Risposta negativa dal TAR Abruzzo, il quale precisa che l'autonomia regolamentare delle università non si estende al punto di intervenire su procedure dalle quali dipende l'accesso a esenzioni tributarie totali o parziali.
La controversia trae origine dalla richiesta della ricorrente, studentessa universitaria, di calcolare l'importo dovuto a titolo di tasse universitarie sulla base dell'ISEE con esito “difforme”, precisando che il conto bancario non dichiarato, che ha generato tale esito, non doveva essere considerato ai fini del calcolo delle tasse universitarie, in quanto destinato esclusivamente all'accredito del contributo statale vincolato alla riparazione dell'abitazione familiare danneggiata dal sisma, del quale i membri del suo nucleo familiare non hanno per legge alcuna disponibilità.
L'Università rifiutava l'acquisizione dell'ISEE difforme e invitava la ricorrente a risolvere la difformità onde evitare l'attribuzione di una fascia contributiva massima conseguente alla mancata presentazione di un ISEE senza difformità.
Con sentenza n. 68 dell'8 febbraio 2023, il TAR Abruzzo accoglie il ricorso della studentessa sostenendo che «La disposizione regolamentare con cui un'università esclude l'acquisizione di ISEE difformi e, per conseguenza, l'accesso alle agevolazioni sulla base di detto ISEE, va disapplicata perché in contrasto con l'
TAR Abruzzo, sez. I, sentenza (ud. 11 gennaio 2023) 8 febbraio 2023, n. 68
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
La ricorrente è iscritta al quarto anno del corso di medicina e chirurgia presso l’Università degli studi dell’Aquila e per gli anni accademici 2018/2019 e 2019/2020 ha versato le tasse universitarie per l’importo annuale di € 402,36, calcolato sulla base dell’ISEE del suo nucleo familiare.
Per l’anno accademico 2020/2021 ha trasmesso all’Università un nuovo ISEE comprensivo del contributo statale erogato, ai sensi del d.l. n. 39/2009, per la riparazione della casa di abitazione appartenente alla madre, danneggiata dal sisma del 2009.
L’Università le ha pertanto attribuito una fascia reddituale più alta rispetto agli anni passati, richiedendole il corrispondente maggior contributo di € 1.026,62 a titolo di tasse universitarie.
Quindi, per l’anno accademico 2021/2022, la ricorrente, ritenendo che il contributo non debba figurare tra i valori che concorrono a determinare l’ISEE, ha presentato una nuova dichiarazione sostitutiva unica (DSU) nella quale non compare conto corrente in questione.
La conseguente attestazione della situazione economica equivalente (ISEE) ha riportato un esito “difforme” con riferimento al patrimonio mobiliare della madre della ricorrente che, sulla base del controllo incrociato con i dati dell’Agenzia delle entrate, risulta titolare del contratto bancario n. 37868, non esposto nella dichiarazione sostitutiva unica, sul quale è stato accreditato il contributo per la riparazione dell’abitazione.
La ricorrente ha comunque chiesto all’Università di calcolare l’importo dovuto a titolo di tasse universitarie sulla base dell’ISEE con esito “difforme”, precisando che il conto bancario non dichiarato, che ha generato tale esito, non deve essere considerato ai fini del calcolo delle tasse universitarie, in quanto destinato esclusivamente all’accredito del contributo statale vincolato alla riparazione dell’abitazione familiare danneggiata dal sisma, del quale i membri del suo nucleo familiare non hanno per legge alcuna disponibilità.
L’Università con nota del 9.12.2021 ha rifiutato l’acquisizione dell’ISEE difforme e ha invitato la ricorrente a risolvere la difformità entro il 31.12.2021, onde evitare l’attribuzione di una fascia contributiva massima conseguente alla mancata presentazione di un ISEE senza difformità.
