Qualora in pendenza del termine per la prosecuzione o riassunzione intervengano ex lege l'estinzione dell'ente subentrato e la successione di ulteriore ente nei relativi rapporti attivi e passivi, il termine di cui all'art. 305 c.p.c. nei confronti di quest'ultimo decorre dal momento in cui lo stesso abbia avuto conoscenza legale dell'evento interruttivo.
La vicenda ha ad oggetto il recupero del corrispettivo di un appalto intimato dalla società all'ENAM (Ente Nazionale Assistenza Magistrale). Nel corso dell'udienza, il procuratore dell'opponente aveva dichiarato l'avvenuta soppressione dell'Ente con successione ad esso dell'INPDAP, e dunque il processo era stato interrotto. Nel frattempo, però, era intervenuta la soppressione anche...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
La I. s.r.l. ha proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza della Corte d’appello di ROMA n. 5944/2017, pubblicata il 22 settembre 2017.
Resiste con controricorso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS).
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.
Le parti hanno depositato memorie.
La Corte d’appello di Roma ha accolto l’appello spiegato dall’INPS contro l’ordinanza depositata il 31 gennaio 2013 dal Tribunale di Roma nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo per il corrispettivo di un appalto intimato dalla I. s.r.l. all’Ente Nazionale Assistenza Magistrale (ENAM). All’udienza dell’11 novembre 2011 il procuratore dell’opponente ENAM aveva dichiarato l’avvenuta soppressione per legge dell’ente con successione ad esso dell’INPDAP ed il processo era stato interrotto. In pendenza del termine per la riassunzione era tuttavia intervenuta anche la soppressione dell’INPDAP (in data 1° gennaio 2012), cui era subentrato l’INPS. La I. s.r.l. aveva quindi notificato all’INPS in data 21 settembre 2012 atto volto a sentir dichiarare estinto il giudizio. Il Tribunale di Roma affermò che il termine per la riassunzione doveva intendersi decorso anche nei confronti dell’INPS e dichiarò perciò estinto il processo. Su appello dell’INPS, la Corte d’appello di Roma, dopo aver affermato che l’INPS, “successore del successore”, non poteva essere ritenuta a conoscenza dell’evento interruttivo e che per esso non era perciò mai decorso il termine per la riassunzione, ha accolto il gravame e rimesso la causa al giudice di primo grado.
L’unico motivo del ricorso della I. s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 299, 300 e 305 c.p.c. La ricorrente sostiene che l’evento interruttivo che aveva colpito l’INPDAP nella pendenza del termine per riassumere non poteva avere alcuna rilevanza sul termine per la riassunzione del processo decorrente dalla dichiarazione di interruzione avvenuta in udienza e che erroneamente la Corte d’appello di Roma aveva fatto applicazione dell’art. 299 c.p.c. nella fattispecie occorsa in causa.
Il motivo non è fondato.
La soppressione di un ente pubblico, con il trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un altro ente, determina l'interruzione automatica del processo, ai sensi dell'art. 299 c.p.c., ove intervenga tra la notificazione della citazione e la costituzione in giudizio, trovando altrimenti applicazione l'art. 300 c.p.c., che impone, ai fini della interruzione, la corrispondente dichiarazione in udienza del procuratore costituito per la parte interessata dall'evento o la notifica di quest'ultimo alle altre parti. Pertanto, all’udienza dell’11 novembre 2011, avendo il procuratore dell’ENAM dichiarato l’avvenuta soppressione per legge dell’ente con successione ad esso dell’INPDAP, il processo era stato interrotto ai sensi dell’art. 300 c.p.c. (Cass. Sez. 1, 13/03/2013, n. 6208; Cass. Sez. 1, 30/08/2007, n. 18306; Cass. Sez. L, 04/11/2005, n. 21378; Cass. Sez. L, 25/03/1999, n. 2846).
Ai sensi degli artt. 299 e ss. c.p.c., il processo interrotto può riprendere il suo corso in due modi diversi, ovvero mediante prosecuzione o riassunzione. La prosecuzione del giudizio successivamente alla vicenda interruttiva presuppone, ai sensi dell’art. 302 c.p.c., un’iniziativa della parte da quest'ultimo colpita, dal suo rappresentante o dai suoi successori e consiste nella costituzione spontanea in giudizio della persona o delle persone a ciò legittimate. La riassunzione, viceversa, regolata dall’art. 303 c.p.c., è attività compiuta dalla parte contrapposta a quella colpita dall'evento interruttivo.
