Sebbene la sanzione funge da strumento di deterrenza rispetto alla commissione di condotte collusive, essa deve essere proporzionata all'illecito addebitato, in modo da evitare che diritti fondamentali, anche economici, vengano sacrificati da aggressioni sproporzionate e non giustificate.
In un giudizio avente ad oggetto l'accertamento di due distinte intese restrittive segrete della concorrenza per oggetto, in violazione dell'art. 101 TFUE, la società incriminata propone appello dinanzi al Consiglio di Stato lamentando, tra i motivi di doglianza, la violazione degli
Nelle sue argomentazioni, il Consiglio ricorda anzitutto la natura sostanzialmente penale della sanzione antitrust. In coerenza con la finalità che le è propria, detta sanzione deve fungere da strumento di deterrenza rispetto alla commissione di condotte collusive, ma al contempo dev'essere essere proporzionata all'illecito addebitato, in modo da evitare che diritti fondamentali, anche economici, vengano sacrificati da aggressioni sproporzionate e non giustificate.
Pertanto, la quantificazione della pena pecuniaria deve avvenire sulla base di un equo bilanciamento tra «l'interesse perseguito con l'applicazione della misura sanzionatoria e l'oppressione della sfera soggettiva e personale del destinatario della stessa».
Nella sentenza in commento, Palazzo Spada afferma che «il principio di proporzionalità, che investe lo stesso fondamento dei provvedimenti limitativi delle sfere giuridiche del cittadino (in specie quelle di ordine fondamentale) e non solo la graduazione della sanzione, assume nell'ordinamento interno lo stesso significato che ha nell'ordinamento comunitario. Come è oggi confermato dalla clausola di formale recezione
Esso, dunque, si articola in tre distinti profili:
- idoneità , rapporto tra il mezzo adoperato e l'obiettivo perseguito. In virtù di tale parametro l'esercizio del potere è legittimo solo se la soluzione adottata consenta di raggiungere l'obiettivo;
- necessarietà , assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo ma tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo In virtù di tale parametro la scelta tra tutti i mezzi astrattamente idonei deve cadere su quella che comporti il minor sacrificio;
- adeguatezza , tollerabilità della restrizione che comporta per il privato. In virtù di tale parametro l'esercizio del potere, pur idoneo e necessario, è legittimo solo se rispecchia una ponderazione armonizzata e bilanciata degli interessi, in caso contrario la scelta va rimessa in discussione».
Pertanto, osserva il Consiglio, «il criterio di calcolo della sanzione basato sul c.d. cumulo materiale, connotato da un certo automatismo, se generalmente adottabile, non risulti conforme al principio di proporzionalità, quantomeno nei casi, come quello di specie, nei quali la condotta addebitata, incidente su mercati tra loro interconnessi, sia riguardabile come continuata (a parte subiecti), e la configurazione di un duplice illecito sia dipesa solo dalla circostanza, del tutto estrinseca rispetto all'impresa sanzionata, della mancata prova che tutti gli altri operatori economici coinvolti condividessero l'obiettivo comune».
In tali situazioni, l'istituto penalistico della continuazione, pur non direttamente applicabile alle sanzioni antitrust, deve comunque orientare l'azione dell'Autorità nel determinare in concreto la pena pecuniaria applicabile.
Con sentenza n. 1159 del 2 febbraio 2023, il Consiglio di Stato accoglie l'appello.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza (ud. 20 dicembre 2022) 2 febbraio 2023, n. 1159
Svolgimento del processo
Con l’appello in esame la società Smurfit kappa italia ha impugnato la sentenza n. 6087 del 2021 con cui il Tar Lazio ha respinto l’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalla stessa parte avverso il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti Autorità), n. 27849, adottato in data 17.7.2019 a conclusione del procedimento I805 “Prezzi del cartone ondulato” e notificato alle ricorrenti in data 6.8.2019, con il quale l’Autorità ha deliberato che: (a) le società Pro-Gest S.p.A., Cartonstrong Italia S.r.l., Ondulato Trevigiano S.r.l., Ondulati Maranello S.p.A., Plurionda S.p.A., Laveggia S.r.l., Scatolificio Laveggia S.p.A., Ondulati Santerno S.p.A., DS Smith Packaging Italia S.p.A., Smurfit Kappa, Innova Group Stabilimento di Caino S.r.l., Adda Ondulati Società per Azioni, Imballaggi Piemontesi S.r.l., Ondulati Nordest S.p.A., Ondulati edN. 12715/2019 REG.RIC. Imballaggi del Friuli S.p.A., Ondulato Piceno S.r.l., ICOM S.p.A., Ondulati del Savio S.r.l., nonché l’associazione di categoria Gruppo Italiano Fabbricanti Cartone Ondulato, hanno posto in essere un’intesa per oggetto restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 TFUE, consistente in un’unica e complessa intesa continuata nel tempo volta a distorcere fortemente le dinamiche concorrenziali nel mercato della produzione e commercializzazione di fogli in cartone ondulato (“Intesa sui Fogli”); (b) per l’Intesa sui Fogli sono responsabili in solido: Laveggia S.r.l. per Scatolificio Laveggia S.p.A. e Ondulati Santerno S.p.A.; DS Smith Holding Italia S.p.A. per DS Smith Packaging Italia S.p.A.; Pro-Gest S.p.A. per Cartonstrong Italia S.r.l., Ondulato Trevigiano S.r.l., Ondulati Maranello S.p.A. e Plurionda S.p.A.; Innova Group S.p.A. per Innova Group Stabilimento di Caino S.r.l.; (c) le società Smurfit Kappa, DS Smith Packaging Italia S.p.A., Toscana Ondulati S.p.A., International Paper Italia S.r.l., Sandra S.p.A., Saica Pack Italia S.p.A., Mauro Benedetti S.p.A., Ondulati ed Imballaggi del Friuli S.p.A., Scatolificio Idealkart S.r.l., Laveggia S.r.l., Scatolificio Laveggia S.p.A., Alliabox Italia S.p.A., Innova Group – Stabilimento di Caino S.r.l., Toppazzini S.p.A., Antonio Sada & Figli S.p.A., ICO Industria Cartone Ondulato S.r.l., ICOM S.p.A., Grimaldi S.p.A., Ondulato Piceno S.r.l., MS Packaging S.r.l., Trevikart S.r.l., Ondulati Maranello S.p.A., nonché l’associazione di categoria Gruppo Italiano Fabbricanti Cartone Ondulato, hanno posto in essere un’intesa per oggetto restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 TFUE, consistente in un’unica e complessa intesa continuata nel tempo volta a distorcere fortemente le dinamiche concorrenziali nel mercato della produzione e commercializzazione di imballaggi in cartone ondulato (“Intesa sugli Imballaggi” e, insieme all’Intesa sui Fogli, le “Intese”); (d) per l’Intesa sugli Imballaggi sono responsabili in solido: Laveggia S.r.l. per Scatolificio Laveggia S.p.A. e Alliabox Italia S.p.A.; DS Smith Holding Italia S.p.A. per DS Smith Packaging Italia S.p.A. e Toscana Ondulati S.p.A.; Pro-Gest S.p.A. per Trevikart S.r.l e Ondulati Maranello S.p.A.; Innova Group S.p.A. perN. 12715/2019 REG.RIC. Innova Group Stabilimento di Caino S.r.l.; Sada Partecipazioni S.r.l. per Antonio Sada & Figli S.p.A. (tutte le società finora menzionate, congiuntamente, le “Parti”); (e) le Parti si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto delle Intese; (f) è riconosciuto alle società del gruppo DS Smith il beneficio della non imposizione della sanzione, nonché alle società Ondulati Nordest S.p.A. e Scatolificio Idealkart S.r.l. e alle società del gruppo Pro-Gest il beneficio della riduzione della sanzione (nella misura del 50% per Ondulati Nordest S.p.A. e Scatolificio Idealkart S.r.l. e del 40% per le società del gruppo Pro-Gest), ai sensi di, rispettivamente, il paragrafo 2 e il paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287; (g) in ragione della gravità e durata delle Intese, alle Parti siano applicate sanzioni amministrative pecuniarie e, in particolare, a Smurfit Kappa due ammende distinte per complessivi € 124.293.950,00.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, l’appellante ha sottolineato che il cartone ondulato è un materiale usato principalmente nel settore degli imballaggi (o scatole).
