Svolgimento del processo
1.1. G. F. ha proposto, innanzi al tribunale di (omissis), domanda di negatoria servitutis nei confronti di E. D., S. L., G. L., A. M., F. V., G. D., D. D., A. S., R. C., P. C., I. G. G. e A. C., chiedendo l’accertamento dell’inesistenza del diritto di servitù di passo carrabile in capo agli stessi sulla porzione di corte, della quale l’attore ha dichiarato di essere l’esclusivo proprietario, distinta nel catasto del Comune di (omissis) al f. (omissis) e di superficie pari a (omissis) mq.
1.2. Il tribunale, con sentenza del 2013, ha rigettato la domanda proposta dall’attore ritenendo la fondatezza dell’eccezione tempestivamente sollevata dai convenuti (tutti proprietari di appartamenti e/o cantine ubicate nel caseggiato di (omissis), via del (omissis) (omissis)) sin dalla comparsa di risposta, e cioè l’invalidità del titolo di acquisto prodotto dall’attore.
1.3. Il titolo prodotto dall’attore, infatti, ha osservato il tribunale, è costituito dalla scrittura privata autenticata con la quale, in data 14/5/1991, M. G. B. nonché A., R., B., V., R. e T. U. avevano ceduto allo stesso la suindicata corte, oltre ad altri immobili, nella quale, però, i venditori non hanno indicato il loro titolo di provenienza, affermando di essere divenuti proprietari della corte in questione per averne comunque avuto, “loro e prima di loro i giusti loro danti causa”, “anche e fra l’altro il possesso pubblico pacifico, continuo e ininterrotto per oltre 20 anni”.
1.4. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che tale titolo non fosse idoneo a trasferire la proprietà della corte in questione evidenziando che il diritto vantato dai danti causa dell’attore, acquistato per usucapione, non era ancora stato giudizialmente accertato.
2.1. G. F. ha proposto appello avverso la sentenza del tribunale lamentando, innanzitutto, che il primo giudice aveva erroneamente negato la sua legittimazione attiva ritenendo che il titolo di acquisto della proprietà della corte, da lui prodotto, non fosse valido benché i convenuti non avessero proposto tale eccezione, ed, in secondo luogo, che il tribunale non aveva considerato che la vendita di un immobile non è affetta da nullità per il fatto che il diritto vantato non è stato giudizialmente accertato, come, nel caso in esame, l’acquisto per usucapione della corte in questione da parte dei danti causa dell’attore.
2.2. E. D., S. L., G.no L., A. M., F. V., G. D., D. D., A. S., R. C., P. C., I. G. G. hanno resistito all’appello chiedendone il rigetto.
2.3. A. C. è rimasta contumace.
2.4. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello.
2.5. La corte, in particolare, dopo aver rilevato che i convenuti, sin dal loro primo atto difensivo in primo grado, avevano contestato la proprietà del bene in capo all’attore assumendo la natura condominiale dello stesso, ha ritenuto che il titolo negoziale prodotto dall’attore, e cioè la scrittura privata autenticata con la quale, in data 14/5/1991, M. G. B. nonché A., R., B., V., R. e T. U. avevano venduto al F. il fondo in questione, non era idoneo a dimostrare il diritto di proprietà, in capo a quest’ultimo, sulla corte in questione.
2.6. In tale scrittura, infatti, ha osservato la corte, i venditori, senza indicare il loro titolo di provenienza, hanno affermato di essere divenuti proprietari della corte in questione per averne comunque avuto, “loro e prima di loro i giusti loro danti causa”, “anche e fra l’altro il possesso pubblico pacifico, Continuo e ininterrotto per oltre 20 anni”.
2.7. Tale titolo, tuttavia, ha proseguito la corte, non è idoneo, come condivisibilmente affermato dal tribunale, a dimostrare il diritto di proprietà dell’attore sul fondo in questione.
2.8. Nell’azione negatoria, infatti, ha osservato la corte, la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva per cui, se è contestata, la parte che agisce, se non ha l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà, deve comunque dare la dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, dell’esistenza di un valido titolo di proprietà del bene.
2.9. Nel caso in esame, al contrario, il F. ha prodotto in giudizio la scrittura privata autenticata ma non ha dimostrato l’idoneità del titolo dei suoi danti causa a mezzo della produzione in giudizio della trascrizione della sentenza declaratoria dell’acquisto a titolo originario del bene in contesa da parte degli stessi. L’acquisto della proprietà di un immobile per effetto di usucapione, infatti, per essere fatto valere e formare oggetto di un contratto di vendita, dev’essere dapprima accertato e dichiarato nei modi di legge.
