In caso di immobile ad uso commerciale, il conduttore risponde del crollo del controsoffitto solo se rifiuta l'esecuzione dei lavori e il trasferimento in altri locali offerti dal proprietario. Quest'ultimo è invece esente da colpa solo se intima al danneggiato di liberare l'immobile per eseguire il necessario intervento di manutenzione.
Un conduttore adiva il Tribunale di Firenze per chiedere il ristoro dei danni subiti in conseguenza del crollo del controsoffitto di uno dei locali dell'edificio concessogli in locazione dal convenuto. Il Giudice di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, riconoscendo il concorso di colpa del danneggiato
Svolgimento del processo
1. La Ditta T. di C.L. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 76/19, del 16 gennaio 2019, della Corte di Appello di Firenze, che - accogliendo il gravame esperito da A. O. avverso la sentenza n. 3192/17, del 6 ottobre 2017, del Tribunale di Firenze - ha rigettato la domanda risarcitoria dalla stessa proposta nei confronti dell'O., ponendo a carico dell'appellata le spese di ambo i gradi di giudizio, anche quanto alla domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato in garanzia, ITAS-Istituto Trentino Alto Adige per Assicurazioni Mutua (d'ora in poi, "ITAS").
2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di aver convenuto in giudizio l'O., per chiedere il ristoro dei danni subiti in conseguenza del crollo del controsoffitto di uno dei locali dell'edificio concessole in locazione dal convenuto, evento addebitato alla scarsa manutenzione della "res locata".
Costituitosi in giudizio, l'O. - oltre a resistere alla domanda - chiamava in causa il proprio assicuratore, ITAS, per essere dallo stesso manlevato. Il terzo chiamato, peraltro, sosteneva la non applicabilità della polizza assicurativa, sia perché l'evento dannoso sarebbe stato mancante della necessaria incertezza nel suo verificarsi, sia perché non rientrante tra quelli oggetto del contratto di assicurazione.
Istruita la causa anche attraverso lo svolgimento di CTU, il giudice di prime cure decideva la stessa accogliendo la domanda risarcitoria, sebbene riconoscendo "il concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 cod. civ.", condannando, così, il convenuto a pagare all'attrice la somma, equitativamente determinata, di € 6.000,00, rigettando, invece, la domanda di manleva dallo stesso proposta nei confronti di ITAS, compensando integralmente, tra il terzo chiamato e l'O., le spese relative al loro rapporto processuale.
Esperiva gravame il convenuto soccombente, chiedendo - tra l'altro - che il fatto fosse "ricostruito nel senso che la T., con il proprio comportamento colposo" (consistito nel mancato trasferimento in una stanza attigua a quella poi interessata dal sinistro, resa disponibile dal locatore affinché si procedesse alle riparazioni raccomandate da un'impresa edile, interpellatc1 dopo che era stato udito un rumore sul soffitto, tre mesi prima del crollo), non potesse "che imputare a se stessa quanto successivamente accaduto".
Il giudice di appello, come detto, accoglieva il gravame, rigettando la domanda risarcitoria e ponendo a carico della Ditta T. le spese dei due gradi di giudizio, anche quanto al rapporto processuale tra il già convenuto e il terzo chiamato.
3. Avverso la sentenza della Corte fiorentina ha proposto ricorso per cassazione la ditta T., sulla base - come detto - di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91, 92, 112 e 329, comma 2, cod. proc. civ., in combinato disposto tra loro.
Si censura la condanna al pagamento delle spese sopportate da ITAS per entrambi i gradi di giudizio, quantunque la disposta compensazione integrale di quelle di primo grado, tra il terzo chiamato in garanzia e il convenuto, non fosse stata impugnata da nessuno di essi, donde - si assume - la formazione, sul punto, di un giudicato.
