
Arriva l'ok alla produzione di energia bruciando plastica, carta e fibre tessili senza la necessità di una VIA, sempre che non si incrementi la capacità produttiva autorizzata.
Il Comune si rivolge al TAR Umbria chiedendo l'annullamento della determinazione dirigenziale regionale con la quale era stato autorizzato l'uso del CSS, combustibile solido secondario che comprende plastica, carta e fibre tessili da rifiuti pericolosi e non, in sostituzione del combustibile di origine fossile per soddisfare il fabbisogno energetico di un impianto industriale (nella...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di ricorso (n.r.g. 105/2022) ritualmente notificato e depositato, il Comune di Gubbio ha adito l’intestato Tribunale per chiedere l’annullamento della determinazione dirigenziale regionale n. 13416 del 29 dicembre 2021, con la quale, nel “prendere atto della comunicazione di modifica non sostanziale dell’installazione autorizzata, relativa all’utilizzo di CSS – Combustibile (CSS-C) conforme ai requisiti di cui all’articolo 13 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 22 del 2013, in parziale sostituzione dei combustibili di origine fossile utilizzati nella produzione del clinker fino ad un valore massimo di 50.000 tonnellate/anno, da realizzare in conformità al progetto costituito dagli elaborati richiamati nell’Allegato A”, ha aggiornato le condizioni e prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata in favore di Calacem s.p.a di cui alla d.d. n. 11441 del 6 novembre 2018, con le condizioni e prescrizioni ivi riportate.
L’impugnativa è stata affidata ai seguenti motivi di diritto:
I. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 9 e 32 Cost; art. 191 TFUE; artt. 19 e ss., 29 e ss. e 29 ter e ss. del D.Lgs. 152/06; All. IV n. 3 lett. p) e All. VIII n. 3.1, lett. a), alla parte II; art. 35 del D.L. 77/2021 convertito in L. 108/2021; D.M. 274/215). Indebita pretermissione della valutazione ambientale. Travisamento ed pretermissione dei presupposti di fatto e diritto e carenza assoluta di motivazione (art. 3 L. 241/90). Violazione di legge (art. 2 comma 1 L. 241/90) per mancata archiviazione della comunicazione. Violazione dei principi generali dell’attività amministrativa (art. 1 L. 241/90) e della partecipazione (art. 6 Convenzione Aarhus; art. 237 septiesdecies comma 3 D.Lgs. 152/06). Violazione di legge ed omessa comunicazione di avvio del procedimento (art. 7 L. 241/90) in relazione ad attività provvedimentale di secondo grado.
Sostiene il Comune di Gubbio il provvedimento regionale sarebbe viziato per l’indebita pretermissione della valutazione di impatto ambientale, atteso che nessuna norma prevede che il passaggio a CSS esoneri da VIA un impianto che ne è privo e che per legge deve esservi sottoposto, avendola peraltro la Regione precedentemente ritenuta necessaria.
II. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 5 lett. l-bis D.lgs. 152/06; D.M.) Natura sostanziale della modificazione. Difetto di istruttoria.
Adduce il ricorrente che nel caso in questione la modifica sarebbe sostanziale, avendola la Regione già considerata tale ai fini della sottoposizione a valutazione di impatto ambientale con la precedente d.d. 4964/2021.
III. Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 28 e 29 TUA) per mancato recupero della VIA indebitamente omessa; violazione di legge, eccesso e sviamento di potere (art. 191 TFUE; artt. 3 ter, 3 quater) per deviazione irragionevole e immotivata dal principio di precauzione, prevenzione e dai canoni del giusto procedimento in materia ambientale. Esercizio distorto della discrezionalità amministrativa.
Lamenta il Comune di Gubbio che la Regione avrebbe illegittimamente mutato la classificazione della modifica da sostanziale (pur avendo ritenuto di sottoporre a VIA la precedente richiesta) a non sostanziale (con il provvedimento impugnato), con violazione dell’art. 29 del d.lgs. 152/2006 che imporrebbe la VIA ex post.
IV. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 4, 5, 6, D.lgs. 152/06; Allegati IV, V, VII n. 2 alla Parte II D. lgs. 152/06). Difetto di istruttoria. Mancata valutazione degli effetti cumulativi degli impatti. Eccesso e sviamento di potere per contraddittorietà e deviazione dalla funzione tipica.
Sostiene parte ricorrente che il provvedimento impugnato sarebbe affetto da contraddittorietà per contrasto fra più manifestazioni di volontà della stessa Amministrazione; inoltre, non sarebbero stati considerati gli effetti cumulativi (art. 3 della Dir. 2014/52/UE) relativi ad altre istanze similari di utilizzo e produzione del CSS (avanzate da Cementerie Barbetti s.p.a. e da M. T. s.r.l.).
