Secondo il TAR Milano, l'Autorità ha poteri regolatori solo in materia tariffaria.
Con sentenza n. 486 del 24 febbraio 2023, il TAR Milano annulla, per incompetenza, una delibera con cui l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) aveva, con un atto generale, identificato i criteri di individuazione degli impianti cd. “minimi”, cioè indispensabili per la chiusura del ciclo dei rifiuti, da tener distinti dagli impianti di chiusura del ciclo cd. “aggiuntivi”.
A fondamento della sua decisione, il TAR sostiene che la fissazione dei criteri predetti non rientra nelle competenze dell'autorità, dotata di poteri regolatori solo in materia tariffaria
Secondo il TAR, l'ARERA ha violato il riparto di competenze tra Stato e regioni, ed in particolare «ha invaso l'ambito di competenza che il legislatore statale ha assegnato allo Stato ed in particolare al Ministero individuato dall'
TAR Milano, sez. I, sentenza (ud. 25 gennaio 2023) 24 febbraio 2023, n. 486
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La Soc. Coop. Nuova San Michele è titolare di un impianto di discarica per rifiuti speciali non pericolosi ubicata nel Comune di Foggia (FG) in Loc. San Giuseppe autorizzata all’esercizio con A.I.A. rilasciata dalla Regione Puglia n. 8 del 21 luglio 2011, integrata successivamente con provvedimenti prot. n. 2016/72614 del 10 novembre 2016, n. 2019/29408 del 4 giugno 2019 (sopraelevazione lotto B) e n. 2019/1096 del 12 luglio 2019 (realizzazione ed esercizio nuovo Lotto C).
La ricorrente ha dichiarato che della discarica sono in esercizio il Lotto B per una volumetria residua di abbancamento pari a 20.650 metri cubi ed il Lotto C per una volumetria residua di abbancamento pari a 191.766 metri cubi. La volumetria utile per l’abbancamento di rifiuti al 31 dicembre 2021 era pari complessivamente a 212.416 metri cubi.
1.1. Con l’atto introduttivo del giudizio la società ha impugnato:
- la deliberazione ARERA n.363 del 3 agosto 2021, nonché l'Allegato A alla medesima, recante il “Metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025”, limitatamente alla parte in cui sono dettate disposizioni per l’individuazione degli impianti di chiusura del ciclo “minimi”,
- la deliberazione della Giunta regionale della Puglia n. 2251 del 29 dicembre 2021, avente ad oggetto “Individuazione degli Impianti di chiusura del ciclo “minimi” ai sensi della Deliberazione n. 363/2021 di ARERA”, con cui l’impianto di discarica gestito dalla ricorrente è stato individuato quale impianto di chiusura del ciclo,
- la deliberazione del Consiglio regionale della Puglia n. 68 del 14 dicembre 2021, avente ad oggetto il Piano regionale di gestione rifiuti urbani (PRGRU),
- nonché la nota di AGER (Agenzia Territoriale della Regione Puglia per il Servizio di Gestione dei Rifiuti) con cui l’Agenzia ha disposto che i rifiuti CER 190501 prodotti dall’impianto TMB ubicato nel territorio del Comune di Foggia e attribuiti ai Comuni indicati nella nota stessa siano conferiti presso l’impianto di discarica gestito dalla ricorrente.
Ed invero in data 31 dicembre 2021 la società ricorrente ha ricevuto da parte della Regione Puglia la comunicazione dell’avvenuta adozione della delibera n.2251 del 29 dicembre 2021, con la quale la Giunta regionale aveva deliberato:
- di fare propria ed approvare la relazione allegata, e la relativa individuazione degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” e degli impianti “intermedi”, secondo le disposizioni richiamate nella deliberazione n. 363/2021 di ARERA e nel relativo allegato MTR-2 per il periodo regolatorio 2022/2025 con aggiornamento al 2023 per la verifica del permanere dei requisiti prescritti;
- di demandare ad AGER Puglia, quale Ente competente secondo la l.r. n. 24/2012, le attività e gli adempimenti di cui agli artt. nn. 6, 7, 8 e 9 della deliberazione n. 363 /2021 di ARERA.
Con la predetta deliberazione la Giunta regionale pugliese ha qualificato l’impianto di discarica gestito dalla ricorrente come rientrante tra gli impianti minimi di cui alla delibera ARERA n. 363/2021 e dall’allegato MTR 2 per il quadriennio di regolazione, presso il quale far conferire i rifiuti biostabilizzati da raccolta non differenziata prodotti all’interno dell’area nord (Provincie di Foggia, Bari e BAT) dell’ambito territoriale ottimale regionale.