3.2. Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1227, comma 2, cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata perché, diversamente da quella resa dal Tribunale, ha ritenuto applicabile non il primo comma, bensì il secondo comma, dell'art. 1227 cod. civ., '·'senza tuttavia fornire gli elementi necessari del ragionamento logico giuridico che ha condotto alla emanazione dell'impugnato provvedimento".
Elemento essenziale per l'applicazione dell'art. 1227, comma 2, cod. civ., è in primo luogo - evidenzia la ricorrente - "l'accertamento dell'esistenza di un danno risarcibile e, dunque, del nesso di causalità tra la condotta (commissiva od omissiva) del debitore e l'evento dannoso e, conseguentemente, l'accertamento dell'attribuibilità (e dunque della responsc1bilità) dell'illecito in capo al soggetto che l'ha causato". Parimenti necessario è, poi, "l'accertamento dell'esistenza cli un aggravamento del danno e, dunque, del nesso di causalità fra la condotta (commissiva od omissiva) del danneggiato/creditore e i «danni ulteriori»". Infine, ultimo elemento è "l'accertamento della qualificazione della condotta del creditore, successiva al danno, come contraria all'ordinaria diligenza".
Nel caso che occupa, però, la Corte fiorentina, considerando il danno causato dall'O. come solo "potenziale" (facendo riferimento a un pericolo di crollo), per neutralizzare il quale era richiesta la collaborazione della Ditta T., "al fine di evitare «lo specifico ed ampiamente prevedibile danno in concreto poi occorso»", avrebbe dato rilievo - secondo la ricorrente - ad una fattispecie riconducibile alla previsione del comma 1 dell'articolo 1227 cod. civ.
Infatti, il mancato trasferimento in altri locali, condotta nella quale viene ravvisata la "causa sopravvenuta" del danno, non può - secondo la ricorrente - essere considerato in grado di escludere il nesso di causalità tra il precedente contegno dell'O. e il danno stesso. Invero, in assenza della violazione del dovere di mantenere la cosa locata in buono stato manutentivo, l'evento non si sarebbe verificato a causa della semplice permanenza della Ditta T. nei locali. Considerando, dunque, l'ipotesi di crollo come un "probabile pericolo", e non come un attuale danno da mancata manutenzione, la Corte fiorentina "ha reso egualmente rilevanti entrambe le condotte nella causazione dell'unico danno accertato in sentenza".
In ogni caso, la pronuncia è censurata anche perché - .a voler ritenere applicabile il comma 2 dell'art. 1227 cod. civ. - non sarebbe stata sufficientemente motivata la qualificazione della condotta della Ditta T. in termini di contrarietà all'originaria diligenza.
Invero, secondo la sentenza impugnata, il locatario aveva a disposizione la scelta fra due opzioni: il rilascio definitivo del locale o il temporaneo trasferimento in altri locali. Tuttavia, entrambe le soluzioni - si sottolinea - avrebbero comportato rischi e sacrifici non immediatamente qualificabili come inferiori rispetto al restare nei locali, sicché la sentenza impugnata avrebbe contravvenuto all'orientamento della giurisprudenza di legittimità, definito "uniforme e granitico", secondo cui l'ordinaria diligenza (rilevante ai fini e gli effetti di cui al comma 2 dell'articolo 1227 cod. civ.) non può richiedere lo svolgimento di attività gravose od eccezionali.
3.3. Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
In questo caso, si censura la sentenza impugnata per avere completamente disatteso e non considerato, ai fini della corretta applicazione dell'art. 1227 cod. civ., "l'accertata in1jubbia violazione", da parte dell'O., "delle norme che impongono al locatore di consegnare e mantenere la cosa locata in buono stato manutentivo ed in modo da renderla idonea all'uso pattuito".
In particolare, non sarebbe stata minimamente considerata e valutata la possibilità che gli interventi manutentivi fossero eseguiti dall'esterno, così neutralizzando il rischio del crollo, evitando però, nel contempo, il trasferimento della Ditta T. in altri locali.
4. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, l'O., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
5. È rimasto solo intimato l'ITAS.
6. Nelle more del presente giudizio è intervenuta, il 28 marzo 2019, una scrittura privata - sottoscritta anche dai rispettivi difensori - tra la Ditta T. e l'ITAS, con cui la prima dichiara di rinunciare al primo motivo di ricorso. Tale scrittura è stata depositata da parte ricorrente in Cancelleria, come da relativa nota, il 28 maggio 2019.
7. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art.
380-bis.1 cod. proc. civ.
8. Il controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
9. In via preliminare, in relazione al primo motivo di ricorso, preso atto della rinuncia allo stesso (con accettazione della sola parte interessata), occorre dichiarare l'estinzione parziale del presente giudizio di legittimità, quanto al rapporto processuale tra la ditta T. e l'ITAS.
9.1. Va dato seguito, infatti, all'affermazione - già compiuta da questa Corte, con pronuncia risalente nel tempo, ma espressa al suo massimo livello nomofilattico - secondo cui "il principio dell'unità del processo non è di ostacolo a che produca effetto una dichiarazione di rinunzia, accettata, ad alcuni dei motivi di un ricorso per Cassazione, proposti nei confronti di solo unc1 delle controparti, ove la rinunzia si riferisca ad un rapporto processuale che, quantunque congiunto con quello instaurato con le altre parti, non sia inscindibile da questo", potendo, in tal caso, il processo "dichiararsi estinto, limitatamente al rapporto processuale fra le parti fra le quali la rinunzia è intervenuta, (così Cass. Sez. Un., sent. 19 gennaio 1970, n. 107, Rv. 344817-01).
9.2. Essendo rimasto l'ITAS solo intimato, non vi è necessità provvedere - quanto al rapporto processuale tra esso e la Ditta T. - alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
10. Ciò premesso, il ricorso va accolto, invece, quanto al suo secondo motivo.
10.1. La sentenza impugnata, come lamentato dalla ricorrente, è incorsa in una falsa applicazione dell'art. 1227, comma 2, cod. civ.
10.1.1. La pronuncia in esame, infatti, ha dato rilievo - ai sensi, dichiaratamente, della norma "de qua" - alla condotta della stessa danneggiata, consistita nel rifiuto di traferirsi in altri locali per consentire l'esecuzione dei lavori che consentissero di neutralizzare il pericolo di crollo, poi verificatosi, affermando di volerla considerare sul piano dell'aggravamento delle conseguenze dannose, ma apprezzandola, in realtà, sul piano dell'eziologia dell'evento di danno (peraltro erroneamente, per le ragioni di cui si dirà).
La sentenza impugnata ricollega alla condotta tenut21 dalla parte conduttrice, consistita nel permanere nell'immobile sebbene "consapevole del rischio di crolli", lo "specifico ed ampiamente prevedibile danno in concreto poi occorso".
Senonché, ancora di recente, questa Corte ha ribadito che nel sistema della responsabilità civile (ma per l'applicazione di questo stesso principio pure alla responsabilità contrattuale si veda Cass. Sez. 1, sent. 15 ottobre 1999, n. 11629, Rv. 530665-01, nonché più di recente, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 21 gennaio 2020, n. 1164, Rv. 656634-01, non massimata sul punto) "occorre distinguere nettamente, da un lato, il nesso che deve sussistere tra comportamento ed evento perché possa configurarsi, a monte, una responsabilità (Haftungsbegrilndende Kausalitat) e, dall'altro, il nesso che, collegando l'evento al danno, consente l'imputazione delle singole conseguenze dannose ed ha, quindi, la precipua funzione di delimitare, a valle, i confini di una (già accertata) responsabilità (Haftungerfullende Kausalitat)", essendosi anche rimarcato il diverso ambito di operatività che, in relazione a tali accertamenti, svolge l'art. 1227 cod. civ., visto che il solo comma 1 "attiene al contributo eziologico del debitore nella produzione dell'evento dannoso", mentre il comma 2 "attiene al rapporto evento-danno conseguenza, rendendo irrisarcibili alcuni danni" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 19 febbraio 2013, n. 4043, Rv. 625453-01, ripresa, sempre in motivazione, più di recente da Cass. Sez. 3, sent. 21 gennaio 2020, n. 1165, Rv. 656688-01).
