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24 gennaio 2023
Riforma del processo tributario: onere della prova più severo per il Fisco

Nel caso di specie, l'Amministrazione non aveva addotto prove gravi, precise e concordanti idonee a dimostrare che le agende rinvenute nello studio professionale, nel quale vi lavoravano diversi professionisti, appartenessero proprio al contribuente accertato.

La Redazione

L'Agenzia delle Entrate impugna dinanzi alla CGT di II grado della Puglia la sentenza di primo grado con cui era stato accolto il ricorso di un professionista contro un avviso di accertamento ai fini IRPEF e IRAP emesso a seguito di indagini finanziarie e del rinvenimento presso il suo studio (utilizzato anche da altri professionisti) di sette agende. Secondo gli accertatori, su tali agende erano stati annotati dati da cui si evincevano compensi in nero.
In particolare, il Giudice di primo grado aveva ritenuto che gli importi accertati erano stati giustificati dal professionista con la produzione delle relative fatture e che la documentazione extracontabile (agende) fosse priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, se è vero che il contribuente «ha espressamente disconosciuto la paternità di tali agendine e non pur non essendo contestata la circostanza che lo studio fosse utilizzato da altri professionisti, non è stata compiuta alcuna ulteriore indagine con gli stessi, con i pazienti indicati o anche grafologica utile a dirimere tali incertezze».

In sede di ricorso, l'Agenzia delle Entrate sostiene la validità delle agende quale elemento indiziario dotato dei requisiti prescritti dall'art. 39 DPR n. 600/1973 specificando che, durante lo svolgimento delle verifiche il professionista non aveva disconosciuto la documentazione extracontabile, facendo venir meno in capo ai verificatori alcun onere aggiuntivo di ricerca o conferma della paternità di tali scritti.

Con sentenza n. 3633 del 16 novembre 2022, la CGT rigetta il ricorso. Nel confermare la decisione di primo grado, il Collegio pugliese ritiene che, a fronte dell'adempimento da parte del professionista dell'onere della prova sulle movimentazioni contestate mediante le indagini finanziarie, l'Amministrazione finanziaria non avrebbe addotto prove gravi, precise e concordanti atte per dimostrare che la documentazione extracontabile, rinvenuta in una stanza dello studio professionale utilizzato da diversi professionisti, appartenesse proprio al contribuente accertato.
Secondo l'art. 7, c. 5-bis D.Lgs. n. 546/92, introdotto dall'art. 6, c. 1, della L. n. 130/2022. l'Amministrazione finanziaria è tenuta a provare la fondatezza della propria pretesa quale onere di provare il fatto costitutivo della pretesa tributaria ai fini dell'accertamento di operazioni non contabilizzate.

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