AGER, quindi, con atto del 18 gennaio 2022, dichiarando di agire “in conformità a quanto prescritto dalla delibera di Giunta Regionale n. 2251 del 29.12.2021 avente ad oggetto la individuazione degli impianti di chiusura del ciclo minimi ai sensi della delibera ARERA n. 363/2021” ha disposto “nell’ambito della organizzazione dei flussi, che i rifiuti EER 190501 prodotti dall’impianto di TMB ubicato nel territorio del Comune di Foggia attribuiti ai Comuni di Manfredonia, Vieste, Zapponeta, Cagnano Varano , Carpino, Ischitella, Isole Tremiti, Peschici, San Marco in Lamis, Sannicandro Garganico, Vico del Gargano, San Giovanni Rotondo, Carapelle, Cerignola, Ordona, Ortanova, Stornara e Stornarella siano conferiti presso l’impianto di discarica ubicato nel territorio del Comune di Foggia gestito dalla Società Cooperativa Nuova San Michele dal 20 gennaio 2022 al 31 dicembre 2022”. Nella stessa nota AGER ha stabilito altresì che le tariffe applicate dall’impianto di recapito della ricorrente sono “da ritenersi provvisorie e saranno oggetto di conguaglio ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 comma 5° della citata delibera all’esito della procedura di validazione e conseguente alla determinazione delle tariffe “al cancello” da parte dell’AGER individuato dalla Regione Puglia quale ente competente ex art. 7 comma 2 della predetta delibera 363/2021”.
1.2. Avverso i provvedimenti indicati in epigrafe la società ha proposto ricorso chiedendo l’annullamento, previa tutela cautelare.
1.3. Si sono costituite in giudizio l’ARERA, la Regione Puglia e l’AGER Puglia, resistendo al ricorso di cui hanno contestato la fondatezza con separata memoria.
1.4. Con ordinanza n. 321 del 12 marzo 2022 questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare.
1.5. Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 24 giugno 2022 la ricorrente ha impugnato il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR) approvato con decreto dell’allora Ministero della Transizione Ecologica del 24 giugno 2022 n.257 per il periodo 2022-2028.
1.6. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (già Ministero della Transizione Ecologica), resistendo al ricorso di cui ha chiesto il rigetto.
1.7. Hanno spiegato intervento ad adiuvandum diverse società – meglio indicate in epigrafe – che conferiscono rifiuti nella discarica gestita dalla ricorrente. A loro dire l’individuazione della discarica della Cooperativa Nuova San Michele come “impianto minimo” precluderebbe loro l’utilizzo delle volumetrie già contrattualizzate con la medesima discarica.
Tali società hanno altresì proposto ricorso autonomo avverso i medesimi atti di ARERA e della Regione Puglia impugnati dalla Società Cooperativa Nuova San Michele.
1.8. In vista della trattazione nel merito le parti hanno depositato corposi scritti difensivi, insistendo nelle rispettive conclusioni.
1.9. Indi la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 25 gennaio 2023.
2. Le questioni poste all’attenzione del Tribunale attengono alla disciplina degli impianti di chiusura del ciclo “minimi”, in particolare alle modalità di individuazione o qualificazione di detti impianti “minimi” (e alla competenza a individuarli), e alle conseguenze giuridico-economiche che discendono da tale qualificazione.
2.1. Il ricorso si articola attraverso l’impugnazione della deliberazione di ARERA n. 363/2021 e degli atti della Regione Puglia e dell’AGER Puglia, assunti in attuazione della predetta deliberazione.
2.2. A seguito dell’adozione del Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR) approvato con decreto del Ministero della Transizione ecologica del 24 giugno 2022 n.257 la ricorrente ha impugnato tale atto programmatorio per illegittimità derivata e per vizi autonomi.
