Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibili, in quanto tardivi, gli appelli proposti da A.C. e M.G.F. avverso la sentenza del Tribunale di Roma che ha condannato i predetti alle pene ritenute di giustizia in ordine ai reati, quanto al C., di maltrattamenti in famiglia e tentata violenza privata, e quanto alla F., del reato di tentata violenza privata.
2. Propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia di A.C., deducendo tre motivi.
2.1. Violazione degli artt. 544, 548, 585, 591 e 175 cod. proc. pen. non avendo la Corte considerato che, a causa delle misure organizzative adottate dal Presidente del Tribunale di Roma per fronteggiare l'emergenza pandemica, al difensore era precluso l'accesso in cancelleria cosicché, non essendosi potuto recare in cancelleria il 24 settembre 2020 (data di scadenza del termine di 90 giorni indicato dal Giudice per il deposito della sentenza), aveva chiesto alla cancelleria medesima l'invio di una copia. Il successivo 1 ottobre 2020 il difensore riceveva dalla cancelleria una p.e.c. con allegata la sentenza nella quale era riportata una doppia data di deposito, 24 settembre 2020 quanto al provvedimento e 30 settembre 2020 quanto alla correzione dell'errore materiale, peraltro apportata senza la preventiva fissazione dell'udienza camerale. Tale comportamento dell'Ufficio copie induceva in errore il difensore che riteneva, così, di avere ricevuto la notificazione dell'avviso di deposito fuori termine della sentenza.
2.2. Violazione degli artt. 591, 175 cod. proc. pen. e 270 d.P.R. n. 115/2002 in quanto il ritardo, rispetto al termine di due giorni dalla richiesta (nel caso di specie inviata una prima volta il 21 settembre 2020), nell'invio della copia della sentenza da parte della cancelleria, unitamente alle difficoltà di accesso agli uffici giudiziari, costituisce causa di forza maggiore che ha impedito il rispetto del termine. A ciò si aggiunge la particolare complessità della sentenza che ha inciso sui tempi di redazione dell'atto di appello.
2.3. Violazione del principio del contraddittorio avendo la Corte dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione senza interloquire con la difesa sul punto.
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, commi 8 e 9, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, (i cui effetti sono stati prorogati dall'art. 7 del d.l. 23 luglio 2021, n. 105, convertito dalla legge 16 settembre 2021, n. 126, ed ancora dall'art. 16 del d.l. legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15), in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale, il Sostituto Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte come in epigrafe indicate.
Motivi della decisione
1. I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi, sono inammissibili in quanto manifestamente infondati.
Risulta, infatti, dagli atti, cui il Collegio può accedere in ragione della natura processuale delle questioni poste dal ricorrente, che la sentenza è stata depositata nei termini cosicché il difensore non aveva diritto ad alcun avviso. Deve, inoltre, escludersi che l'invio di copia della sentenza, su richiesta dello stesso difensore, possa avere indotto quest'ultimo in errore posto che, come risulta dallo stesso ricorso, dalla copia ricevuta risultavano sia la data di deposito della sentenza (da cui computare il termine per l'impugnazione) che la data di deposito dell'ordinanza di correzione.
Priva di pregio è la deduzione relativa all'impossibilità di accesso all'ufficio giudiziario posto che le misure organizzative adottate dal Presidente del Tribunale, come emerge dal documento depositato dal difensore, non erano più in vigore e che, comunque, il difensore ha ricevuto copia della sentenza via p.e.c. in tempo utile per predisporre l'impugnazione.
E', infine, manifestamente infondata la questione posta con il terzo motivo di ricorso atteso che la Corte territoriale ha pronunciato la sentenza, non de plano, ma dopo aver raccolto in dibattimento le conclusioni delle parti.
2. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cast. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.