di argomenti e condannava il ricorrente alle spese del giudizio (euro 3.000,00 oltre accessori di legge).
4. Ha Appellato il sig. G.S., affidando il gravame a 4 motivi (estesi da pagina 7 a pagina 19 del ricorso).
4.1. Con i primi tre motivi, l’istante reitera criticamente i corrispondenti motivi di primo grado; con il quarto, impugna il capo della sentenza relativo alla condanna alle spese di lite chiedendo la condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese del doppio grado.
4.2. Si è costituito il comune di Arco che, con memoria depositata il 15 luglio 2022, ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse a seguito del permesso di costruire n. 56/2020, datato 23 settembre 2020, rilasciato in favore della società Arcolive a r.l., (attuale proprietaria delle pp.edd. 2424, 2279, CC. Arco), con il quale la stessa è stata autorizzata alla realizzazione di una piscina pertinenziale (sulle pp.ff. 2138/13, 2139/2, 2139/4, 2139/5, CC. Arco), e all’ampliamento degli immobili.
4.3. In data 5 settembre 2022, il sig. S. ha dichiarato la persistenza del proprio interesse alla decisione dell’appello.
4.4. In date 3 e 15 novembre 2022, le parti (rispettivamente il Comune e l’appellante) hanno depositato memoria difensiva e di replica.
5. All’udienza del 6 dicembre 2022, la causa è stata trattenuta per la decisione.
6. Preliminarmente, il Collegio dà atto che:
6.1. a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020);
6.2. può prescindersi dall’esame della eccezione di improcedibilità dell’appello (salvo quanto si dirà a proposito del terzo motivo di gravame), in quanto il ricorso è infondato nel merito.
7. Con il primo motivo di gravame, l’appellante ha dedotto la violazione degli artt. 21 e 29 della legge provinciale urbanistica n. 1 del 4 marzo 2008, nonché degli artt. 11, 37, e 38 delle norme tecniche di attuazione del p.u.p., per avere il pianificatore locale imposto sulle aree di proprietà dell’istante, aventi destinazione agricola di pregio e non incluse fra quelle di tutela ambientale come individuate dal p.u.p., il vincolo di protezione paesaggistica di cui all’art. 61 delle n.t.a. del p.r.g. di Arco, <“svuotando il contenuto e le prerogative della destinazione agricola di pregio” ed imponendo una tutela non prevista dalla competente legislazione provinciale e, comunque, una tutela più “stringente” di quella che quest’ultima imporrebbe”>.
Il motivo non è fondato.
7.1. Dal combinato disposto degli artt. 29 e 38 della legge regionale del 4 marzo 2008 (nel testo ratione temporis applicabile) emerge chiaramente che il comune ben poteva attribuire ai lotti del sig. S. la destinazione di area agricola di pregio; la previsione di tutela del p.u.p., infatti, <<…non è suscettibile di riduzione in base a questo articolo …>> ma certo non impedisce al comune di ampliare tale ambito di tutela.
7.2. L’assetto enucleabile dalle sopra richiamate norme è coerente coi principi elaborati da una costante giurisprudenza secondo cui, da sempre, la destinazione a zona agricola di una porzione di territorio, in sede di pianificazione del territorio, assolve oltre che a esigenze prettamente agrarie ed urbanistiche, anche a quelle di tutela dell’ambiente.
7.3. Tale competenza, invero, è esercitata autonomamente dal comune e, in taluni casi, in una con la regione (la provincia, nella regione Trentino Alto Adige, v. Cons. Stato, sez. IV n. 2700 del 2022; n. 4037 del 2017).
7.4. Nel caso in esame, il contesto in cui sono inserite le realità dell’appellante ricade nell’ambito di una destinazione agricola di pregio, così classificata dal pianificatore locale in sede di zonizzazione del territorio, escluso dall’ambito delle aree di tutela ambientale perimetrata dal p.u.p. tranne la zona dell’olivaia posta a nord dell’abitato della città di Arco.
La disciplina disposta dal citato art. 61 delle n.t.a. del piano regolatore generale del comune di Arco è qualificata come una cautela speciale che il Comune di Arco ha imposto su dette aree agricole.
