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Con decreto ingiuntivo, il Giudice di Pace aveva ingiunto ai condomini il pagamento della somma relativa alle spese condominiali connesse a lavori di manutenzione straordinaria a carico dell'unità immobiliare di loro proprietà, facente parte del Condominio opposto. Nel giudizio di merito, il giudicante respinge l'opposizione. Avverso tale provvedimento, i condomini propongono appello, eccependo che il Condominio aveva violato l' |
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Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione - mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione in opposizione - ai sensi dell'art. 1137, secondo comma, c.c. nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione. Tuttavia, l'eccezione con la quale l'opponente deduca l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d'ufficio dal giudice (Cass. civ., S.U., 14 aprile 2021, n. 9839). |
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Anche se gli opponenti avevano impugnato le delibere, tuttavia, secondo il Condominio, entrambi i procedimenti coltivati in via giudiziale si erano conclusi con il rigetto delle domande avversarie e la condanna alle spese di lite. Non solo. Il Condominio aveva dato atto del rigetto degli appelli alle sentenze in questione. Se ne deduce che le deliberazioni dell'assemblea, anche quando impugnate, non avevano perso efficacia e che l'amministratore aveva azionato la pretesa di pagamento in via monitoria in relazione a crediti condominiali per lavori straordinari approvati e, quindi, non contestabili - in via di eccezione - in sede di opposizione a decreto ingiuntivo. Per meglio dire, il motivo di opposizione relativo alla violazione dell' In definitiva, il giudicante ha revocato il decreto ingiuntivo per intervenuto pagamento da parte degli opponenti degli importi ingiunti successivamente alla notifica del decreto ingiuntivo, confermando la condanna degli opponenti (ora appellanti) alla debenza degli importi ingiunti e delle spese liquidate con l'ingiunzione e il primo grado di giudizio. |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione in appello, G.C. e R.L.M. hanno promosso giudizio di appello nei confronti di CONDOMINIO OMISSIS, sito in via Omissis, omissis a Vercelli, in persona dell’amministratore pro tempore, e avverso la sentenza del Giudice di Pace di Vercelli n. 131/2021 con la quale è stata respinta la loro opposizione a decreto ingiuntivo in relazione a spese condominiali insolute.
Parte attrice ha appellato la pronuncia chiedendone la riforma. Va premesso quanto segue.
Con decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, n. 107/2020, il Giudice di Pace di Vercelli ha ingiunto agli attuali appellanti il pagamento di 1.039,85 euro, oltre interessi e spese, liquidate in 300,00 euro per onorari e 48,50 euro per contributo unificato, diritti forfettari, oltre accessori di legge e successive occorrende.
Il decreto ingiuntivo è stato chiesto e ottenuto in relazione al mancato pagamento da parte degli odierni appellanti della quota di spese condominiali connessa a lavori di manutenzione straordinaria a carico dell’unità immobiliare di loro proprietà, facente parte del Condominio opposto.
Il Giudice di Pace di Vercelli ha pronunciato la sentenza n. 131/2021 con la quale ha respinto l’opposizione, confermando il decreto opposto e ha condannato gli opponenti, odierni appellanti, a rifondere le spese del primo grado di giudizio.
Avverso tale decisione gli opponenti hanno interposto appello.
Con primo motivo di appello, hanno eccepito la nullità della sentenza per difetto di motivazione in ordine alle violazioni di legge lamentate e in ordine all’invalidità del decreto ingiuntivo opposto. Gli appellanti hanno ritenuto apparente la motivazione del giudice di prime cure laddove ha indicato le loro contestazioni “irrilevanti”, senza indicarne le vere ragioni.