2.10. D’altra parte, ha proseguito la corte, la verifica della validità del titolo di chi, come il F., agisce in negatoria servitutis, involge anche l’idoneità del titolo dei suoi danti causa poiché, se tale titolo è inidoneo, la sua invalidità implica di conseguenza anche quella dell’attore, specie quando, come nel caso in esame, la stessa sia stata contestata in ragione dell’affermata natura condominiale del bene sin dalla data di costruzione dell’edificio, la quale peraltro si presume a norma dell’art. 1117 c.c., e l’invalidità dell’atto di provenienza emerga dallo stesso atto sul quale l’attore abbia fondato il suo diritto di proprietà sul bene.
2.11. Né, peraltro, ha concluso il giudice distrettuale, può rilevare il fatto che la corte in questione sia risultata, alla luce degli accertamenti svolti dal consulente tecnico d’ufficio, intestata catastalmente anche al F. poiché, in realtà, le risultanze catastali hanno valenza esclusivamente indiziaria.
3.1. G. F., con ricorso notificato il 24/2/2017, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
3.2. E. D., S. L., G. L., A. M., F. V., G. D., D. D., A. S., R. C., P. C., I. G. G. hanno resistito con controricorso.
3.3. Il ricorso non è stato notificato ad A. C., la quale, riferiscono concordemente il ricorrente e i contro ricorrenti, dopo la pronuncia della sentenza di primo grado ha venduto la propria unità immobiliare nel condominio di via (omissis) a I. E. G.. Non vi è luogo, tuttavia, all’integrazione del contraddittorio nei confronti della C., concretizzandosi nei suoi confronti una ipotesi di tacita estromissione (Cass. 20533/17); ella, infatti, ha mostrato il proprio disinteresse alla coltivazione della lite, restando contumace in appello, mentre il F. e la G. hanno mostrato il proprio disinteresse alla partecipazione della stessa al giudizio, omettendo, il primo, di notificarle il ricorso per cassazione e, la seconda, di sollecitare, pur avendo depositato controricorso, l’integrazione del contraddittorio nei di lei confronti.
3.4. Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
4. La Corte, in via preliminare, ritiene che dev’essere disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti emergendo invece dalla sua lettura che, ancorché in maniera sintetica, l’atto riporta l’esposizione dei fatti di causa con l’indicazione delle difese rispettivamente assunte dalle parti.
5.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 949 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che i convenuti avessero contestato la proprietà del fondo in capo all’attore e che l’attore non avesse dimostrato in giudizio il proprio diritto di proprietà sullo stesso senza, tuttavia, considerare, innanzitutto, che i convenuti non avevano contestato la proprietà dell’area in questione in capo al F. ma solo che, essendone comproprietari, lo stesso ne fosse l’esclusivo proprietario, ed, in secondo luogo, che, ove mai tale contestazione vi fosse effettivamente stata, l’attore avrebbe potuto dimostrare la proprietà dell’area con qualunque mezzo, incluse le presunzioni, senza essere tenuto alla cd. probatio diabolica.
5.2. Il motivo è infondato in entrambe le censure in cui risulta articolato.
5.3. La prima, in effetti, s’infrange sull’interpretazione che la corte d’appello ha inequivocamente fornito della comparsa di risposta depositata dai convenuti nel giudizio di primo grado, lì dove, in particolare, ha ritenuto che gli stessi, avendo affermato la natura condominiale del fondo, avessero eccepito di essere i comproprietari (ma non con l’attore) dell’area in questione. Ed è, invece, noto che l’interpretazione del contenuto di un atto processuale costituisce un tipico accertamento in
fatto, riservato come tale al giudice di merito e sindacabile in cassazione solo per violazione delle norme che regolano l’ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., la cui portata e` generale, ovvero per l’omesso esame di un fatto a tal fine decisivo, e che il ricorrente il quale intenda utilmente censurare in sede di legittimita` il significato attribuito dal giudice di merito ad un atto processuale, come la comparsa di risposta, ha, pertanto, l’onere (rimasto, nel caso di specie, inadempiuto) di invocare il vizio consistito o nell’omesso esame di fatti decisivi, indicandone specificamente la risultanza dagli atti del giudizio, ovvero nella violazione delle norme previste dagli artt. 1362 e ss. c.c., indicando altresì, a pena d’inammissibilita`` del motivo, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici ivi contenuti (cfr. Cass. n. 16057 del 2016; Cass. n. 6226 del 2014; piu` di recente, Cass. n. 12574 del 2019, in motiv.).
5.4. La seconda censura, invece, non tiene conto del fatto che la corte d’appello ha escluso che l’attore avesse dimostrato in giudizio la proprietà dell’area in questione non già perché lo ha indebitamente onerato della cd. probatio diabolica ma in ragione della ritenuta inidoneità del titolo d’acquisto che lo stesso aveva a tal fine prodotto in giudizio.