3. Il Collegio intende esaminare in via prioritaria la deliberazione di ARERA n. 363/2021, in relazione alla quale la ricorrente ha dedotto la carenza assoluta di potere, la violazione degli artt. 1 e 2 della L. n. 481/1995 e art. 1, commi 527 ss. della L. n. 205/2017 sotto diversi concorrenti profili nonché la violazione degli artt. 23, 41, 42 e 97 Cost.:
I.1) L’art. 1, comma 527, della legge n. 205/2017 delineerebbe i poteri di ARERA in materia di metodo tariffario relativo al servizio integrato dei rifiuti urbani e assimilati. L’oggetto specifico della regolazione attribuita all’Autorità, pertanto, sarebbe la gestione dei rifiuti concepita quale servizio “integrato”. Anche l’art. 1 della gravata delibera n. 363/2021 chiarirebbe che “il presente provvedimento reca le disposizioni aventi ad oggetto la determinazione delle entrate tariffarie per l’erogazione del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani, ovvero dei singoli servizi che lo compongono, e trova applicazione per le annualità 2022, 2023, 2024 e 2025”. ARERA quindi non potrebbe dettare disposizioni regolatorie riferite a soggetti qualificabili come “gestori non integrati” (tale è, secondo le definizioni di cui alla delibera n. 363/2021, l’operatore non incaricato del servizio integrato di gestione dei rifiuti, tenuto a stratificare i propri impianti di trattamento di chiusura del ciclo secondo la regolazione pro tempore vigente). Senonché con la delibera impugnata ARERA includerebbe, nel perimetro oggetto di regolamentazione, tutte le attività di trattamento dei rifiuti che vengono svolte anche al di fuori della privativa pubblica, tradendo le competenze elencate dalla Legge n. 205/2017 che sarebbero, invece, esclusivamente finalizzate alla “regolazione del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati”, e con esclusione di quelli speciali, ancorché generati dal trattamento dei rifiuti urbani, ovvero derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti (art. 184 comma 3 lettera g del D.lgs. n. 152/2006). Con la delibera impugnata, diretta a sottoporre a regolamentazione anche questa tipologia di rifiuti che derivano dagli impianti di trattamento (sia privati che pubblici) indipendentemente dalla classificazione che i medesimi assumono lungo il relativo percorso di trattamento, ARERA ha regolamentato attività che non rientrerebbero nel perimetro di propria competenza, ignorando anche quanto stabilito dall’art. 1, comma 654, della legge n. 147/2013 (nel determinare la tariffa del servizio integrato dei rifiuti deve essere assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ricomprendendo anche i costi di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente).
Inoltre la disciplina degli impianti “minimi” si riferisce, per sua stessa definizione, a quegli impianti che si trovino nella titolarità di gestori “non integrati” (non soggetti cioè alla regolazione tariffaria di ARERA, la quale, infatti, dovrebbe specificamente rivolgersi alle attività del servizio integrato).
Il fatto poi che la regolazione tariffaria vera e propria si riferisca ai soli gestori “integrati”, sarebbe reso evidente dalla stessa delibera di approvazione del Metodo Tariffario, che illustra le “opzioni regolatorie” in riferimento alle diverse tipologie di impianto. La disciplina degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” sottoporrebbe a regolazione tariffaria impianti non integrati, operanti in regime di libero mercato, qualificabili per mere contingenze come “indispensabili” alla chiusura del ciclo dei rifiuti e pertanto “annessi” di imperio al servizio integrato.
I.2) L’Autorità, a mezzo delle previsioni contenute nella delibera n.363/2021 concernenti gli impianti “minimi”, avrebbe introdotto una disciplina tesa a raggiungere un obiettivo apparentemente ascritto al proprio ambito di competenza (dettare criteri di regolazione della tariffa applicabile al ciclo integrato di gestione dei rifiuti urbani), ma in concreto attuata attraverso l’introduzione di strumenti legittimanti un forzato ed arbitrario criterio di qualificazione di impianti operanti nel libero mercato, anche al di fuori dal servizio integrato dei rifiuti urbani, per sottoporli (con le metodologie illegittime in concreto poste in essere a livello regionale) al regime di tariffa regolata, ammantata da finalità di tutela concorrenziale.
L’esercizio di tale attività e il perseguimento di detta finalità sarebbero estranei alla disciplina normativa sopra già richiamata, non risultando possibile riconoscere ad ARERA finalità di efficientamento del settore, sia pure per dichiarati fini di tutela della concorrenza, mediante atti di modifica strutturale e organizzativo del servizio pubblico di interesse, sostituendosi di fatto all’Autorità d’Ambito ovvero dettando ad essa le modalità con le quali “integrare” gestori di impianti di trattamento di rifiuti che integrati non sono e non intendono esserlo per libera e legittima scelta imprenditoriale.
In relazione agli impianti “minimi”, l’Autorità quindi avrebbe dovuto attuare scelte operative al pari di quanto fatto per gli impianti “aggiuntivi” (per i quali ARERA riconosce non già una regolazione tariffaria tout court, ma obblighi di trasparenza sulle condizioni, in particolare economiche, di accesso agli impianti, nonché disincentivi per chi conferisce in discarica o in impianti di incenerimento senza recupero di energia) e non dettare criteri puntuali per la definizione delle tariffe applicabile coattivamente agli impianti stessi.
