Le notizie provenienti dall'imputato, dalla persona offesa o da altre persone possono essere acquisite dal perito direttamente ovvero mediante visione di atti processuali nei quali siano state già raccolte dal PM o dalla polizia giudiziaria.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Genova, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della sentenza assolutoria pronunciata il 18 luglio 2019 dal Tribunale di La Spezia, decidendo su appello del pubblico ministero e delle parti civili, ha dichiarato G. W. colpevole del reato di cui all'art. 589, commi 1, 2 e 3 cod. pen. per avere cagionato la morte di F. L., G. M. G. e M. F., marciando a una velocità eccessiva alla guida dell'autovettura (omissis), così cagionando l'impatto con l'autovettura (omissis) condotta da M. F. in (omissis) il 23 gennaio 2012.
2. La dinamica del sinistro ·è stata così ricostruita: intorno alle ore 6,20 del 23 gennaio 2012 W. G. percorreva alla guida della propria autovettura (omissis) il raccordo autostradale da (omissis) a (omissis); all'altezza del km.(omissis) aveva impattato contro l'autovettura (omissis) condotta da M. F. con a bordo F. L. e G. M. G., che aveva parzialmente invaso la sua corsia di marcia; a seguito del violentissimo impatto, avvenuto tra la parte anteriore dell'(omissis) e la fiancata destra della (omissis), gli occupanti di quest'ultima autovettura erano deceduti a causa delle lesioni riportate.
2.1. In base al rapporto di incidente stradale redatto dalla polizia stradale di (omissis) era emerso che si trattava di strada a carreggiata unica a doppio senso di circolazione con fondo stradale bagnato dall'umidità della notte e conformazione della strada connotata da ampia curva sinistrorsa in lieve pendenza sfavorevole per il senso di marcia della (omissis); che la visibilità era buona, così come il campo di avvistamento, l'ora era notturna e l'illuminazione artificiale mancava. In quel tratto di strada il limite di velocità imposto dall'ente concessionario è di km/h 70.
2.2. I rilievi effettuati dalla polizia stradale evidenziavano che il conducente della (omissis), per cause imprecisate, aveva perduto il controllo del veicolo e si era posto in posizione trasversale rispetto all'asse stradale andando a invadere, scarrocciando, la corsia riservata ai veicoli procedenti nella contraria direzione di marcia; in quel frangente era sopraggiunta in senso opposto l'autovettura (omissis) condotta dal G. che, appena uscito dalla galleria denominata «V.», aveva posto in essere un'azione frenante con tracce della lunghezza di circa 40 metri ma, a causa della velocità particolarmente sostenuta, non era riuscito ad evitare l'impatto, cosicché l'urto era stato di violentissima entità tra la parte anteriore dell'(omissis) e la fiancata laterale destra della (omissis) all'interno della corsia di marcia dell'(omissis).
2.3. La perizia disposta dal giudice di primo grado aveva quantificato in km/h 89 la velocità della (omissis) e in km/h 108 quella dell'(omissis), concludendo che la collisione sarebbe stata evitata se il conducente di quest'ultima avesse marciato a una velocità inferiore a km/h 80. Tuttavia, il giudice di primo grado aveva ritenuto non accertata al di là di ogni ragionevole dubbio la dinamica del sinistro, rilevando alcune criticità nell'elaborato peritale, seç1natamente il fatto che il perito non fosse stato in grado di visionare direttamente i mezzi incidentati e avesse redatto la relazione sulla base della documentazione fotografica realizzata dalla polizia stradale, il riferimento per la ricostruzione del sinistro a crash test effettuati con veicoli diversi da quelli coinvolti nello scontro, seppure corrispondenti per massa e caratteristiche strutturali. Conseguentemente, aveva ritenuto fondati i dubbi sollevati dal consulente tecnico della difesa in merito alla velocità di marcia dell'autovettura condotta dall'imputato.
3. La Corte di appello ha disposto un nuovo accertamento peritale; le conclusioni del perito sono state nel senso che l'imputato conduceva l'autovettura (omissis) alla velocità di km/h 100-110 mentre la (omissis) viaggiava alla velocità di km/h 80-90, desumendone che, se l'imputato avesse rispettato il limite di velocità di km/h 70, il sinistro avrebbe potuto avere altri esiti.