Essa costituisce una norma di protezione ambientale che disciplina l’uso del territorio e modula l’edificabilità su determinate aree agricole, caratterizzate dalla presenza di peculiarità e singolarità colturali.
7.5. Come sopra anticipato, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il pianificatore locale ha competenza a dettare una disciplina dell’uso dei suoli e dei parametri edificatori su determinate, qualificate aree agricole presenti sul proprio territorio, allorquando esigenze e finalità di tutela del paesaggio e dell’ambiente lo richiedano; disciplina che può limitare sia la nuova che la esistente attività edificatoria.
7.5.1. Le realità territoriali possono, infatti, formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica o ecologica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici.
Il Comune conserva, pertanto, la titolarità, nella sua attività pianificatoria generale, della competenza ad introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici (Consiglio Stato sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7478).
Il rapporto fra piano regolatore generale o sue varianti da un lato, e vincoli e destinazioni di zone a vocazione storica, ambientale e paesistica, dall'altro, fa sì che i beni costituenti bellezze particolari o naturali, ovvero si connotino come nella specie per la presenza di peculiarità e singolarità colturali, possono formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica.
7.5.2. Più in particolare, si è avuto modo di affermare che in sede di adozione del p.r.g., il Comune può legittimamente introdurre vincoli o limitazioni di carattere ambientale (Cons. di Stato, sez. V, 24 aprile 2013, n. 2265).
L’art. 1, l. 19 novembre 1968, n. 1187, ha esteso, infatti, il contenuto del p.r.g. anche all’indicazione dei “vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico”, legittimando l’autorità comunale titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni.
7.5.3. Ne consegue che, la sussistenza di competenze statali e regionali (nella fattispecie, provinciali) in materia di tutela di determinati ambiti territoriali storicamente qualificati e di pregio naturale non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita in sede di adozione e approvazione di un p.r.g.
Il p.r.g., nell'indicare i limiti da osservare per l'edificazione nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico, può disporre, infatti, che determinate aree siano sottoposte a vincoli conservativi, indipendentemente da quelli disposti da altri livelli di pianificazione nel perseguimento della salvaguardia delle cose di interesse ambientale.
7.5.4. La distinzione tra le forme di tutela previste dalla legislazione di settore e le scelte pianificatorie volte alla valorizzazione di ambiti territoriali di interesse ambientale non risiede, invero, nel dato quantitativo relativo all'ambito, puntuale o meno, degli oggetti interessati dalle determinazioni limitative, quanto, piuttosto, nel dato teleologico relativo alla diversa finalità che permea le rispettive statuizioni amministrative; il p.r.g. può, pertanto, recare previsioni vincolistiche incidenti su singoli ambiti (o edifici), configurati in sé quali "zone", quante volte la scelta, pur se puntuale sotto il profilo della portata, sia rivolta non alla tutela autonoma delle realità "ex se" considerate bensì al soddisfacimento di esigenze urbanistiche evidenziate dal carattere qualificante che la singola area o zona assume nel contesto dell'assetto territoriale.
In tale caso, infatti, non si realizza alcuna duplicazione rispetto alla sfera di azione della pianificazione superiore o della legislazione di settore, in quanto il pregio del bene, pur se non sufficiente al fine di giustificare l'adozione di un provvedimento impositivo di vincolo paesaggistico in base alla considerazione atomistica delle caratteristiche del bene, viene valutato come elemento di particolare valore urbanistico e può quindi, costituire oggetto di salvaguardia in sede di scelta pianificatoria (v. Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2013, n. 2265).
7.5.5. L'art. 1, l. 19 novembre 1968, n. 1187, legittima, dunque, l'Autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni.
7.6. Nella specie, la avversata delibera non ha determinato il blocco dell'attività edilizia, poiché ha mantenuto la possibilità di edificare, sia pure nei contenutissimi limiti previsti all'origine, facendo un equilibrato uso dei propri poteri pianificatori, costituendo affermato principio in giurisprudenza quello secondo cui l'Amministrazione può utilizzare lo strumento della variante per risolvere specifici problemi di disciplina urbanistica, anche solo con scopo di tutela del territorio.
