
Inammissibile il ricorso presentato dal fideiussore relativo alla tardività dell'istanza di verificazione della banca.
Dalla sentenza impugnata emerge che una s.r.l. aveva proposto azione di accertamento della nullità delle clausole del rapporto di conto corrente, quali l'anatocismo trimestrale e i tassi d'interesse superiori al limite usurario, correlate a un'apertura di credito, con il Banco di Napoli s.p.a..
La banca si...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Il controricorso è tardivo, poiché, a fronte della notificazione del ricorso, avvenuta il 21 maggio 2021, e del deposito di esso, risalente all’8 giugno successivo, il controricorso è stato notificato soltanto in data 12 ottobre 2021.
2. Emerge dalla sentenza impugnata che la s.r.l. C.A. propose azione di accertamento della nullità delle clausole del rapporto di conto corrente, cui era collegata un’apertura di credito, in corso con la s.p.a. Banco di Napoli, relative all’anatocismo trimestrale e al tasso d’interesse praticato su piazza, nonché della nullità della pattuizione d’interessi superiori al limite usurario o comunque al tasso concordato, con la conseguente restituzione di quanto illegittimamente percepito; costituendosi, la banca propose domanda riconvenzionale nei confronti della società e dei fideiussori D.A. e V.S.C., dei quali chiese la chiamata in causa, per ottenere la loro condanna al pagamento del saldo passivo del conto, oltre che degli interessi contrattuali di mora. Si costituirono i garanti, i quali disconobbero le sottoscrizioni apposte sui contratti e chiesero di accertare l’inesistenza o l’inefficacia delle garanzie fideiussorie.
3. Il Tribunale di Taranto con sentenza non definitiva dichiarò la nullità per indeterminatezza della clausola che prevedeva l’applicazione della commissione di massimo scoperto, ma escluse le altre nullità eccepite dalla società e dal fideiussore V.S.C. concernenti la capitalizzazione degli interessi passivi e la determinazione dei tassi d’interesse; e rigettò la domanda riconvenzionale proposta dalla banca nei confronti della fideiubente D.A. perché ne ritenne apocrifa la firma apposta sul contratto di fideiussione.
4. Proseguito il giudizio per verificare se effettivamente fossero stati superati i tassi soglia contemplati dall’art. 2 della l. 7 marzo 1996, n. 108, con la sentenza definitiva il Tribunale accertò che il rapporto si era chiuso con un saldo finale passivo e, previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, condannò la società e il fideiussore al pagamento dell’importo corrispondente.
5. La Corte d'appello ha rigettato l’appello proposto da V.S.C. e dalla società C.A. s.r.l. A fondamento della decisione ha ritenuto anzitutto che la società non avesse tempestivamente disconosciuto le sottoscrizioni dei contratti di conto corrente e di apertura di credito (comunque oggetto di perizia grafologica) e ha aggiunto che in ogni caso sulla questione dell’efficacia dei contratti si era formato il giudicato in virtù della sentenza non definitiva, non impugnata, con la quale si era appunto disposto il prosieguo del giudizio al solo fine dell’accertamento del superamento dei tassi soglia.
6. Quanto, poi, alla posizione di V.S.C. nella qualità di fideiussore, il giudice d’appello ha ravvisato il giudicato sull’efficacia del contratto da lui sottoscritto poiché, ha argomentato, il Tribunale di Taranto, là dove con la sentenza non definitiva ha dichiarato infondate le eccezioni proposte da V.S.C. in quella veste e ha dichiarato ammissibile la domanda riconvenzionale proposta nei suoi confronti, ha stabilito la validità e l’efficacia del contratto di fideiussione; di modo che, ha chiosato, il fideiussore non può più contestare l’efficacia della fideiussione per l’assenza di una tempestiva istanza di verificazione della propria sottoscrizione.
7. Contro questa sentenza propone ricorso per cassazione D.A., nelle qualità specificate di liquidatore della società C.A. s.r.l. e di erede con beneficio di inventario di V.S.C., ricorso che affida a due motivi e illustra con memoria, cui risponde con controricorso, ma tardivo, la sola s.p.a. Intesa SanPaolo.
8. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del giorno 18 ottobre 2022 ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
9. Col primo motivo si lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 214 e 216 cod. proc. civ. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, perché il Tribunale prima e la Corte d’appello dopo avrebbero trascurato la tardività dell’istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c.;
10. col secondo motivo si denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., dell'art. 1418 cod. civ., la violazione della legge antitrust n. 287/1990 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, giacché, a fronte del formale disconoscimento delle sottoscrizioni dei contratti, il giudice d’appello per un verso non avrebbe dovuto tener conto dei contratti disconosciuti, ivi compreso quello di fideiussione, e per altro verso non si è pronunciato sulla nullità di clausole contenute nel contratto di fideiussione, come quelle di sopravvivenza e di rinuncia ai termini, contrastanti con l’art. 2, comma 2, lett. a), della legge antitrust n. 287/90.
11. I motivi, che vanno trattati unitariamente perché logicamente connessi, sono inammissibili, per difetto del requisito dell'attinenza delle censure alle rationes decidendi della sentenza impugnata.
Entrambi i motivi sono calibrati sull’affermata tardività dell’istanza di verificazione della banca, che postula la tempestività del disconoscimento delle sottoscrizioni dei contratti: è proprio dalla rivendicata efficacia del disconoscimento che la parte ricorrente fa scaturire, per un verso, la conseguenza che il saldo del conto corrente debba essere rideterminato senza tener conto dei tassi debitori risultanti dai contratti disconosciuti (primo motivo) e, per altro verso, l’inutilizzabilità del contratto di fideiussione (secondo motivo).
13. Entrambe le censure non aggrediscono, allora, adeguatamente i due capisaldi su cui si regge la sentenza impugnata, ossia, da un lato, la tardività del disconoscimento operato dalla società e, dall’altro, la formazione del giudicato, derivante dalla mancanza d’impugnazione della sentenza non definitiva descritta in narrativa, che, oltre a questa tardività, aveva riconosciuto la validità delle clausole dei contratti di conto corrente e di apertura di credito (tranne che di quella concernente la commissione di massimo scoperto), nonché la validità e l’efficacia del contratto di fideiussione sottoscritto da V.S.C..
14. In particolare, quanto al contratto di fideiussione, il profilo della censura col quale si esclude il giudicato, perché la sentenza non definitiva si sarebbe limitata ad affermare l’utilizzabilità del contratto nei confronti del fideiussore, senza statuire alcunché sull’eccezione di nullità per violazione della normativa antitrust, che si assume sollevata soltanto in sede di precisazione delle conclusioni in fase di appello, non è congruente col contenuto della decisione impugnata. Si legge difatti nella sentenza d’appello che con la sentenza non definitiva il giudice di primo grado non aveva soltanto dichiarato ammissibile la domanda riconvenzionale della banca nei confronti di C. all’esito della perizia grafologica, ma aveva anche dichiarato l’infondatezza delle eccezioni da lui mosse, di modo che «…ha in modo implicito ma chiaro stabilito che il contratto di fideiussione...è da considerarsi efficace e valido nei confronti del C., tanto da esprimere il tribunale un unico dubbio, da superare con l’integrazione della perizia contabile, sul superamento o meno dei tassi soglia». La prospettazione della ricorrente, dunque, anzitutto manca di autosufficienza, là dove si assume che l’eccezione di nullità della clausola per violazione della normativa antitrust è stata sollevata soltanto in sede di precisazione delle conclusioni del secondo grado di giudizio. Ad ogni modo, il giudice d’appello, nel ricostruire la portata del giudicato implicito formatosi nei confronti di C., si è attenuto al principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (tra varie, Cass. n. 6091/20).
15. Così ricostruita la portata della sentenza non definitiva di primo grado, il frazionamento della decisione ha comportato l'esaurimento dei poteri decisori per la parte della controversia già definita, con la conseguenza che la prosecuzione del giudizio non poteva riguardare altro che le questioni non coperte dalla prima pronuncia (Cass. n. 18510/04; n. 23862/15; n. 18834/17), ossia, appunto, quella del superamento, o no, dei tassi soglia. Il che a maggior ragione vale nel caso in esame, in cui la sentenza non definitiva è divenuta cosa giudicata.
16. Correttamente, dunque, i giudici di secondo grado hanno affermato che si era formato il giudicato sull'efficacia e sulla validità dei contratti di conto corrente e di apertura di credito, così come era passata in giudicato la statuizione (implicita) di efficacia e validità del contratto di fideiussione sottoscritto da C..