4. W. G. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata con un primo motivo per violazione dell'art. 606, comma 1 lett. B) ed E) cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché vizio di motivazione in relazione all'art. 230, comma 2, cod. proc. pen.. La difesa lamenta l'omesso esame, da parte del perito, delle deduzioni difensive svolte dal consulente tecnico della difesa. Il perito non avrebbe affrontato i temi dedotti dalla difesa e dal consulente tecnico di parte con memorie puntualmente versate in atti durante il giudizio di appello, dando esclusivamente conto di quanto sottolineato dai consulenti delle parti civili nonché dal perito in primo grado. La violazione dell'art. 230, comma 2, cod. proc. pen. ha determinato la violazione del contraddittorio e la nullità della perizia, con conseguente nullità della sentenza che su tale perizia è stata fondata.
Con un secondo motivo deduce violazione dell'art. 606, comma 1 lett.B) cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all'art. 228 cod. proc. pen. La difesa censura la perizia in quanto il perito ha acquisito e utilizzato per la redazione dell'elaborato atti non acquisiti al fascicolo per il dibattimento e non utilizzabili ai fini della decisione, segnatamente la relazione redatta dalla polizia stradale contenente valutazioni sulla dinamica del sinistro, atto non presente nel fascicolo per il dibattimento. La violazione dell'art. 228, si assume, determina la nullità della perizia in quanto l'accertamento peritale è stato disposto in grado di appello, quando il fascicolo per il dibattimento non era più suscettibile, salvi i casi specificamente previsti, di integrazione con atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o acquisiti in violazione degli articoli 511 e 526 cod. proc. pen. Ne deduce che anche la sentenza sia affetta da violazione di legge e vizio di motivazione.
5. All'odierna udienza, procedendosi a trattazione orale su istanza della difesa, sono comparsi il Procuratore generale, il difensore delle parti civili F. G., in proprio e quale responsabile per il figlio minore F. A., il difensore delle parti civili G. E., in proprio e quale responsabile per la figlia minore G. A., G. N. e G. S., il difensore delle parti civili M. V. R., in proprio e quale responsabile per le figlie minori M. I. B. G. e M. S. C., il difensore del ricorrente, che hanno rassegnato le conclusioni riportate in epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso difetta di specificità, posto che la difesa ha fatto riferimento alla violazione del contraddittorio per omessa disamina delle allegazioni difensive da parte del perito senza in alcun modo specificare quali esse fossero.
1.1. In ogni caso, la visione parziale, ai fini delle risposte ai quesiti, degli atti a disposizione del perito, lungi dall'integrare un'ipotesi di nullità e/o inutilizzabilità della perizia, in quanto non espressamente prevista dalla legge, può eventualmente riverberarsi sulle considerazioni conclusive espresse dal perito medesimo che, sottoposte al vaglio del giudice e delle parti, sono suscettibili di giudizio critico; la loro valutazione, tuttavia, è sempre rimessa al libero convincimento del giudice che, se congruamente motivato ed immune da vizi logici, si sottrae al sindacato di questa Corte, in quanto giudizio di fatto (Sez. 3, n. 11096 del 10/12/2013, dep.2014, P., Rv. 258890 - 01).
1.2. Va aggiunto che neppure risultano indicati, nel caso concreto, gli atti di parte, né vi è alcun riferimento al tenore delle argomentazioni difensive, che sarebbero stati ignorati dal perito, non consentendo dunque la censura, per come formulata, che la Corte di legittimità possa operare alcuna verifica di fondatezza della stessa.
2. Il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa denuncia la surrettizia -' introduzione nel giudizio di significanti valutativi contenuti nella relazione della Polizia Stradale, impone una preliminare disamina della giurisprudenza della Corte in merito ai limiti dell'indagine peritale.