La parte appellante muove dalla premessa che ci si trovi di fronte ad una filiera di mercato integrato: la filiera del cartone ondulato.
Essa comincia con particolari tipologie di (i) carte; grazie al lavoro di una macchina ondulatrice, queste carte vengono trasformate in (ii) fogli di cartone ondulato; attraverso i processi di fustellazione e stampa, i fogli vengono a loro volta trasformati in (iii) imballaggi in cartone ondulato.
Il mercato finale a cui l’intera filiera si rivolge è, dunque, quello degli acquirenti di imballaggi. Si tratta di una filiera particolarmente interconnessa, posto che il prezzo di acquisto della carte incide grandemente sul costo variabile di produzione dei fogli (circa 80%) e il prezzo di acquisto dei fogli incide grandemente sul costo variabile di produzione degli imballaggi (circa 70%).
Il procedimento Antitrust muove dalle segnalazioni degli scatolifici puri ossia dei produttori di imballaggi non integrati.
l’Autorità ha, anzitutto, osservato “che le due intese interessano due mercati del prodotto nettamente distinti” (§ 374). E da questa premessa si è mossa per irrogare due sanzioni.
Parte appellante ha formulato i seguenti motivi di appello, riproponendo i vizi di prime cure e censurando gli argomenti spesi dal Tar:
- sull’inconfigurabilità di due intese distinte, violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE; eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta in relazione a questo motivo ha sollevato una questione pregiudiziale sostenendo che la sentenza appellata parte da una incomprensione della giurisprudenza comunitaria sull’esistenza di un piano d’insieme in particolare l’indagine circa la consapevolezza o meno delle parti di partecipare a un piano d’insieme sarebbe funzionale alla “constatazione della partecipazione di un’impresa” a un’infrazione (Tribunale UE, sent. 16.9.2013, causa T-378/10, Masco, § 24; Sentenza, § 12.2) mentre tale analisi non riguarderebbe invece il diverso tema dell’unicità o molteplicità dei comportamenti collusivi, collocandosi a valle, quando cioè è stato già stabilito quante e quali intese sono esistite e si tratti ormai di valutare quali imprese vi hanno partecipato, e in quale misura;
- mancata prova della partecipazione continuata di Smurfit Kappa all’Intesa sugli Imballaggi: violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE, carenza di motivazione; eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta, richiesta di rinvio pregiudiziale;
- sull’invalicabilità del limite edittale del 10% e la mancata applicazione del cumulo giuridico, violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 1, della Legge 287/1990, violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della Legge 689/1981 e del punto 27 delle Linee Guida AGCM, richiesta di rinvio pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 15 cit.;
- violazione del diritto di difesa e dell’art. 13, comma 10, D.P.R. 217/1989 e dell’art. 10 bis, Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’art. 15 della Legge 287/1990, dell’art. 6, comma 2, Convenzione EDU e dell’art. 48, comma 2, della Carta di Nizza;
- illegittima quantificazione della sanzione: erronea applicazione delle Linee Guida AGCM, violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE, degli artt. 15 e 31 Legge 287/1990, dell’art. 11 Legge 689/1981, eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche.
L’autorità si è costituita in giudizio e, controdeducendo punto per punto, ha chiesto il rigetto dell’appello.
Si è altresì costituita l’associazione Cis, chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2022 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione
1. Oggetto controverso è la sentenza con cui il Tar Lazio ha respinto l’originario ricorso di cui alla narrativa in fatto, proposto avverso la deliberazione dell’Autorità odierna appellata, nella parte in cui ha accertato la partecipazione dell’impresa odierna appellante alle contestate intese.
2. L’esame delle censure dedotte impone un riassunto del procedimento confluito nell’atto sanzionatorio impugnato in prime cure.
2.1 L’avvio del procedimento istruttorio, datato 22 marzo 2017, prendeva le mosse a seguito di alcune segnalazioni inviata all’Autorità dall’ACIS, associazione di categoria degli “scatolifici puri”, in data 19 ottobre 2016, 2 novembre 2016 e 1° febbraio 2017. In tali note l’associazione odierna appellata denunciava l’esistenza di una concertazione su prezzi e condizioni di vendita dei fogli in cartone ondulato, nonché lo scambio di dati sensibili in seno all’associazione GIFCO.
La nota di avvio del procedimento (prot. n. 26476 del 22 marzo 2017), faceva quindi riferimento all’accertamento di due distinte intese restrittive segrete della concorrenza per oggetto, in violazione dell’art. 101 TFUE, poste in essere rispettivamente nei mercati del cartone ondulato (intesa-fogli) e degli imballaggi in cartone ondulato (intesa-imballaggi).
2.2 Nella richiamata comunicazione di avvio veniva ipotizzata l’esistenza di due intese anticoncorrenziali, entrambe realizzate attraverso il coordinamento dell’associazione di categoria GIFCO: una prima, volta a limitare il confronto competitivo tra tali operatori nel mercato della produzione e commercializzazione di fogli in cartone ondulato; una seconda, volta a limitare il confronto competitivo nel diverso mercato della produzione e commercializzazione di imballaggi in cartone ondulato.
2.3 Il procedimento veniva poi esteso soggettivamente nei seguenti termini. In data 5 luglio 2017, nei confronti di Adda Ondulati, Ondulato Piceno, ICOM, ICO, SIFA e Ondulati del Savio per la partecipazione alla presunta intesa nel mercato della produzione e vendita di cartone ondulato; nei confronti di Imballaggi Piemontesi, Idealkart, Grimaldi, Millestampe, Millestampe Packaging [poi MS Packaging], Saica, Toppazzini, Mauro Benedetti e Ondulato Piceno per la partecipazione alla presunta intesa nel mercato della produzione e vendita di imballaggi in cartone ondulato. In data 9 maggio 2018, nei confronti di Trevikart, Ondulato Trevigiano, Plurionda e Ondulati Maranello la partecipazione alla presunta intesa riguardante i fogli in cartone ondulato; nei confronti di Trevikart e Bergapack la partecipazione alla presunta intesa sugli imballaggi in cartone ondulato. In data 31 ottobre 2018, nei confronti di Ondulati Santerno e Innova Group - Stabilimento di Caino, Sandra e ICOM per la partecipazione alla presunta intesa nel mercato dei fogli in cartone ondulato; nei confronti di 4 Sunion, Alliabox, Sabox, Innova Group e Innova Group - Stabilimento di Caino, per la partecipazione alla presunta intesa nel mercato degli imballaggi in cartone ondulato. In pari data 31 ottobre 2018 l’oggetto del procedimento veniva esteso all’accertamento di possibili condotte di limitazione o controllo della produzione dei fogli in cartone ondulato e di definizione concordata del cd. Listino 2004 e alla ripartizione di specifici clienti con riferimento al settore degli imballaggi, anche nel contesto di eventuali gare.
2.4 Sia all’avvio che ai successivi ampliamenti dell’istruttoria contribuiva in termini rilevanti la cooperazione offerta, nell’ambito del programma di clemenza (c.d. leniency), da diverse imprese partecipanti alle intese oggetto di disamina nell’ambito del procedimento, molte delle quali hanno presentato domanda di non imposizione o riduzione della sanzione dopo l’avvio del procedimento (in specie Ondulati Nordest, Idealkarta, Gruppo Progest, Cartonstrong, Trevikart, Ondulato Trevigiano, Plurionda, Ondulati Maranello).
