
Mentre i condomini, che sono tenuti a rimborsare le anticipazioni effettuate dall'amministratore, devono dimostrare di avere adempiuto all'obbligo di tenerlo indenne da ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
A. S. ha presentato ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, n. 24/2022, pubblicata il 21 gennaio 2022.
Il Condominio Via (omissis) (omissis) resiste con controricorso. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Con decreto ingiuntivo n. 2034/2014 del Tribunale di Taranto, A. S., ex amministratore del Condominio Via (omissis) (omissis), cessato dall’incarico il 27 giugno 2014, intimò al Condominio il pagamento della somma di € 21.327,92, esponendo di esserne creditore a titolo di rimborso di spese anticipate per la gestione condominiale, come comprovato dal verbale di consegna dal vecchio al nuovo amministratore, detratto l’acconto di € 5.000,00 ricevuto il 22 settembre 2014. Il Tribunale di Taranto accolse l’opposizione proposta dal Condominio e revocò il decreto ingiuntivo.
La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha poi respinto l’appello avanzato dal Farronato, osservando che: a) era infondato il motivo di gravame, relativo alla carenza di legittimazione processuale del condominio, perché l’amministratore di condominio ben può, senza essere a tanto autorizzato dall’assemblea condominiale, proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dall’ex-amministratore, in quanto l’opponente ha la posizione processuale di convenuto e di legittimato passivo rispetto alla pretesa azionata con il ricorso monitorio, e non ha, pertanto, necessità della autorizzazione assembleare di cui all’art. 1131, comma 2, c.c.; b) l’appello era infondato nel merito, poiché il credito dell’amministratore S., derivante, secondo il suo assunto e secondo quanto genericamente indicato nei rendiconti relativi agli anni 2011 e 2012, da pretese anticipazioni per conto e nell’interesse del condominio, non risultava supportato da idonea prova, non conoscendosi né le cause delle dedotte anticipazioni, né le modalità delle stesse, ossia la fonte dei pagamenti, la natura degli stessi, l’eventuale versamento sul conto condominiale); c) neppure poteva soccorrere il preteso riconoscimento che il condominio avrebbe fatto in occasione della consegna della documentazione dall’amministratore uscente a quello nuovo; d) la piena infondatezza dell’appello comportava la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte appellata.
Il ricorso di A. S. deduce: 1) la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1130 e 1131, commi 2 e 3, c.c., a proposito dello ius postulandi dell’opponente condominio; 2) la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1719, 1720, 1130, comma 1, n. 10, 1130 bis e 1135, comma 1, n. 3, c.c., in relazione al credito fatto valere dal S. nei confronti del Condominio Via (omissis) (omissis); 3) la violazione dell’art. 112 c.p.c. circa la disciplina delle spese di primo grado, denunciata in sede di appello per la mancata compensazione nonostante l’inammissibilità delle domande riconvenzionali e la conseguente soccombenza reciproca.
Il ricorso non è fondato.
Il primo motivo di ricorso va disatteso, pur dovendosi correggere sul punto la motivazione della Corte d’appello, la quale, affermando che il condominio, quand’è parte convenuta, non ha mai necessità della autorizzazione assembleare di cui all’art. 1131, comma 2, c.c., ha fatto applicazione di un orientamento giurisprudenziale superato a far tempo da Cass. Sez. Unite, 06/08/2010, n. 18331. E’ invece conforme all’interpretazione più recente ma ormai consolidata di questa Corte la conclusione secondo cui l'amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, nonché impugnare la decisione del giudice di primo grado, per tutte le controversie che rientrino nell'ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 c.c., quali quelle aventi ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore (qual è l’ex amministratore che agisce per i rimborsi ex art. 1720 c.c.) in adempimento di un'obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei partecipanti, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari, erogare le spese occorrenti ai fini della manutenzione delle parti comuni o l'esercizio dei servizi condominiali (Cass. Sez. 2, 03/08/2016, n. 16260).
La Corte d’appello ha poi ritenuto, con apprezzamento di fatto che costituisce prerogativa del giudice di merito, che non fosse stata raggiunta la prova del credito relativo al rimborso delle anticipazioni vantato dall’ex amministratore del Condominio. Secondo la sentenza impugnata, non assurge a prova di tale credito né il verbale di passaggio di consegne all’amministratore subentrante, né la deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto consuntivo.
La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha così deciso la questione di diritto in modo conforme al consolidato orientamento giurisprudenziale.
Il ricorso intende sollecitare questa Corte a rivalutare la sussistenza della prova, nella contabilità condominiale, degli esborsi effettuati e delle attività espletate da A. S., ma tali valutazioni e calcoli costituiscono accertamenti di fatto demandati al giudice di merito e sono incensurabili in cassazione se non sotto il profilo dell'omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
È consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui, poiché il credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del Condominio si fonda sul contratto tipico di amministrazione che intercorre con i condomini, al quale, per quanto non disciplinato nell’art. 1129 c.c., si applicano le disposizioni di cui alla sezione I, capo IX, titolo III, libro V, del codice civile, è l’amministratore che, alla stregua dell’art. 1720 c.c., deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini (e quindi il Condominio) – che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, ed a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell’eventuale danno – devono dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di tenere indenne l’amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita (Cass. Sez. 2, 26/02/2019, n. 5611; Cass. Sez. 6 - 2, 17/08/2017, n. 20137; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7498). Era dunque l’amministratore F. a dover fornire la dimostrazione dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle spese sostenute. Spetta poi all’assemblea il potere di approvare, col conto consuntivo, gli incassi e le spese condominiali, ma solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore (arg. da Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498; Cass. Sez. 2, 14/02/2017, n. 3892).
D’altro canto, va altresì ribadito, a conferma del ragionamento seguito dalla Corte d’appello, come l’accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente e il verbale di consegna sottoscritto con riguardo alla situazione patrimoniale al momento del subentro gestorio, e così pure un pagamento parziale, a titolo di acconto, di una maggiore somma, non costituiscono prove idonee del debito nei confronti dell’ex amministratore da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando pur sempre all'assemblea di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore. La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata (Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498).
La sentenza impugnata ha comunque negato altresì la valenza probatoria della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto in ordine alle somme a carico del condominio da corrispondere all'amministratore cessato dall'incarico. Anche in proposito questa Corte ha già affermato che la deliberazione dell'assemblea di condominio, che procede all'approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro proprio, in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell’organo collegiale in relazione a poste passive specificamente indicate (Cass. Sez. 2, 09/05/2011, n. 10153).
È altresì frutto di apprezzamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, quello sulla intellegibilità e chiarezza, anche sotto l'aspetto sostanziale, della contabilità condominiale, tale da poter fornire prova del credito vantato dall’ex amministratore.
Con il secondo motivo di ricorso si intende sollecitare questa Corte a rivalutare la sussistenza della prova, nella contabilità condominiale, degli esborsi effettuati dal S., ma tale valutazione costituisce accertamento di fatto demandato al giudice di merito, ed è incensurabile in cassazione se non sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Anche il terzo motivo di ricorso è infondato.
È pacifico in giurisprudenza che la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione (ex multis, Cass. Sez. Unite, 15 luglio 2005, n. 14989).
E’ altrettanto consolidato l’orientamento secondo cui la valutazione della sussistenza e delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., rientrano parimenti nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un'esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149; Cass. Sez. 2, 20/12/2017, n. 30592).
Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al Condominio controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.