Il diniego all’acquisizione dell’ISEE difforme è impugnato con i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 11 co 5 DPCM 159/2013: la ricorrente censura la decisione dell’Università di non acquisire l’ISEE difforme, né le giustificazioni addotte a chiarimento di detta difformità, benché l’art. 11, comma 5, del d.p.c.m. n. 159/2013 autorizzi il riconoscimento della prestazione richiesta sulla base delle giustificazioni addotte dall’interessato e all’esito delle necessarie verifiche sulla veridicità di quanto dichiarato; rivendica quindi la correttezza della dichiarazione sostitutiva unica che non menziona il contributo, perché si tratterebbe di risorsa pubblica indisponibile, destinata esclusivamente al pagamento delle fatture relative ai lavori di riparazione dei danni all’abitazione conseguenti al sisma;
- eccesso di potere: il rifiuto di un ISEE contenente difformità, presentato al fine di ottenere l’agevolazione richiesta, rifiuto motivato solo dal fatto che l’ISEE reca un esito “difforme” e non dall’inattendibilità o inaccoglibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente a giustificazione dell’esclusione del contributo dalla DSU, vanificherebbe la finalità dell’istituto di realizzare la parità di trattamento fra cittadini nell’accesso ai servizi essenziali, riconoscendo esenzioni o agevolazioni ai meno abbienti.
Resiste l’Università degli Studi dell’Aquila.
Nonostante il tribunale, in sede di accoglimento della domanda cautelare, abbia demandato all’Università il riesame dell’istanza della ricorrente di accesso al beneficio, alla data della discussione del ricorso non era stata assunta dalla resistente alcuna determinazione, neppure interlocutoria.
All’udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2023 il ricorso è passato in decisione.
1. Il ricorso è ammissibile.
Preliminarmente deve darsi atto che la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Università dell’Aquila del 30.06.2021, che ha adottato il “sistema di contribuzione studentesca a.a. 2021/2022”, prevede che: “L’Università non concederà deroghe a quanto stabilito per la presentazione dell’ISEE Università, che dovrà risultare valida per le prestazioni agevolate per il diritto allo studio universitario in favore dello/a studente/essa beneficiario/a della prestazione al 31.12.2021 e priva di difformità”.
Si tratta di una disposizione di natura regolamentare, posta dall’Università a fondamento del provvedimento censurato, che esclude l’acquisizione di ISEE difformi e, per conseguenza, l’accesso alle agevolazioni sulla base di detto ISEE.
Esso, tuttavia, si pone in contrasto con il d.p.c.m. n. 159/2013 (Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente – ISEE, attuativo dell’art. 5 del d.l. 201/2011), secondo il quale la determinazione dell’ISEE e la sua applicazione uniforme sul territorio nazionale costituiscono livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
In particolare, come sarà appresso spiegato, l’art. 11, comma 5, del citato d.p.c.m. stabilisce che, se l'attestazione dell'ISEE evidenzia delle difformità (divergenza fra le dichiarazioni rese dal richiedente sulla sua situazione patrimoniale e reddituale e i dati in possesso dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate), “il soggetto richiedente la prestazione […] può comunque richiedere la prestazione mediante l'attestazione relativa alla dichiarazione presentata recante le omissioni o le difformità rilevate”.
Ne consegue che, se il dichiarante intende confermare la propria dichiarazione, l’ente erogatore deve acquisire l’ISEE con difformità salvo disporre adeguati controlli sulla veridicità di quanto dichiarato.
Il contrasto fra la determinazione regolamentare dell’Università, che esclude l’acquisizione dell’ISEE difforme, e il d.p.c.m. n. 159/2013 che invece la prescrive, comporta, secondo i criteri di soluzione dei conflitti fra fonti, la disapplicazione del primo sulla base del criterio di competenza.
Infatti l’autonomia regolamentare delle Università in materia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile (art. 6 l. n. 169/1989) si esercita nei limiti stabiliti dalle leggi dello stato (art. 33 Cost.) e non si estende al punto di intervenire su procedure dalle quali dipende l’accesso a esenzioni tributarie totali o parziali dalle quali deriva un'integrazione degli elementi essenziali del tributo, trattandosi di materia riservata allo Stato e, salvi i principi stabiliti dalle leggi dello Stato, alle Regioni e ai Comuni, ai sensi degli articoli 23 e 117 della Costituzione.
Sul piano dell’interesse alla decisione del ricorso basta osservare che la lesività del provvedimento deriva dalla sua natura di arresto procedimentale che ha precluso alla ricorrente la possibilità di accedere all’agevolazione richiesta.
Nel merito il ricorso è fondato.
Occorre muovere da una premessa di ordine generale.