I.3) L’applicazione di un regime regolatorio e tariffario come quello concernente gli “impianti minimi” comporterebbe, in capo ai gestori degli impianti medesimi, la costituzione di obblighi particolarmente stringenti, contrari ai principi di libertà economica, di impresa, a quelli di correttezza e ragionevolezza dell’azione amministrativa e non supportata normativamente.
Gli effetti giuridici ed economici discendenti dalla qualificazione di un impianto come impianto di chiusura del ciclo “minimo” sarebbero di non trascurabile rilievo posto che detto impianto transiterebbe da un regime “di libero mercato” a uno che prevede la gestione esterna di matrice pubblica dei flussi di ingresso e l’applicazione di tariffe soggette a regolazione.
Si tratterebbe di una disciplina che prevede espressamente un limite alla crescita annuale dei corrispettivi, e la maggiorazione dei corrispettivi dovuti per l’accesso, qualora tali impianti si configurino come discariche o inceneritori senza recupero di energia.
I.4) La società ricorrente gestisce all’interno del proprio impianto solo rifiuti speciali; condizione questa che, a maggior ragione, dovrebbe sottrarre il medesimo dalla disciplina regolatoria dell’ARERA, riservata come detto al servizio integrato dei rifiuti urbani.
4. In relazione all’impugnazione della deliberazione di ARERA la Regione Puglia ha dedotto l’irricevibilità del gravame per tardività.
4.1. L’eccezione non è meritevole di accoglimento.
La deliberazione dell’Autorità costituisce un atto generale. Quanto alla disciplina oggetto delle censure dedotte dalla ricorrente ARERA, dopo aver stabilito i criteri di individuazione degli impianti di chiusura del ciclo “minimi”, ha demandato alla Regioni la concreta identificazione degli impianti da qualificare come minimi tra quelli presenti sul territorio.
La lesione della posizione giuridica dei potenziali destinatari (ovvero di tutti i titolari di impianti di trattamento dei rifiuti) si determina soltanto con l’individuazione della discarica quale impianto “minimo” ad opera della Regione sul cui territorio l’impianto è collocato.
Solo in tale momento la posizione del titolare dell’impianto si qualifica e si differenzia rispetto alla generalità della categoria di riferimento, divenendo il gestore dell’impianto legittimato ad impugnare anche la deliberazione dell’Autorità, quale atto presupposto della determinazione regionale.
4.2. Sempre in via preliminare, va esaminata l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse sollevata dalla Regione Puglia con la memoria di replica depositata il 14 gennaio 2023, avendo il Direttore della Direzione Ciclo dei Rifiuti Urbani e Assimilati di ARERA adottato la Determinazione n. 1 del 22 aprile 2022 recante:
- modifica dei criteri di determinazione delle tariffe da imporre agli operatori economici;
- approvazione degli schemi tipo degli atti costituenti la proposta tariffaria e delle modalità operative per la loro trasmissione all’Autorità;
- chiarimenti su aspetti applicativi della disciplina tariffaria di accesso agli impianti di trattamento approvata con la Deliberazione n. 363/2021 per il secondo periodo regolatorio 2022/2025.
A tale eccezione ha fatto seguito, nel corso dell’udienza pubblica, la richiesta di rinvio della trattazione da parte della ricorrente, al fine di valutare la necessità di proporre ricorso per motivi aggiunti, sulla quale il Collegio si è riservato di decidere.
4.2.1. La richiesta di rinvio va rigettata, in quanto non merita accoglimento l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla Regione Puglia.
La determinazione n. 1 del 22 aprile 2022, conosciuta dal Collegio in quanto depositata in altro ricorso (RG 490/2022) chiamato alla medesima udienza pubblica, non incide sulla parte della deliberazione di ARERA n. 363/2021 impugnata e contestata con il ricorso in epigrafe, trattandosi di profili esecutivi ed operativi che non riguardano la disciplina degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” bensì profili strettamente attinenti alla regolazione tariffaria.
Non è prospettabile alcuna improcedibilità per mancata impugnazione della predetta determinazione, che non modifica né sostituisce le disposizioni della deliberazione ARERA n. 363/2021 rilevanti ai fini della controversia.
Conseguentemente non è ravvisabile alcuna esigenza di rinvio della trattazione della presente controversia.
