La situazione reddituale è condizione legittimante e fatto costitutivo del diritto alla prestazione previdenziale e l’onere della prova grava sull’interessato, che sia cittadino italiano ovvero extracomunitario.
La vicenda riguarda la spettanza dell’assegno al nucleo familiare ed ha come protagonisti l’INPS da una parte e un cittadino extracomunitario, soggiornante di lungo periodo in Italia, dall’altra. Quest’ultimo lamentava il fatto che il Giudice avesse ritenuto, ai fini della concessione dell’assegno, che il dato reddituale fosse un presupposto costitutivo del diritto alla prestazione, quando invece (sempre secondo il ricorrente) esso rileva solo ai fini della sua quantificazione. Per questo motivo, il medesimo chiede il rinvio pregiudiziale alla CGUE allo scopo di verificare se sa stato violato il principio di parità di trattamento previsto dall’art. 11, lett. d), direttiva 2003/109/CE, considerando che i cittadini italiani possono provare il requisito reddituale mediante documentazione fiscale, ovvero attraverso il 730, mentre nel caso di specie il Giudice aveva escluso la rilevanza di tale documentazione.
Con l'ordinanza n. 4377 del 13 febbraio 2023, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso sulla base di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo cui l'
Nessuna disparità di trattamento, quindi, rispetto ai cittadini italiani, visto che la pronuncia impugnata non ha onerato il ricorrente di doveri probatori più gravosi rispetto a quelli che ricadono in capo ai cittadini italiani. In sostanza, la Corte territoriale si era limitata a rilevare che non era stata prodotta la documentazione fiscale necessaria ai fini della prova del requisito reddituale, prova che incombe anche sui cittadini italiani ai fini della percezione dell'ANF.
Segue il rigetto del ricorso.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza (ud. 19 gennaio 2023) 13 febbraio 2023, n. 4377
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, A.A. denuncia violazione o errata applicazione della l. n. 153-88 art. 2 e dell'art. 12 preleggi, in quanto la Corte avrebbe ritenuto il dato reddituale un presupposto costitutivo del diritto alla prestazione, quando invece esso rileva ai soli fini della quantificazione della prestazione. Chiede il ricorrente il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia al fine di verificare se il principio di parità di trattamento sancito all'art. 11, lett. d) Dir. 2003/109/CE sia stato violato da una pronuncia del giudice che, diversamente dai cittadini italiani cui è consentito provare il requisito reddituale mediante documentazione fiscale (Mod. 730), ha nel caso di specie escluso rilievo a tale documentazione.
Con il secondo motivo di ricorso, viene dedotta violazione o errata applicazione degli artt. 2697 c.c. e artt. 115, 421 c.p.c. in quanto la Corte non avrebbe pronunciato sulla richiesta di termine al fine di produrre il modello 730 nonostante si trattasse di un documento indispensabile ai fini della decisione, come tale acquisibile d'ufficio.
Il primo motivo è manifestamente infondato, anzichè inammissibile, secondo quanto eccepito dall'Inps, poichè esso deduce non una questione di fatto, preclusa dalla c.d. doppia conforme, ma una violazione di legge, ovvero che, il l. n. 89/88, art. 2, conv. con l. n. 153/88 non prevede la situazione reddituale quale fatto costitutivo del diritto alla prestazione previdenziale, bensì solo come elemento necessario alla quantificazione dell'assegno.
Il motivo è manifestamente infondato poichè, secondo consolidato orientamento di questa Corte dal quale non v'è ragione di discostarsi, la l. n. 89/88, art. 2, comma 10, nel prevedere che l'assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare, detta un requisito costitutivo del diritto alla prestazione, che deve essere dimostrato dall'interessato (Cass.8973/14, Cass.16710/22).
Quanto alla censurata disparità di trattamento con i cittadini italiani e la richiesta di rinvio pregiudiziale, basti dire che la sentenza non ha addossato al ricorrente oneri probatori più gravosi di quelli incombenti sui cittadini italiani. La Corte si è limitata a rilevare che non era stata prodotta la documentazione fiscale (modello 730) necessaria alla dimostrazione del requisito reddituale, allo stesso modo per cui i cittadini italiani devono produrre la stessa documentazione ai fini di assolvere all'onere probatorio. La Corte non ha escluso che il modello 730 fosse insufficiente alla prova del ricorrente, quando invece lo sarebbe stato per i cittadini italiani.
Il secondo motivo è inammissibile. Esso deduce in rubrica violazione di legge, nella specie degli artt. 2697 c.c., 115 e 421 c.p.c., ma lamenta nella sostanzia l'omessa pronuncia della Corte sull'istanza di termine per produrre il modello 730. In tal modo si fuoriesce dalla violazione di legge, in particolare dell'art. 421 c.p.c. La omessa considerazione di un'istanza istruttoria non rientra nella violazione di legge poichè col motivo non si assume che la Corte abbia negato erroneamente l'esistenza dell'art. 421 c.p.c. o che vi abbia attribuito un contenuto che non possiede (v. Cass.640-19), e non rientra nemmeno nella falsa applicazione di legge, poichè non si assume che la Corte abbia escluso l'applicabilità, nel caso di specie, dell'art. 421 c.p.c. (v. ancora Cass.640-19).
L'omessa considerazione di un'istanza istruttoria ricade in realtà nel difetto di motivazione (v. ad es. Cass.4472-78, Cass.1203-00, tutte con riguardo al precedente testo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sicchè il relativo motivo di ricorso deve contenere l'indicazione specifica dei presupposti di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero la decisività del fatto rappresentato dalla prova e la sua sottoposizione al contraddittorio tra le parti. Di tali requisiti però nulla il motivo ricorso argomenta in modo specifico, risultando così inammissibile.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna del ricorrente alle spese del presente grado secondo soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento in favore dell'Inps delle spese di lite del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro200 per esborsi, Euro2500 per compensi, oltre spese generali e accessori di legge;
dà atto che, atteso il rigetto, sussiste il presupposto processuale di applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, con conseguente obbligo di versamento, da parte dell'Inps, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.