Se infatti il provvedimento non si accompagna ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti dell'illecito, esso non costituisce un nuovo atto impositivo della sanzione bensì una mera rettifica del provvedimento precedente.
L'attuale ricorrente è un geometra a cui era stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione a tempo indeterminato dall'esercizio della professione per via del mancato pagamento dei contributi annuali obbligatori alla Cassa di previdenza.
A seguito di impugnazione, il Consiglio di Disciplina Territoriale deliberava, in via di autotutela,...
Svolgimento del processo
1. In data 21 marzo 2017, venne notificato al Geom. G.B. la decisione del Consiglio di Disciplina Territoriale con cui era stata deliberata l'applicazione nei suoi confronti della sanzione disciplinare della sospensione a tempo indeterminato dall'esercizio della professione per violazione dell'art. 11 del R.D. n° 274/1929 (Legge Professionale Geometri).
Al geom. B. era stato contestato il mancato pagamento dei contributi annuali obbligatori, su segnalazione della Cassa di Previdenza e Assistenza dei Geometri.
1.1. Avverso detto provvedimento il Geom. B. propose impugnazione, affidata a quattro distinti motivi, dinanzi al Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati.
1.2. In data 12 settembre 2017, il Consiglio di Disciplina Territoriale deliberò, in via di autotutela, la riduzione a sei mesi della sanzione disciplinare dalla sospensione a tempo indeterminato, motivando il provvedimento "sulla base della mutata normativa deontologica che qualificava come limite massimo della sanzione sospensiva quella semestrale".
1.3. La delibera adottata in autotutela non venne impugnata dal Geom. B..
Con provvedimento depositato in data 19 luglio 2019, il Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati dichiarò improcedibile il ricorso presentato dal Geom. B. avverso il primo provvedimento disciplinare del Collegio di Disciplina Territoriale per cessazione della materia del contendere, essendo intervenuta la delibera successiva del 12 dicembre 2017, che aveva disposto l'annullamento d'ufficio del provvedimento originario con contestuale adozione di altra deliberazione sanzionatoria non impugnata da parte del geom. B..
2. Il Geom. B. ha proposto ricorso per la cassazione avverso il provvedimento del 12.9.2017 sulla base di due motivi.
2.1. Il Consiglio Nazionale dei Geometri è rimasto intimato.
2.2. Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. C.M. ha depositato requisitoria scritta, in data 28 luglio 2022, ed ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
2.3. Il ricorrente ha depositato, ex art.372 c.p.c., documentazione attestante la regolarità della notifica del ricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 24 e 111 Cost., e degli artt. 100 e 112, c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4, c.p.c.; si censura la decisione con cui è stata dichiarata l'improcedibilità del ricorso avverso la prima delibera impositiva della sanzione della sospensione a tempo indeterminato per cessazione della materia del contendere, sull'erroneo presupposto che il provvedimento modificativo della sanzione inflitta avesse determinato il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e quindi dell'interesse del ricorrente alla pronuncia di merito. Il provvedimento di sostituzione della sanzione disciplinare da sospensione a tempo indeterminato a sospensione semestrale non avrebbe effetto sostitutivo del precedente provvedimento, che continuerebbe ad esplicare suoi effetti in relazione ai presupposti applicativi della sanzione.
Il ricorrente deduce la nullità del provvedimento impugnato anche sotto il profilo della violazione del diritto di difesa, ex artt. 3 e 24 Cast. e, consequenzialmente, del principio del giusto prncesso ex art. 111 Cast., rilevando l'esistenza di un suo concreto interesse all'impugnazione. La tesi proposta si fonda sulla giurisprudenza di questa Corte in materia tributaria (tra le altre Cass. 22:46/2018), con cui si afferma che il provvedimento di rettifica non è autonomamente impugnabile quando l'amministrazione si limita a ridurre la pretesa originaria.
