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27 gennaio 2023
La Consulta sull’irripetibilità dell’indebito previdenziale non pensionistico percepito in buona fede e in presenza di un legittimo affidamento

Con la sentenza in commento, la Corte costituzionale scioglie i dubbi interpretativi sull'art. 2033 c.c..

La Redazione

Il rimettente riferisce che P. ha convenuto in giudizio l'INPS per sentir accertare l'irripetibilità della prestazione ricevuta a titolo di indennità di disoccupazione, in ragione del legittimo affidamento ingenerato dall'ente pubblico circa la spettanza della somma, la quale sarebbe stata destinata a soddisfare esigenze alimentari.
Secondo il giudice a quo, al caso dell'indebito previdenziale non pensionistico, cui sarebbe ascrivibile l'indennità di disoccupazione, si applica l'art. 2033 c.c., che comporterebbe il rigetto della pretesa del ricorrente. Tuttavia, in presenza di un legittimo affidamento riposto da una persona fisica nella spettanza di una prestazione, quale l'indennità di disoccupazione, erogata da un soggetto pubblico, la pretesa restitutoria violerebbe gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con l'art. 1 Prot. addiz. CEDU, come interpretato dalla Corte EDU.

Nelle sue argomentazioni, la Corte costituzionale ripercorre la giurisprudenza della Corte EDU in merito all'interpretazione dell'art. 1 Prot. add. CEDU invocato dall'ordinanza, concludendo che essa offre una ricostruzione «volta a stigmatizzare interferenze sproporzionate rispetto all'affidamento legittimo ingenerato dall'erogazione indebita da parte di soggetti pubblici di prestazioni di natura previdenziale, pensionistica e non, nonché retributiva». A tal proposito, la Corte EDU ha specificato i presupposti che consentono di identificare un affidamento legittimo in capo al percettore della prestazione, che sia persona fisica, e ha individuato le condizioni che tramutano le condictio indebiti in un'interferenza sproporzionata nei confronti di tale affidamento.
Passando all'ordinamento nazionale, la Consulta ritiene di ravvisare nella buona fede oggettivaex art. 1337 c.c. la cornice giuridica capace di valorizzare i presupposti che corrispondono a quelli individuati dalla Corte EDU per fondare il riconoscimento di un affidamento legittimo circa la spettanza di una prestazione indebita erogata.
Per la Corte costituzionale, «la clausola della buona fede oggettiva consente, sul presupposto dell'affidamento ingenerato nell'accipiens, di adeguare, innanzitutto, tramite la rateizzazione, il quomodo dell'adempimento della prestazione restitutoria, tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell'obbligato. Inoltre, in presenza di particolari condizioni personali dell'accipiens e dell'eventuale coinvolgimento di diritti inviolabili, la buona fede oggettiva può condurre, a seconda della gravità delle ipotesi, a ravvisare una inesigibilità temporanea o finanche parziale».

Tra i rimedi nazionali idonei ad evitare il contrasto con l'art. 1 Prot. addiz. CEDU e, di riflesso, una violazione dell'art. 117, prima comma, Cost., la Consulta menziona la possibile tutela risarcitoria nell'ambito della responsabilità precontrattuale (sempre che ricorrano gli ulteriori presupposti applicativi del medesimo illecito).

Alla luce di quanto sopra descritto, con sentenza n. 8 del 27 gennaio 2023, la Corte costituzionale dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2033 c.c. sollevate dal Tribunale di Lecce.