L'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 109/1998 e disciplinato dall’art. 5 del d.l. 201/2011, è definito dall’art. 2 del d.p.c.m. n. 159/2013 come “lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate”.
Esso risponde a finalità di giustizia sostanziale per consentire a soggetti economicamente svantaggiati l’accesso alle prestazioni sociali di competenza delle amministrazioni pubbliche a condizioni più favorevoli rispetto alla generalità dei consociati.
Ai sensi dell’art. 2 del d.p.c.m. n. 159/2013, l’ISEE si compone dell’indicatore della situazione reddituale e dell’indicatore della situazione patrimoniale.
L’indicatore della situazione reddituale annovera redditi (dettagliatamente descritti), detratte determinate spese, riferiti a ciascun componente del nucleo familiare del richiedente.
L’indicatore della situazione patrimoniale è determinato sommando, per ciascun componente del nucleo familiare, il valore del patrimonio immobiliare che comprende tutti gli immobili intestati al soggetto dichiarante e il valore del patrimonio mobiliare composto da beni specificamente descritti:
Il richiedente, per ottenere l’agevolazione, deve redigere così come i membri del suo nucleo familiare, una dichiarazione sostitutiva unica (da presentare ai Comuni ai centri di assistenza fiscale, all’ente erogatore del servizio o all’INPS ex art. 10 d.p.c.m. 159/2013) contenente i dati rilevanti ai fini della determinazione dell’ISEE.
Tramite il sistema informativo ISEE gestito dall’INPS la DSU è sottoposta ai controlli automatici dell’Agenzia delle entrate che comunicherà eventuali omissioni o difformità fra i dati dichiarati e quelli corrispondenti acquisiti al sistema informativo dell'anagrafe tributaria (art. 11 comma 3).
L’ISEE viene quindi determinato dall’INPS sulla base delle componenti esposte nella DSU, degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle entrate e di quelli presenti nei propri archivi amministrativi (art. 11, comma 4, d.p.c.m. n. 159/2013).
Nell’attestazione dell’ISEE, l’INPS riporta anche le omissioni o difformità della DSU rilevate dall’Agenzia delle entrate (art. 11 comma 5).
Tuttavia, la DSU che presenti difformità o omissioni, perché (come in specie) non evidenzia un cespite che concorre alla determinazione dell’ISEE, non preclude l’accesso al beneficio.
Infatti, in tal caso il comma 5 dell’art. 11 citato prevede che “Alla luce delle omissioni ovvero difformità rilevate, il soggetto richiedente la prestazione può presentare una nuova DSU, ovvero può comunque richiedere la prestazione mediante l'attestazione relativa alla dichiarazione presentata recante le omissioni o le difformità rilevate. Tale dichiarazione è valida ai fini dell'erogazione della prestazione, fatto salvo il diritto degli enti erogatori di richiedere idonea documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati indicati nella dichiarazione”.
In sintesi, il d.p.c.m. n. 159/2013, prima elenca in astratto le componenti dell’indicatore reddituale e patrimoniale che determinano l’attestazione ISEE, poi, con la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 11, in coerenza con la finalità di giustizia sostanziale della quale l’ISEE costituisce lo strumento uniforme, consente al richiedente di giustificare in concreto l’esclusione o la diversa esposizione di una di esse.
Lo si desume agevolmente dalle seguenti circostanze:
- l’Agenzia delle entrate si limita a un mero controllo automatico, quindi formale, dei dati esposti nella DSU mediante il confronto con quelli che risultano dalle informazioni detenute (art. 11, comma 3) e a comunicare all’INPS le eventuali omissioni o difformità rilevate;
- agli enti erogatori - ai quali l’INPS avrà comunicato l’ISEE con difformità - competono invece controlli di natura sostanziale, diversi da quelli dell’Agenzia delle entrate – altrimenti ne sarebbero un’inutile duplicazione - sulle informazioni rese dal dichiarante, (comma 6) ai fini dell’accertamento dei requisiti per l’accesso al beneficio richiesto (art. 11, comma 10, terzo alinea).
I controlli dell’ente erogatore tengono conto delle osservazioni del richiedente, eventualmente corredate da documenti (art. 11, comma 7).
Nel caso in decisione ricorrono tutte le condizioni per l’adozione dei controlli sulla DSU e l’ISEE della ricorrente e la verifica, da parte dell’Università, dei requisiti per l’accesso all’agevolazione richiesta.
