
Per la Cassazione, si applica solo al primo. Difatti, essendo diverse la natura e le finalità proprie dei due tipi di assegno, si esclude la loro equiparazione.
L'attuale ricorrente impugna dinanzi alla Cassazione la sentenza della Corte d'Appello di Perugia che lo condannava a corrispondere alla ex moglie una somma di denaro a titolo di assegno di divorzio. Tra i motivi di doglianza, il ricorrente lamenta la violazione dell'
Svolgimento del processo
M.M. ha proposto ricorso contro la sentenza della Corte d’appello di Perugia che, in parziale accoglimento dell’impugnazione della ex moglie Y.C., lo ha condannato a corrispondere la somma mensile di 300,00 EUR, rivalutabile annualmente, a titolo di assegno di divorzio.
Ha dedotto due motivi.
L’intimata ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
I. Il ricorrente ha eccepito, nella memoria, che il controricorso della resistente C. è intempestivo in quanto notificato in data 23/6/2021, e dunque “oltre il termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso (avvenuta in data 18/5/2021)”.
Benché le date siano esatte, l’eccezione non possiede fondamento, poiché il termine di notifica del controricorso (art. 370 cod. proc. civ.) è sì di venti giorni, ma decorrente dalla scadenza del termine a sua volta stabilito per il deposito del ricorso (art. 369 cod. proc. civ.).
Ne consegue che il termine, ove si tenga conto della data di notifica del ricorso (come dice il ricorrente), è di quaranta giorni.
II. – Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, co. 1, lett. a), del d.l. 30-4-2020, n. 28, e dell’art. 83, co. 3, lett. a), del d.l. 17-3-2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. 24-4-2020, n. 27, nonché degli artt. 324, 325 e 326 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., in quanto l’appello della C. avrebbe dovuto esser dichiarato inammissibile per tardività.
Il motivo è infondato.
III. Come premesso dal ricorrente, la sentenza di primo grado, del tribunale di Spoleto, era stata notificata al procuratore domiciliatario della C., a mezzo PEC, in data 29-4-2020.
L’appello risulta esser stato proposto il 9-6-2020.
M., costituendosi in appello, ne ha eccepito la tardività per avvenuta decorrenza del termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata.
La corte d’appello di Perugia ha disatteso l’eccezione perché la decorrenza del termine era da considera sospesa ex lege in base all’art. 83 del d.l. n. 18/2020, come convertito dalla l. n. 27 del 2020, in quanto solo con la legge 26-6-2020 n. 70, entrata in vigore il 30-6-2020, di conversione del d.l. 30-4-2020 n. 28, il legislatore aveva modificato il cennato art. 83, sostituendo nel comma 3 alle parole “cause relative alla tutela dei minori, ad alimenti” le parole “cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all’assegno di mantenimento, agli alimenti e all’assegno divorzile”; sicché l’eccezione alla sospensione dei termini, invocata dal predetto M., era entrata in vigore dopo la proposizione del gravame.
Nell’attuale motivo di ricorso, egli insiste nel dire che l’oggetto del giudizio si sarebbe dovuto considerare invece compreso tra le “obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità”, così da esulare dalla sospensione disposta dal menzionato art. 83, co. 3, lett. a), in forza del chiarimento conseguente alla modifica apportata alla norma dall’art. 3, co. 1, lett. a), n. 1, del d.l. n. 28 del 2020.
A suo dire, con tale norma, a fronte di quanto stabilito circa la sospensione dei termini, esclusa per “le cause relative alla tutela dei minori, ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali”, il legislatore avrebbe progressivamente esteso la iniziale ipotesi derogatoria delle cause relative agli alimenti fino a ricomprendere quelle aventi a oggetto tutta una serie di non meglio definite obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, parentela, matrimonio o affinità.
Ciò sarebbe stato fatto mediante una formulazione ampia a tal punto da includere non solo le obbligazioni alimentari in senso stretto (artt. 433 e seg. cod. civ.), ma anche tutte quelle assimilabili, purché derivanti dai rapporti sopra indicati (famiglia, parentela, matrimonio o affinità).
IV. La tesi non può essere condivisa, perché in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, da sempre ferma nel ritenere che l'assegno divorzile non si può equiparare all'assegno alimentare, essendo diverse la natura e le finalità proprie dei due tipi di assegno.
