- l'affido condiviso;
- il diritto di visita paritetico ad entrambi i genitori;
- la revoca dell'assegnazione della casa familiare...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
La Corte d’Appello di Venezia, in relazione all’affidamento della figlia minore nata fuori dal matrimonio, e decidendo sul reclamo proposto dalla madre, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva stabilito l’affido condiviso, il diritto di visita paritetico ad entrambi i genitori, la revoca dell’assegnazione della casa familiare alla madre, la revoca dell’assegno di mantenimento per la minore a carico del padre, la fissazione della residenza formale della minore presso la casa familiare.
A sostegno della decisione la Corte d’Appello ha affermato che la collocazione paritetica corrisponde alle indicazioni della CTU; che la minore frequenterà pariteticamente tutte e due le abitazioni dei genitori e che l’assegnazione della casa familiare costituisce esclusivo oggetto di disputa economica tra i genitori; che la madre pur se dovesse trasferirsi in comune diverso, potrà, come ha fatto il padre quando la casa familiare era ad essa assegnata, esercitare con pienezza la bigenitorialità; che le condizioni economiche delle parti sono sostanzialmente paritarie e che il risarcimento conseguito dalle conseguenze di un grave incidente, ottenuto dal padre, non può incidere sulla complessiva determinazione delle sue capacità economico-reddituali.
Infine la fissazione della formale residenza a fini amministrativi è ininfluente rispetto al regime sostanziale.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la madre della minore. Ha resistito il padre con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Devono essere esaminati in primo luogo le eccezioni d’inammissibilità del ricorso sollevate dalla parte controricorrente.
La procura speciale allegata al ricorso non è invalida. Essa è stata conferita disgiuntamente all’avv. T. e all’avv. V. e la sottoscrizione è stata autenticata dall’avv. T.. Gli adempimenti relativi alla notifica ed all’attestazione di conformità potevano, di conseguenza, essere espletati, disgiuntamente da ciascuno dei difensori come è accaduto. Non rilevano ai fini della validità della procura speciale e della attestazione di conformità richiesta dalla legge, eventuali errori materiali, in quanto non incidenti sulla comprensibilità dell’atto e sulla funzione che l’adempimento svolge.
In relazione al secondo e terzo profilo d’inammissibilità deve rilevarsi l’attinenza delle censure rispetto alle norme indicate come violate e la piena comprensibilità del fondo del motivo. Le questioni poste non possono essere qualificate seriali e rispondenti al paradigma dell’art. 360 bis c.p.c. Infine, in relazione al quarto profilo, il mancato rispetto del Protocollo non conduce all’invalidità dell’atto predisposto. (Cass. 21831 del 2021).
Nel primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 155 e 316, 337 ter, quater, quinquies e sexies c.c., per aver ritenuto corrispondente al preminente interesse della minore il regime di collocamento paritetico o più esattamente di affido condiviso con diritto di visita paritetico senza considerare il vissuto violento ed il continuo comportamento denigratorio nei confronti della madre messo in atto dal padre, il disagio della minore per la perdita della collocazione prevalente presso la madre e la frequentazione in chiave sostitutiva della compagna del padre; l’esigenza della minore della conservazione del proprio habitat presso la casa familiare la cui assegnazione è stata revocata senza una determinazione successiva e senza tenere conto che la minore, ancora in tenera età (prescolare al tempo del giudizio di appello), è cresciuta con la madre presso l’abitazione familiare.
Nel secondo motivo viene dedotto l’omesso esame di fatti decisivi culminanti nell’aver ritenuto paritaria la situazione economico- patrimoniale dei genitori della minore, anche mediante l’esclusione del risarcimento monetario ottenuto dal padre.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione della Convenzione di New York e di Istambul per non aver ritenuto preferibile, ai fini della realizzazione dell’interesse preminente del minore, la collocazione prevalente presso la madre.
Il primo motivo è fondato.