2.1. Occorre premettere che, nel caso in esame, il tema dei poteri, e dei relativi limiti, attribuiti dalla legge al perito va sviluppato tenendo conto sia del fatto che il processo è stato celebrato con rito ordinario, dunque con la rigida separazione tra atti che sono nel fascicolo del pubblico ministero e atti che possono essere acquisiti al fascicolo del dibattimento (art.431 cod. proc. pen.), sia del fatto che la perizia utilizzata ai fini della decisione è stata disposta in fase di appello, dunque con i limiti desumibili dalla disciplina della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale dettata dall'art.603 cod. proc. pen.
2.2. La Corte territoriale, in replica all'eccezione di nullità della perizia tempestivamente sollevata dalla difesa, la ha rigettata affermando che il perito fosse stato autorizzato ad acquisire documentazione utile all'espletamento della perizia, ovunque esistente, e richiamando la giurisprudenza di legittimità, che avrebbe costantemente adottato un'interpretazione estensiva della disciplina dettata dall'art.228 cod. proc. pen. consentendo che il perito prenda visione, nel corso delle operazioni peritali e ai fini dell'accertamento demandatogli, degli atti inseriti nel fascicolo del pubblico ministero e degli atti di polizia giudiziaria, pur se non inseriti nel fascicolo per il dibattimento.
3. Tale affermazione impone alcuni chiarimenti. L'art.228, comma 1, cod. proc. pen. prevede che «Il perito procede alle operazioni necessarie per rispondere ai quesiti. A tal fine può essere autorizzato dal giudice a prendere visione degli atti, dei documenti e delle cose prodotti dalle parti dei quali la legge prevede l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento». Il successivo comma 3 del medesimo articolo dispone che «Qualora, ai fini dello svolgimento dell'incarico, il perito richieda notizie all'imputato, alla persona offesa o ad altre persone, gli elementi in tal modo acquisiti possono essere utilizzati solo ai fini dell'accertamento peritale».
3.1. Solo la disposizione posta dal comma 3 è stata interpretata dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che al perito sia consentito tanto di richiedere direttamente notizie all'imputato, alla persona offesa o ad altro soggetto, quanto di prendere visione di atti processuali nei quali le predette notizie siano state già raccolte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, a nulla rilevando il divieto di inserimento degli atti visionati nel fascicolo per il dibattimento (Sez. 5, n. 2903 del 22/03/2013, dep.2014, Venturato, Rv.258447; Sez. 4, n. 5060 del 04/11/2009, Carcione, Rv 246638; Sez. 2, n. 752 del 21/11/2003, dep. 2004, Filomena, Rv. 227861 - 01). La previsione di cui all'art. ;i 228, comma 3, cod. proc. pen. è stata, dunque, intesa nel senso che non solo il · perito si possa rivolgere direttamente a dette persone per assumere notizie, ma anche che il medesimo possa prendere visione di atti processuali in cui le notizie da richiedersi siano state da altri acquisite nel corso del procedimento, pure se cristallizzate in verbali non contenuti nel fascicolo per il dibattimento. Si tratta comunque di fatti, di informazioni che non possono assurgere al rango di prova, essendo utilizzabili, come espressamente prescrive la richiamata disposizione, solo ai fini dell'accertamento peritale (Sez. 3, n.24145 del 14/03/2019, M., in motivazione).
3.2. Le decisioni sopra citate, ossia l'orientamento interpretativo richiamato nella sentenza impugnata, non possono tuttavia sostenere l'assunto, fatto proprio dalla Corte territoriale, secondo il quale il perito possa sempre prendere visione di atti non contenuti nel fascicolo per il dibattimento, ostandovi il chiaro divieto desumibile dall'art.228, comma 1, cod. proc. pen. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, a più riprese ammesso che il perito possa accedere agli atti delle indagini preliminari ma al solo fine di prendere visione di atti processuali nei quali siano state già raccolte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria quelle medesime notizie provenienti dall'imputato, dalla persona offesa o da altro soggetto che la legge autorizza il perito a raccogliere, ai soli fini dell'accertamento peritale.