Con secondo motivo di appello, gli appellanti hanno eccepito l’erronea applicazione di legge da parte del primo giudice, rimarcando il motivo di opposizione presentato in primo grado, ossia sostenendo che il condominio abbia violato l’art. 1135, comma 1, n. 4), c.c. Gli appellanti hanno infatti sostenuto che i lavori approvati dall’assemblea, in quanto straordinari, avrebbero dovuto essere eseguiti nel rispetto di taluni adempimenti obbligatori, come la preventiva costituzione di un fondo speciale per l’accantonamento delle somme di denaro necessarie al pagamento di tali lavori. Gli opponenti hanno quindi eccepito che non corrisponde al vero che, con la delibera assunta in data 23.1.2019 e in data 15.5.2019, l’assemblea di condominio deliberava di costituire il fondo speciale suddetto. Gli opponenti hanno pure lamentato che l’amministratore ha dato corso ai lavori senza attendere la costituzione del fondo speciale e provvedendo al pagamento dei lavori attingendo al conto corrente ordinario del condominio.
Con terzo motivo di appello, gli appellanti hanno eccepito l’omessa motivazione su altre circostanze e, in particolare, sul fatto che l’amministratore abbia tenuto un comportamento discriminatorio nei confronti dei condomini morosi.
Con quarto motivo di appello, gli appellanti hanno lamentato l’erronea applicazione di legge in merito all’avvenuta conferma del decreto ingiuntivo opposto in quanto gli opponenti avevano pagato una parte del capitale portato dal decreto ingiuntivo e, pertanto, il decreto avrebbe dovuto, in ogni caso, essere revocato.
Gli appellanti hanno quindi chiesto la riforma della sentenza gravata, di revocare il decreto ingiuntivo e di chiarare che nulla è da loro dovuto, con condanna del Condominio delle somme percepite, per l’ammontare complessivo di 2.758,95 euro. Gli appellanti hanno infatti precisato di aver già provveduto all’adempimento dell’obbligazione economica derivante dalla sentenza appellata, ma con riserva di ripetizione.
Si è costituito il Condominio contestando gli assunti avversari e chiedendo il rigetto dell’appello.
Il Condominio ha replicato che il motivo dell’irrilevanza di tutte le eccezioni avversarie è costituito dal fatto che il decreto ingiuntivo contro i sig.ri C. e L.M. si basa su di un riparto di spesa (doc. 4 del Condominio; cfr. anche docc. 16 e 17 del Condominio) regolarmente approvato dall’assemblea di condominio con una delibera valida ed efficace (doc. 3 del Condominio, verbale di assemblea del 14.5.2019; cfr. altresì docc. 1 e 2 per le delibere precedenti).
Il Condominio appellato ha inoltre replicato che il fondo speciale poteva essere costituito solo contabilmente e che non era necessario accedere un conto corrente dedicato e nemmeno attendere il versamento delle quote da parte di tutti i condomini prima di procedere con i lavori e i pagamenti all’appaltatore.
Il Condominio ha dedotto che i sig.ri C. e L.M., prima della notifica del decreto ingiuntivo, non avevano effettuato il versamento delle quote facenti loro capo, pertanto, l’azione monitoria era legittima e che le restanti doglianze avversarie erano prime di fondamento.
Il Condominio ha, infine, ritenuto il quarto motivo di appello privo di utilità e interesse perché qualora il Giudice di primo grado avesse revocato il decreto ingiuntivo - per l’intervenuto pagamento successivamente alla notifica del decreto ingiuntivo di parte del capitale - avrebbe comunque dovuto confermare la debenza delle somme oggetto dell’azione monitoria, con risultato pratico identico.
Il Condominio ha pure sollecitato la condanna delle controparti per lite temeraria ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., sostenendo un abuso del diritto, anche in ragione delle innumerevoli azioni giudiziarie intraprese dai condomini appellanti.
La causa non ha richiesto attività istruttoria ed è stata rinviata per precisazione delle conclusioni.
A seguito di tramutamento ad altro Ufficio del precedente giudice assegnatario, la causa è stata riassegnata alla scrivente che, fatte precisare le conclusioni, ha incamerato la vertenza in decisione, previa assegnazione dei termini per il deposito di scritti difensivi finali.
Trattandosi di motivi di appello che attengono all’asserita omessa motivazione, oltre che ad erronea applicazione di legge, si esamineranno i motivi originali di opposizione a decreto ingiuntivo.
