Non essendoci una disposizione specifica del rito tributario in materia, ed anzi operando la legge un espresso riferimento all'applicabilità della disciplina del processo civile, ricorre un'ipotesi di rinvio c.d. mobile con la conseguenza che le modifiche del termine c.d. lungo di impugnazione, disposte con riferimento all'ordinario rito civile, trovano applicazione anche nei giudizi tributari.
L'Agenzia delle Entrate notificava alla società alcuni avvisi di accertamento rettificando i redditi d'impresa per via dei maggiori ricavi derivanti dall'utilizzo di diversi immobili di cui la stessa aveva la disponibilità.
La società impugnava gli avvisi di accertamento, ma la CTP Lucca respingeva il gravame, così come la CTR Toscana, la quale aveva rilevato la...
Svolgimento del processo
1. L'Agenzia delle Entrate notificava alla I..T..L. Sri gli avvisi di accertamento n. (omissis) (Ires, Iva ed Irap, anno 2004), n. (omissis) (Ires, Iva ed Irap, anno 2005), e n. (omissis) (Ires ed Irap, anno 2006), rettificando i redditi d'impresa in conseguenza dei maggiori ricavi derivanti dalla utilizzazione di diversi immobili di cui la società aveva la disponibilità.
2. La contribuente impugnava gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca che, riuniti i ricorsi, li respingeva.
3. La società ha spiegato appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, rinnovando le proprie censure. La CTR rilevava la tardività dell'impugnativa, ed in conseguenza la dichiarava inammissibile.
4. Avverso la decisione adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione la I..T..L. Srl, affidandosi ad un articolato strumento d'impugnazione. Resiste mediante controricorso l'Agenzia delle Entrate. La società ricorrente ha pure depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione dell'art. 327, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 46, diciassettesimo comma, della legge n. 69 del 2009, in relazione all'art. 38, terzo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992, e comunque censura l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della CTR in materia di applicabilità della modifica del termine c.d. lungo di impugnazione al processo tributario.
1.1. Inoltre, la ricorrente censura l'errore in cui ritiene essere incorso il giudice dell'appello, per non aver ritenuto che la lite tra le parti risultasse già pendente al momento della notificazione dell'avviso di accertamento, conseguendone, anche per tale ragione, la tempestività dell'appello proposto.
2. Mediante il suo strumento di impugnazione la ricorrente critica, innanzitutto, la violazione di legge in cui reputa essere incorsa la CTR, per aver ritenuto applicabile al processo tributario la riduzione del termine utile per proporre l'impugnazione della sentenza da un anno a sei mesi, disposta dalla legge n. 69 del 2009 ed applicabile ai processi instaurati dopo il 4.7.2009 ma, nella prospettazione della parte, con riferimento al solo processo civile, e non anche a quello tributario, peraltro senza adeguatamente motivare sul punto. Evidenzia la società che la modifica non è stata espressamente estesa dal legislatore al processo tributario, ed anzi l'art. 58 delle disposizioni transitorie della legge n. 69 del 2009 prevede espressamente che "le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore", operando pertanto riferimento al solo giudizio civile.
3. Deve preliminarmente rilevarsi che la ricorrente censura pure la valutazione espressa dalla CTR secondo cui il giudizio per cui è causa sarebbe stato istaurato dopo il 4.7.2009, il giudice dell'appello operando riferimento alla data di proposizione del ricorso giurisdizionale, ma anche in questo caso trascurando, secondo l'argomentare della ricorrente, le peculiarità del processo tributario, "essendosi il 'giudizio' in questione instaurato con la notifica dell'accertamento, avvenuta prima della data del 4 luglio 2009", e risultando perciò "evidente che il termine per impugnare la sentenza (non notificata) fosse quello di un anno" (rie., p. VII).
3.1. La ricorrente propone pertanto la tesi che, nella specifica materia tributaria, la pendenza del giudizio tra l'Ente impositore ed il contribuente non dovrebbe farsi dipendere dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'avviso di accertamento, bensì dalla notificazione di quest'ultimo, che comporta già l'evidenza di una lite tra le parti.