Per cui non è dato, in mancanza di esplicazione normative distinte, equiparare neppure le relative controversie (v. Cass. Sez. 1 n. 4456-95, Cass. Sez. 1 n. 2731-97).
E difatti alle controversie concernenti l'assegno divorzile non si applica, in linea generale, neppure l'esclusione dalla sospensione dei termini durante il periodo feriale prevista dall'art. 3 della legge n. 742 del 1969 (v. già Cass. Sez. 1 n. 5862-99).
V. In ogni caso il ricorso si presta all’esercizio della funzione nomofilattica onde chiarire la sequenza degli interventi emergenziali in rapporto alla disciplina dei termini.
In questa prospettiva il collegio intende precisare quanto segue.
VI. Vengono in rilievo distinte norme:
- l’art. 2, co. 2, lett. g), del d.l. 8/3/2020, n. 11, recante “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”;
- l’art. 83, co. 3, lett. a), del d.l. 17/3/2020, n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, come modificato dalla legge di conversione n. 27 del 2020;
- il d.l. 30-4-2020, n. 28, recante “Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19”, che ha ulteriormente modificato il citato art. 83, direttamente e poi anche a mezzo della legge di conversione n. 70 del 2020.
VII. L’art. 2, co. 2, lett. g). del d.l. n. 11/2020, entrato in vigore l’8-3-2020, ha disposto che “a decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate”.
Tali eccezione erano costituite dalle udienze: “nelle cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio; nelle cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità; nei procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona; nei procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori, e sempre che l’esame diretto della persona del beneficiario, dell’interdicendo e dell’inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute; nei procedimenti di cui all’articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; nei procedimenti di cui all’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194; nei procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari; nei procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea; nei procedimenti di cui all’articolo 283, 351 e 373 del codice di procedura civile e, in genere, in tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”. A quest’ultimo proposito la norma ha aggiunto che “la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile”.
VIII. L’art. 83 del d.l. n. 18/2020 (in vigore dal 17-3-2020, data di pubblicazione in g.u.) ha previsto, tra l’altro, al comma 1, che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili (...) pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020”, e al comma 2 che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili (...)”, salve le eccezioni di cui al seguente comma 3: “Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non operano nei seguenti casi: a) cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio; cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità; procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona; procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori e sempre che l’esame diretto della persona del beneficiario dell’interdicendo e dell’inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute; procedimenti di cui all’articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; procedimenti di cui all’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194; procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari; procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea; procedimenti di cui agli articoli 283, 351 e 373 del codice di procedura civile e, in genere, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile”.
IX. In forza del d.l. n. 23 del 2020 (art. 36) il termine del 15/4/2020, previsto dall’art. 83, commi 1 e 2, del menzionato d.l. n. 18/2020, è stato prorogato all’11/5/2020, sempre con le dette “eccezioni”.
X. All’atto della conversione in legge del d.l. n. 18/2020 sono state apportate modifiche al citato art. 83, quanto ai giudizi sottratti alle misure straordinarie indicate.
In particolare, nell’art. 83, comma 3, lett. a), le parole “ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio” sono state sostituite dalle seguenti: “e ai minori allontanati dalla famiglia quando dal ritardo può derivare un grave pregiudizio e, in genere, procedimenti in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona”; dopo le parole “di matrimonio o di affinità” sono inserite le seguenti: “nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali”; le parole “di interdizione, di inabilitazione” sono sostituite dalle seguenti: “di interdizione e di inabilitazione”; dopo le parole “grave pregiudizio alle parti” sono inserite le seguenti: “procedimenti elettorali di cui agli articoli 22, 23 e 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150”.
In questo senso, quindi, la legge di conversione del d.l. n. 18/2020, per un verso, ha ampliato i casi rispetto ai quali non opera né il rinvio delle udienze né la sospensione dei termini processuali e, per altro verso, ha ristretto la detta categoria ancorando l’esonero dalle misure straordinarie alla sussistenza di un “pregiudizio” per le parti, in qualche caso da considerare “grave”.
XI. La legge di conversione n. 27 del 2020 è entrata in vigore il 30-4-2020, giorno successivo alla pubblicazione in g.u., sicché si applica al caso di specie in ragione del termine di impugnazione che sarebbe iniziato a decorrere nella stessa data.