V. Violazione di legge. Eccesso e sviamento di potere (art. 32 Cost; artt. 29 quater e octies D.lgs. 152/06) in relazione all’esclusione illegittima del potere sindacale di prescrizione a tutela della salute.
Contesta il Comune di Gubbio che l’iter svolto dalla Regione avrebbe privato il sindaco dell’esercizio dei suoi poteri in conferenza di servizi ex art. 29 quater e 29 octies del d.lgs. 152/2006 e, in particolare, di impartire le prescrizioni del sindaco di cui agli artt. 216 e 217 del r.d. 1265/1934 (art. 29 quater, comma 6 del d.lgs. 152/2006); inoltre, sarebbe stata estromessa dall’istruttoria anche l’USL.
VI. Violazione di legge per mancato esperimento della VINCA (art. 5 DPR 357/97; Linee guida nazionali 2019).
Per il Comune di Gubbio il provvedimento impugnato sarebbe viziato anche per il mancato esperimento della valutazione di incidenza, da effettuarsi in ragione della contiguità dell’impianto alla ZSC IT52100013 – Boschi del bacino di Gubbio collocata a “meno di 8 chilometri dal Cementificio Barbetti, poche centinaia di metri dal Cementificio Colacem”.
VII. Interpretazione conforme; istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Chiede in subordine il ricorrente, il rinvio pregiudiziale di interpretazione alla Corte di Giustizia dell’Unione ex art. 267 TFUE onde accertare se la corretta interpretazione della direttiva 75/2010/UE e s.m.i., della direttiva 52/2014/UE e s.m.i. e 2003/4/CE e della direttiva 92/43/CEE ostino a una normativa nazionale quale quella interna, per cui l’introduzione di CSS nel ciclo produttivo di un impianto soggetto a AIA e rientrante nelle casistiche di sottoposizione a VIA e mai assoggettato a tale valutazione né a valutazione di incidenza, non debba esservi sottoposto quale intervento di modifica o di estensione del progetto in cui operare il recupero di dette valutazioni.
Chiede infine il Comune di Gubbio che venga disposta una verificazione, in contraddittorio tra le parti, a cura di ISPRA e dell’Istituto Superiore di Sanità, in ordine alla potenziale incidenza su ambiente e salute pubblica dei progetti tra loro cumulati.
La Regione Umbria si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, contestando le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto della domanda di annullamento del provvedimento impugnato.
Si è altresì costituita in giudizio la società odierna controinteressata (Colacem s.p.a.), concludendo anch’essa per l’infondatezza del ricorso.
All’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Giova preliminarmente osservare che la società Colacem s.p.a. ha presentato comunicazione di modifica non sostanziale, sotto la vigenza del d.l. 31/5/2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), il quale all’art. 35 (come modificato dalla legge di conversione 29/7/2021, n. 108), rubricato “Misure di semplificazione per la promozione dell’economia circolare”, ha previsto, al comma 3, che “Gli interventi di sostituzione dei combustibili tradizionali con CSS-combustibile conforme ai requisiti di cui all'articolo 13 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 22 del 2013 in impianti o installazioni non autorizzati allo svolgimento delle operazioni R1, che non comportino un incremento della capacità produttiva autorizzata, non costituiscono una modifica sostanziale ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell’articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2013, o variante sostanziale ai sensi degli articoli 208, comma 19, e 214, 214-bis, 214-ter, 215 e 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e richiedono il solo aggiornamento del titolo autorizzatorio, nel rispetto dei limiti di emissione per coincenerimento dei rifiuti, da comunicare all'autorità competente quarantacinque giorni prima dell’avvio della modifica. Nel caso in cui quest'ultima non si esprima entro quarantacinque giorni dalla comunicazione, il soggetto proponente può procedere all'avvio della modifica. L'autorità competente, se rileva che la modifica comunicata sia una modifica sostanziale che presuppone il rilascio di un titolo autorizzativo, nei trenta giorni successivi alla comunicazione medesima, ordina al gestore di presentare una domanda di nuova autorizzazione. La modifica comunicata non può essere eseguita fino al rilascio della nuova autorizzazione”.
La d.d. impugnata ha quindi correttamente provveduto ad aggiornare, ai sensi dell’art. 29-nonies comma 1 del D. Lgs. 152/2006 e dell’art. 35 comma 3 del D.L. 77/2021, le condizioni e prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale di cui alla d.d. n. 11441 del 06/11/2018 con le condizioni e prescrizioni di cui all’Allegato A, contenente la “Descrizione degli interventi” e l’“Aggiornamento delle Condizioni/Prescrizioni” dell’Autorizzazione Integrata Ambientale di cui alla d.d. 11441/2018, sulla base dell’istruttoria di ARPA Umbria.