Infatti, se si confronta l’ISEE della ricorrente senza difformità del 30.9.2020, generato sulla base di una prima DSU del 28.9.2020, con l’ISEE in data 8.6.2021 con l’annotazione di difformità, generato sulla base di una nuova DSU del 7.6.2021, si deduce che l’esito difforme è imputato alla mancata dichiarazione del conto corrente vincolato acceso presso la “Banca di credito cooperativo” di Pratola Peligna, sul quale sono confluite le somme erogate alla madre della ricorrente per la riparazione della casa di abitazione danneggiata dal sisma del 6.4.2009, conto noto all’Agenzia delle entrate e all’INPS in quanto soggetto a comunicazione obbligatoria all’anagrafe tributaria da parte della banca depositaria, ai sensi dell’art. 7 sesto comma d.P.R. n. 605/1973.
Nulla quaestio dunque sull’esistenza di una difformità fra le risultanze dei controlli formali dell’Agenzia delle entrate e dell’INPS e la DSU della ricorrente e, quindi, dell’ISEE che ne è la risultante.
L’Università è però venuta meno all’obbligo, conseguente alla richiesta della ricorrente di acquisire l’ISEE difforme e la sottostante DSU, di predisporre il controllo sostanziale, ai sensi del citato art. 11, commi 6 e 10, sulla ricorrenza dei requisiti per l’accesso all’agevolazione nonostante la rilevata difformità formale.
In ottemperanza alla citata disposizione la documentazione e le osservazioni rese dalla ricorrente (note del 5.7.2021 e 19.11.2021 con allegata la nota del 31.5.2021 della banca, presso la quale è stato acceso il conto in questione) a contestazione della difformità generata nell’ISEE dall’omessa dichiarazione del conto intestato alla madre, meritavano l’apertura di un’istruttoria per accertare, se nonostante la formale difformità, la ricorrente avesse i requisiti per l’accesso ai benefici e, specificamente, se il conto in questione, pur risultante all’anagrafe tributaria, costituisse un indice della situazione economica equivalente da esporre nella DSU dalla quale dipende l’accesso all’agevolazione richiesta.
Lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, esprimendosi proprio sulla prassi di alcuni Atenei di negare l’acquisizione di ISEE con attestazioni di difformità, ha precisato con nota del 26.10.2020: “…. la mancata accettazione delle attestazioni in parola senza dubbio pregiudica agli studenti universitari interessati al diritto allo studio l’accesso alle prestazioni sociali agevolate di natura universitaria che, invece, dovrebbero essere garantite in modo uniforme su tutto il territorio nazionale…. Per quanto sopra, si ritiene che la disposizione in argomento, secondo cui, ai fini della richiesta di prestazioni agevolate universitarie, l’attestazione ISEE di riferimento non debba riportare annotazioni riferibili a omissioni/difformità, appare contraria alla sopra citata disposizione regolamentare (art. 11, comma 5, DPCM 159/2013)”.
Ciononostante l’Università dell’Aquila, pur informata con nota del 5.7.2021 dalla ricorrente del tenore della predetta circolare, senza disporre alcuna verifica, l’ha illegittimamente esclusa dall’agevolazione, da un lato rifiutando di acquisire l’ISEE difforme e, dall’altro, pretendendo che ella provvedesse a “risolvere tale difformità” mediante una nuova, ma del tutto inutile, dichiarazione conforme ai dati in possesso dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate, perché ad essa avrebbe fatto seguito inevitabilmente, come in passato, la negazione del beneficio.
Infatti, proprio perché il richiedente può chiedere il beneficio sulla base di un’attestazione ISEE difforme e l’ente erogatore deve condurre i necessari controlli, deve affermarsi che l’ISEE è uno strumento non vincolante che serve a valutare “la situazione economica di coloro che richiedono prestazioni agevolate” (art. 2 d.p.c.m. n. 159/2013), per stabilire se sono in condizioni tali da fruire di una riduzione della quota di compartecipazione a carico del cittadino con lo scopo di rendere accessibili determinati servizi anche a fasce di popolazione che, se onerate dell’intera quota, dovrebbero rinunciarvi o rinunciare a soddisfare bisogni di pari rango.