Dopodiché l’art. 83 citato è stato ulteriormente modificato, a distanza di un giorno dalla conversione avutasi con l. n. 27 del 2020, dall’art. 3 del d.l. n. 28/2020 quanto alla categoria delle cause sottratte alle misure urgenti, ma senza grandi sconvolgimenti al riguardo.
Si è difatti previsto che, quanto a ciò che interessa in questa sede, che le parole “cause relative ad alimenti” fossero sostituite dalle seguenti: “cause relative alla tutela dei minori, ad alimenti”; le parole “procedimenti di cui agli articoli 283, 351 e 373 del codice di procedura civile e, in genere, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti; procedimenti elettorali di cui agli articoli 22, 23 e 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150” fossero sostituite dalle seguenti “procedimenti di cui agli articoli 283, 351 e 373 del codice di procedura civile, procedimenti elettorali di cui agli articoli 22, 23 e 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 e, in genere, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”.
Si è cioè avuto un ulteriore ampliamento della deroga al differimento delle udienze e alla sospensione dei termini processuali con l’aggiunta dei procedimenti riguardanti la tutela dei minori (salva l’armonizzazione dell’ultima parte dell’elenco).
XII. Infine – e anche tale punto è messo in evidenza dal ricorrente il testo dell’art. 83 cit. è stato ulteriormente modificato in sede di conversione del d.l. n. 28/2020, allorché le parole “cause relative alla tutela dei minori, ad alimenti” sono state sostituite dalle parole “cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all’assegno di mantenimento, agli alimenti e all’assegno divorzile”.
Con tale ultima modifica è stata quindi in effetti ampliata ulteriormente la categoria delle “eccezioni”, ben vero anche al fine di eliminare i dubbi interpretavi emersi sul punto in dottrina.
Ma ciò è stato fatto solo a far data dal 30-6-2020, giorno successivo alla data di pubblicazione in g.u. della menzionata legge di conversione.
XIII. Proprio questo conforta quanto affermato dalla corte d’appello di Perugia.
Il testo dell’art. 83 vigente al 29-4-2020, data nella quale risulta esser stata notificata la decisione di primo grado ai fini della decorrenza del termine breve per l’appello, imponeva la sospensione anche rispetto alle cause relative all’assegno divorzile, poiché non comprese, in quel momento, nell’elenco dei giudizi sottratti.
La successione delle norme nel tempo non può essere interpretata in senso retroattivo, come invece avverrebbe se nella specie si seguisse il complessivo assunto del ricorrente.
Non può esserlo perché ne deriverebbe un pregiudizio all’altrui diritto di difesa, a fronte della necessità di coordinare, invece, ogni mutamento delle norme processuali col principio del giusto processo (art. 111 cost.), del quale il diritto di difesa costituisce presidio essenziale.
Devono pertanto essere fissati i seguenti principi:
(a) in tema di legislazione emergenziale di contrasto alla pandemia da Covid-19, alle “cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità”, considerate rilevanti ai fini dell’eccezione alla sospensione generalizzata dei termini processuali per effetto dell’art. 83, comma 3, lett. a), del d.l. n. 18 del 2020, convertito con la l. n. 27 del 2020, non possono esser equiparate le cause relative all’assegno divorzile, attesa l’impossibilità di correlare l'assegno divorzile all'assegno alimentare, per l’evidente diversità dei fini e della natura dei due assegni;
(b) la successione delle norme processuali non può essere interpretata in modo da consentirne un effetto retroattivo incidente sul diritto di difesa, per cui la previsione delle “eccezioni” alla sospensione dei termini processuali, di cui alla normativa emergenziale stratificata nelle varie fasi di contrasto alla pandemia da Covid-19, va rapportata allo stato del giudizio nel momento in cui i singoli procedimenti sono stati espressamente inseriti tra le “eccezioni” dette;
(c) poiché solo con l’ultima modifica dell’art. 83, dovuta alla legge n. 70 del 2020, di conversione del d.l. n. 28 del 2020, nell’elenco delle eccezioni alla sospensione dei termini processuali sono state aggiunte le “cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all’assegno di mantenimento, agli alimenti e all’assegno divorzile”, ne segue che l’innovazione va applicata ai soli giudizi di tal genere nei quali la decorrenza del termine di impugnazione non risulti già sospesa, al momento della entrata in vigore della citata legge di conversione, in forza della antecedente versione della medesima norma.