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Con un primo motivo di opposizione, gli opponenti, ora appellanti, si dolgono del fatto che l’amministratore del condominio abbia fatto iniziare i lavori nel mese di settembre 2019, segnalandoli al Comune con SCIA, non attendendo che venissero incassate tutte le quote dei condomini e, di conseguenza, venisse costituito il fondo speciale previsto obbligatoriamente dall’art. 1135, comma 1, n. 4), c.c.
La Suprema Corte ha recentemente affermato quanto segue:
«… il giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo ha il potere di sindacare la nullità della deliberazione assembleare posta a fondamento della ingiunzione, che sia stata eventualmente eccepita dalla parte; egli ha altresì il potere-dovere di rilevare d'ufficio l'eventuale nullità della deliberazione, con l'obbligo - in tal caso - di instaurare sulla questione il contraddittorio tra le parti ai sensi dell'art. 101, secondo comma, cod. proc. Civ. […] Non vi sono neppure valide ragioni per negare al giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo il potere di verificare l'esistenza di una causa di "annullabilità" della deliberazione posta a fondamento del decreto, ove dedotta dall'opponente nelle forme di legge, e di provvedere al suo annullamento. […] Vale, pertanto, il principio generale secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente, che assume la posizione sostanziale di convenuto (al contrario dell'opposto, che assume la posizione sostanziale di attore), nel contestare il diritto azionato con il ricorso, può proporre domanda riconvenzionale, anche deducendo un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento della ingiunzione […] e può, con la domanda riconvenzionale, esercitare l'azione di annullamento della deliberazione posta a fondamento del decreto ingiuntivo, ai sensi dell'art. 1137, secondo comma, cod. civ. […] Ciò vuol dire che l'annullabilità della deliberazione assembleare può essere fatta valere in giudizio soltanto attraverso l'esercizio dell'azione di annullamento; tale azione deve estrinsecarsi in una domanda che può essere proposta "in via principale", nell'ambito di autonomo giudizio, oppure "in via riconvenzionale", anche nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sempreché il termine per l'esercizio dell'azione di annullamento non sia perento […] Alcune precisazioni, tuttavia, si impongono. […] In primo luogo, occorre chiedersi se l'annullabilità della deliberazione assembleare possa essere fatta valere, oltre che in via di azione, anche in via di eccezione, come è consentito per l'annullabilità relativa ai contratti (art. 1442, ultimo comma, cod. civ.). Per trovare risposta a tale quesito, è necessario muovere dal considerare la ratio della norma di cui all'art. 1137 cod. civ., ratio che va rinvenuta nella esigenza di assicurare certezza e stabilità ai rapporti condominiali, di modo che l'ente condominiale sia in grado di conseguire in concreto la sua istituzionale finalità, che è quella della conservazione e della gestione delle cose comuni nell'interesse della collettività dei partecipanti. Questa ratio legis spiega perché il legislatore, per un verso, ha stabilito che le deliberazioni adottate dall'assemblea «sono obbligatorie per tutti i condomini» (art. 1137, primo comma, cod. civ.), anche per gli assenti e per i dissenzienti, e, per altro verso, ha sancito il principio dell'esecutività delle deliberazioni dell'assemblea, prevedendo che «L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria» (art. 1137, terzo comma, cod. civ.). Corollario del principio dell'efficacia obbligatoria delle deliberazioni assembleari nei confronti di tutti i condomini è l'ulteriore principio (espressamente previsto, con riferimento alle deliberazioni dell'assemblea delle società, dall'art. 2377, settimo comma, cod. civ.) per cui la sentenza di annullamento della deliberazione dell'assemblea ha efficacia di giudicato, in ordine alla causa di invalidità accertata, nei confronti di tutti i condomini, anche nei confronti di quelli che non abbiano partecipato al giudizio di impugnativa promosso da uno o da alcuni di loro […] In sostanza, nel sistema normativo, come non è possibile che una deliberazione assembleare valida ed efficace vincoli alcuni condomini e non altri, essendo invece obbligatoria per tutti; così va escluso che la deliberazione assembleare possa essere giudizialmente annullata con effetto limitato al solo impugnante e rimanga invece vincolante per gli altri partecipanti. La natura di ente