È evidente, dunque, che per “situazione economica” deve intendersi la disponibilità di ricchezza indicativa di risorse materiali di cui il richiedente può effettivamente disporre per farsi carico dei costi dei servizi sociali e se ne trova conferma testuale nell’art. 5 del d.l. n. 201/2011 che ha disposto la revisione della disciplina dell’ISEE “al fine: di adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale, e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico”.
Il contributo in questione non è invece riconducibile a detta ampia nozione di “reddito disponibile”.
Infatti, ai sensi dell’art. 3 d.l. 39/2009 il contributo per la riparazione degli edifici danneggiati dal sisma viene accreditato al proprietario dell’edificio danneggiato dopo l’approvazione del progetto di riparazione su un conto corrente vincolato acceso presso un istituto di credito sul quale può operare solo la banca (cfr. convenzione ABI – Comune dell’Aquila del 18.3.2013 stipulata ai sensi dell’art. 3, comma 6, dell’o.p.c.m. n. 3779/2009) per pagare, previa presentazione dell’originale del documento contabile (fattura/ricevuta) debitamente “vidimato” con timbro e firma dal direttore dei lavori e dal Comune, le opere documentate negli stati di avanzamento dei lavori di risanamento della casa danneggiata dal terremoto.
In sostanza l’intestazione del conto corrente al proprietario dell’edificio per il quale è stato riconosciuto il finanziamento delle opere di riparazione dei danni derivati dal sisma, serve a creare un mero centro di imputazione contabile associato al nominativo del proprietario dell’edificio al solo fine di controllare che non siano superati i limiti di accesso al contributo statale stabiliti dall’art. 1 dell’o.p.c.m. n. 3779/2009 nel caso di intestazione di più immobili allo stesso soggetto.
Compito dell’Università era dunque stabilire se il conto corrente intestato alla madre della ricorrente esclusivamente per tali finalità fosse nell’effettiva disponibilità del nucleo familiare della ricorrente e tale da costituire un indice di ricchezza rilavante ai fini dell’accesso all’esenzione, anche parziale, delle tasse universitarie.
In proposito, a soli fini conformativi della successiva attività amministrativa, va osservato che il contributo non può neppure essere considerato “reddito esente” secondo l’accezione del citato art. 5 del d.l. n. 201/2011, in quanto esso “non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttiva” (art. 4 dell’o.p.c.m. n. 3779/2009) in coerenza con il principio generale desumibile dall’art. 6 del d.P.R. n. 917/1986 secondo il quale non è considerato indice di capacità contributiva il cespite in denaro o in natura che serve, come in specie, a risarcire un danno emergente (Cassazione civile, sez. trib. , 9/5/2022, n. 14671; Cassazione civile sez. VI, 26/03/2013, n.7631).
Neppure può ritenersi che detto contributo costituisca indice di ricchezza patrimoniale dell’intestatario del conto sul quale viene accreditato innanzitutto perché non ne deriva un arricchimento in favore dello stesso sia per il fatto, non potendone egli disporre liberamente e poi perché detto contributo corrisponde al valore compensativo dei danni di un’immobile che nell’ISEE viene indicato per il valore stimato sulla base della rendita catastale, senza alcuna decurtazione per i danni riportati.
Ammettere invece la rilevanza, ai fini dell’attestazione dell’ISEE e quindi dell’accesso all’agevolazione richiesta, sia del valore che l’immobile aveva prima del sisma, sia della disponibilità monetaria necessaria per riportarlo a quella condizione, comporterebbe un’evidente duplicazione dello stesso indice di ricchezza incompatibile con tutti i principi finora richiamati.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, il provvedimento impugnato deve essere annullato e deve essere ordinato all’Università dell’Aquila, ai sensi dell’art. 34 comma 1 lett. c) del codice del processo amministrativo, di acquisire l’ISEE della ricorrente con difformità, trattandosi di attività vincolata conseguente alla dichiarazione della ricorrente di volersene avvalere, ai fini dell’accesso al beneficio della riduzione delle tasse universitarie.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto:
- annulla il provvedimento impugnato;
- ordina all’Università dell’Aquila di acquisire l’ISEE con difformità redatto in data 8.6.2021 prodotto dalla ricorrente;
- condanna l’Università dell’Aquila al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali che liquida in € 2.000,00, oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.