5.5. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 949, 1158 ss, 1350, 2697 e 2727 e ss c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, dopo aver correttamente affermato che l’onere di dimostrare la proprietà del bene da parte di agisce in negatoria servitutis può essere assolto in caso di contestazione del convenuto anche in via presuntiva, ha omesso di considerare che, nel caso in esame, la scrittura privata autenticata prodotta in giudizio era certamente idonea a dimostrare la proprietà del fondo in capo all’attore e che a tal fine non era affatto necessaria, a fronte della sua natura meramente dichiarativa, la sentenza di accertamento dell’acquisto per usucapione del predetto bene da parte dei danti causa dell’attore.
5.6. Ed infatti, ha osservato il ricorrente, il contratto di compravendita nel quale il venditore dichiari di essere proprietario per usucapione non e` nullo anche se tale diritto non è stato ancora giudizialmente accertato.
5.7. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., nonché la violazione degli artt. 949 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha del tutto omesso di esaminare le dichiarazioni unilaterali con le quali i convenuti, il 24/10/1990 e 17/7/1991, avevano dato atto della proprietà del fondo in capo ai danti causa dell’attore.
5.8. Il secondo motivo, oltre che ammissibile, è fondato, con assorbimento del terzo.
5.9. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’e` ragione di discostarsi, infatti, il contratto di compravendita con cui viene trasferito il diritto di proprietà di un immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per un tempo sufficiente al compimento dell’usucapione non e` viziato dalla nullità ancorché l’acquisto della proprietà da parte sua non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario (Cass. n. 2485 del 2007; Cass. n. 7853 del 2018; Cass. n. 4106 del 2019, in motiv.; Cass. n. 8626 del 2022): e ciò in quanto l’acquisto per usucapione avviene ipso iure per il semplice fatto del possesso protratto per venti anni e la sentenza con cui viene pronunciato l’acquisto per usucapione del diritto di servitù ha natura meramente dichiarativa e non costitutiva del diritto stesso (Cass. n. 2717 del 1982; Cass, n. 8650 del 1994).
5.10. La corte d’appello, lì dove ha ritenuto che la scrittura privata prodotta in giudizio dall’attore non era idonea a dimostrarne la proprietà sull’area in questione in ragione del solo rilievo che l’acquisto della proprietà di un immobile per effetto di usucapione può formare oggetto di un contratto di compravendita solo a condizione che sia stato preliminarmente accertato e dichiarato nei modi di legge, si è, pertanto, posta in contrasto con l’indicato principio e si espone, in definitiva, alle censure formulate dal ricorrente.
5.11. Resta ferma, naturalmente, a fronte della contestazione dei convenuti, la necessità che l’attore dimostri in giudizio di aver effettivamente acquistato la proprietà dell’area in questione. Nell’actio negatoria servitutis, infatti, la parte che agisce in giudizio per far accertare l’inesistenza dell’altrui diritto di servitù su un fondo del quale affermi di essere il proprietario non ha l’onere di fornire, come nell’azione di revindica (e cioè dimostrando il suo titolo di acquisto e quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario), la prova rigorosa della proprietà del fondo servente (Cass. n. 2838 del 1999; Cass. n. 10149 del 2004; Cass. n. 21851 del 2014). Tuttavia, nel caso, come quello in esame, in cui il convenuto lo contesti, l’attore ha l’onere di fornire la prova del titolo di acquisto del fondo servente anche se può fornire la relativa dimostrazione con ogni mezzo, comprese le presunzioni (Cass. n. 803 del 2022; Cass. n. 472 del 2017; Cass. n. 21851 del 2014; Cass. n. 10149 del 2004; Cass. n. 2838 del 1999).
5.12. Nell’azione negatoria, in effetti, la titolarita` del bene (che, pertanto, il giudice, specie se contestata, come nella specie, deve sempre accertare, sia pur in via incidentale, anche se la relativa domanda non è stata espressamente proposta) si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia sicche´ la parte che agisce in giudizio non ha l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica, la prova rigorosa della proprieta`, essendo sufficiente la dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido e cio` sul presupposto che l’azione non mira necessariamente all’accertamento dell’esistenza della titolarita` della proprieta` ma all’ottenimento della cessazione dell’attivita` lesiva, spettando, per contro, al convenuto l’onere di provare l’esistenza del diritto a lui spettante, in virtu` di un rapporto di natura obbligatoria o reale, di compiere l’attivita` lamentata come lesiva dall’attore (Cass. n. 24183 del 2021, in motiv.).
6. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Genova che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il secondo motivo e rigetta il primo, assorbito il terzo; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Genova che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.