7.6.1. Segnatamente, la cautela speciale dettata, dopo l’adozione della variante al p.r.g., dall’art. 61 delle n.t.a. non comporta un vincolo di assoluta inedificabilità su dette aree, bensì, come evidenziato dall’amministrazione appellata, una peculiare modulazione ed una limitazione della suscettibilità edificatoria delle medesime; e invero, sulle aree agricole identificate sulla cartografia di Piano col cartiglio “Pa” normato dall’art. 61 n.t.a.:
- sono vietate le nuove edificazioni;
- per gli edifici esistenti valgono le norme di zona;
- le destinazioni d’uso ammesse sono quelle consentite dalle norme di zona, ad eccezione degli incrementi volumetrici eventualmente ammessi dalle norme di zona sugli edifici esistenti;
- sugli edifici esistenti sono ammessi gli incrementi volumetrici derivanti da normativa sovraordinata al PRG collegati alle disposizioni relative all’incentivazione energetica degli edifici;
- nell’ambito delle aree agricole E1 (aree agricole di interesse provinciale). E2 (aree agricole di pregio) E3, (aree agricole di interesse locale) è ammessa la realizzazione dei manufatti indicati nell’art. 37, commi 5,6,7 e cioè le cisterne funzionali alla raccolta delle acque meteoriche, un deposito attrezzi o, in alternativa, una tettoia o una legnaia non pertinenziale o una piccola struttura di allevamento, con esclusione della possibilità di realizzare più di una struttura accessoria nell’ambito della medesima superficie accorpata”.
7.7. L’Amministrazione ha inteso, dunque, tutelare una parte del territorio, noto per il suo pregio colturale, attraverso una conformazione edificatoria della zona agricola, la cui funzione non è solo quella di valorizzare l'attività agricola vera a propria, ma altresì quella di garantire ai cittadini l'equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando loro quella quota di valori naturalistici necessaria a compensare gli effetti dell'espansione dell'aggregato urbano (così in tal senso Cons. Stato, IV Sez., n. 4818 del 2005).
7.8. In definitiva, la presenza del p.u.p. (come anche la sussistenza di competenze statali, regionali o provinciali in materia) non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita in sede di adozione e approvazione di un piano regolatore generale.
8. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante ha dedotto il vizio di eccesso di potere che, a suo dire, deriverebbe dall’irragionevolezza e illogicità della scelta del pianificatore comunale di inserire entro la latitudine di vigenza dell’art. 61, disciplinante le “aree di protezione dei contesti paesaggistici”, fondi ormai edificati e privi di valore paesaggistico quali quelli dello stesso ricorrente.
8.1. Il motivo è infondato.
8.2. Il comune di Arco ha documentato che:
a) la proprietà dell’appellante è inserita “nel contesto più ampio dell’olivaia di Arco nella quale si intercalano anche delle aree con essenze arboree diverse ma che non fanno venir meno l’unicità del contesto paesaggistico più generale;
b) con la variante urbanistica, l’amministrazione comunale, nell’esercizio della potestà pianificatoria sopra riscontrata legittima, ha ri-perimetrato le aree normate dell’art. 61 delle n.t.a. estendendo la protezione speciale su aree del territorio interessate da colture meritevoli di valorizzazione e protezione ambientale, ciò al fine di porre in essere strumenti volti a perseguire il mantenimento dell’autenticità dei contesti paesaggistici peculiari caratterizzati dalle colture ad oliveto.
8.3. La presenza dell’edificio agrituristico non implica che il contesto naturale nel quale lo stesso è inserito abbia perduto le sue peculiarità ambientali, morfologiche, paesaggistiche che il comune di Arco, in sede di pianificazione del territorio, intende preservare.
8.4. Anzi, proprio la diffusa edificazione, sviluppatasi nel tempo sulle aree agricole, ha in qualche modo giustificato, sul piano della ragionevolezza, l’ampliamento del novero delle aree interessate dalla disciplina di tutela dell’art. 61 delle n.t.a. del p.r.g.
9. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante ha lamentato la violazione del principio di proporzionalità e l’ingiustizia manifesta in relazione alla scelta del pianificatore locale di impedire ampliamenti futuri all’edificio agrituristico, in contrasto con la disciplina edificatoria per le aree agricole di pregio tipizzata dal legislatore provinciale.