3.3. Necessariamente diverso, pena l'ultroneità della disposizione dettata dal comma 1, è il regime di tutti gli altri atti processuali che non possano essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento; in un caso in cui si è affermato il princ1p10 secondo il quale «Il consulente tecnico può prendere visione, nell'espletamento della sua attività, di tutti gli atti astrattamente acquisibili al fascicolo per il dibattimento, anche in un momento successivo al conferimento dell'incarico» (Sez. 5, n. 28698 del 14/04/2015, Luoni, Rv. 264850 - 01), si trattava di atti delle indagini preliminari legittimamente acquisibili nel procedimento a rito abbreviato.
3.4. Si rinviene, più in dettaglio, nella giurisprudenza della Corte la massima secondo la quale «In tema di attività peritali, gli atti di cui il perito può prendere visione su autorizzazione del giudice sono non soltanto quelli già inseriti nel fascicolo per il dibattimento, ma anche quelli "dei quali la legge prevede l'acquisizione" al fascicolo medesimo, ossia gli atti suscettibili di farvi legittimamente ingresso nel corso del giudizio anche in un momento successivo al conferimento dell'incarico» (Sez. 3, n. 809 del 04/12/2008, dep.2009, Gatto, Rv. 242283 - 01), dalla quale è agevole desumere l'inderogabilità del limite disciplina dell'art.431 cod. proc. pen. all'oggetto dell'indagine posto dalla peritale.
4. E' dunque errata in diritto, per quanto sinora esposto, l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale < il perito è stato autorizzato ad acquisire documentazione utile all'espletamento della perizia, ovunque esistente...essendo consentito al perito prendere visione, nel corso delle operazioni peritali e ai fini dell'accertamento demandatogli,, degli atti facenti parte del fascicolo del pm e degli atti di pg, pur se non inseriti nel fascicolo per il dibattimento», dovendosi, al contrario, interpretare le disposizioni dell'art.228, commi 1 e 3, cod. proc. pen. secondo il seguente criterio:
«Il perito può essere autorizzato dal giudice a prendere visione esclusivamente degli atti, dei documenti e delle cose prodotti dalle parti acquisiti o acquisibili per legge al fascicolo del dibattimento, fatta eccezione che per le notizie provenienti dall'imputato, dalla persona offesa o da altre persone; tali notizie possono essere acquisite dal perito direttamente ovvero mediante visione di atti processuali nei quali siano state già raccolte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria. In ogni caso, anche tali informazioni non possono assurgere al rango di prova».
5. Occorre, tuttavia, anche valutare criticamente quali ricadute abbia la violazione della disposizione dettata dall'art.228, comma 1, cod. proc. pen. sulla validità dell'elaborato peritale o della sentenza che lo abbia recepito, giacchè è ripetutamente affermato il principio per cui «La presenza nel fascicolo per il dibattimento di atti inutilizzabili non dà luogo a questioni di nullità o di inutilizzabilità, fino a quando il giudice ne disponga la lettura o manifesti comunque la volontà di avvalersene ai fini della decisione» (Sez. 1, n. 35847 del 16/05/2019, Cavalieri, Rv. 276618 - 01; Sez. 5, n. 22003 del 07/03/2013, Accarino, Rv. 255650 - 01). Se, infatti, l'iter argomentativo seguito dai giudici di merito per pervenire all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato non trovasse base in alcun modo nelle risultanze degli atti inutilizzabili, considerate tamquam non essent, la mera presenza nel fascicolo per il dibattimento, ovvero per quanto qui d'interesse nell'attività d'indagine del perito, di atti inutilizzabili non potrebbe dar luogo a questioni di nullità o di inutilizzabilità (si veda la cit. Sez. 5, Accarino, in fattispecie relativa alla presenza nel fascicolo per il dibattimento della documentazione della attività della polizia giudiziaria).
6. Passando alla disamina del caso concreto, dalla lettura della sentenza impugnata è, in primo luogo, desumibile che la Corte territoriale ha ritenuto legittima (pag.8) ·,,acquisizione da parte del perito della relazione della Polizia Stradale nella sua interezza; in secondo luogo, e con specifico riguardo al dirimente dato della velocità di marcia tenuta dall'autovettura condotta dall'imputato, risulta che nella decisione si sia fatto esplicito riferimento al contenuto valutativo di tale relazione (pag.9) quale elemento corroborante l'esito della relazione peritale. Ivi si legge, in particolare, quanto seque : «I/ dato (ndr. la velocità dell'(omissis)), sulla base della lunghezza delle tracce di frenata, della deformazione dei mezzi e del moto loro impresso a seguito dell'urto è stato calcolato, in termini sostanzialmente conformi, sia dagli operanti della Polizia Stradale nell'immediatezza - che parlano di velocità "particolarmente sostenuta" - , sia dal perito nominato dal tribunale - che quantifica la velocità dell'(omissis) in 108 km/h - , sia dal perito nominato da questa Corte - che esprime un range fra i 100 e i 110 km/h».