Deve pertanto ritenersi destituita di fondamento la prima doglianza a mezzo della quale si lamenta la “indebita pretermissione della valutazione di impatto ambientale” precedentemente ritenuta necessaria, risultando invero il provvedimento impugnato pienamente rispondente alla disciplina vigente al momento della sua adozione.
La precedente determinazione regionale a mezzo della quale la Regione aveva a suo tempo optato per la valutazione di impatto ambientale, non può infatti essere assunta quale precedente vincolante il successivo agere amministrativo, essendo intervenuta medio tempore una regolamentazione del tutto nuova delle modalità e delle condizioni cui è subordinato l’utilizzo del CSS-Combustibile, in parziale sostituzione dei tradizionali combustibili di origine fossile.
Non può d’altra parte sostenersi che l’assoggettabilità a VIA del progetto proposto da Colacem s.p.a., troverebbe il proprio fondamento nell’assenza di precedente procedimento di valutazione d’impatto ambientale, circostanza questa ampiamente giustificata dal fatto che l’impianto della ricorrente non risulta essere mai stato oggetto di quelle modifiche sostanziali che avrebbero a suo tempo imposto di avviare detta procedura e che, non a caso, il Comune ricorrente si è astenuto dall’evidenziare.
Per quanto precede, deve parimenti ritenersi destituito di fondamento il secondo motivo con cui si sostiene che il progetto della ricorrente comporterebbe modifiche di natura sostanziale.
Omette infatti il Comune ricorrente di considerare che nel caso di specie si tratta di intervento di sostituzione dei combustibili tradizionali con CSS-Combustibile, adottato in conformità ai requisiti di cui all’articolo 13 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 22 del 2013, e che, in quanto non comportante un incremento della capacità produttiva autorizzata, è tale da non costituire una modifica sostanziale o variante sostanziale ai sensi delle norme ivi citate.
Deve inoltre ritenersi inconferente il richiamo al d.m. 274/2015, trattandosi di disposizione volta esclusivamente “a disciplinare alcuni aspetti della conduzione dei procedimenti di rilascio, riesame, aggiornamento e verifica di attuazione dei provvedimenti di autorizzazione integrata ambientale (AIA) per i quali il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è l’Autorità Competente”, ovvero le sole AIA di competenza statale e non anche quelle di competenza regionale tra cui quella in possesso del cementificio Colacem.
Né può sostenersi che il progetto della Colacem s.p.a. andrebbe comunque sottoposto a valutazione di impatto ambientale ex post (cfr., terzo motivo), non rinvenendosi nel caso di specie una proposta di modifica progettuale, che per il combinato disposto degli artt. 29-nonies e 5, 1° comma, lett. l-bis), del TUA, possa dar luogo a modifiche sostanziali.
Non risulta d’altra parte che l’Ente civico ricorrente abbia impugnato l’AIA. originariamente rilasciata alla Colacem s.p.a., la cui intangibilità non può di certo esser posta in discussione sostenendo ex post che detti titoli non avrebbero potuto essere rilasciati in assenza di VIA.
Quanto al quarto motivo di ricorso, con cui si deduce (nuovamente) la contraddittorietà del provvedimento gravato rispetto alle precedenti determinazioni assunte dall’Amministrazione, nonché la mancata valutazione degli effetti cumulativi di ulteriori istanze di utilizzo e produzione di CSS avanzate dal Cementificio Barbetti e da M. T. s.r.l., il Collegio non può far altro che ribadire quanto già affermato in ordine alla prima doglianza: ovvero che la precedente determinazione regionale a mezzo della quale la Regione aveva a suo tempo optato per l’avvio dell’originario progetto a valutazione di impatto ambientale, non può essere assunta quale precedente vincolante, essendo intervenuta medio tempore una regolamentazione del tutto nuova delle modalità e delle condizioni cui è subordinato l’utilizzo presso i cementifici del cd. CSS-Combustibile.
Per quanto concerne, invece, la mancata valutazione degli effetti di ulteriori istanze di utilizzo e produzione di CSS, è sufficiente osservare come il Comune ricorrente abbia omesso di documentare, sotto il profilo probatorio, se l’intervento in contestazione sia potenzialmente idoneo a provocare significativi effetti negativi, anche cumulativi, sull’ambiente e sulla salute umana, peraltro smentiti dalla documentazione presentata dal Colacem sulla dispersione degli inquinanti (redatti da primaria società competente in tale campo), la quale dimostra inconfutabilmente l’assenza di qualsivoglia sovrapposizione delle deposizioni, anche alla luce di proiezioni che tengano conto di ogni possibile effetto cumulo con altri stabilimenti, presenti e allo stato ipotizzabili.