collettivo del condomino, gestore di beni e di servizi comuni, esige che le deliberazioni assembleari debbano valere o non valere per tutti. Quanto detto impone di interpretare l'art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel senso che l'annullabilità della deliberazione non può essere dedotta in via di eccezione, ma solo "in via di azione", ossia nella sola forma che consente una pronuncia di annullamento con efficacia nei confronti di tutti i condomini. Vale la pena di osservare in proposito che, mentre l'azione di impugnativa è un'azione costitutiva, che mira alla rimozione della deliberazione con efficacia erga omnes, l'eccezione ha il limitato scopo di paralizzare la domanda altrui ed ottenerne il rigetto, senza sollecitare la cancellazione della deliberazione viziata dal mondo giuridico. Pertanto, ove fosse consentito dedurre l'annullabilità della deliberazione in via di eccezione, la deliberazione che risultasse viziata sarebbe privata di validità e di efficacia solo nei confronti del condomino eccipiente, restando valida ed efficace nei confronti degli altri condomini. Un risultato di questo genere, però, sarebbe in contrasto con le esigenze di funzionamento del condominio, fatte proprie dal legislatore, e, nel caso di deliberazioni di ripartizione delle spese, renderebbe impossibile la gestione della contabilità condominiale. […] Tale disposizione costituisce "norma speciale di ordine pubblico", posta a tutela dell'interesse pubblico al funzionamento della collettività condominiale, derogatoria rispetto alle ordinarie regole dettate nella materia contrattuale. Trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, la mancata deduzione della annullabilità nelle forme prescritte dalla legge, ossia con l'azione di annullamento, dà luogo a decadenza per mancato compimento dell'atto previsto dalla legge, che è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (a differenza di quanto vale per la decadenza discendente dalla scadenza del termine di cui all'art. 1137, secondo comma, cod. civ., che è riservata all'eccezione di parte, ai sensi dell'art. 2969 cod. civ.). Il giudice, perciò, deve dichiarare inammissibile l'eventuale eccezione con cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente deduca l'eventuale annullabilità della deliberazione posta a fondamento dell'ingiunzione» (Cass. civ., Sez. U., Sentenza n. 9839 del 14/04/2021).
La Corte ha quindi elaborato i seguenti principi di diritto sulla questione:
- «Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione - mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione in opposizione - ai sensi dell'art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione» (Cass. civ., Sez. U., Sentenza n. 9839 del 14/04/2021);
- «Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l'eccezione con la quale l'opponente deduca l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d'ufficio dal giudice» (Cass. civ., Sez. U., Sentenza n. 9839 del 14/04/2021).
Gli opponenti in primo grado hanno riferito di aver impugnato le delibere condominiali che hanno approvato l’esecuzione dei lavori straordinari, eppure, di tale impugnativa non si dà conto in questa sede di appello, anzi, è il Condominio che precisa che entrambi i procedimenti coltivati in via giudiziale si sono conclusi con il rigetto delle domande avversarie e la condanna alle spese di lite, rispettivamente con sentenze n. 47/2021 e n. 48/2021 (docc. 20 e 21 del Condominio). Non solo. Il Condominio dà pure atto del rigetto degli appelli alle sentenze in questione (docc. 22 e 23 del Condominio).
Se ne deduce che le deliberazioni dell’assemblea, anche quando impugnate, non hanno perso efficacia e che l’amministratore ha azionato la pretesa di pagamento in via monitoria in relazione a crediti condominiali per lavori straordinari approvati e, quindi, non contestabili - in via di eccezione - in sede di opposizione a decreto ingiuntivo.
Il motivo di opposizione relativo alla violazione dell’art. 1135, comma 1, n. 4), c.c. era ed è da ritenere inammissibile. Gli opponenti in primo grado hanno, infatti, sostenuto che l’amministratore abbia intrapreso un’azione di recupero dei crediti condominiali illegittima perché non era stato regolarmente costituito il fondo speciale previsto dall’art. 1135, comma 1, n. 4), c.c. Il motivo di doglianza si doveva tradurre in motivo d’impugnazione di delibera condominiale e non può essere presentato in via di eccezione in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, pertanto, il vizio è da ritenere inammissibile.