2.5 In data 17 aprile 2019 veniva notificata alle Parti la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (c.d. CRI); la lettura delle dichiarazioni di clemenza era datata 24 aprile 2019, a valle della notifica della CRI, ai sensi del par. 10-bis della Comunicazione dell’Autorità in materia di leniency, allo scopo di assicurare la riservatezza circa l’identità dei leniency applicant nel corso dell’istruttoria. In data 14 maggio 2019 l’Autorità accoglieva l’istanza di proroga dei termini procedimentali formulata da talune delle parti. L’Audizione finale dinanzi al Collegio veniva fissata e si svolgeva in data 18 giugno 2019.
2.6 A fronte della ritenuta accertata fondatezza della contestazione in merito alla realizzazione delle due intese – concernenti rispettivamente il mercato dei fogli ed il mercato degli imballaggi di cartone ondulato, l’Autorità concludeva l’iter con il provvedimento impugnato in prime cure, con cui ingiungeva alle imprese di astenersi per il futuro da comportamenti corrispondenti a quelli oggetto di accertamento ed irrogava le rispettive sanzioni pecuniarie, pari agli importi indicati alle tabelle riportate al punto “h” del dispositivo.
3. Così ricostruita la fattispecie, è possibile passare all’esame delle censure dedotte, classificabili nelle seguenti quattro tipologie: una prima di carattere procedimentale, circa la correttezza anche formale dell’iter seguito, compreso il rispetto dei relativi termini; una seconda di merito, concernente la sussistenza della duplice intesa; una terza di merito, relativa alla completezza dell’istruttoria e la sussistenza degli elementi posti a fondamento della accertata partecipazione alle intese della singola impresa; una quarta relativa alla quantificazione della sanzione irrogata.
4. In relazione ai vizi procedimentali ed alla violazione del diritto di difesa, per un verso, dal provvedimento sanzionatorio emerge come le osservazioni procedimentali della parte privata siano state adeguatamente valutate dall’Autorità, per altro verso, come già rilevato dalla sezione in altri precedenti (cfr. altresì sent n. 376 del 2023), nell’ambito dei procedimenti antitrust l’obbligo di esame delle memorie e dei documenti difensivi “non impone un’analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che (come nella fattispecie) renda nella sostanza percepibile la ragione del non adeguamento alle tesi difensive e ne attesti la relativa consapevolezza”.
4.1 In ogni caso, non sussiste la dedotta violazione del principio del giusto processo e della parità delle armi.
Questa Sezione, infatti, ha già avuto modo di affermare che <<L’art. 6 CEDU prevede che, per aversi equo processo, «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge».
Come è noto, questa disposizione si applica anche in presenza di sanzioni amministrative di natura afflittiva, alle quali deve essere riconosciuta natura sostanzialmente penale. La Corte di Strasburgo ha elaborato propri e autonomi criteri al fine di stabilire la natura penale o meno di un illecito e della relativa sanzione. In particolare, sono stati individuati tre criteri, costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la stessa non è vincolante quando si accerta la valenza “intrinsecamente penale” della misura; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito; iii) dal grado di severità della sanzione (ex plurimis, sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella casua Zolotoukhine c. Russia), che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata.
All’interno della più ampia categoria di accusa penale così ricostruita, la giurisprudenza della Corte EDU ha distino tra un diritto penale in senso stretto (“hard core of criminal law”) e casi non strettamente appartenenti alle categorie tradizionali del diritto penale.
Al di fuori del c.d. hard core, le garanzie offerte dal profilo penale non devono necessariamente essere applicate in tutto il loro rigore, in particolare qualora l’accusa all’origine del procedimento amministrativo non comporti un significativo grado di stigma nei confronti dell’accusato. La pragmaticità dell’approccio della Corte europea dei diritti dell’uomo ha dunque portato quest’ultima a riconoscere che non tutte le prescrizioni di cui all’art. 6, par. 1, CEDU devono essere necessariamente realizzate nella fase procedimentale amministrativa, potendo esse, almeno nel caso delle sanzioni non rientranti nel nocciolo duro della funzione penale, collocarsi nella successiva ed eventuale fase giurisdizionale (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo 23 novembre 2006, caso n. 73053/01, Jussila c. Finlandia).
È, pertanto, ritenuto compatibile con l’art. 6, par. 1, della Convenzione che sanzioni penali siano imposte in prima istanza da un organo amministrativo – anche a conclusione di una procedura priva di carattere quasi giudiziale o quasi-judicial, vale a dire che non offra garanzie procedurali piene di effettività del contraddittorio – purché sia assicurata una possibilità di ricorso dinnanzi ad un giudice munito di poteri di “piena giurisdizione”, e, quindi, le garanzie previste dalla disposizione in questione possano attuarsi compiutamente quanto meno in sede giurisdizionale (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 marzo 2016, n. 1164; Sez. VI, 26 marzo 2015 n. 1595 e n. 1596).
4.2. Nella fattispecie in esame, la sanzione dell’AGCM, avuto riguardo ai criteri di identificazione sopra esposti e, in particolare, al grado di severità della stessa, ha natura afflittiva e “sostanzialmente” penale (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza Menarini, 27 settembre 2011, n. 43509/08).
Nondimeno, a prescindere dall’effettiva difformità del regolamento di procedura di cui al citato DPR n. 217/1998 rispetto al parametro convenzionale, le garanzie imposte dall’art. 6 sono rispettate nel presente giudizio di “piena giurisdizione”. Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato comporta infatti la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento>> (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4/10/2022, n. 8505; 30/11/2020, n. 7566; 10/7/2018, n. 4211; 28/2/2017, nn. 927 e 928; Cass. Civ, SS.UU., 20/1/2014, n. 1013).
La pienezza del sindacato giurisdizionale nella materia di che trattasi risulta, del resto, confermata dalla norma di cui all’art. 7, comma 1, del D. Lgs. 19/1/2017, n. 3, secondo cui “Il sindacato del giudice del ricorso comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata e si estende anche ai profili tecnici che non presentano un oggettivo margine di opinabilità, il cui esame sia necessario per giudicare la legittimità della decisione medesima” (Cons. Stato, Sez. VI, 19/12/2019, n. 8585).
4.2 Per ciò che concerne poi il termine per la notifica della contestazione, ai sensi dell'art. 14, l. 689 del 1981, va ribadito che lo stesso è collegato non già alla data di commissione della violazione, ma al tempo di accertamento dell'infrazione, da intendersi in una prospettiva teleologicamente orientata e quindi non già alla notizia del fatto sanzionabile nella sua materialità, ma all'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro dell'esistenza e della consistenza della infrazione e dei suoi effetti; pertanto, il fatto che l'Autorità Antitrust deliberi l'avvio dell'istruttoria a distanza di vari mesi dalla segnalazione della possibile infrazione non può in alcun modo essere considerato come una violazione dei diritti delle imprese coinvolte, né un superamento dei termini procedimentali, in quanto la stessa valutazione dell'esigenza di avviare o meno l'istruttoria può presentarsi complessa; di conseguenza, il termine inizia a decorrere solo dal momento in cui è compiuta — o si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie — l'attività amministrativa intesa a verificare l'esistenza dell'infrazione, comprensiva delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi dell'infrazione stessa.
4.3 Per ciò che concerne poi il superamento del termine per l’accesso agli atti, va ribadito come sia proprio la struttura dell'art. 13, d.P.R. n. 217 del 1998 ad evidenziare come nei procedimenti antitrust sia particolarmente avvertita la necessità di bilanciare l'esigenza della riservatezza di informazioni di carattere personale commerciale, industriale e finanziario, relativo a persone ed imprese coinvolte nei procedimenti, con quella di assicurare il contraddittorio e che il diritto di difesa non attribuisce in capo all'interessato un indiscriminato potere di conoscenza e riproduzione del fascicolo detenuto dall'autorità.