I provvedimenti che il giudice del conflitto familiare è tenuto ad adottare quando vi siano figli minori riguardano, generalmente, l’esercizio della responsabilità genitoriale da disciplinare nel modo più coerente con la realizzazione del preminente interesse del minore. Ne consegue la necessità di stabilire la modalità dell’affido, la collocazione del minore, l’assegnazione della casa familiare. Quest’ultimo provvedimento s’impone ogni qual volta vi sia stato un radicamento del minore presso un habitat preciso all’interno del quale lo stesso è cresciuto, e, come nella specie, ha condotto i primi e decisivi anni della sua vita prima con entrambi i genitori e successivamente, a seconda delle determinazioni convenzionali o giudiziali, unitamente al genitore collocatario.
La scelta di far conseguire all’affido condiviso una frequentazione sostanzialmente paritetica del minore con i genitori non esclude, di conseguenza a quale dei genitori verrà assegnata la casa familiare e nell’ipotesi in cui s’intenda procedere ad una revoca e conseguente mutamento dell’assegnazione, è necessario indicarne le ragioni in funzione dell’esclusivo interesse del minore. Fuori dell’accordo delle parti, sottoposto anch’esso alla valutazione del giudice non può essere elusa la giustificazione rigorosa del provvedimento adottato, in particolare in relazione ad un minore in tenera età, non potendosi ritenere indifferente rispetto al suo sviluppo psico fisico l’allontanamento immediato del genitore assegnatario dalla casa familiare che deve continuare a rimanere l’habitat domestico di elezione del minore stesso.
Il provvedimento di revoca della casa familiare non può costituire, come nella specie, un effetto automatico dell’esercizio paritetico del diritto di visita o del cd. “collocamento paritetico”. La valutazione che il giudice del merito deve svolgere non può limitarsi alla buona relazione del minore con entrambi i genitori ma deve avere ad oggetto una giustificazione puntuale, eziologicamente riconducibile esclusivamente alla realizzazione di un maggiore benessere del minore da ricondursi al mutamento del regime giuridico dell’assegnazione della casa familiare. Deve essere evidenziato come questo rilevante mutamento nella esperienza quotidiana di vita del minore, possa produrre, con giudizio prognostico da svolgersi con particolare rigore ove riferito ad un minore, che per la sua tenera età, non può essere ascoltato, un miglioramento concreto per lo stesso o sia finalizzato a scongiurare un pregiudizio per il suo sviluppo prodotto dal diverso regime di assegnazione anteatto. In questo quadro l’assegnazione della casa familiare ha, come affermato costantemente ed univocamente dalla giurisprudenza di legittimità (Cass.33610 del 2021) l’esclusiva funzione di non modificare l’habitat domestico e il contesto relazionale e sociale all’interno del quale il minore ha vissuto prima dell’inasprirsi del conflitto familiare. Non deve confondersi, al riguardo, il piano del rilievo economico per il genitore assegnatario, dell’assegnazione della casa familiare, dalla finalità del provvedimento, esclusivamente destinata a non compromettere lo sviluppo equilibrato del minore.
Il giudice del merito non ha fatto buon governo degli illustrati principi ritenendo di poter limitare la propria statuizione alla revoca dell’assegnazione della casa familiare senza provvedere nuovamente all’assegnazione in esclusiva funzione dell’interesse del minore.
Nella specie, dagli atti difensivi si comprende che alla revoca conseguirebbe il godimento della casa familiare in capo al padre che ne è l’esclusivo proprietario ma la conseguenza giuridica derivante dal titolo dominicale non può sostituirsi alla statuizione che deve essere assunta in funzione delle disposizioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale coerentemente con l’attuazione del preminente interesse del minore. E’, in conclusione, del tutto mancata la valutazione dell’interesse del minore ad un sostanziale mutamento di regime dell’assegnazione della casa familiare, in assenza di una puntuale giustificazione delle ragioni a sostegno della modifica. Il provvedimento di assegnazione della casa familiare così come le altre statuizioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale, non può fondarsi su una ratio implicita o essere desunto per relationem come effetto automaticamente discendente da altre disposizioni giudiziali quali quella sul diritto di visita paritetico, richiedendo una specifica ed autonoma valutazione dell’interesse del minore in relazione alla sua adozione e al suo contenuto prescrittivo.
All’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento dei rimanenti, la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa il provvedimento impugnato; rinvia alla Corte di appello di Venezia in in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.