A tal proposito questa Corte regolatrice ha da tempo affermato un orientamento interpretativo condivisibile (cfr. Cass. sez. V, 11.3.2002, n. 3513), che può essere aggiornato e riproposto esprimendo il principio di diritto secondo cui "l'avviso di accertamento tributario ha natura di atto amministrativo, essendo espressione della potestà impositiva degli uffici finanziari, e non ha natura di atto processuale, o comunque funzionale al processo, poiché non all'emissione di un atto impositivo, o alla sua notificazione al contribuente, si correla l'instaurazione del procedimento giurisdizionale, bensì alla proposizione del ricorso innanzi alla Corte di giustizia tributaria". L'argomento proposto dalla ricorrente risulta pertanto infondato, e deve essere disatteso.
4. Tanto premesso, deve essere poi ricordato che la sentenza emessa dalla CTP di Lucca nel presente giudizio è stata depositata il 24 maggio 2010, ed il ricorso in appello è stato introdotto dalla società il 1° luglio 20011. Pertanto, se il termine applicabile è quello semestrale di cui alla vigente formulazione dell'art. 327 cod. proc. civ., il ricorso in sede di gravame risulta senz'altro tardivo, e perciò inammissibile, come deciso dalla CTR, mentre se dovesse trovare applicazione la precedente formulazione dell'art. 327 cit., che indicava in un anno il termine per la proposizione dell'impugnazione avverso la sentenza non notificata, occorrendo tener conto anche della sospensione feriale, il ricorso proposto dalla I..T..L. Sri sarebbe tempestivo. In materia questa Corte di legittimità ha da tempo condivisibilmente osservato che "l'art. 327 cod. proc. civ. sul termine annuale di decadenza dall'impugnazione, decorrente dalla pubblicazione della sentenza, è applicabile alle impugnazioni delle decisioni in primo grado delle commissioni tributarie, in quanto espressione di un principio comune all'ordinario giudizio civile di cognizione e al processo tributario (nella fattispecie, regolato ai sensi del previgente art. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636)", Cass. sez. V, 15.5.2013, n. 11621.
5. L'orientamento interpretativo sembra possa essere chiarito, ed espresso con maggiore completezza, indicando il principio di diritto secondo cui "la riduzione del termine c.d. lungo di impugnazione da un anno a sei mesi, disposta con riferimento all'ordinario rito civile, trova applicazione anche nei giudizi tributari, che sono regolati dal rito speciale di cui al d.lgs. n. 546 del 1992 ma, per quanto da esso non disposto e con esso compatibile, sono disciplinati dalle norme del codice di procedura civile; in materia l'art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, dispone che se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l'art. 327, comma 1, c.p.c., non vi è pertanto una disposizione specifica del rito tributario in materia, ed anzi la legge opera espresso riferimento all'applicabilità della disciplina del processo civile, ricorrendo un'ipotesi di rinvio c.d. mobile, con la conseguenza che le modifiche del termine c.d. lungo di impugnazione, disposte con riferimento all'ordinario rito civile, trovano applicazione anche nei giudizi tributari".
Soltanto nel caso in cui venisse introdotta nel codice di rito ordinario una disciplina del termine c.d. lungo di impugnazione della sentenza che risulti incompatibile con il rito tributario - ipotesi che non è stata neppure prospettata dalla contribuente in questo giudizio, e comunque non ricorre nel caso di specie - tale disciplina non potrebbe trovare applicazione nei processi tributari.
6. Il ricorso della contribuente risulta quindi infondato, perché la CTR ha correttamente ritenuto tardiva la proposizione del suo gravame, ed in conseguenza ha giudicato inammissibile l'impugnazione introdotta dalla società avverso la decisione dei giudici di primo grado.
In definitiva il ricorso deve essere respinto.
7. Le spese di lite seguono l'ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura della pronuncia emessa e del valore della causa.
7.1. Risultano integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso proposto dalla I.T.L. Sri, in persona del legale rappresentante pro tempore, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita Agenzia delle Entrate, e le liquida nella complessiva misura di€ 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.