E’ quindi legittimo l’operato dell’Autorità che malgrado l’intervenuta utilizzazione in sede di contestazione, ha ritenuto di non consentire l’integrale ostensione, estesa alle parti diverse da quelle citate nella comunicazione delle risultanze istruttorie, in ragione non solo della afferenza delle stesse a dati sensibili o a segreti commerciali, ma anche della irrilevanza delle informazioni non ostese ai fini dell’instaurazione di un pieno contraddittorio procedimentale e di una adeguata elaborazione della strategia difensiva, ovvero della parziale coincidenza delle stesse con altri dati contenuti in altri documenti per i quali l’accesso è stato consentito.
Per ciò che riguarda poi in dettaglio i termini rilevanti nel caso di specie, alla luce della documentazione in atti vanno condivise le conclusioni espresse dalla sentenza impugnata non emergendo alcuna concreta lesione del diritto di difesa.
Ha rilevato il giudice di primo grado che “nel corso del procedimento le parti hanno avuto numerose occasioni per interloquire con l’Autorità e far valere le proprie posizioni difensive, di modoche alcune delle informazioni necessarie per approntare le memorie difensive, ritualmente depositate a seguito della ricezione della CRI, erano già nella loro disponibilità anche prima della comunicazione finale.
10.1.3. Nella fattispecie in esame, il principio del contraddittorio e la garanzia del diritto di difesa non risultano quindi eccessivamente compressi dai termini assegnati, di complessivi 60 giorni, che devono ritenersi sufficienti per il dispiegarsi dell'attività difensiva (nel medesimo senso Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2012, n. 1192).
5. In merito alla preliminare soluzione della questione concernente la duplicità ovvero l’unicità dell’intesa, vanno svolte le seguenti considerazioni che, all’esito dell’esame della documentazione in atti, porta alla piena condivisione della conclusione posta a base del provvedimento impugnato in prime cure.
5.1 Sul punto occorre prendere le mosse dalla ricostruzione dei mercati coinvolti e dei relativi funzionamenti.
Il cartone ondulato è un materiale usato principalmente nel settore degli imballaggi. La relativa filiera del cartone ondulato comincia con particolari tipologie di carte; grazie al lavoro di una macchina ondulatrice, queste carte vengono trasformate in fogli di cartone ondulato; attraverso i processi di fustellazione e stampa, i fogli vengono a loro volta trasformati in imballaggi in cartone ondulato.
5.2 Si tratta mercati interconnessi in termini di filiera, atteso che il prezzo di acquisto della carta incide grandemente sul costo variabile di produzione dei fogli (circa 80%) e il prezzo di acquisto dei fogli incide grandemente sul costo variabile di produzione degli imballaggi (circa 70%). Resta peraltro evidente la distinzione fra la posizione soggettiva delle diverse parti coinvolte e fra gli ambiti oggettivi interessati dagli effetti dei comportamenti contestati.
5.3 È pur vero che in termini oggettivi l’istruttoria ha interessato l’intera filiera del cartone ondulato ed in termini soggettivi l’istruttoria si è svolta a carico degli operatori integrati, sospettati di avere pregiudicato gli scatolifici puri, ossia soggetti che dei primi sono, al contempo, clienti-acquirenti di fogli e concorrenti-venditori di imballaggi.
5.4 Peraltro, dal punto di vista della disciplina antitrust applicata, trattasi di due intese anticoncorrenziali, entrambe realizzate attraverso il coordinamento dell’associazione di categoria GIFCO: una volta a limitare il confronto competitivo tra tali operatori nel mercato della produzione e commercializzazione di fogli in cartone ondulato; l’altra volta a limitare il confronto competitivo nel diverso mercato della produzione e commercializzazione di imballaggi in cartone ondulato.
5.5 Se, come evidenziato, vi è un collegamento fra i due mercati, le intese restano sono distinte, sia soggettivamente, in quanto incidono su soggetti diversi, sia oggettivamente in quanto aventi ad oggetto beni diversi e mercati diversi, uno dei fogli e uno degli imballaggi, sia per le finalità delle condotte avendo una intesa ( quella fogli ) mirato anche al contingentamento della produzione mentre l’altra ( quella imballaggi ) essendosi manifestata anche nel riparto della clientela. Il fatto che questi ultimo vengano poi fatti utilizzando i fogli, non toglie l’autonomia dei mercati, soggettivamente ed oggettivamente. Non a caso gli imballaggi fatti con quei fogli vengono venduti ed acquistati da soggetti non necessariamente coincidenti con quelli del mercato dei fogli.
5.6 In dettaglio, l’intesa fogli ha avuto luogo tra il 2004 e il 2017 e ha avuto ad oggetto la definizione dei prezzi di vendita del cartone ondulato (attraverso la definizione del c.d. listino 2004 per le principali tipologie di fogli e il coordinamento di prezzo anche con riferimento alle tipologie di fogli non quotate nel listino) e, strumentalmente, quando necessario al fine di sostenere gli aumenti previsti, il coordinamento dei livelli di produzione, attraverso la definizione in comune di fermi degli stabilimenti produttivi, al fine di ridurre l’output di modo da sostenere l’aumento del prezzo del foglio e preservare la propria marginalità, anche in danno dei concorrenti non integrati.
5.6.1 Dal punto di vista probatorio, l’Agcm ha individuato una serie di prove, confermate dalle dichiarazioni dei leniency applicants, circa l’esistenza di varie riunioni, suddivise tra c.d. “riunioni di vertice”, nelle quali veniva definita una misura indicativa di aumento dei prezzi e la data di decorrenza dell’aumento, nonché eventuali fermi dei turni produttivi e c.d. “riunioni regionali”, alle quali partecipavano i rappresentanti commerciali delle imprese che definivano gli sconti per i clienti della zona, utilizzando specifici tabulati che ci
5.7 Con riferimento all’intesa imballaggi, la stessa è stata accertata per il periodo dal 2005 al 2017 ed ha riguardato, da un lato, l’aumento generale dei prezzi delle scatole e, dall’altro lato, la ripartizione dei clienti (patti di non aggressione) e delle forniture dei clienti (patti di non belligeranza).
5.7.1 Dal punto di vista probatorio, l’accertamento dell’Autorità si basa sulle dichiarazioni dei leniency applicants e sulla dimostrazione dell’esistenza di una molteplicità di riunioni e contatti a livelli di progressivo dettaglio, tra i vertici aziendali ovvero tra rappresentanti commerciali e direttori commerciali delle imprese, cui seguiva l’ulteriore livello delle cd. Triangolazioni.
5.8 A fronte delle risultanze documentali emerge pertanto trattarsi di due intese, riguardanti due tipologie di beni distinti, oggetto di vendita separata, non certo sostituibili, seppur con coincidenza parziale derivante dal fatto che il primo bene viene poi usato anche per fare il secondo e che una parte delle imprese opera in entrambi i mercati.
5.9 La tesi delle imprese coinvolte, tese a contestare la duplicità valutata dall’Autorità, è che le intese condividessero l’unico obiettivo comune di traslare il più a valle possibile gli aumenti del prezzo delle carte. A conferma di ciò le parti sarebbero sostanzialmente tutti gli Operatori Integrati presenti in Italia, cioè gli unici soggetti che comprano le carte. Tanto basterebbe a rendere ovvia e razionale la necessità, a fronte di un aumento del prezzo della materia prima, di (provare a) traslare tale aumento a valle, prima sui prezzi dei fogli (se venduti a terzi) e poi sui prezzi degli imballaggi.