Orbene, la Corte fiorentina, pur dichiarando di voler applicare l'art. 1227, comma 2, cod. proc. civ., ha affermato che il conduttore, trasferendosi altrove per consentire lo svolgimento degli "interventi manutentivi" necessari sulla "res locata", avrebbe potuto "evitare lo specifico ed ampiamente prevedibile danno in concreto poi occorso".
La valutazione del giudice di appello è rimasta, dunque, tutta "a monte" dell'accertamento della responsabilità. Appare, in sostanza, circoscritta al piano dell'eziologia dell'evento dannoso, avendo investito un preteso contributo che lo stesso danneggiato avrebbe recato al verificarsi dello "specifico ed ampiamente prevedibile danno in concreto poi occorso" (mostrando, peraltro, la sentenza impugnata di ritenere tale contributo come assorbente), mentre l'art. 1227, comma 2, cod. civ. viene in rilievo quando si tratti di accertare "a valle" quali delle ulteriori conseguenze dannose siano irrisarcibili, in ragione del comportamento della parte danneggiata consistito nel non evitarle, adoperando la normale diligenza.
Il Collegio rileva, a questo punto, che l'errore di sussunzione commesso dalla sentenza impugnata nel ricondurre il comportamento della ricorrente asseritamente danneggiata al secondo comma dell'art. 1227 cod. civ. anziché, quanto agli effetti attribuiti, al primo comma di tale norma, non è emendabile per il tramite di una mera correzione della motivazione ai sensi dell'art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ.
Il fatto per come apprezzato dalla sentenza impugnata, infatti, se è certamente riconducibile in astratto al primo, anziché al secondo comma, dell'art. 1227 cod. civ., non risulta nemmeno effettivamente e con certezza sussumibile sotto il detto primo comma della citata norma, stante la necessità di verificare se in concreto esso abbia concorso con il fatto della parte locatrice resistente a cagionare il danno.
La sentenza impugnata, nel ritenere assorbente la condotta del danneggiato quale causa dell'evento dannoso, negando qualsiasi rilievo alla mancata manutenzione dell'immobile, non soltanto si è posta al di fuori della fattispecie del secondo comma dell'art. 1227 e.e., ma, a ben vedere, si è collocata anche al di fuori della fattispecie del primo comma dell'art. 1227 là dove, del tutto al di fuori della sua previsione, ha considerato la condotta del danneggiato/creditore come "da sola sufficiente a provocare l'evento".
Il Collegio rileva, al riguardo, che la condotta del danneggiato è da sola sufficiente a provocare il danno allorché "autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla serie causale già in atto", in quanto solo in questo caso "le cause preesistenti degradano al rango di mere occasioni perché quella successiva ha interrotto il legame causale tra esse e l'evento" (Cass. Sez. 3, sent. 22 ottobre 2003, n. 15789, Rv. 567578-01; in senso conforme anche Cass. Sez. 3, sent. 6 aprile 2006, n. 8096, Rv. 588863-01).
10.1.2. Ebbene, dal "fatto" come pervenuto e percepibile da questa Corte non emerge minimamente che la condotta addebitata alla ricorrente come causa esclusiva del danno risulti effettivamente tale. Sicché questa Corte non può correggere la motivazione, limitandosi ad eliminare l'errato riferimento al secondo comma dell'art. 1227 cod. civ., sostituendolo, piuttosto che con il richiamo al primo comma del medesimo articolo, con l'affermazione dell'assenza totale di nesso causale fra il danno ed un comportamento addebitabile alla resistente locatrice.