Un ulteriore profilo dedotto in ricorso è costituito dall'insussistenza della cessazione della materia del contendere in quanto il provvedimento originario sarebbe stato contestato non solo sotto il profilo dell'entità della sanzione ma per insussistenza dei presupposti dell'illecito contestato, ragione per la quale il provvedimento successivo non farebbe venir meno le ragioni di contrasto tra le parti e l'interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art. 3, I. 241/1990, in relazione all'art. 360 n. 4, c.p.c., nonché il vizio di incongruità, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Il provvedimento sopravvenuto in autotutela farebbe riferimento alla mera durata della sospensione, senza menzionare in alcun modo la volontà di annullamento della sanzione; al contrario, la locuzione "fermo il resto" costituirebbe un chiaro richiamo al provvedimento sanzionatorio originario, di cui quello in autotutela rappresenterebbe una mera integrazione.
Il ricorrente evidenzia anche che il provvedimento in autotutela non presenta, in chiusura, neanche l'indicazione dei termini e dell'autorità presso cui ricorrere in opposizione, con ciò manifestando la sua natura meramente integrativa e non sostitutiva del provvedimento originario.
Ne deriverebbe l'illogicità e l'incongruità della decisione del Consiglio Nazionale quando afferma la piena natura disciplinare del provvedimento in autotutela, dovendosi più correttamente ritenere che tale provvedimento andrebbe semplicemente a modificare l'originario ed unico provvedimento sanzionatorio del Consiglio di Disciplina Territoriale nelle parti non modificate dal provvedimento sopravvenuto.
L'eccesso di potere risulterebbe ravvisabile anche sotto l'ulteriore profilo del travisamento dei presupposti della stessa dichiarazione di cessazione della materia del contendere, che richiederebbe una perfetta rimozione di ogni ragione di contrasto perché possa considerarsi come effettivamente venuta meno la necessità di alcuna pronuncia sull'oggetto della controversia.
2.1. I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
2.2. L'art.11 del Regio Decreto N.274/1929 così dispone : "Le pene disciplinari che il Comitato può applicare, per gli abusi e le mancanze che gli iscritti abbiano commesso nell'esercizio della professione, sono:
a) l'avvertimento;
b) la censura;
c) la sospensione dall'esercizio professionale per un tempo non maggiore di sei mesi;
d) la cancellazione dall'albo.
2.3. La sospensione, per espressa disposizione di legge e per sua stessa natura, non può essere a tempo indeterminato perché si risolverebbe nell'interdizione sine die dall'esercizio della professione, né l'art.11 RD 274/1929 ha subito modifiche in ordine alla durata della sospensione.
2.4. Il provvedimento in autotutela del 12.9.2017 ha preso atto che la sanzione disciplinare della sospensione non poteva avere una durata maggiore di sei mesi perché contra legem e ne ha modificato l'entità, senza rivalutare presupposti dell'illecito disciplinare o altre circostanze del fatto contestato.
2.5. Tale provvedimento non può quindi essere equiparato ad un nuovo atto impositivo della sanzione idoneo a travolgere il provvedimento originario perché non è espressione di una nuova pretesa punitiva ma di mera rettifica del provvedimento originario.
Esso non sostituisce la delibera del 21.3.2017 ma prende atto dell'errore in relazione alla durata della sospensione, che, ex lege, non poteva eccedere la durata di sei mesi.
2.6. Si tratta quindi di un provvedimento in autotutela avente natura conservativa e non sostitutiva.
2.7. Come affermato da questa Corte in diverse decisioni in materia di accertamento delle imposte - ma il principio è applicabile alla fattispecie in esame per identità di ratio- la modificazione in diminuzione dell'originario avviso non esprime una nuova pretesa tributaria, limitandosi a ridurre quella originaria sicchè esso non costituisce un atto nuovo ma solo revoca parziale di quello precedente (Cass. 17119/2017; Cass. Sez. 6 - 5, n. 11699 del 08/06/2016).
2.8. In sede processuale, tale evenienza non può comportare la cessazione della materia del contendere, in quanto permane l'interesse della pubblica amministrazione a veder riconosciuto il proprio credito tributario e quello del contribuente a negare la pretesa, con la conseguenza che l'autorità giudiziaria è tenuta a pronunciarsi sulla fondatezza della residua pretesa erariale (Cass. Civ., Sez.VI- 5 del 7.9.2020, n.18625).