Il primo motivo di ricorso va rigettato.
XIV. – Col secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 111 cost., per essere contraddittoria e manifestamente illogica la motivazione della sentenza in ordine alla esistenza della convivenza di fatto e alle conseguenze in diritto fattene scaturire.
Di riflesso alla motivazione, il ricorrente censura inoltre la sentenza nella parte in cui ha valorizzato circostanze in contrasto col fondamento del diritto all’assegno da parte del ex coniuge che abbia poi intrapreso un’altra stabile relazione sentimentale.
Critica il ragionamento del giudice di merito per aver ritenuto non sussistente tra la C. e il suo nuovo compagno una vera e propria convivenza more uxorio, ostativa all’attribuzione dell’assegno divorzile, sebbene il loro rapporto ne presentasse tutte le caratteristiche, così come in parte riconosciuto dalla stessa corte d’appello.
XV. Il secondo motivo è fondato.
Questa Corte, a sezioni unite, ha stabilito che, in tema di assegno divorzile in favore dell'ex coniuge, qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l'ex coniuge economicamente più debole, questi, se privo anche nell'attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell'assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa; spetta a tal fine al richiedente fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata a occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell'apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge (Cass. Sez. U n. 32198-21).
L'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide quindi sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione, nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso col terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano; anche se non determina, necessariamente, la perdita automatica e integrale del diritto all'assegno in relazione alla sua (sola) componente compensativa.
XVI. – Giova dire che la conclusione, per esplicita sottolineatura delle Sezioni Unite, identifica l’affermato punto di equilibrio tra il principio di autoresponsabilità e la tutela della solidarietà post- coniugale, perché l’instaurazione di una nuova convivenza, frutto di una scelta libera e consapevole, comporta la formazione di un nuovo progetto di vita con un nuovo compagno o una nuova compagna, dalla quale si ricava anche un impegno per eventuali contribuzioni economiche in adempimento di doveri di assistenza morale e materiale, seppur legati al perdurare della situazione di fatto.
In questa prospettiva il venir meno dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile da parte dell’ex coniuge si giustifica con la simmetrica esigenza di non vedersi egli stesso ingiustificatamente limitato nella possibilità di dar corso a una nuova vita di coppia, nel contesto della quale realizzare alternative progettualità affettive e anche materiali.
Il piano delle valutazioni probatorie mette conto, però, a ovvie divergenze, perché se la contrazione di nuove nozze è praticamente causa automatica della perdita del diritto all’assegno, così non è in caso di intrapresa nuova convivenza di fatto. Codesta va accertata giudizialmente, a mezzo di elementi necessariamente indiziari. I quali a loro volta non rilevano in quanto tali, ma costituiscono meri indici della stabilità in concreto del rapporto di fatto, alla quale poter associare l’apprezzamento della effettiva intrapresa di un progetto alternativo di vita stabile e duraturo.
Le stesse Sezioni Unite hanno elencato i potenziali indici di stabilità in concreto del rapporto di fatto: l’esistenza di figli, i conti correnti comuni, la contribuzione al ménage familiare, la coabitazione.
Ne deriva che la coabitazione, proprio per questo, non è elemento indefettibile a tal riguardo, ma è solo uno degli indici potenziali di inferenza della stabilità della relazione di fatto, esattamente al pari degli altri. Il che è d’altronde ben logico, perché la difforme conclusione consentirebbe di eludere il dovere di solidarietà, in danno dell’ex coniuge obbligato. Consentirebbe cioè il perpetuarsi di vere e proprie rendite di posizione, in contrasto col ripetuto punto di equilibrio tra il principio di autoresponsabilità e la tutela della solidarietà post-coniugale sottolineato dalle Sezioni Unite come esigenza basica della disciplina di legge.
XVII. – A fronte di tanto, questa sezione ha ulteriormente precisato che, ove la disciplina dell'assegno in favore dell'ex coniuge intercetti il tema dell'instaurazione da parte di quest'ultimo di una convivenza alternativa more uxorio, il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto dell’elemento della coabitazione quale semplice elemento indiziario.