Peraltro, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, 159 del 1971 e n. 36 del 1976, il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo interrotto decorre non già dal giorno in cui si è verificato l'evento interruttivo, bensì da quello in cui una delle parti abbia avuto di tale evento conoscenza legale, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza aliunde acquisita; ne consegue che il termine in questione non decorre contemporaneamente nei confronti di tutte le parti e che l'onere di provare la legale conoscenza dell'evento in data anteriore al semestre ex art. 305 c.p.c. (nella specie operante, ratione temporis, nel testo anteriore alle modifiche di cui all'art. 46, comma 14, della legge 18 giugno 2009, n. 69) precedente la riassunzione o la prosecuzione incombe sulla parte che ne eccepisce l'intempestività.
L’elaborazione della giurisprudenza costituzionale sulle norme disciplinanti l’interruzione del processo evidenzia come l’automatismo dell’effetto interruttivo si produce solo in conseguenza del verificarsi di un evento che colpisca la parte prima della sua costituzione (art. 299 c.p.c.), la parte costituita personalmente (art. 300, comma 3, c.p.c.) ovvero il procuratore (art. 301 c.p.c.). Viceversa, nelle ipotesi in cui l’evento attenga alla parte costituita, la produzione dell’effetto interruttivo non è automatica ma viene rimessa all’iniziativa del procuratore della detta parte, cui è attribuita, nell’interesse del mandante e dei suoi eredi, la valutazione dell’opportunità di rendere o non rendere la dichiarazione (e nel caso affermativo in quale momento). Per la parte costituita, quindi, la determinazione dell’interruzione è affidata al suo difensore in dipendenza del mandato conferitogli con la procura ad litem, onde egli è tenuto ad adempiere le obbligazioni derivanti da tale contratto con la diligenza imposta dall’art. 1710 del codice civile ed a continuare l’esecuzione, se vi è pericolo nel ritardo, quando il mandato si sia estinto per morte del mandante, come stabilisce il successivo art. 1728 c.c. Dalla necessaria correlazione tra le norme sostanziali, in tema di mandato, e quelle processuali, relative alla disciplina dell’interruzione, si desume, così, l’obbligo del procuratore di rendere noto agli eredi del proprio cliente il verificarsi dell’evento che abbia colpito quest’ultimo e di concordare quindi con essi la eventuale dichiarazione produttiva dell’effetto interruttivo, e ciò in funzione dell’esigenza - avuta di mira dal legislatore - di tutelare gli eredi della parte colpita dall’evento, nei cui confronti fa stato ad ogni effetto il giudicato (Corte cost. sentenza n. 136 del 1992; ordinanza n. 153 del 2000).
Al momento della dichiarazione dell’avvenuta soppressione dell’ENAM (per effetto della legge n. 122 del 2010), resa dal rispettivo procuratore all’udienza dell’11 novembre 2011, e della conseguente interruzione, legittimato alla prosecuzione era l’INPDAP, subentrato al primo nei rapporti attivi e passivi, sicché a quest’ultimo il procuratore dell’ente soppresso era obbligato a rendere noto il verificarsi dell’evento interruttivo.
Con decorrenza dalla data del 1° gennaio 2012, intervenne tuttavia anche la soppressione dell’INPDAP, avviata dall'art. 21 del d.l. n. 201 del 2011 e poi compiuta solo con la legge di conversione n. 214 del 2011 con l'introduzione dell'art. 21 bis, essendo a sua volta divenuto successore di esso ex lege l’INPS (cfr. Cass. Sez. Lav., 06/10/2020, n. 21483).
Il termine per la prosecuzione da parte dell’INPS del giudizio originariamente pendente tra la I. s.r.l. e l’ENAM, interrotto all’udienza dell’11 novembre 2011, non poteva perciò dirsi decorrente da tale udienza, bensì da quello in cui l’l’INPS avesse avuto conoscenza legale nel processo, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione, degli eventi interruttivi correlati alla soppressione prima dell’ENAM e poi dell’INPDAP, del quale ultimo era l’INPS era successore.
Deve pertanto enunciarsi il seguente principio:
la soppressione di un ente pubblico costituito in giudizio, con il trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un altro ente, determina l’interruzione del processo dal momento della corrispondente dichiarazione in udienza del procuratore della parte interessata dall'evento o della notificazione di quest'ultimo alle altre parti, con conseguente decorrenza del termine ex art. 305 c.p.c. altresì nei confronti dell’ente subentrato; ove tuttavia in pendenza del termine per la prosecuzione o riassunzione intervengano ex lege l’estinzione anche dell’ente subentrato e la successione di ulteriore ente nei relativi rapporti attivi e passivi, il termine ex art. 305 c.p.c. nei confronti di quest’ultimo decorre soltanto dal momento in cui lo stesso abbia avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa del medesimo evento e del processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti.
Il ricorso principale va dunque rigettato.
L’assoluta novità della questione trattata giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.