17. Al cospetto della mancanza di adeguata impugnazione di queste statuizioni, inammissibile è l’ulteriore profilo del secondo motivo, su cui si torna in memoria, col quale si fa leva sul principio della rilevabilità ex officio della nullità contrattuale anche nel giudizio d'impugnazione. E ciò perché il principio incontra il limite proprio della formazione del giudicato interno, anche implicito (cfr. Cass., sez. un., n. 26242/14, punto 7, lett. B; n. 21906/19 e, tra le più recenti, n. 27505/22, punto 7).
18. Miglior sorte non può essere riconosciuta al richiamo della ricorrente, contenuto in memoria, alla recente giurisprudenza unionale (espressa da Corte giust., grande sezione, 17 maggio 2022, cause riunite C-693/19, SPV Project, C-831/19, Banco di Desio e della Brianza; coerenti, le coeve sentenze nelle cause C-600/19, Ibercaja Banco, C- 725/19, Impuls Leasing România IFN e C-869/19, Unicaja Banco), secondo cui l’art. 6, paragrafo 1, e l’art. 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non possa -per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità- successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo di tali clausole. La circostanza che, alla data in cui il decreto ingiuntivo è divenuto definitivo, il debitore ignorava di poter essere qualificato come «consumatore» ai sensi di tale direttiva è irrilevante a tale riguardo.
19. E ciò perché l’applicazione di quella giurisprudenza postula pur sempre che chi la invoca abbia lo status di consumatore, anche se non ne sia consapevole. La stessa Corte di giustizia, a fronte dell’eccezione concernente l’assenza della qualità di consumatore, ha proceduto alla verifica relativa (nella causa C-831/19): si legge difatti in sentenza (punto 46) che «Dall’ordinanza di rinvio e dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta infatti che, a differenza del coniuge YX, ZW deve essere qualificata come consumatore, poiché, alla data di conclusione dei contratti di fideiussione con BDB e gli altri creditori, ZW agiva al di fuori dell’ambito della sua attività professionale e non intratteneva legami funzionali con la società di cui trattasi (enfasi aggiunta), debitrice principale. Secondo il giudice del rinvio, ZW, dal 1976, era titolare di un rapporto di lavoro con un’altra società e non aveva alcun collegamento di natura funzionale con la società di cui trattasi. Il giudice del rinvio ha rilevato, a tal fine, che, tenuto conto dei documenti prodotti da ZW nel corso del procedimento esecutivo, ZW ha acquisito una partecipazione del 22% nel capitale sociale di quest’ultima il 31 gennaio 2013, mentre i contratti di fideiussione tra ZW e i creditori sono stati tutti conclusi prima di tale data, e che il decreto ingiuntivo ottenuto da BDB è a sua volta anteriore all’acquisizione di tali quote da parte di ZW».
20. Nel caso in esame, di contro, mai sono stati dedotti, neanche nelle fasi di merito, elementi in base ai quali riconoscere a V.S.C. la qualità di consumatore quando ha stipulato il contratto di fideiussione; emerge, anzi, un suo “collegamento di natura funzionale con la società di cui trattasi”, visto che egli risulta legale rappresentante della s.r.l. C.A..
21. Giova quindi ribadire che, in tema di contratti stipulati dal consumatore, i requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica, in relazione a un contratto di fideiussione stipulato in favore della società, devono essere valutati con riferimento alle parti di esso (e non già del distinto contratto principale); e a tal fine assume rilievo -alla stregua della giurisprudenza unionale (CGUE, causa C-74/15, Tarcau; causa C-534/15, Pavel Dumitra¿, Ioara Dumitra¿, punti 34-36)-, tra l’altro, l'eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore (Cass. n. 1666/20 e, da ultimo, n. 23063/22).
22. Si tratta di una valutazione che richiede accertamenti di fatto, concernenti lo scopo perseguito al momento della stipula del contratto, di modo che anche l'imprenditore individuale o il professionista va considerato consumatore se conclude un negozio per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale (Cass. n. 6578/21).
23. Irrilevante è quindi di per sé la richiamata recente giurisprudenza unionale, invocata in considerazione della natura implicita del giudicato concernente la validità e l’efficacia del contratto di fideiussione sottoscritto da V.S.C., posto che non soltanto manca qualsiasi apprezzamento di fatto in ordine alla qualità da lui rivestita di consumatore, ma difetta altresì l’allegazione di elementi utili al riconoscimento di quello status.
24. Il che rende inammissibile la questione, posta per la prima volta, e soltanto in maniera astratta, in sede di legittimità con la memoria.
Il ricorso va conseguentemente dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, in ragione della tardività del controricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.