Lo ha fatto mettendo in risalto la differenza tra i concetti, di convivenza e coabitazione come desunti da altri indici normativi.
E ha stabilito che il giudice deve valutare non atomisticamente ma nel loro complesso l'insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al processo nei modi ammessi dalla legge, e gli eventuali ulteriori argomenti di prova rilevanti per il giudizio inferenziale in ordine alla sussistenza della detta convivenza: intendendo codesta – però quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale, e non come condizione necessariamente implicante una coabitazione materiale continuativa (v. Cass. Sez. 1 n. 14151-22).
A tale principio va data continuità, seppure con la precisazione appena fatta a proposito della linea di coerenza con la decisione delle Sezioni Unite n. 32198-21.
XVIII. L’impugnata sentenza è in contrasto con l’insieme di tali insegnamenti.
Essa ha infatti accertato che la C. intrattiene da diversi anni una relazione sentimentale stabile con un nuovo compagno.
Ha aggiunto che era stata contestata la stabilità della convivenza. Ha ritenuto superflua la prova dedotta dall’ex marito, poiché relativa alla stabilità della relazione, e ha ritenuto irrilevante quella afferente alla coabitazione saltuaria (alcuni giorni della settimana), perché non decisiva ai fini della valutazione dei presupposti per la persistenza o meno dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile, legato alla convivenza.
Ha infine ritenuto non decisivo appurare ove e se la beneficiaria trascorresse con il nuovo compagno finanche le vacanze, poiché anche ciò sarebbe stato ininfluente per il riconoscimento “o l’emanazione diritto a percepire l’assegno.
La spiegazione sintetica finale è stata affidata alla frase che “la circostanza che la nuova relazione sentimentale sia pluriennale e al momento stabile non è (..) sufficiente per presumere l’esistenza di reciproci impegni di assistenza materiale e morale”.
XIX. – La motivazione traduce l’errore di diritto.
L’esistenza di una relazione pluriennale e stabile costituisce elemento altamente presuntivo di un progetto di vita sentimentale alternativo parimenti stabile e duraturo, anche ove si concretizzi, per scelta delle parti, in una coabitazione non continuativa.
La stessa corte d’appello ha (con certo grado di contraddittorietà) riconosciuto codesto dato come conforme all’attuale modello sociale.
Lo ha fatto nella parte inziale della motivazione, laddove ha sottolineato che il diritto all’assegno può in generale essere escluso “anche in quelle ipotesi nella quali non vi sia una vera e propria convivenza, in ragione del fatto che oggi esistono molteplicità di modelli familiari e non è raro che due persone siano una coppia a tutti gli effetti pur vivendo in case diverse (..)”.
Tale (corretta) premessa non risulta coerentemente sviluppata nella parte della motivazione, direttamente riferita alla fattispecie in esame, nella quale praticamente la prospettazione del M. è stata disattesa sulla scorta dell’inesplicata affermazione sopra riferita: “la circostanza che la nuova relazione sentimentale sia pluriennale e al momento stabile non è (..) sufficiente per presumere l’esistenza di reciproci impegni di assistenza materiale e morale”.
Ma non è detto nella motivazione cosa di ulteriore sarebbe stato necessario apprezzare onde riscontrare l’esistenza dei suddetti “impegni”, poiché l’unico connotato evincibile è quello della mancanza di una convivenza continuativa della C. col nuovo compagno; una convivenza continuativa tradotta però, in difetto di più compiuti argomenti, dal concetto di coabitazione materiale. Un concetto che di per sé non rileva in guisa di valutazione atomistica e decontestualizzata, visto che la coabitazione materiale continuativa è solo uno degli indici della convivenza stabile.
L’impugnata sentenza, dunque, non soddisfa l’onere di accertamento (e di motivazione) dei requisiti di permanenza dell’assegno divorzile, il quale è stato ben vero ancorato alla sola funzione assistenziale in rapporto alle documentate problematiche di salute della ex moglie e del suo modesto livello di istruzione.
XX. – La sentenza va cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso.
Segue il rinvio alla medesima corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, per nuovo esame.
La corte d’appello si uniformerà ai principi sopra esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla corte d’appello di Perugia anche per le spese del giudizio di cassazione.
Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.