Appare inoltre inconferente, rispetto al caso di specie, la dedotta esclusione del potere del Sindaco di impartire prescrizioni a tutela della salute ex artt. 29 quater e octies del d.lgs. n. 152/2006 (cfr. quinto motivo di ricorso), non essendo stato instaurato alcun procedimento per il rilascio di una nuova autorizzazione integrata ambientale, né per l’eventuale rinnovo o riesame di un’AIA. già rilasciata. Trattasi infatti di semplice aggiornamento di AIA esistente vagliato dall’autorità competente con il supporto istruttorio di Arpa Umbria, ai sensi dell’art. 29-nonies, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006.
Non è quindi possibile rinvenire alcuna pretermissione dell’auspicato intervento del Sindaco del Comune di Gubbio, il quale potrà pur sempre optare, qualora lo ritenga necessario, per l’esercizio dei propri poteri inibitori in materia di salute pubblica di cui agli artt. 216 e 217 del r.d. 27.7.1934, n. 1265, nonché quelli in materia di igiene e sanità pubblica, ambientale e di incolumità e sicurezza ex artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000.
Quanto al mancato esperimento della valutazione di incidenza, che il Comune ricorrente ritiene necessaria per la contiguità dell’impianto Colacem alla ZSC IT52100013 – Boschi del bacino di Gubbio (cfr. sesto motivo di ricorso), è sufficiente rilevare come nel caso di specie l’Amministrazione comunale non ha allegato alcun elemento a sostegno del fatto che la modifica non sostanziale di cui al provvedimento impugnato, possa comportare una qualche significativa incidenza, anche soltanto sotto il profilo probabilistico, sulle matrici ambientali e sugli habitat oggetto di protezione nel sito.
È infatti onere della parte che intenda far valere qualche forma di pregiudizio, provare un ragionevole rischio dell’impianto sul sito “limitrofo”, finendosi altrimenti per ampliare artificiosamente l’area di quest’ultimo, che presuppone al contrario una delimitazione certa dell’ambito vincolato, in ragione delle forti limitazioni delle facoltà di godimento e di utilizzo delle aree qualificate d’interesse pubblico (cfr., Cons. St., sez. II, 26 aprile 2021, n. 3349).
Deve parimenti essere respinta l’istanza di rinvio alla rinvio pregiudiziale di interpretazione alla Corte di Giustizia dell’Unione ex art. 267 TFUE onde accertare se la corretta interpretazione della direttiva 75/2010/UE e s.m.i., della direttiva 52/2014/UE e s.m.i. e 2003/4/CE e della direttiva 92/43/CEE ostino a una normativa nazionale quale quella interna, per cui l’introduzione di CSS nel ciclo produttivo di un impianto soggetto a AIA e rientrante nelle casistiche di sottoposizione a VIA e mai assoggettato a tale valutazione né a valutazione di incidenza.
Si controverte infatti di una modifica non sostanziale consistente in un semplice aggiornamento di AIA ai sensi dell’art. 29-nonies del d.lgs. 152/2006 e dell’art. 35, comma 3 del d.l. 77/2021, a suo tempo rilasciata senza necessità di VIA e come tale non rientrante nell’ambito dei progetti che, in base alla normativa europea e alle normative nazionali di recepimento, devono essere assoggettati alle procedure di valutazione di impatto ambientale.
Da ultimo, deve essere disattesa la richiesta di verificazione, in contraddittorio tra le parti, a cura di ISPRA e dell’Istituto Superiore di Sanità, sulla potenziale incidenza su ambiente e salute pubblica dei progetti tra loro cumulati, trattandosi di istanza meramente esplorativa, ovvero non supportata da alcun elemento probatorio a sostegno dei paventati danni alla salute ed all’ambiente, anche alla luce delle prescrizioni e i monitoraggi imposti al Gestore dell’impianto da parte dell’Arpa Umbria, quale organo in possesso del massimo grado di competenza in materia di qualità dell’aria, prevenzione e protezione dell’ambiente.
Diversamente, “una eventuale consulenza tecnica comporterebbe un inammissibile giudizio sostitutivo di una valutazione tecnico discrezionale (svolta dalla Amministrazione e demandata a specifici Organi in possesso in massimo grado delle competenze tecniche e scientifiche necessarie) ed in quanto tale ‘infungibile’, salvo ipotesi di macroscopiche abnormità od illogicità”, non riscontrabili nel caso di specie. (Cons. Stato Sez. II, 06-04-2020, n. 2248; Cons. Stato Sez. II, 11-05-2020, n. 2964).
Le considerazioni che precedono impongono il rigetto del ricorso.
Tenuto conto dell’evidente complessità delle questioni trattate, si rinvengono giusti motivi per compensare tra le parti in causa le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.