9.1. Il motivo è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
9.2. Il comune di Arco, nella memoria depositata il 15 luglio 2022, ha rappresentato che, in data 23 settembre 2020, a seguito di domanda datata 18 febbraio 2020 presentata da Arcolive S.r.l., attuale proprietaria delle pp.edd. 2424, 2279, è stato rilasciato il permesso di costruire n. 56/2020 col quale è stata autorizzata la realizzazione di una piscina pertinenziale sulle pp.ff. 2138/13, 2139/2, 2139/4, 2139/5, CC. Arco, e l’ampliamento degli immobili per il tramite della chiusura del portico a piano terra funzionalmente alla creazione di una nuova reception e all’aumento delle camere da sette a nove.
9.3. Tale autorizzazione, riferisce il Comune, “è stata possibile successivamente alla sostituzione del parametro del volume con quello della SUN (superficie utile netta) a seguito dell’entrata in vigore della nuova legge urbanistica n. 15, di data 4 agosto 2015 e del suo regolamento di esecuzione adottato con D.P.P. 19 maggio 2017, n. 8-61/Leg (art. 3, comma 6, regolamento urbanistico provinciale). Con l’entrata in vigore del nuovo indice stereometrico è stato possibile autorizzare la chiusura del portico a piano terra delle pp.edd. 2424, 2279, CC, siccome già SUN per le sue caratteristiche dimensionali. Per il tramite di detta chiusura gli immobili hanno pressochè raggiunto il massino della superficie utile netta ammesso dalla legge quale destinazione agrituristica e pari a mq. 350, come prescritto dall’art. 81, comma 5, del Regolamento urbanistico provinciale approvato con Decreto del Presidente della Provincia 19 maggio 2017, n. 8-61 / Leg (doc. 6). Sulla tavola URB3, allegata al permesso di costruire n. 56/2020, di data 23 settembre 2020, è indicata la superficie complessiva destinata all’agriturismo che, comprensiva della nuova SUN del portico oggetto di chiusura, risulta essere pari a mq. 344,43 (doc. 5), poco meno del massimo – pari a mq. 350 – ammesso dalla legge”.
9.4. Il Comune ha precisato, altresì, che, “a seguito del sopravvenuto permesso di costruire n. 56/2020, è stato autorizzato il massimo della superficie utile netta ammessa dalla legge per la destinazione agrituristica dei nuovi edifici, sugli immobili di proprietà di parte ricorrente”, per cui “non potranno più essere concessionati ampliamenti, in ragione, non già del divieto di incremento volumetrico (oggi S.U.N.) imposto dall’art. 61 NTA del P.R.G. ensì del limite di SUN prescritto dalla legge sovraordinata al PRG (81, comma 5, del Regolamento urbanistico provinciale)”.
9.5. La dedotta circostanza non è stata specificamente contestata dall’appellante, sicché il collegio può porla a fondamento della decisione (art. 64, comma 2, c.p.a.).
9.6. Ne consegue che l’inserimento dei fondi di proprietà dell’appellante nell’ambito di protezione dei contesti paesaggistici disciplinato dall’art. 61 delle n.t.a. di p.r.g. risulta, a questo punto, indifferente ai fini dell’assentibilità o meno di eventuali ampliamenti dell’edificio agrituristico, avendo questo raggiunto, ormai, la massima espansione ammessa dalla normativa di settore (art. 81, comma 5, del regolamento urbanistico provinciale).
10. In conclusione, per quanto sin qui argomentato, l’appello è infondato.
11. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell’art. 26, comma 1, c.p.a. ricorrendone i presupposti applicativi, secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a. [cfr. ex plurimis sez. IV, n. 148 del 2022, n. 5008 del 2018; sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria conformemente, peraltro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. ex plurimis sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016)].
12. La condanna dell’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 1, c.p.a. rileva, infine, anche agli eventuali effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 148 del 2022).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.Condanna il sig. Giuseppe S. al pagamento delle spese relative al grado di giudizio che si liquidano, in favore del comune di Arco, in euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.