
Quando la citazione a giudizio e l'estratto della sentenza contumaciale sono stati notificati al suo difensore di fiducia. In tal caso viene meno il diritto alla restituzione nel termine per l'impugnazione, salvo che venga provata la negligenza professionale nel dare comunicazioni all'assistito.
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza in data 12/07/2020, la Corte di appello di Milano rigettava l'istanza di restituzione nel termine per proporre appello presentata in data 20/05/2022 dalla difesa di MT. avverso la sentenza pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Milano in data 21/07/2012 con la quale era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione e multa per il reato di truffa.
2. Avverso la predetta ordinanza, nell'interesse di MT. è stato proposto ricorso per cassazione per il seguente motivo unico: vizio di motivazione circa l'accertamento della conoscenza del provvedimento e/o del procedimento. La Corte territoriale ha attribuito particolare peso alla circostanza che l'imputato avesse nominato un difensore di fiducia (l'avv. RC. nel seguito rinunciante: in realtà, il peso dell'avvenuta nomina e della conseguente rimessione del mandato difensivo, non trovano riscontro. La Corte territoriale non ha individuato un atto o un passaggio del procedimento o del provvedimento di cui emerga l'avvenuta conoscenza del procedimento da parte del ricorrente, che è rimasta solo presunta.
Motivi della decisione
1. La difesa lamenta il fatto che l'imputato non abbia avuto conoscenza del procedimento celebrato a suo carico né della sentenza che egli intende appellare, della quale l'imputato sarebbe venuto a conoscenza solo in occasione della notifica, avvenuta in data 16 maggio 2022, dell'ordine di esecuzione SIEP n. 8086/13.
Prosegue la difesa sostenendo che il MT. non era stato assistito nel corso del giudizio da un avvocato di fiducia, né era venuto a conoscenza della vacatio in iudicium, a nulla rilevando il fatto che l'avv. RC., difensore di fiducia dell'imputato, prima di rimettere formalmente il mandato, avesse trasmesso comunicazione all'interessato della citazione a giudizio e della necessità di incontrarsi al fine di concordare una linea difensiva, perché ciò, peraltro, sarebbe avvenuto con strumenti che non consentono di avere certezza dell'avvenuta ricezione a mani del destinatario.
2. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Dalla lettura della ordinanza impugnata emerge che i giudici di appello abbiano, con motivazione puntuale ed immune da vizi logici, ricostruito i fatti concernenti le notifiche all'imputato e valutato l'istanza di restituzione ex art. 175 cod. proc. pen., sottolineando come sia il decreto di citazione a giudizio che l'estratto contumaciale di sentenza siano stati regolarmente notificati presso l'avv. P. (presso il quale l'imputato aveva eletto domicilio in data 23 agosto 2010) il quale, dopo aver rimesso l'incarico in data 18 febbraio 2012 (mandando al suo assistito una lettera datata 17 febbraio 2010 con cui gli rappresentava l'urgenza di prendere contatti e successivo telegramma del 17 febbraio 2012 con cui gli rendeva nota la decisione di rinunciare all'incarico), aveva mantenuto la veste di domiciliatario e aveva provveduto alle comunicazioni di rito, contattando l'imputato.
3. Si afferma in giurisprudenza che "la notifica della citazione a giudizio e dell'estratto della sentenza contumaciale nel domicilio eletto presso lo studio del difensore di fiducia dell'imputato, deve far ritenere che il condannato in contumacia abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e del provvedimento di condanna, sì da non aver diritto alla restituzione nel termine per l'impugnazione, salva la documentata allegazione della perdurante negligenza del difensore domiciliatario, a fronte di una periodica attività di ricerca di informazioni presso tale professionista." (Sez. 3, n. 8860 del 25/05/2016, Adinolfi, Rv. 269341), non risultando del pari sufficiente, ai fini della restituzione nel termine, la mera deduzione della mancata conoscenza priva di concrete allegazioni come dedotto e risultante nel caso di specie.
4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.