Se l'avviso di ricevimento non contiene precisa menzione di tutte le formalità eseguite dall'ufficiale postale, e in difetto di dimostrazione dell'attività svolta da quest'ultimo, la notifica è radicalmente nulla.
La vicenda trae origine dall'opposizione proposta contro due ordinanze-ingiunzione che erano state emesse dalla Prefettura per il pagamento di sanzioni amministrative pecuniarie.
Il
Svolgimento del processo
1. – Con ricorso depositato in data 11 ottobre 2013, P. C. E. proponeva opposizione, davanti al Giudice di Pace di Pordenone, avverso le due ordinanze-ingiunzione, emesse dalla Prefettura di Pordenone il 15 luglio 2013, con cui erano state rispettivamente irrogate le sanzioni amministrative pecuniarie di euro 4.190,60 ed euro 3.158,60, per violazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 386/1990 e successive modifiche, ordinanze notificate all’interessato il 27 luglio 2013.
Si costituiva in giudizio la Prefettura – U.T.G. di Pordenone, contestando le avverse censure e concludendo per la legittimità delle ordinanze-ingiunzione opposte.
Il Giudice di Pace adito, con sentenza n. 194/2015, depositata il 30 aprile 2015, respingeva l’opposizione e confermava i provvedimenti opposti.
2. – Con ricorso depositato il 21 ottobre 2015, P. C. E. proponeva appello, davanti al Tribunale di Pordenone, lamentando, tra gli altri motivi, l’omessa pronuncia sulla sussistenza di vizi di notifica dei verbali di contestazione delle violazioni riscontrate e delle successive ordinanze-ingiunzione.
In specie, l’appellante deduceva che la notifica dei verbali di contestazione sarebbe stata eseguita in spregio all’art. 8-bis della legge n. 386/1990 da soggetto a ciò non legittimato, senza indicazione negli avvisi di ricevimento dell’ufficio postale presso cui i plichi erano stati depositati e del motivo dell’omessa consegna direttamente al destinatario nonché senza che fosse menzionato, nella relata di notifica, il soggetto che aveva richiesto tale notifica.
Resisteva la Prefettura – U.T.G. di Pordenone.
Quindi, il Tribunale adito, decidendo sul gravame interposto, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva, nel merito, l’appello spiegato e, per l’effetto, in riforma della pronuncia impugnata, annullava le ordinanze-ingiunzione opposte, dichiarando interamente compensate le spese del doppio grado di giudizio.
In particolare, la pronuncia d’appello rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che, dalla documentazione acquisita in atti, emergeva che, mentre due plichi erano stati ritirati personalmente dal destinatario presso l’ufficio postale, per gli altri due la notifica si era perfezionata per compiuta giacenza; b) che in tutti i quattro casi, tuttavia, l’avviso di ricevimento della notifica avvenuta a mezzo posta era privo delle indicazioni sulle formalità eseguite al fine di giustificare la mancata consegna del plico a domicilio, risultando sbarrata la sola casella riportante la dicitura “immesso avviso cassetta corrisp. dello stabile in indirizzo”; c) che dalla accertata sussistenza della nullità degli atti presupposti discendeva, de plano, l’annullamento delle due ordinanze- ingiunzione opposte, con assorbimento degli ulteriori motivi d’appello; d) che, peraltro, anche le due ordinanze-ingiunzione opposte erano state notificate a mezzo posta, senza che i pertinenti avvisi di ricevimento avessero indicato il motivo per cui i plichi non erano stati consegnati direttamente al destinatario.
3. – Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, la Prefettura – U.T.G. di Pordenone. Ha resistito con controricorso l’intimato P. C. E..
4. – Il Pubblico Ministero ha presentato le sue conclusioni scritte.
Motivi della decisione
1. – Con l’unico motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 890/1982, per avere il Tribunale ritenuto che i verbali di contestazione delle violazioni riscontrate non fossero stati correttamente notificati all’interessato, a fronte delle specifiche previsioni sulla notifica a mezzo posta.
Obietta l’istante che il postino, non avendo trovato all’indirizzo indicato, né il destinatario, né altro soggetto abilitato a ricevere la consegna dei plichi ai sensi di legge, avrebbe correttamente immesso nella cassetta postale la comunicazione di avvenuto deposito (C.A.D.) degli atti presso l’ufficio postale e avrebbe successivamente provveduto a notificare tali incombenze, comunicazione che senz’altro per due verbali di contestazione sarebbe stata regolarmente ricevuta dal P., il quale aveva provveduto successivamente a ritirarli personalmente, mentre per gli altri due verbali la notifica si sarebbe regolarmente perfezionata per compiuta giacenza in data 31 dicembre 2012.
Sostiene, ancora, la ricorrente che su ogni provvedimento sarebbe stata apposta con timbro la relazione di notificazione, che indicava il nome e la qualifica del soggetto appartenente all’Ufficio di Prefettura addetto alla trattazione.