5.10 La tesi non convince.
L’intesa sul mercato del foglio ha infatti avuto ad oggetto l’aumento dei prezzi del foglio, anche tramite un controllo dei volumi di fogli immessi sul mercato, principalmente in danno degli scatolifici non integrati, ossia di soggetti che non dispongono di capacità di ondulazione. L’intesa sul mercato degli imballaggi ha invece avuto ad oggetto l’aumento dei prezzi degli imballaggi e la ripartizione della clientela, in danno di quest’ultima e degli acquirenti finali di scatole, quali principalmente gli operatori della GDO, del settore manifatturiero o ortofrutticolo.
5.11 Al fine di qualificare diversi comportamenti illeciti come infrazione unica e continuata alle regole complementarietà della concorrenza, occorre verificare se essi presentino un nesso di presupposizione così stretto nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente , voluti dai rispettivi autori, di tutto consapevoli nell’ambito di un piano di insieme, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali.
Al riguardo il provvedimento evidenzia come l’esistenza di un nesso di complementarietà tra le condotte sia “esclusa anche sotto un profilo di mera razionalità economica, in quanto ciascuna intesa realizza il suo obiettivo senza necessità dell’altra. …, l’intesa sul mercato del foglio è infatti in danno degli acquirenti di fogli, e la maggiore marginalità sul mercato in cui essi operano è assicurata senza necessità di ulteriore collusione sul mercato a valle, in cui gran parte dell’offerta è rappresentata da scatolifici puri – originari denuncianti dell’intesa attraverso l’associazione ACIS – la cui domanda, come indicato dalla stessa parte, non è interamente assorbibile dagli operatori integrati”.
5.12 Ad escludere l’unicità dell’intesa concorrono altresì la diversità del periodo temporale coinvolto nonché l’assenza di piena identità soggettiva tra gli operatori che hanno preso parte alle due infrazioni: venti parti hanno partecipato all’intesa fogli e ventiquattro all’intesa imballaggi; di queste, soltanto nove hanno partecipato ad entrambe le intese.
Gli obiettivi perseguiti e le condotte anticompetitive erano variamente articolati, così come differenti erano i destinatari degli effetti negativi di tali pratiche; infatti, l’intesa fogli è servita alla fissazione uniforme dei prezzi dei fogli in cartone ondulato, nonché alla limitazione delle tipologie di fogli rese disponibili agli scatolifici puri; l’intesa imballaggi, invece, si è caratterizzata, tra l’altro, per la presenza di una spartizione della clientela mediante accordi di non aggressione e patti di non belligeranza, oltre che per la suddivisione delle quote di mercato con riferimento ai singoli settori produttivi, come evidenziato nel provvedimento (paragrafo 377).
5.13 La sussistenza e la duplicità delle intese trovano altresì conferma alla luce degli approfondimenti svolti in sede giurisprudenziale. Come noto, in materia l’intesa restrittiva della concorrenza può realizzarsi sia mediante un "accordo", sia mediante una ''pratica concordata", cioè attraverso una forma di coordinamento e cooperazione consapevole (concertazione) tra imprese posta in essere a danno della concorrenza, che non richiede una manifestazione di volontà reciproca tra le parti, o un vero e proprio piano. L'accertamento di un'intesa anticompetitiva è il portato di un'analisi complessa ed articolata, che deve tenere conto di tutti gli elementi di prova acquisiti nella loro interezza e nella correlazione reciproca che lega gli uni agli altri. Il "parallelismo dei comportamenti" può essere considerato prova di una concertazione soltanto qualora questa ne costituisca l'unica spiegazione plausibile, tenuto conto della natura dei prodotti, dell'entità e del numero delle imprese. Le spiegazioni lecite alternative devono essere esaminate non nella loro astratta plausibilità, ma nel contesto in cui sono concretamente formulate.
Inoltre, per consolidata giurisprudenza, invero, un'intesa restrittiva della concorrenza integra una fattispecie di pericolo, nel senso che il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi già consumato.
5.14 Orbene, nel caso di specie l’Autorità ha evidenziato gli elementi della duplice intesa sotto entrambi i profili, attraverso una serie di elementi di prova circa la realizzazione di due distinte intese continuate nel tempo, volte a distorcere fortemente le dinamiche concorrenziali nei due differenti mercati, della produzione e commercializzazione dei fogli in cartone ondulato e della produzione e commercializzazione di imballaggi in cartone ondulato.
5.15 Va in definitiva confermato quanto già concluso dalla sezione nella sentenza n. 10159 del 2022: “anzitutto, non pare aver gran senso l’insistenza attorea sulla stretta correlazione tra l’intesa-fogli e l’intesa-imballaggi, quasi che la prima si fosse riverberata a cascata sulla seconda, tanto da esimere l’Autorità da una puntuale istruttoria sulla differenza tra le due intese. Non è così: in disparte le evidenze fattuali riscontrate dall’Autorità in senso contrario alla tesi attorea, dirimente s’appalesa, in base a ferma giurisprudenza UE, per stabilire se i vari comportamenti illeciti integrino una sola o più intese, se le predette intese rientrino ciascuna o tutte quante in un “piano d’insieme”. Quest’ultimo, pur se connotato da una pluralità di azioni e condotte, in realtà descrive l’elemento decisivo ai fini dell’accertamento dell’esistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza e, nella specie, di un’unica infrazione specifica per volta. Invero, le azioni relative ai due diversi mercati s’inscrivono in altrettanti, ma separati piani globali, dei quali, a seconda che si muovano in uno, nell’altro o in entrambi i contesti, i partecipanti sono ben a conoscenza di qual sia il tipo d’intesa in cui stanno operando” ( Corte Giustizia UE 7 gennaio 2004 in C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, Aalborg Portland v. Commissione ).
L’unicità dell’intesa va dunque riconosciuta quando si possa stabilire che ciascuna delle parti sia a conoscenza non solo dell’obiettivo comune, ma anche delle azioni poste in essere dalle altre parti per raggiungerlo. Mentre, ove manchi la prova della conoscenza del “piano d’insieme”, nei sensi innanzi precisati, da parte di tutte le imprese coinvolte, l’intesa unica non può essere riconosciuta, nonostante la sussistenza in concreto di alcuni degli elementi indicativi dell’esistenza di detto “piano d’insieme”. Nel caso di specie anche la diversa partecipazione a differenti riunioni da parte delle diverse imprese coinvolte conferma l’insostenibilità dell’unicità dell’intesa .
Sul punto non occorre rimettere la questione alla Corte Ue per difetto di rilevanza non potendosi dubitare che la duplicità delle intese sia stata ritenuta non solo per l’elemento psicologico della esistenza del piano d’insieme ma per le caratteristiche dei mercati prima descritte, analizzate alla luce di pacifici orientamenti della Corte Ue in materia di mercato rilevante.
La mancanza del piano di insieme inteso nel senso predetto nella specie è stato uno solo degli elementi che hanno indotto l’Autorità ed il Tar a ritenere che ci si trovi in presenza di una duplicità di intese.
La unicità o duplicità delle intese dipende in primis dall’identificazione del mercato rilevante.
La definizione del mercato rilevante deve avvenire in concreto non è mai un processo meccanico od astratto, è un giudizio da svolgersi in una prospettiva dinamica, che deve rispondere alle esigenze della tutela della concorrenza nel caso specifico.
In presenza di mercati rilevanti individuati in ragione delle caratteristiche dei prodotti, fogli ed imballaggi, dal lato della domanda e dell’offerta, sul piano merceologico e geografico, e di finalità diverse delle intese ( restrizioni produttive o spartizioni della clientela ) nonché di diversità dei partecipanti alle medesime, l’assenza di un piano di insieme rileva come uno solo degli elementi di giudizio non in grado di inficiare la conclusione raggiunta dall’Autorità perché la continuazione della condotta, come giustamente rilevato dalla parte appellante, si riverbera soprattutto sul momento successivo, relativo alla partecipazione del singolo all’intesa ed alla necessaria personalizzazione della sanzione.
