Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
23 febbraio 2023
Il Consiglio di Stato sulla natura e i criteri applicativi della sanzione Antitrust

Sebbene la sanzione funge da strumento di deterrenza rispetto alla commissione di condotte collusive, essa deve essere proporzionata all'illecito addebitato, in modo da evitare che diritti fondamentali, anche economici, vengano sacrificati da aggressioni sproporzionate e non giustificate.

La Redazione

In un giudizio avente ad oggetto l'accertamento di due distinte intese restrittive segrete della concorrenza per oggetto, in violazione dell'art. 101 TFUE, la società incriminata propone appello dinanzi al Consiglio di Stato lamentando, tra i motivi di doglianza, la violazione degli artt. 15 e 31 della L. n. 287/1990 e dell'art. 11 della L. n. 689/1981. Nello specifico, censura l'entità della sanzione ritenendola non proporzionata nel suo ammontare all'effettiva gravità della violazione contestata e non correttamente rimodulata alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto ed all'incongrua valutazione delle circostanze attenuanti.

Nelle sue argomentazioni, il Consiglio ricorda anzitutto la natura sostanzialmente penale della sanzione antitrust. In coerenza con la finalità che le è propria, detta sanzione deve fungere da strumento di deterrenza rispetto alla commissione di condotte collusive, ma al contempo dev'essere essere proporzionata all'illecito addebitato, in modo da evitare che diritti fondamentali, anche economici, vengano sacrificati da aggressioni sproporzionate e non giustificate.
Pertanto, la quantificazione della pena pecuniaria deve avvenire sulla base di un equo bilanciamento tra «l'interesse perseguito con l'applicazione della misura sanzionatoria e l'oppressione della sfera soggettiva e personale del destinatario della stessa».

Nella sentenza in commento, Palazzo Spada afferma che «il principio di proporzionalità, che investe lo stesso fondamento dei provvedimenti limitativi delle sfere giuridiche del cittadino (in specie quelle di ordine fondamentale) e non solo la graduazione della sanzione, assume nell'ordinamento interno lo stesso significato che ha nell'ordinamento comunitario. Come è oggi confermato dalla clausola di formale recezione ex art. 1, comma 1 L. 241/90 come novellato dalla L. 15/05. Equivalenza particolarmente pregnante nel sistema antitrust, articolato su un livello a due piani, nazionale e comunitario, il cui rapporto è retto dal principio di sussidiarietà.

Esso, dunque, si articola in tre distinti profili:

  • idoneità , rapporto tra il mezzo adoperato e l'obiettivo perseguito. In virtù di tale parametro l'esercizio del potere è legittimo solo se la soluzione adottata consenta di raggiungere l'obiettivo;
  • necessarietà , assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo ma tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo In virtù di tale parametro la scelta tra tutti i mezzi astrattamente idonei deve cadere su quella che comporti il minor sacrificio;
  • adeguatezza , tollerabilità della restrizione che comporta per il privato. In virtù di tale parametro l'esercizio del potere, pur idoneo e necessario, è legittimo solo se rispecchia una ponderazione armonizzata e bilanciata degli interessi, in caso contrario la scelta va rimessa in discussione».

Pertanto, osserva il Consiglio, «il criterio di calcolo della sanzione basato sul c.d. cumulo materiale, connotato da un certo automatismo, se generalmente adottabile, non risulti conforme al principio di proporzionalità, quantomeno nei casi, come quello di specie, nei quali la condotta addebitata, incidente su mercati tra loro interconnessi, sia riguardabile come continuata (a parte subiecti), e la configurazione di un duplice illecito sia dipesa solo dalla circostanza, del tutto estrinseca rispetto all'impresa sanzionata, della mancata prova che tutti gli altri operatori economici coinvolti condividessero l'obiettivo comune».
In tali situazioni, l'istituto penalistico della continuazione, pur non direttamente applicabile alle sanzioni antitrust, deve comunque orientare l'azione dell'Autorità nel determinare in concreto la pena pecuniaria applicabile.

Con sentenza n. 1159 del 2 febbraio 2023, il Consiglio di Stato accoglie l'appello.