5. Venendo al merito, ad avviso del Collegio il motivo sopra sintetizzato è fondato, nei limiti di seguito indicati.
6. E’ necessario dare conto del quadro normativo e regolatorio in cui si inserisce la questione di cui è causa.
6.1. L’art. 1, comma 527, legge n. 205/2017, “al fine di migliorare il sistema di regolazione del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, per garantire accessibilità, fruibilità e diffusione omogenee sull’intero territorio nazionale nonché adeguati livelli di qualità in condizioni di efficienza ed economicità della gestione, armonizzando gli obiettivi economico-finanziari con quelli generali di carattere sociale, ambientale e di impiego appropriato delle risorse, nonché di garantire l’adeguamento infrastrutturale agli obiettivi imposti dalla normativa europea”, ha assegnato all’ARERA, con i medesimi poteri e nel quadro dei principi, delle finalità e delle attribuzioni, anche di natura sanzionatoria, stabiliti dalla legge n. 481/1995, le seguenti funzioni di regolazione e controllo in particolare, per quanto qui rileva, in materia di:
- “predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio ‘chi inquina paga’” (lett. f);
- “fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento” (lett. g);
- “approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento” (lett. h.);
- “verifica della corretta redazione dei piani di ambito esprimendo osservazioni e rilievi” (lett. i).
- “formulazione di proposte relativamente alle attività comprese nel sistema integrato di gestione dei rifiuti da assoggettare a regime di concessione o autorizzazione in relazione alle condizioni di concorrenza dei mercati” (lett. l);
- “formulazione di proposte di revisione della disciplina vigente, segnalandone altresì i casi di gravi inadempienze e di non corretta applicazione” (lett. m).
6.2. A seguito dell’attribuzione delle predette funzioni l’ARERA, dopo la prevista procedura di consultazione, avviata con la deliberazione 225/2018/R/RIF, con l’intento di introdurre un nuovo sistema tariffario in materia di ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati (RU), con delibera 31 ottobre 2019 n. 443/2019/R/RIF ha adottato la “Definizione dei criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti, per il periodo 2018-2021”, approvando cosi il Metodo Tariffario Rifiuti (MTR), che ha sostituito il cd. metodo normalizzato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.
La regolazione introdotta dall’Autorità si basa su criteri di riconoscimento dei costi efficienti.
6.3. Successivamente, con la deliberazione 138/2021/R/RIF, l’Autorità ha avviato il procedimento per la definizione del Metodo Tariffario Rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025 (MTR-2), nell’ambito del quale provvedere anche alla fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento.
Nel documento per la consultazione 196/2021/R/RIF, l’Autorità ha illustrato i propri orientamenti generali “per la determinazione dei criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti, nonché per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento, in conformità ai principi derivanti dalla normativa comunitaria e nazionale ed in modo da mantenere un quadro generale di regole stabile e certo, che sia ritenuto efficace e credibile dai vari attori presenti nel comparto” (cfr. Premessa al documento).
In tema di fabbisogno impiantistico l’Autorità ha rilevato come la situazione impiantistica nazionale
appaia eterogenea, anche in ragione delle diverse scelte di programmazione regionale e di un differente livello di industrializzazione del settore, coesistendo “Regioni virtuose dotate di un parco impiantistico sviluppato in grado di chiudere il ciclo dei rifiuti urbani all’interno del proprio territorio, ricorrendo alle migliori opzioni ambientali di trattamento, con Regioni il cui quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato rispetto al fabbisogno”. A riguardo ha auspicato che l’adozione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti da parte del Ministero per la transizione ecologica, ai sensi dell’art.198 bis del D.lgs. 152/2006 – introdotto dal decreto legislativo n. 116/2020 – possa costituire “un’utile occasione per ridefinire il fabbisogno impiantistico nazionale (che richiederebbe comunque un meccanismo di aggiornamento periodico, al fine di accrescere l’efficacia degli strumenti di programmazione regionale) tanto da essere individuato nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza” come riforma necessaria “ad evitare procedure di infrazione sui rifiuti [e a consentire] di colmare le lacune impiantistiche e gestionali”, a fronte “delle evidenze [segnalate] dalla Commissione Europea sull’assenza di una rete integrata di impianti di raccolta e trattamento rifiuti attribuibile all’insufficiente capacità di pianificazione delle regioni e, in generale, alla debolezza della governance”. Nel predetto documento l’Autorità, nell’ambito del “Perimetro di regolazione tariffaria e principi di riferimento” (cfr. da pag. 27) ha poi dichiarato di essere orientata “ad annoverare tra i soggetti sottoposti alla propria regolazione – pur con attenzione alle specificità dei singoli contesti, che connotano l’asimmetria dell’approccio descritto nel seguito – i gestori degli impianti di trattamento destinati allo svolgimento delle ‘operazioni di recupero o smaltimento inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento’ (articolo 183, comma 1, lettera s), del decreto legislativo 152/2006)”. Quanto alle opzioni per la regolazione degli impianti di trattamento l’Autorità ha ritenuto di dover adottare strumenti di regolazione modulati in ragione del grado di integrazione del soggetto incaricato della gestione dei rifiuti e ove si sia in presenza di una gestione non integrata la valutazione del livello di efficacia dell’eventuale esistenza di pressione competitiva nel contribuire alla promozione di efficienza allocativa, di dover distinguere:
- gli impianti di chiusura del ciclo “minimi”, individuati come indispensabili sulla base delle condizioni declinate nel seguito;
- gli impianti di chiusura del ciclo “aggiuntivi”.