Qui è la prospettiva dell’appellante a confondere però i due piani: ferma la non esclusività e la non decisività del piano d’insieme considerato solo in prospettiva psicologica, alla luce degli elementi prima evidenziati, per ritenere l’unicità dell’intesa dovendosi invece avere riguardo ad un complesso di elementi, è evidente che il piano di insieme possa essere considerato come uno degli elementi di giudizio e debba allora essere riguardato – quando lo si considera come un elemento di valutazione della fattispecie oggettiva dell’intesa – ab externo come sussistente solo ove sussista la consapevolezza di tutti di interagire per un’unica finalità , circostanza da riguardarsi in concreto dal giudice nazionale ( alla luce del chiaro precedente Corte Ue prima citata 7 gennaio 2004 ), mentre possa e debba essere riguardato successivamente unicamente nella prospettiva soggettiva, della convinzione di una singola impresa di porre in essere un’unica condotta anticoncorrenziale come fatto che rileva sul piano della personalizzazione della sanzione o del cumulo giuridico nei sensi che avanti si vedranno.
Ma anche l’esistenza del complesso di precedenti richiamati esclude la rimessione.
Dalla giurisprudenza risulta che il mercato rilevante è solo un criterio pertinente, tra i tanti criteri adottabili per ritenere in concreto una intesa unica o plurima (“l’esistenza di mercati di prodotti differenti, seppur contigui, rappresenta un criterio pertinente per la determinazione della portata e, pertanto, dell’identità delle violazioni dell’articolo [101 TFUE]” (T-27/10, AC Treuhand, § 249, enfasi aggiunta).
Qui i mercati sono complementari ma diversi e l’Autorità ha ben motivato l’esistenza di due intese, anche sulla base della loro struttura e finalità oltre che delle caratteristiche dei mercati rilevanti.
Come sostenuto dalla giurisprudenza comunitaria “al fine di qualificare diversi comportamenti illeciti come infrazione unica e continuata alle regole della concorrenza, occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori” (cfr. Tribunale I grado UE sez. III, 27/06/2012, n.439). Ebbene, l’Autorità ha nitidamente escluso tale nesso di complementarietà tra le due intese sulla base delle semplici considerazioni in base alle quali tale interazione reciproca non sussiste.
Infatti, al par. 378 l’Autorità afferma che “ciascuna intesa realizza il suo obiettivo senza necessità dell’altra” e motiva ciò chiarendo che “l’intesa sul mercato del foglio è infatti in danno degli acquirenti di fogli, e la maggiore marginalità sul mercato in cui essi operano è assicurata senza necessità di ulteriore collusione sul mercato a valle, in cui gran parte dell’offerta è rappresentata da scatolifici puri”.
Il Collegio è dell’avviso che non sussista obbligo di rinvio le quante volte sia sufficiente accertare l’inammissibilità della questione pregiudiziale perché non vertente su un reale quesito interpretativo (le questioni poste non sono infatti d’interpretazione, ma di corretta applicazione della disposizione europea rilevante nel caso concreto) e tanto si verifica in presenza di un numero di significativi precedenti capaci di orientare la soluzione del caso.
6. Passando all’esame delle censure concernenti il terzo ordine di motivi, come sopra riassunti, gli elementi raccolti in sede procedimentale appaiono sufficienti al fine di ritenere provata la contestata partecipazione all’intesa.
6.1 In linea generale, va ricordato che l’intesa restrittiva della concorrenza integra una fattispecie di pericolo, nel senso che il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi già consumato (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. VI , 10/01/2020 , n. 236).
La ricostruzione della fattispecie collusiva postula una valutazione globale delle prove acquisite, al fine di dare evidenza dell'intero assetto dei rapporti intercorrenti tra le imprese; ciò esclude la possibilità di parcellizzare i singoli elementi probatori sulla base di una considerazione meramente atomistica degli stessi. In tale contesto, l’accertamento dell’intesa non richiede la prova documentale, ciò in quanto la volontà convergente delle imprese volta alla restrizione della concorrenza può essere provata attraverso qualsiasi congruo mezzo; nello specifico, la prova della pratica concordata oltre che documentale può essere indiziaria, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti.
6.2 Orbene, nel caso di specie la solidità del supporto probatorio emerge sia in generale sia in relazione alle singole partecipazioni.
6.2.1 Sul primo versante, l’accertamento si fonda sulla peculiare circostanza per cui quattro imprese parti dei due diversi illeciti (cc.dd. leniency applicant) hanno confessato la propria partecipazione agli illeciti, rendendo all’Autorità le relative dettagliate dichiarazioni, il cui contenuto è debitamente riportato nel provvedimento, alla cui conferma contribuisce la relativa documentazione acquisita agli atti.
Inoltre, come già evidenziato dalla sezione nel precedente 10159 del 2022, se la prova della concertazione si basa non sulla percezione d’un parallelismo di comportamenti tra le imprese colluse, ma sull’istruttoria dell’Autorità da cui emerga che le pratiche siano il frutto di una concertazione e d’uno scambio di informazioni concrete tra le imprese (in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anti-concorrenziale), grava sulle imprese l’onere di fornire una diversa e ragionevole spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti.
Sempre in via generale, va ribadito che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità antitrust comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicarne della legittimità, salvo non includano valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità, nel qual caso il sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Autorità.
6.2.2 Sul secondo versante, anche sulla scorta del principio da ultimo ricordato, nel caso della società appellante, gli elementi acquisiti delineano un quadro univoco in ordine alla partecipazione all’intesa fogli che non è oggetto di alcuna contestazione specifica ma di pacifica ammissione ( l’Autorità ha ritenuto Smurfit avente un ruolo di leadership della intesa fogli ); ciò, incidentalmente conferma ulteriormente la conclusione nel senso della duplicità dell’intesa.
La partecipazione all’intesa imbalaggi invece risulta confermata dalle dichiarazioni rese in sede di audizione da un ex dipendente, il quale ha confermato di aver partecipato ad incontri relativi al settore delle scatole quando era in forza presso gli stabilimenti di Smurfit Sisa nel centro e nel nord Italia, presso l’hotel San Marco di Parma (cfr. paragrafo n. 233 del provvedimento).
Emergono poi le dichiarazioni di leniency applicant secondo cui le riunioni di vertice erano coordinate da un nucleo forte di imprese rappresentato dalle multinazionali; queste ultime (che sono le uniche ad essere tradizionalmente integrate a monte anche nella produzione di carta e presenti sull’intero territorio nazionale, partecipando, in questo contesto, a tutte le sessioni di riunioni regionali), in una prima fase erano rappresentate in particolare da Nettingsdorfer e Smurfit Sisa, poi Smurfit Kappa, da SCA, poi DS Smith (cfr. paragrafo 238 del provvedimento). Assumono ulteriore rilievo le dichiarazioni di un altro leniency applicant secondo cui era Smurfit Kappa, insieme a DS Smith, a formulare gli inviti alle riunioni per il periodo 2008-2009, nonché ad aver effettuato richiami telefonici anche nel periodo 2010-2014 in cui l’applicant non ha partecipato alle riunioni regionali. Va parimenti condivisa la conclusione del Tar in merito alla sussistenza di prove della sua partecipazione all’intesa anche nel periodo più recente, sicchè va rigettata per irrilevanza la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sollevata dall’appellante circa la rilevanza di un’aperta dissociazione dell’impresa in caso di difetto di prova della continuazione dell’illecito nel caso di intese pluriannuali. Nel caso in esame, infatti, va condiviso quanto dedotto da parte appellata, nel senso che, cadendo la data di inizio dell’intesa sugli imballaggi il 7 settembre 2005, come confermato anche dall’appellante, può ritenersi non contestata e comunque provato – sulla scorta delle stesse deduzioni ricorrenti che sottolinea la carenza di prove da metà dicembre 2005 - che dal 7 settembre 2005 al 14 dicembre 2005 e, poi, dal 3 dicembre 2012 fino alla data di cessazione dell’intesa, la partecipazione all’intesa imballaggi. Peraltro i numerosi elementi acquisiti e posti a base del provvedimento impugnato in prime cure confermano la correttezza dell’impostazione delle determinazioni contestate.