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Con un secondo motivo di opposizione, gli opponenti, ora appellanti, si dolgono del fatto che l’azione di recupero del credito non potesse essere iniziata, sulla scorta dell’assunto che le lettere di sollecito del pagamento potevano essere inviate dall’amministratore solamente a chiusura dell’anno a cui fa riferimento il consuntivo, approvato con delibera del 3.2.2020, delibera parimenti impugnata, come le precedenti (secondo quanto riferito dagli attori, ma vedasi quanto precisato sopra in tema di impugnazioni di delibere condominiali). Gli opponenti, inoltre, si dolgono del fatto che la delibera del 12.6.2019, con la quale è stato deliberato di procedere al recupero forzoso nei confronti dei condomini morosi, non sia stata deliberata all’unanimità.
Come detto con riguardo al primo motivo di opposizione, i vizi lamentati non potevano essere fatti valere in via di eccezione in sede di opposizione a decreto ingiuntivo e sono da ritenere inammissibili, richiamando quanto chiarito dalle sezioni unite della Corte di cassazione nel 2021. Non si prende posizione sulla fondatezza o meno delle argomentazioni degli opponenti non essendo questa la sede dell’impugnativa della delibera condominiale.
Vale la pena ricordare che, ai sensi dell’art. 1129, comma 9, c.c.: “Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’art. 63, primo comma, delle disp. att. c.c.”.
In merito al comportamento dell’amministratore, si dirà fra poco.
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Con il terzo motivo di opposizione, gli opponenti, ora appellanti, si dolgono che l’amministratore di condominio abbia tenuto un comportamento differente nei confronti dei condomini morosi, attivatosi immediatamente contro il sig. C. e la sig.ra L.M., ma attendendo per il sig. C. e “mescolando” indebitamente spese ordinarie e straordinarie.
La circostanza attiene al profilo dei rapporti gestori tra condomini e amministratore e non giustificava un’azione in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, potendo essere oggetto di azione autonoma o di confronto in altre sedi, anche assembleari.
Il motivo è, dunque, inconferente e inidoneo a paralizzare la pretesa di pagamento. Gli importi azionati in via monitoria sono stati, fino a prova contraria, approvati dall’assemblea e quindi l’amministratore era tenuto al loro recupero, come già ricordato sopra.
Se, nel recupero delle somme, l’amministratore ha violato disposizioni di legge o ha creato ingiustificate disparità di trattamento, si tratta di doglianze che implicano un giudizio sull’attività gestoria da far valere, prima di tutto, innanzi all’assemblea condominiale in sede di rinnovo dell’incarico o per la revoca dell’amministratore. Il piano dei pagamenti da quello del comportamento assunto dall’amministratore verso taluni condomini deve restare separato. Il Condominio, peraltro, dà atto che l’azione per revoca giudiziale dell’amministratore promossa dalle controparti è stata respinta dal Tribunale.
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Va precisata ancora una questione in merito alla deliberazione dei lavori e alla ripartizione delle quote di spesa.
Gli appellanti, come ribadito in sede di memoria di replica, pur ammettendo che l’esecuzione delle opere straordinarie per cui è causa sia stata deliberata dall’assemblea in data 14 maggio 2019, si chiedono “…come la lettera ai condomini contenente la richiesta di fondi extra bilancio per le medesime opere possa essere stata inoltrata in data 24/01/2019, ovvero in epoca addirittura antecedente all’assunzione della delibera medesima” (pag. 6 della mem. di replica). Il profilo attiene direttamente alla legittimità dei riparti e doveva essere oggetto di impugnazione di delibera assembleare.
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Con ultimo motivo di opposizione, in termini più generali, gli opponenti, odierni appellanti, si dolgono del fatto che i lavori straordinari siano stati affidati in mancanza del rispetto della normativa di riferimento (non meglio precisata) e che la ditta a cui è stato affidato l’incarico sia inaffidabile.