Allo stesso modo, secondo l’istante, sarebbero state regolarmente notificate a mezzo posta le ordinanze-ingiunzione opposte.
1.1– La censura e` inammissibile.
Essa, infatti, non si confronta con le ragioni che hanno indotto il Tribunale in sede di gravame ad annullare le ordinanze- ingiunzione opposte e segnatamente con il rilievo circa la nullità della notifica dei verbali di contestazione presupposti, poiché l’avviso di ricevimento redatto dall’agente postale era privo delle indicazioni sulle formalità eseguite al fine di giustificare la mancata consegna del plico a domicilio, risultando sbarrata la sola casella relativa all’immissione nella cassetta della corrispondenza del C.A.D.
Ora, in caso di notificazione a mezzo posta, l’ufficiale postale, qualora non abbia potuto consegnare l’atto al destinatario o a persona abilitata a riceverlo in sua vece, ai sensi degli artt. 8 e 9 della legge n. 890/1982, ha l’obbligo, dopo avere accertato che il destinatario non ha cambiato residenza, dimora o domicilio, ma è temporaneamente assente, e che mancano persone abilitate a ricevere il piego, di rilasciare al notificando l’avviso del deposito del piego nell’ufficio postale e di provvedere, eseguito il deposito, alla compilazione dell’avviso di ricevimento che, con la menzione di tutte le formalità eseguite, deve essere restituito con il piego al mittente, dopo la scadenza del termine di giacenza di dieci giorni dal deposito. Ne consegue che, ove l’avviso di ricevimento non contenga precisa menzione di tutte le descritte operazioni e in difetto di dimostrazione dell’attività svolta dall’ufficiale postale offerta aliunde dal notificante, la notifica è radicalmente nulla (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1210 del 17/01/2022; Sez. 3, Sentenza n. 10998 del 19/05/2011; Sez. 3, Sentenza n. 25031 del 10/10/2008; Sez. 1, Sentenza n. 28856 del 29/12/2005).
Né assume una valenza assorbente il solo fatto che sia stata data prova dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (C.A.D.), posto che la spedizione e il ricevimento di detta comunicazione costituiscono gli ultimi atti di un sub-procedimento che si colloca in un più ampio procedimento a formazione progressiva e dunque presuppongono, ai fini della validità della notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale, che l’atto notificando non sia stato consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, elementi, questi ultimi, la cui dimostrazione deve risultare da detto avviso di ricevimento o da altri elementi certi (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 36562 del 25/11/2021; Sez. 3, Ordinanza interlocutoria n. 34346 del 15/11/2021; Sez. U, Sentenza n. 10012 del 15/04/2021).
In ragione di ciò, la Prefettura si è limitata ad affermare che i provvedimenti oggetto della notifica (ossia i verbali di contestazione delle infrazioni) recavano l’indicazione, con il relativo timbro, del nome e della qualifica del soggetto della Prefettura che aveva trattato la procedura amministrativa.
Tuttavia, nessuna smentita è stata articolata in ordine al fatto posto a fondamento dell’annullamento delle ordinanze- ingiunzione: ossia che gli avvisi di ricevimento non recassero alcuna menzione delle ragioni che avevano determinato il deposito dei plichi presso l’ufficio postale e delle modalità con le quali il notificando era stato cercato senza essere reperito.
Non è dunque contestato che gli avvisi di ricevimento delle raccomandate, con le quali erano stati notificati i verbali di accertamento delle infrazioni, non recavano l’indicazione di alcuna delle formalità eseguite dall’agente postale ai fini della notificazione degli atti al destinatario, non essendo specificata né l’assenza del destinatario, né la mancanza dei soggetti abilitati a ricevere l’atto.
Siffatta mancanza già di per sé ridonda invero in termini di nullità della notificazione dei verbali di contestazione, alla stregua del suindicato principio.
Omissioni, queste ultime, ben diverse dall’ipotesi in cui tali indicazioni siano riportate nell’avviso di ricevimento sottoscritto dall’agente postale. Solo in quest’ultimo caso l’avviso di ricevimento gode di forza certificatoria per le attività che risultano in esso compiute, fino a querela di falso, sicché il destinatario dell’avviso che affermi di non avere mai ricevuto l’atto e, in particolare, di non aver mai apposto la propria firma sullo stesso avviso, ha l’onere, se intende contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, di impugnare l’avviso di ricevimento a mezzo di querela di falso (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 22058 del 03/09/2019).
Questa evenienza non ricorre qualora, a monte, l’avviso di ricevimento non risulti compilato in ordine alle attività compiute dall’agente postale, ai fini di giustificare la mancata consegna del plico al domicilio del destinatario, come nel caso di specie, secondo le argomentazioni della sentenza d’appello, non confutate dal mezzo di critica proposto.
2. – Conseguentemente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 3.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.