Occorrerà, infatti, verificarlo sulla base delle emergenze del giudizio di merito, ciò che rende necessario il giudizio di rinvio.
Va, invero, considerato che nel caso che occupa - per come percepibile, si ribadisce, sulla base di quanto pervenuto a questa Corte - il locatore si era reso, già prima del crollo, inadempiente all'obbligo di procedere alle riparazioni di sua spettanza. Di conseguenza, dovendosi considerare pacifico che l'esecuzione delle stesse avrebbe comportato, a norma dell'art. 1583 cod. civ., l'eventualità della sospensione del godimento della "res locata", affinché la proposta, rivolta al conduttore, della fruizione di altri locali (come risultante dalla sentenza impugnata) potesse produrre la liberazione del locatore dalla mora nell'adempimento dell'obbligazione di riparazione e, quindi, esentarlo dalla responsabilità per danno, sarebbe occorsa un'intimazione al conduttore ex art. 1207 cod. civ. In altri termini, il fatto che l'esecuzione dell'obbligo manutentivo dovesse comportare la sospensione del godimento dell'immobile, implicava che la proposta rivolta dalla parte locatrice al conduttore - per come risulta dalla sentenza - della sostituzione provvisoria del godimento con quello di altri locali, per produrre liberazione del locatore dalla mora nell'adempimento dell'obbligazione di riparazione e, quindi, esentarlo dal danno, avrebbe dovuto formare oggetto di intimazione ai sensi dell'art. 1207 cod. civ.; ferma, inoltre, restando , naturalmente, anche la necessità della carenza di giustificazioni del conduttore, in relazione alla destinazione dell'immobile locato allo svolgimento della sua attività, nel non accettare l'esecuzione di siffatte riparazioni, comportanti la privazione del godimento, da parte sua, dell'immobile locato.
Solo ricorrendo tale duplice circostanza, dunque, il comportamento del conduttore non sarebbe stato concorrente nel produrre il danno, ma l'avrebbe determinato in via esclusiva.
Là dove, invece, in presenza di una giustificazione del conduttore, l'alternativa si sarebbe posta tra il ravvisare l'esclusiva responsabilità della locatrice o una concorrente di entrambe le parti contraenti, eventualmente da graduarsi.
La verifica e la valutazione della ricorrenza dell'una o dell'altra situazione andrà fatta da parte del giudice di rinvio sulla base dell'esame delle risultanze acquisite nel giudizio.
10.2. Il terzo motivo resta assorbito dall'accoglimento del secondo.
11. In conclusione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa sezione e composizione, per la decisione sul merito (oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità), alla stregua del seguente principio di diritto:
"il conduttore di un immobile ad uso diverso da quello abitativo, il quale, in presenza di un accertato pericolo di crolli, poi effettivamente verificatisi, abbia subito un danno, può essere considerato esclusivo responsabile del danno soltanto qualora, a seguito di offerta del locatore ex art. 1207 cod. civ. di procedere all'esecuzione dei lavori di manutenzione, necessari per eliminare il pericolo, accompagnata dall'offerta di un provvisorio trasferimento del godimento per lo svolgimento della sua attività in altro locale messogli a disposizione dal locatore, abbia rifiutato ingiustificatamente di trasferirvisi provvisoriamente".
Il giudice di rinvio procederà ad una nuova decisione applicando tale principio di diritto e considerando quanto in precedenza esposto.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il presente giudizio di legittimità, quanto al rapporto processuale tra la Ditta T. di C.L. e ITAS-Istituto Trentino-Alto Adige per Assicurazioni Mutua.
Accoglie, invece, il ricorso proposto contro A. O., quanto al secondo motivo, dichiarando assorbito il terzo e, per l'effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa sezione e composizione, per la decisione sul merito e sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.