Le espressioni utilizzate dagli imputati, infatti, erano prive dell’elemento di offensività, essendo inoltre inserite in un contesto difensivo avente natura strettamente tecnica e connessa alla situazione finanziaria della persona offesa.
Il
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con la sentenza del 10 Gennaio 2022, il Giudice di pace di Campobasso, ha pronunciato ex art. 530 codice di rito sentenza di assoluzione nei confronti di S. G. e T. B. M. in ordine al reato di cui all'art. 595 comma 1 e 2 cod. pen., perché il fatto non costituisce reato.
Questa l'imputazione in sintesi: allo S. e alla T., difensori di R. F. nell'ambito del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio promosso da V. M., era stato contestato il reato di diffamazione aggravata dall'attribuzione di un fatto determinato ai danni del M. perché imputavano a questi, in due memorie di costituzione depositate rispettivamente in data 24.04.2017 e in data 31.07.2017, «...una situazione reddituale e patrimoniale "schermata" in quanto atta a far sì che "il M., di fatto può contare su entrate non fiscalizzate e su intestazioni formali a propri familiari di beni e rendite"».
2. Avverso la predetta sentenza, ricorre per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Campobasso, articolando le proprie censure in due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in riferimento all'art. 606 comma 1, lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 43, 595 e 598 cod. pen.
In particolare, il giudice di merito non ha contestualizzato le espressioni diffamatorie utilizzate dai difensori nell'ambito processuale di riferimento, vale a dire il giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio promosso in declinazione non consensuale, al fine di poterne percepire l'esatta accezione, violando così i canoni che devono orientare l'interprete nel sindacato sulla carica semantica delle espressioni lessicali e sul requisito della loro continenza. Allo stesso modo il Giudice di Pace ha trascurato il fatto che gli atti contenenti le espressioni in esame, vale a dire due memorie di costituzione elaborate dagli stessi imputati, sono intervallati da un'indagine patrimoniale disposta dal Giudice istruttore della causa di divorzio. Proprio tale ultimo aspetto appare decisivo nel rispetto del limite della continenza, con conseguenti ricadute sull'elemento psicologico del reato in quanto alla prima memoria contenente le espressioni diffamatorie in contestazione ne segue una successiva, nella quale nonostante i redattori esternino dubbi su quanto in precedenza affermato (nello specifico, la cessazione della carica sociale di M. e l'omonimia con il cugino dello stesso, partecipe della medesima compagnia sociale), affermano il medesimo contenuto diffamatorio. In relazione a ciò, dunque, gli imputati hanno agito con evidente coefficiente di dolo generico ed eventuale, consistente nella riproposizione consapevole di affermazioni socialmente interpretabili come offensive, nonostante essi avessero dei dubbi, invocando peraltro la scriminante di cui all'art. 598 cod. pen., che però non può trovare applicazione nel caso di specie data la consapevolezza da parte dei difensori del rischio di poter avere confuso la condizione economica di M. con quella del cugino omonimo e della cessazione dalla carica sociale.
2.2. Il secondo argomento di censura deduce la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in riferimento all'art. 606 comma1, lett. e) cod. proc. pen., in relazione all'art. 192 cod. pen. A tal proposito, l'iter logico giuridico elaborato dal giudice nel provvedimento impugnato non consente di comprendere quali argomenti siano stati ricavati dalla deposizione del teste C. - incaricato di verificare la situazione patrimoniale di M. - per superare la cesura concettuale e letterale che separa quanto riferito dallo stesso rispetto al significato giuridico delle affermazioni diffamatorie degli imputati. Il teste in questione riferisce che la persona offesa ha la facoltà, essendo socio maggioritario di una compagine societaria, di poter disporre degli utili e delle riserve della società e quindi decidere, a sua discrezione, se percepire gli utili e i dividendi.
3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
il difensore dell'imputato ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
4. II ricorso proposto dalla Pubblico Ministero è inammissibile, essendosi il ricorrente limitato a rivalutare le prove dibattimentali, laddove il Giudice di Pace di Campobasso aveva correttamente ed esaustivamente motivato, facendo corretta applicazione dei parametri normativi di cui all'art.595 c.p.; egli, ha infatti ritenuto, sulla base di una valutazione congrua ed esente da censure, non sindacabile in sede di legittimità anche perchè basata proprio sulle prove emerse in dibattimento, che le affermazioni dei legali in danno della controparte contenute negli scritti difensivi, in particolare l'espressione "può contare su entrate non fiscalizzate", assumono rilievo per quanto concerne aspetti meramente giuridici riguardanti il giudizio civile per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio tra la parte civile e la ex coniuge; e ha aggiunto che neppure la loro divulgazione ha assunto implicazioni lesive dell'onorabilità professionale del M. avuto riguardo al contesto processuale in cui le frasi sono state spese (avrebbero potuto essere espunte dallo stesso giudicante nel corso del giudizio qualora le avesse ritenute lesive dell'onorabilità e dignità del M.). In altri termini il giudice, nella sentenza impugnata, ha accertato, con motivazione logica ed esente da censure, che l'espressione contestata agli imputati non conteneva in sé quella valenza denigratoria, screditante ed inutilmente aggressiva che costituisce il necessario presupposto della tipicità del reato, ossia, quindi, alcun elemento di offensività, essendo d'altronde la stessa inserita nel contesto difensivo avente natura strettamente tecnica e collegata alla oggettiva situazione finanziaria - non necessariamente rimandante all'illecito dell'evasione fiscale - della persona offesa, priva di contenuto strettamente diffamatorio. Indi, si è concluso nella sentenza impugnata che le espressioni adoperate non hanno oltrepassato il limite della continenza né esprimono valutazioni gratuite sulla persona o sulla condotta in generale della parte civile.
Nel resto il ricorso è inammissibile in quanto vertente su circostanze di fatto che esulano dalla valutazione propria del reato di diffamazione.
5. Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.