La precisa indicazione del soggetto che ha ceduto i titoli non consente infatti di ritenere univocamente provata la consapevolezza negli agenti imputati della provenienza da delitto degli assegni posti all'incasso.
La Corte d'Appello confermava la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale che aveva dichiarato responsabili del reato di ricettazione i due coniugi che propongono ricorso per cassazione per l'evidente difetto dell'elemento psicologico richiesto dalla struttura del reato. Nello specifico, gli imputati avevano ricevuto gli assegni proventi di delitto...
Svolgimento del processo
Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato, sotto il profilo della accertata responsabilità per il fatto di ricettazione ascritto in concorso, la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno in data 8 maggio 2018, propongono ricorso per cassazione i coniugi imputati, a ministero del comune difensore di fiducia, deducendo a ragione della impugnazione i motivi in appresso sinteticamente indicati, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen..
1. Inosservanza della legge processuale che regola la valutazione della prova e detta le regole di giudizio nel merito della responsabilità, resa manifesta dal vizio di motivazione per mera apparenza e travisamento della prova (art. 606, comma 1, lett. c ed e, cod. proc. pen.), per avere la Corte divisato penale responsabilità degli imputati, per il delitto di ricettazione, contestato in concorso, pur in evidente difetto dell'elemento psicologico richiesto dalla struttura del reato, avendo nel merito gli imputati indicato precisamente il soggetto (figlio della coppia, dipendente della ditta amministrata dalla P.) che aveva loro ceduto gli assegni provento di delitto, già compilati anche nella firma di traenza; assegni posti all'incasso e versati sul conto corrente intestato alla ditta di famiglia;
1.1. Vizio esiziale di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), per avere la Corte di merito rigettato la motivata richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dovute in ragione della condotta sostanziale e processuale tenuta.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbe il secondo, atteso che né la Corte territoriale, né il primo giudice, hanno apprezzato l'evidente difetto del dolo di ricettazione, reso manifesto dalle descritte modalità della ricezione e versamento degli assegni di provenienza delittuosa.
1. Gli imputati si erano difesi nel merito, sin dalla fase delle indagini preliminari, dichiarando -entrambi precisamente- da chi avevano ricevuto gli assegni, poi versati sul conto corrente della ditta amministrata dalla P., e per quale causa, così evidentemente adempiendo l'onere di allegazione richiesto all'acquirente della res furtiva dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (per tutte si richiama Sez. 2, n. 20193 del 19/4/2017, Rv. 270120; seguita, nello specifico segmento dell'oggetto della ricezione, da Sez. 2, n. 34522 del 13/06/2019, Rv. 276428) al fine di dimostrare il difetto di consapevolezza della provenienza da delitto della cosa ricevuta. La Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravame speso dagli imputati sul punto, valorizzando la incerta indicazione del soggetto che avrebbe ceduto gli assegni provento di furto al figlio degli imputati, oltre alla qualità di estraneo alla compagine sociale rivestita dal figlio e, infine, al fatto che la ditta amministrata dagli imputati non si occuperebbe del commercio di ricambi per autoveicoli. La natura stessa dei titoli portati all'incasso è infatti indicativa della illecita provenienza di un bene (l'assegno postale o bancario) che reca in sé i tratti alfanumerici atti alla sua identificazione; assegno che può circolare nei rapporti commerciali solo se consegnato dall'emittente o da persona da questi delegata. In ossequio ad un orientamento consolidato di questa Corte (giur. cit.) i giudici di merito hanno dunque ritenuto di identificare il dolo generico (consapevolezza della provenienza da delitto, resa manifesta anche dalla contraffazione della firma di traenza) nella forma diretta, così come il dolo specifico di profitto, palesato dalla girata per l'incasso dei titoli (Sez. 2, n. 24100, del 3/5/2011, Rv. 250566; Sez. 2, n. 46991, del 8/11/2013, Rv. 257432; Sez. 2, n. 22120, del 7/2/2013, Rv. 255929; Sez. 6, n. 15964, del 8/3/2016, Rv. 266534, in motivazione; Sez. 2, n. 22555, del 9/6/2006, Rv. 234654).
1.1. Orbene, pur volendo prescindere dalla erroneità in fatto dell'affermazione spesa nel giudizio di merito in ordine al settore merceologico (commercio di ricambi auto) nel quale è versata la ditta dei ricorrenti; gli è che, nella ricettazione, il dolo generico che identifica il "tipo" prende corpo, per l'appunto, nella consapevolezza della provenienza da delitto (oggi da reato, per le modifiche apportate alla struttura del reato dal Decreto legislativo n. 195, del 8 novembre 2021; art. 1, lett. c, n. 1, 2, 3, del testo novellante) della cosa ricevuta. Consapevolezza che si può trarre (forse oggi non più così agevolmente, per effetto delle "Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza ..." approvate con Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 188) dal rifiuto o dalla incompiuta o inesatta indicazione del soggetto cedente, oltre che dell'occasione della ricezione. Si è quindi ripetutamente affermato che "non si richiede, in tal modo, all'imputato di provare la legittima provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell'origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l'indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiasi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento" (così Sez. 2, n. 20193/2017, cit., in motivazione; nei medesimi sensi, Sez. U., n. 35535 del 12/7/2007, in motivazione); principio che il Collegio condivide certamente e fa proprio. Del resto, il dolo di ricettazione, nella forma eventuale, può identificarsi anche nella condotta dell'agente che ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza (Sez. U. n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Rv. 246324); in particolare, si è precisato che il dolo eventuale è ravvisabile quando l'agente, "letta" l'eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza avesse avuto la certezza.
1.2. Così identificati i caratteri del "tipo", appare evidente come la decisione di merito abbia del tutto pretermesso, nell'analisi del fatto, le compiute e precise indicazioni offerte dagli imputati atte ad identificare il soggetto che quei titoli aveva loro ceduto. Né si tratta di censurare la incerta identificazione del soggetto (pure indicato per nome e nazionalità) che quei titoli avrebbe offerto al figlio degli imputati, in pagamento della merce asseritamente venduta, in quanto il punto nodale della errata valutazione consiste proprio nel non aver tenuto conto del fatto che: la precisa indicazione del soggetto, che quei titoli aveva loro ceduto, non consentiva di ritenere univocamente dimostrata la consapevolezza negli agenti imputati (che sono i genitori giratari per l'incasso e non il figlio, che girava in bianco i titoli) della provenienza da delitto degli assegni posti all'incasso.
1.3. Difetta, pertanto, nella fattispecie il dolo di ricettazione; la sentenza che tale elemento psicologico ha ritenuto sussistente sulla base del travisamento delle evidenze palesatesi nel processo va, pertanto, annullata senza rinvio, perché il fatto (ricezione di assegni postali di illecita provenienza) non costituisce reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di M. F. e P.G. perché il fatto non costituisce reato.