Nuovamente, si evince che si tratta di motivi che attengono all’impugnativa delle delibere assembleari sottostanti, a monte dell’azione monitoria, valendo quanto prima detto in ordine all’inammissibilità dei motivi di impugnazione delle delibere condominiali fatti valere in via di eccezione.
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La scrivente concorda con gli appellanti sul fatto che, avendo corrisposto, almeno in linea capitale, parte delle somme oggetto d’ingiunzione, successivamente alla notifica del decreto ingiuntivo (il Condominio riferisce del pagamento di 1.000,00 euro su 1.039,85 euro dovuti per capitale), il decreto ingiuntivo andasse revocato. La scrivente concorda pure con il Condominio appellato quando sottolinea che si tratta di motivo di appello inutile perché il risultato pratico è sostanzialmente identico.
In generale: “In tema di spese legali del procedimento di ingiunzione, la revoca del decreto ingiuntivo in esito al giudizio di opposizione, non costituisce motivo sufficiente per rendere irripetibili dal creditore le spese della fase monitoria, occorrendo aver riguardo, invece, all'esito complessivo del giudizio, sicché la valutazione della soccombenza dovrà confrontarsi con il risultato finale della lite anche in relazione a tali spese” (Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 24482 del 09/08/2022).
La revoca doveva essere pronunciata solo per motivi formali e, pertanto, gli opponenti avrebbero dovuto essere condannati comunque al pagamento del residuo capitale azionato in via monitoria e delle spese d’ingiunzione, liquidate con decreto ingiuntivo, nonostante l’intervenuto pagamento parziale degli importi precettati, proprio perché avvenuto successivamente alla notifica del decreto e per importi dovuti.
La circostanza è motivo di correzione e parziale riforma del dispositivo del primo grado, ma non fa venir meno la soccombenza degli appellanti dal punto di vista sostanziale. Va di conseguenza disattesa la domanda di ripetizione somme avanzata dagli appellanti, che hanno, infine, pagato quanto oggetto di azione monitoria, anche in punto spese.
Le spese di appello seguono la soccombenza del tutto prevalente degli appellanti, infatti, la revoca del decreto ingiuntivo era da pronunciarsi prendendo meramente atto dell’intervenuto pagamento di taluni importi, ma non comportava accoglimento dei motivi di opposizione, sicchè, in questa sede, la parziale riforma della sentenza, non determina un diverso giudizio in punto soccombenza, che resta in capo agli opponenti e odierni appellanti, con altresì conferma delle statuizioni in punto spese di primo grado.
Le spese di lite dell’appello sono liquidate come in dispositivo, sulla base dei parametri medi del D.M. n. 55/2014, come aggiornati, per le cause comprese nello scaglione di valore sino a 5.200,00 euro, ad eccezion fatta per la fase di trattazione e istruttoria che, data la natura documentale del giudizio, è liquidata secondo i parametri minimi.
Non si ravvisano, in questo giudizio, gli estremi per una condanna per lite temeraria ex art. 96, comma 3, c.p.c.
La circostanza che, seppure per una ragione esclusivamente formale, si sia dovuto revocare il decreto ingiuntivo, in parziale riforma della sentenza appellata, è motivo per ritenere non integrato il presupposto dell’integrale rigetto dell’appello ai fini della condanna al pagamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione respinta, così dispone:
in parziale riforma della pronuncia impugnata, revoca il decreto ingiuntivo n. 107/2020 del Giudice di Pace di Vercelli per intervenuto pagamento da parte degli opponenti degli importi ingiunti successivamente alla notifica del decreto ingiuntivo, confermando la condanna degli opponenti (ora appellanti) alla debenza degli importi ingiunti e delle spese liquidate con l’ingiunzione e il primo grado di giudizio; rigetta nel resto l’appello;
dichiara tenuti e condanna gli appellanti al rimborso in favore del Condominio appellato delle spese di questo secondo grado di giudizio, liquidate in complessivi 2.127,00 euro per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15% del compenso della prestazione, C.P.A. e I.V.A. come per legge e se prevista.