6.1. Occorre, per altro verso, richiamare la giurisprudenza secondo cui il principio dell'invalidità derivata previsto dall'art. 185 cod. proc. pen. non è applicabile con riferimento alla inutilizzabilità, sicchè la decisione che si basi su prova vietata non è di per sé invalida, potendo al più ritenersi nulla per difetto di motivazione, qualora non sussistano prove, ulteriori e diverse da quelle inutilizzabili, idonee a giustificarla (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep.2020, Romeo Gestioni s.p.a., Rv. 278196 - 03). In altre parole, in tema di inutilizzabilità, differentemente che per la materia della nullità, non opera il principio della propagazione, cosicché, in forza del principio vitiatur sed non vitiat, la sanzione processuale dell'inutilizzabilità di una prova rimane circoscritta alle prove illegittimamente acquisite e non incide in alcun modo sulle altre risultanze probatorie, anche se queste sono collegate a quelle inutilizzabili (Sez. 2, n.44877 del 29/11/2011, Berardinetti, Rv. 251361 - 01; Sez. 1, n. 21923 del 30/01/2007, Cirillo, Rv. 236694).
6.2. Il principio appena enunciato è richiamato anche in pronunce della Corte Costituzionale (Corte Cost. n.252 del 26 novembre 2020; Corte Cast. n.219 del 3 ottobre 2019), in cui si è ritenuto pacifico l'assunto secondo il quale l'istituto della inutilizzabilità ha vita totalmente autonoma rispetto al regime e alla stessa natura giuridica delle nullità. Derivando il divieto probatorio e la conseguente «sanzione» della inutilizzabilità da una espressa previsione della legge, qualsiasi estensione di tale regime ad atti diversi da quelli ai quali si riferisce il divieto non potrebbe che essere frutto di una, altrettanto espressa, previsione legislativa.
6.3. Considerato, infine, che la Corte territoriale ha definitivamente fondato la sua decisione sull'esito della perizia legittimamente disposta in fase di appello, facendo riferimento (pag.9) alle «pregevoli argomentazioni svolte, sul punto, dal perito nominato da questa Corte che, saldamente ancorato ai dati obiettivamente rilevati, ha operato i calcoli secondo le linee guida in materia, valutando i coefficienti relativi alle masse dei due veicoli, alla lunghezza delle tracce si frenata, allo spazio percorso dopo l'urto dai mezzi, alle deformazioni subite dagli stessi, pervenendo ad una quantificazione della velocità dei mezzi coinvolti pienamente compatibile con tutti i parametri di riferimento», dunque ad un elaborato peritale «saldamente ancorato» ai dati tecnici desumibili da accertamenti irripetibili legittimamente acquisiti al fascicolo del dibattimento, non sussistono i presupposti per ritenere che l'inutilizzabilità della relazione della Polizia Stradale nelle sue parti valutative abbia determinato un vizio di motivazione rilevante ai fini dell'annullamento della sentenza; la pronuncia risulta, infatti, dotata di una sua autonoma coerenza valutativa fondata su parti dell'elaborato ancorate ad atti processuali utilizzabili.
7. Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato; segue, a norma dell'art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili F. G. e F. A., assistiti dall'Avv. C. M., liquidate in complessivi euro 3.900,00 oltre accessori come per legge, G. E., G. A., G. N. e G. S., assistiti dall'Avv. S. D., liquidate in complessivi euro 5.700,00 oltre accessori come per legge, M. V. R., M. I. B. G. e M. S. C., assistite dall'Avv. A. G., liquidate in complessivi euro 4.800,00 oltre accessori come per legge.