Tra i parametri di valutazione, l’Autorità ha ritenuto che potessero essere considerati elementi quali la presenza di flussi garantiti in ingresso (sulla base di quanto previsto in atti di programmazione o di affidamento) e la possibilità di incidere significativamente sulla formazione dei prezzi tenuto conto delle caratteristiche dell’operatore che li gestisce e delle limitazioni strutturali alla capacità di trattamento dell’impianto.
Per quanto qui rileva, in relazione agli impianti di chiusura del ciclo “minimi” ARERA si è dichiarata orientata a prevedere una regolazione dei costi riconosciuti e delle tariffe caratterizzata da incentivazioni coerenti con la gerarchia per la gestione dei rifiuti, ossia da:
- incentivi a favore di chi conferisce agli impianti di compostaggio/digestione anaerobica, anche introducendo una componente ambientale (¿¿¿¿¿¿¿¿) a parziale compensazione dei corrispettivi dovuti per l’accesso agli impianti in parola;
- incentivi limitati a favore di chi conferisce agli impianti di incenerimento con recupero di energia, anche introducendo una componente ambientale (¿¿¿¿¿¿¿¿) a parziale compensazione dei corrispettivi dovuti per l’accesso agli impianti in oggetto;
- disincentivi per chi conferisce in discarica o in impianti di incenerimento senza recupero di energia, anche introducendo una componente ambientale (¿¿¿¿¿¿¿¿¿¿) come maggiorazione dei corrispettivi dovuti per l’accesso ai menzionati impianti;
- un sistema perequativo, da attivare presso CSEA, che assicuri la copertura dei costi efficienti per la gestione degli impianti di cui ai precedenti alinea: nell’ambito di tale sistema, il versamento alla CSEA della componente ambientale ¿¿¿¿¿¿¿¿¿¿, riscossa dai gestori delle discariche e degli impianti di incenerimento senza recupero di energia, dovrà compensare la differenza tra le entrate e i costi ammessi a riconoscimento tariffario afferenti ai gestori degli impianti di compostaggio/digestione anaerobica e di incenerimento con recupero di energia.
Per gli impianti di chiusura del ciclo “minimi”, l’Autorità si è, altresì, dichiarata orientata a tener conto, nell’ambito delle regole per il riconoscimento dei costi, degli oneri associati al fenomeno della morosità (eventualmente secondo criteri standardizzati), allo scopo di contemperare le necessità di chiusura del ciclo con l’esigenza di assicurare la sostenibilità finanziaria della gestione degli impianti preposti.
Nel documento di consultazione l’ARERA ha inoltre dichiarato:
“4.7 L’Autorità intende tenere conto degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” (in tutto o in parte), identificati, anche alla luce delle caratteristiche dell’operatore che li gestisce, con quelli che soddisfino le seguenti condizioni:
- avere una capacità impegnata per flussi garantiti da strumenti di programmazione o da altri atti amministrativi;
- offrire capacità in un mercato con rigidità strutturali, caratterizzato da un forte e stabile eccesso di domanda e da un limitato numero di operatori;
- essere individuati in sede di programmazione, sulla base di decisioni di soggetti competenti alla chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti.
4.8 Gli impianti di chiusura del ciclo “minimi” saranno, pertanto, assoggettati - per il periodo di tempo in cui sono qualificati come indispensabili - a forme di regolazione tariffaria per il riconoscimento dei costi efficienti di gestione e di investimento (sulla cui base, identificare una struttura dei corrispettivi applicabili a chi conferisce).