Peraltro, la sezione ha già avuto modo di evidenziare, proprio con riferimento alle intese in esame, che se l’attendismo attoreo e la brevità del contatto illecito con le altre imprese colluse non fanno certo dell’appellante l’artefice o l’ideatrice, non per ciò solo la rendono vittima o, comunque, immune da colpe; la dissociazione dev’esser operosa, ogni altra condotta, pur se contraria ma passiva, appalesandosi petizione di principio. Piuttosto, tali elementi andranno tenuti in debita considerazione a fini di determinazione della sanzione, nei termini che seguiranno.
Va altresì ribadito quanto già evidenziato, in ordine al fatto che, anche secondo la giurisprudenza europea (cfr. ad es. CGUE 4/7/09 - C 8/08), l’intesa o la pratica concordata deve semplicemente essere idonea in concreto, tenuto conto del contesto giuridico ed economico nel quale si inserisce, ad impedire, restringere o falsare la concorrenza ed ha aggiunto che potrebbe essere sufficiente nello scambio di informazione anche una sola presa di contatto al fine di pervenire ad una cooperazione di fatto sostitutiva della concorrenza e dei rischi che questa ultima comporta.
Ancora, la giurisprudenza europea (cfr. ad es. Corte giustizia UE , sez. I , 19/03/2009 , n. 510) ha ribadito che, affinché sia provata la partecipazione di un’impresa ad un’intesa, è sufficiente dimostrare che l’impresa stessa abbia partecipato a riunioni in occasione delle quali siano stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta. Ove sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni siffatte, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione alle riunioni fosse priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando di aver indicato alle sue concorrenti che essa partecipava alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro. La comprensione delle intenzioni dell’impresa interessata ricavata dagli altri partecipanti all’intesa, è determinante per poter valutare se l’impresa stessa abbia inteso dissociarsi dall’accordo illecito. Pertanto, il semplice fatto di abbandonare una riunione non può essere, di per sé, considerato quale dissociazione pubblica dall’intesa di cui trattasi e spetta all’impresa interessata fornire indizi atti a dimostrare che i partecipanti all’intesa consideravano che la detta impresa avesse posto termine alla propria partecipazione. In materia la stessa giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare come si possa presumere ai sensi dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE che i summenzionati operatori economici abbiano partecipato ad una «¿pratica concordata¿», a condizione che essi si siano astenuti dal dissociarsi pubblicamente dalla suddetta pratica, non l'abbiano denunciata alle autorità amministrative o non abbiano apportato altre prove per confutare siffatta presunzione, quali la prova dell'applicazione sistematica di uno sconto superiore al tetto di cui trattasi (cfr. Corte giustizia UE sez. V, 21/01/2016, n.74).
7. Un ulteriore profilo di censura concerne la quantificazione della sanzione.
7.1 In particolare viene riproposta la già dedotta (in primo grado) violazione degli artt. 15 e 31 della L. n. 287/1990 e dell’art. 11 della L. n. 689/1981 censurando l’entità della sanzione ritenuta essere non proporzionata nel suo ammontare alla effettiva gravità della violazione contestata e non correttamente rimodulata avuto riguardo alle specifiche circostanze del caso concreto ed all’incongrua valutazione delle circostanze attenuanti.
7.2 In merito a detto profilo, l’Autorità smentisce le tesi di parte originaria ricorrente allegando la coerenza delle valutazioni espresse circa la gravità della condotta e in merito alle rilevate circostanze aggravanti e attenuanti, con i criteri di cui ai punti 25 e 34 delle Linee Guida.
7.3 Preliminarmente allo scrutinio di tale ultimo ordine di censure, è opportuno effettuare una sintetica ricognizione del contesto normativo riferimento cui, peraltro, l’Autorità afferma di essersi attenuta nella quantificazione degli importi comminati.
Ai sensi dell’art. 31 della L. n. 287/1990 «per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689».
L’art. 11 della fonte normativa richiamata dispone che «nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche».
L’impianto normativo prevede, pertanto, la modulabilità della sanzione in ragione delle specificità del caso concreto.
Le Linee Guida, in tema di quantificazione della sanzione, dispongono ai punti 7 e ss. che la sanzione venga calcolata moltiplicando una percentuale del valore delle vendite determinata in funzione della gravità dell’infrazione, per la durata dell’intesa contestata (espressa in anni, mesi e giorni).
Il valore rilevante ai presenti fini, è quello del fatturato generato, anche attraverso eventuali società controllate, dalla produzione e commercializzazione dei beni oggetto dell’intesa nell’ultimo anno intero di partecipazione alla stessa, al netto di IVA e altre imposte.
L’importo assunto quale base di calcolo della sanzione è, quindi, ancorato ad un dato di base ricavato sulla base di dati oggettivi.
L’importo così calcolato viene considerato solo per una quota parte percentuale da definirsi, a cura dell’Autorità, in funzione della gravità dell’infrazione, nella misura massima del 30% del valore delle vendite.
È, altresì, previsto che in presenza di violazioni particolarmente gravi quali, per espressa previsione, le intese orizzontali segrete di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazioni della produzione (caratteri rilevati e contestati dall’Autorità), la percentuale di riduzione non possa essere inferiore al 15%.
Nel caso di specie, l’Autorità, sul rilievo dell’indisponibilità di elementi certi circa l’effettivo impatto dell’intesa sul mercato, applicava a tutte le partecipanti lo specificato valore percentuale minimo.
Il quantum così parametrato, ai sensi dell’art. 25 delle Linee Guida, viene rimodulato in relazione alle responsabilità del singolo operatore tenuto conto di eventuali circostanze aggravanti/attenuanti rinvenibili nella fattispecie.
L’importo risultante all’esito del descritto procedimento di calcolo, è ulteriormente previsto che non possa eccedere il tetto fissato dall’art. 15 della L. n. 287/1990, a norma del quale, nel testo ratione temporis vigente, l’Autorità «nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravità e della durata dell'infrazione, dispone inoltre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato».
Ai sensi dell’art. 30 delle Linee Guida, una ulteriore riduzione della sanzione sino alla concorrenza dell’importo della stessa, è riconoscibile in applicazione di un programma di clemenza.
La considerazione delle circostanze concrete (dimensioni delle aziende e rilievo del ruolo rivestito nell’intesa), ai sensi dell’art. 34 delle Linee Guida, può consentire una ulteriore riduzione della sanzione.
7.4 Ciò premesso, l’Autorità, a sostegno della congruità e ragionevolezza della sanzione comminata, allega la già evidenziata applicazione, per tutte le partecipanti alle intese, del coefficiente di gravità nella misura minima del 15% del valore delle vendite, procedendo, come indicato nelle tabelle riportate nel provvedimento impugnato, alle ulteriori riduzioni (in termini percentuali variabili in relazione ad ogni singola fattispecie) contemplate dall’illustrata normativa.
L’applicazione del coefficiente in questione nella misura minima a fronte della oggettiva gravità delle intese, da ritenersi sussistente in ragione della descritta natura delle stesse, a prescindere dagli effetti indotti sul mercato, priverebbe per ciò solo di pregio la dedotta incongruità dell’importo della sanzione.
Di diverso avviso l’originaria ricorrente che evidenzia una pluralità di profili di erroneità nella quantificazione della misura.