2.9. La declaratoria di improcedibilità dell'impugnazione per cessazione della materia del contendere è ravvisabile solo quando vengono meno le ragioni di contrasto tra le parti e l'interesse sottostante alla pronuncia di merito.
2.10. Essa postula la composizione della lite ed il venir meno, in forza di un accadimento o fatto sopravvenuto, di ogni interesse dei contendenti alla prosecuzione del giudizio. La situazione, in tal modo determinatasi, di perfetta rimozione di ogni ragione di contrasto deve essere chiaramente riconosciuta ed ammessa da tutte le parti interessate, a meno che non sia stata rinunciata l'azione in senso sostanziale, con radicale conseguente eliminazione della controversia. (Cass. Civ., Sez. II, 29.7.2021, n. 21757; Sez. 1, Sentenza n. 9781 del 16/09/1995, Rv. 494038 - 01; Sez. L, Sentenza n. 576 del 21/01/1994, Rv. 485076 - 01)
2.11. La cessazione della materia del contendere non si traduce nella inammissibilità dell'impugnazione proposta contro la sentenza resa prima che la materia del contendere sia cessata, ma autorizza una pronunzia sulla impugnazione stessa, che, senza decidere sul merito, rimuove la sentenza pronunziata nel corso del giudizio, eliminando la decisione sul fondamento della domanda (Sez. 6 - 5, Ordinanza n.4167 del 19/02/2020; Sez. 1, Sentenza n. 3075 del 09/04/1997, Rv. 503597 - 01) Sez. 3, Sentenza n. 1614 del 18/02/1994, Rv. 485381 - 01)
2.12. Nel caso di specie non ricorre un'ipotesi di cessazione della materia del contendere, in quanto il provvedimento in autotutela non faceva venir meno la situazione di contrasto poiché non garantiva l'integrale soddisfazione dell'interesse della parte tale eia determinare il venir meno dell'interesse del ricorrente a una pronuncia di merito.
2.13. L'impugnazione dell'originario provvedimento, con il quale era stata contestata al geom. B. la sospensione a tempo indeterminato dall'esercizio della professione per il mancato pagamento dei contributi annuali obbligatori era stato impugnato sulla base di motivi che investivano i presupposti oggettivi della condotta deontologicamente rilevante in quanto era stato dedotto il mancato esercizio dell'attività professionale, la mancc1ta conoscenza delle notifiche effettuate dall'agente trasgressore e la prescrizione del debito.
2.14. Il provvedimento sopravvenuto in autotutela, mantenendo fermi gli addebiti, le valutazioni e le motivazioni poste alla base dell'originario provvedimento sanzionatorio, si configura come mero atto di esplicazione dello ius corrigendi dell'autorità, non idoneo ad annullare il presupposto provvedimento originario né a far venir meno l'interesse della parte ad una pronuncia di merito sul punto.
2.15. Permaneva, pertanto, l'interesse del ricorrente ad una pronuncia giudiziale sui motivi del ricorso e che prendesse in esame la condotta professionale, la regolarità della notifica e l'eccezione di prescrizione.
3. Il ricorso va pertanto accolto.
3.2. La decisione impugnata va cassata con rinvio al Consiglio Nazionale dei Geometri in diversa composizione che si atterrà al seguente principio di diritto:
"In materia di responsabilità disciplinare dei professionisti, il provvedimento di riduzione della sanzione disciplinare, adottato in via di autotutela, che non si accompagni ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti dell'illecito non costituisce un nuovo atto impositivo della sanzione ma costituisce una mera rettifica del precedente con la conseguenza che, ove l'impugnazione dell'atto originario abbia investito l'elemento oggettivo e soggettivo dell'illecito, il provvedimento sopravvenuto non determina la cessazione della materia del contendere".
3.3. Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Consiglio Nazionale dei Geometri in diversa composizione.