4.9 Di contro, verranno qualificati come impianti di chiusura del ciclo “aggiuntivi” (in tutto o in parte) tutti quelli non individuati come “minimi” e non integrati nella gestione”.
Infine l’Autorità ha rilevato quanto segue: “4.11 Considerando anche che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha evidenziato, tra l’altro, la necessità di introdurre “norme finalizzate a rafforzare l’efficienza e il dinamismo concorrenziale nel settore della gestione dei rifiuti, nella prospettiva di colmare le attuali lacune impiantistiche”, l’Autorità ritiene che tra le attività volte a perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale potrebbe essere annoverato anche un intervento governativo - da valutare anche in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28/1997 - con il quale individuare (e aggiornare con frequenza periodica, ad esempio
biennale) gli impianti di chiusura del ciclo “minimi” (da assoggettare a regolazione, nei termini generali sopra rappresentati, al fine di promuoverne l’efficienza in un quadro di progressivo dinamismo concorrenziale)”.
6.4. Con il successivo documento per la consultazione 282/2021/R/RIF, l’Autorità, nel presentare i propri orientamenti finali in ordine alla definizione del nuovo metodo tariffario per il periodo regolatorio 2022-2025, per quanto qui rileva, in relazione alla individuazione degli impianti di chiusura del ciclo “minimi”, dopo aver rammentato di aver prospettato, nel precedente documento di consultazione 196/2021/R/RIF, un intervento governativo, da valutare anche in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 281/1997, ha poi rilevato che, nel caso in cui le tempistiche di adozione di tale intervento non si rivelino compatibili con quelle richieste per il varo degli atti necessari alle determinazioni tariffarie per il secondo periodo regolatorio, l’Autorità è orientata a valutare la possibilità di un coinvolgimento attivo delle Regioni”, precisando: “4.6 Nello specifico, in fase di prima attivazione, si intende eventualmente prevedere che le Regioni possano:
• identificare gli impianti di chiusura del ciclo “minimi” (in tutto o in parte), anche alla luce delle caratteristiche dell’operatore che li gestisce, con quelli presenti sul territorio di pertinenza che soddisfino una o più delle seguenti condizioni:
- avere una capacità impegnata per flussi garantiti da strumenti di programmazione o da altri atti amministrativi;
- offrire capacità in un mercato con rigidità strutturali, caratterizzato da un forte e stabile eccesso di domanda e da un limitato numero di operatori;
- essere individuati in sede di programmazione, sulla base di decisioni di soggetti competenti alla chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti;
• trasmettere all’Autorità l’elenco degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” entro il 30 novembre 2021 (prevedendo la possibilità di aggiornamento del medesimo elenco nel 2023 per il successivo biennio 2024-2025), con contestuale esplicitazione dei flussi che si prevede vengano trattati per impianto (anche ove ancora non risultino negli strumenti di programmazione vigenti), nonché la distinzione dei medesimi secondo il criterio di prossimità che si ritiene utile specificare, e l’elenco dei soggetti che si prevede conferiscano ai medesimi. Un’appropriata configurazione delle programmazioni di settore richiederà poi che le scelte in ordine alla qualificazione degli impianti di chiusura del ciclo come “minimi” siano coerentemente recepite nei pertinenti atti di programmazione”.
6.5. All’esito del processo di consultazione, l’Autorità ha approvato la deliberazione 363/2021/R/RIF, recante “Approvazione del metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025”.
In particolare l’ARERA ha confermato gli orientamenti espressi e ha definito le condizioni per l’identificazione degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” (in tutto o in parte), nonché le procedure per la loro individuazione e per la trasmissione del contenuto informativo minimo all’Autorità.
In particolare, all’art. 6.1, si prevede che: “L’individuazione degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” di cui al comma 3.2 avviene, di norma, nell’ambito delle attività di programmazione settoriale previste dalla normativa vigente, e comunque in tempo utile per la determinazione di entrate tariffarie, corrispettivi e tariffe d’accesso secondo quanto previsto dal presente provvedimento”; mentre all’art. 6.4: “Le scelte in ordine alla qualificazione degli impianti di chiusura del ciclo come “minimi” sono coerentemente trattate nei pertinenti atti di programmazione”.