7.5 Sempre in punto di entità della sanzione, è dedotto, infine, uno scarso coordinamento fra la disciplina di cui alle più volte richiamate Linee Guida e la legislazione antitrust che sterilizzerebbe i descritti meccanismi di parametrazione della sanzione, predisposti per commisurare la stessa alla concreta fattispecie.
In particolare è evidenziata l’incongruità della previsione di cui al punto 12 delle Linee Guida laddove individua la base di calcolo della sanzione nel 15 – 30% del fatturato di vendita, in relazione a quanto, invece, disposto dall’art. 15 della legge n. 287/1990 che fissa il tetto massimo della misura nel 10% delle vendite.
Il combinato disposto dei due criteri di delimitazione della sanzione, nei termini dedotti, determinerebbe un illegittimo livellamento degli importi delle sanzioni riducendo entro limiti pressoché inesistenti la possibilità di effettuare una effettiva personalizzazione delle stesse poiché, anche l’applicazione del coefficiente di gravità nella misura minima del 15%, determinerebbe, pur in presenza di limitatissime durate della pratica scorretta, importi superiori al limite legale di cui all’art. 15.
7.6 La doglianza coglie nel segno.
Come anticipato, il coefficiente di gravità consente di definire sulla base di un parametro certo (volumi di vendita) l’importo base cui applicare gli aumenti e riduzioni commisurati alle concrete peculiarità della condotta oggetto di contestazione.
Tuttavia, lo scarto esistente fra il minimo valore percentuale del 15% del coefficiente in questione e il massimo valore percentuale del tetto imposto dalla norma nel 10%, determina nel concreto un appiattimento della sanzione su quest’ultimo valore frustrando la ratio della disciplina di settore, sia di rango legislativo che regolamentare, astrattamente improntata ad una differenziazione della sanzione in funzione delle specificità delle condotte e dei ruoli imputabili a ciascun singolo operatore.
La circostanza trova indiretta conferma nello stesso provvedimento impugnato (punto 504) laddove l’Autorità precisa che le sanzioni applicate alle partecipanti alle intese oggetto del presente giudizio, «eccedono per la maggior parte delle aziende coinvolte, il limite massimo previsto dall’art. 15, comma 1, della legge n. 287/1990».
Ne deriva che, sia pur in termini non assoluti ma percentuali, il tetto legale determina una riduzione tanto più significativa quanto è maggiore lo scostamento in aumento della sanzione.
In altri termini, il beneficio riconosciuto dalla norma ad ogni azienda, si determina in funzione dell’entità dello scostamento della sanzione (calcolata come sopra descritto) dal tetto legale, determinando il paradossale risultato che maggiore è la gravità della condotta, maggiore può rivelarsi il vantaggio che il trasgressore ricava.
È, quindi, possibile affermare che la ratio sottesa alla norma di legge, individuabile nella necessità di contenere l’entità della sanzione entro limiti di sostenibilità finanziaria, di fatto limita, quando non esclude, la possibilità di graduare la stessa adeguandola alle effettive responsabilità degli autori delle condotte illegittime.
Dell’eliminazione di tale discrasia dovrà farsi carico l’Autorità in sede di ridefinizione degli importi delle sanzioni considerando il valore primario della disposizione di cui all’art. 15 della L. n. 287/1990.
7.7 In proposito, con particolare riferimento alla questione pregiudiziale sollevata da parte appellante, non risultano sussistenti i presupposti relativi a fronte sia della chiarezza della giurisprudenza in materia sia delle seguenti precisazioni, oltre che – in termini di rilevanza - alla necessaria rideterminazione da parte dell’Autorità, conseguente all’accoglimento del gravame in parte qua.
In punto di diritto, occorre premettere che, sulla base dei c.d. Engel criteria (affermati per la prima volta dalla Corte EDU con la sentenza della Grande Sezione, 8/6/1976, caso n. 5100/71, Engel e altri c. Paesi Bassi e poi ripresi, con le sentenze 21/2/1984, caso n. 8544/79, Öztürk c. Germania; 4/3/2014, casi nn.18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/19, Grande Stevens e altri c. Italia; 27/9/2011, caso n. 43509/08, Menarini Diagnostics s.r.l. c. Italia), alla sanzione antitrust è da attribuire, in considerazione della sua afflittività, natura sostanzialmente penale.
Tale sanzione, in coerenza con la finalità che le è propria, dev’essere idonea a fungere da strumento di deterrenza rispetto alla commissione di condotte collusive, ma al contempo dev’essere essere proporzionata all’illecito addebitato, in modo da evitare che diritti fondamentali, anche economici, vengano sacrificati da aggressioni sproporzionate e non giustificate.
Esso, dunque, si articola in tre distinti profili:
- idoneità -> rapporto tra il mezzo adoperato e l'obiettivo perseguito. In virtù di tale parametro l'esercizio del potere è legittimo solo se la soluzione adottata consenta di raggiungere l'obiettivo;
- necessarietà -> assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo ma tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo In virtù di tale parametro la scelta tra tutti i mezzi astrattamente idonei deve cadere su quella che comporti il minor sacrificio;
- adeguatezza -> tollerabilità della restrizione che comporta per il privato. In virtù di tale parametro l'esercizio del potere, pur idoneo e necessario, è legittimo solo se rispecchia una ponderazione armonizzata e bilanciata degli interessi, in caso contrario la scelta va rimessa in discussione” (così Cons. Stato, Sez. VI, 17/4/2007, n.1736; per l’affermazione del principio di proporzionalità come criterio guida in materia di sanzioni antitrust, si vedano anche Cons. Stato, Sez. VI, 5/8/2013, n. 4085; 12/7/2011, n. 4202; 29/12/2010, n. 9575; Corte Giust. UE, Sez. IV, 16/6/2022, in C-697/19).
Orbene, alla luce delle considerazioni svolte, deve ritenersi che il criterio di calcolo della sanzione basato sul c.d. cumulo materiale, connotato da un certo automatismo, se generalmente adottabile, non risulti conforme al principio di proporzionalità, quantomeno nei casi, come quello di specie, nei quali la condotta addebitata, incidente su mercati tra loro interconnessi, sia riguardabile come continuata ( a parte subiecti ), e la configurazione di un duplice illecito sia dipesa solo dalla circostanza, del tutto estrinseca rispetto all’impresa sanzionata, della mancata prova che tutti gli altri operatori economici coinvolti condividessero l’obiettivo comune.
E invero, ritiene il Collegio, che in tali casi, l’istituto penalistico della continuazione, pur non direttamente applicabile alle sanzioni antitrust, debba, comunque orientare l’azione dell’Autorità nel determinare in concreto la pena pecuniaria applicabile (restando il cumulo materiale il limite massimo – fra l’altro più favorevole del limite penalistico – ma operando un aumento proporzionato sul richiamato massimo del 10% ).
L’appello, relativo alle summenzionate plurime censure del trattamento sanzionatorio, va, pertanto, accolto.
Per conseguenza, l’Autorità dovrà procedere a rideterminare l’entità delle due sanzioni in osservanza del enunciato principio, facendo sì che il loro complessivo ammontare si mantenga, comunque, superato il limite edittale del 10% del fatturato globale dell’impresa, in misura superiore ma proporzionata alla interconnessione - puramente soggettiva – ossia relativa al solo elemento psicologico della Smurfit - non tale da integrare il piano d’insieme - delle due diverse intese.
8. Va precisato che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell'ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021 n. 6209, 13 settembre 2022 n. 7949 e 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
9. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello è in parte fondato, limitatamente all’annullamento della quantificazione della sanzione.
Sussistono giusti motivi, a fronte della complessità della fattispecie e della parziale soccombenza reciproca, per compensare le spese del doppio grado giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado limitatamente alla quantificazione della sanzione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.