Risposta negativa della Cassazione, la quale esclude tale qualifica anche in ipotesi di utilizzo non esclusivo per scopi professionali.
Il Tribunale di Pisa confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato una società a restituire ad un avvocato una somma di denaro per la sussistenza di vizi dello smartphone vendutogli.
La società ricorre in Cassazione lamentando la violazione dell'
Svolgimento del processo
Mediamarket s.p.a. ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 1263/2021 con la quale il Tribunale di Pisa ha confermato la sentenza di primo grado che l’aveva condannata a restituire a G.M. la somma di euro 829,00 per la sussistenza di vizi della cosa venduta (un telefono c.d. smartphone), nonché di euro 200,00 per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Resiste con controricorso G.M..
Memoria è stata depositata dalla ricorrente e dal controricorrente.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 206/2005 e conseguentemente delle ulteriori disposizioni ivi contenute, con particolare riferimento agli artt. 129 e 132, per avere il Tribunale di Pisa riconosciuto in capo all’avvocato M. la qualifica di consumatore nonostante lo stesso avesse confessato nel corso di entrambi i precedenti gradi di giudizio di avere acquistato lo smartphone oggetto della vertenza per scopi professionali, e per avere statuito la sussistenza di una chiara preferenza del legislatore per la normativa del codice del consumo […] con conseguente ruolo sussidiario assegnato alla disciplina codicistica”. Il ricorso è manifestamente fondato laddove censura la violazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 206/2005. La disposizione definisce, infatti, il consumatore quale “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”. Al riguardo è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, ai fini dell'assunzione della veste di consumatore l'elemento significativo non è il non possesso, da parte della persona fisica che ha contratto con un operatore commerciale, della qualifica di imprenditore bensì lo scopo (obiettivato o obiettivabile) avuto di mira dall'agente nel momento in cui ha concluso il contratto, con la conseguenza che la stessa persona fisica svolgente attività imprenditoriale o professionale deve considerarsi consumatore quando conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività (così Cass. 6578/2021).
Nel caso in esame, il Tribunale di Pisa ha ritenuto irrilevante il fatto che l’acquirente “si sarebbe avvalso del telefono acquistato anche per fare fronte ad esigenze lavorative”, assumendo quale elemento sufficiente per la qualifica di consumatore la mancata fatturazione dell’acquisto (cfr. p. 4 del provvedimento impugnato). In tal modo, il Tribunale si è posto in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Ad avviso della Corte di cassazione non può infatti essere considerato consumatore un avvocato che faccia uso della telefonia mobile anche per l'esercizio della sua attività professionale (sentenza n. 11933/2006). Secondo la Corte di Giustizia non può invocare la normativa che ha l’obiettivo di proteggere “la persona che presumibilmente si trova in posizione di debolezza rispetto alla sua controparte” il “soggetto che conclude un contratto per un uso anche solo in parte relativo alla sua attività professionale”, a meno che il nesso tra il contratto e l’attività professionale sia “talmente modesto da divenire marginale” (sentenza del 20 gennaio 2005, resa nel procedimento Gruber contro Bay Wa AG, caso n. C- 464/01).
2. Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Pisa, che – in persona di diverso magistrato - deciderà attenendosi al seguente principio di diritto: “non può essere considerato consumatore chi acquista un bene destinato alla propria attività professionale, anche in ipotesi di utilizzo non esclusivo, a meno che l’uso professionale sia da considerarsi del tutto marginale”. Il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Pisa, in persona di diverso magistrato.