L’art. 21.2 dell’allegato A alla delibera dispone: “Gli impianti di chiusura del ciclo “minimi” (in tutto o in parte), sono individuati, anche alla luce delle caratteristiche dell’operatore che li gestisce, e sono identificati con gli impianti di trattamento presenti sul territorio considerato che:
• offrano una capacità in un mercato con rigidità strutturali, caratterizzato da un forte e stabile eccesso di domanda e da un limitato numero di operatori;
• in aggiunta a quanto previsto al precedente alinea, soddisfino le seguenti condizioni alternative:
- avere una capacità impegnata per flussi garantiti da strumenti di programmazione o da altri atti amministrativi;
- essere già stati individuati in sede di programmazione, sulla base di decisioni di soggetti competenti alla chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti”.
Il successivo articolo 21.3 così recita: “L’individuazione degli impianti di chiusura del ciclo “minimi” (in tutto o in parte) avviene, di norma, nell’ambito delle attività di programmazione settoriale previste dalla normativa vigente, e comunque in tempo utile per la determinazione di entrate tariffarie, corrispettivi e tariffe d’accesso secondo quanto previsto dal presente provvedimento. Gli impianti diversi da quelli individuati come “minimi” e non gestiti dall’operatore integrato si intendono qualificati come “aggiuntivi”, con riferimento ai quali l’Autorità acquisisce gli elementi necessari, in particolare, all’attività di monitoraggio su eventuali rigidità strutturali e all’implementazione del meccanismo perequativo di cui al comma 24.2”.
In sede di individuazione degli impianti “minimi” devono essere esplicitati (cfr. art. 6.2):
- i flussi che si prevede vengano trattati per impianto, anche ove ancora non risultino negli strumenti di programmazione vigenti;
- la distinzione dei medesimi secondo il criterio di prossimità che si ritiene utile specificare;
- l’elenco dei soggetti che si prevede conferiscano ai medesimi impianti.
Gli impianti di chiusura del ciclo “minimi” mantengono tale qualifica per un periodo almeno biennale, con possibilità di aggiornamento nel 2023 per le annualità successive.
7. La disciplina contenuta nella delibera n. 363/2021 ora ricordata e sintetizzata comporta che gli impianti individuati come “minimi” vengano sottratti all’ambito concorrenziale del mercato del trattamento e smaltimento dei rifiuti, venendo assoggettati alla pianificazione regionale dei flussi di rifiuti conferiti e a una conseguente fissazione delle tariffe di accesso (cfr. segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato 22 dicembre 2022).
Il fine dell’istituto degli impianti “minimi” – come si ricava dagli atti del procedimento di consultazione – è quello di cercare di colmare una situazione di deficit impiantistico attraverso il (così dichiarato) temporaneo utilizzo di impianti già esistenti sul territorio, e la rigida e predeterminata regolazione dei flussi (e delle tariffe) per tentare di riequilibrare un contesto di mercato in cui a fronte di un eccesso di domanda è presente un limitato numero di operatori.
Va evidenziato che il profilo tariffario è mera conseguenza della scelta di sottoporre determinati impianti non integrati alla disciplina pubblica di pianificazione. In altri termini il profilo tariffario non è la causa (civilisticamente intesa) dell’intervento di ARERA qui scrutinato.
8. Ciò rilevato, si tratta ora di verificare se una disciplina di siffatto contenuto e comportante gli effetti sopra descritti rientri nell’alveo del potere regolatorio di ARERA, ai sensi dell’art. 1 comma 527 della L. 205/2017.
Ad avviso del Collegio alla domanda va data risposta negativa.
9. Come sopra ricordato, la norma richiamata attribuisce ad ARERA, per quanto qui rileva, le seguenti funzioni:
- “predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio ‘chi inquina paga’” (lett. f);
- “fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento” (lett. g);
- “approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento” (lett. h.);
- “verifica della corretta redazione dei piani di ambito esprimendo osservazioni e rilievi” (lett. i). - “formulazione di proposte relativamente alle attività comprese nel sistema integrato di gestione dei rifiuti da assoggettare a regime di concessione o autorizzazione in relazione alle condizioni di concorrenza dei mercati” (lett. l);
- “formulazione di proposte di revisione della disciplina vigente, segnalandone altresì i casi di gravi inadempienze e di non corretta applicazione” (lett. m).
Come risulta chiaramente dal dato letterale delle disposizioni di cui alle lett. f) e g) – che secondo l’Avvocatura Distrettuale sostanzierebbero il potere esercitato con la delibera impugnata – la funzione regolatoria di ARERA riguarda soltanto l’ambito tariffario: “predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario”, “fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe”. Ad ARERA poi sono attribuite funzioni di proposta, ai sensi delle lett. l) e m), anche di revisione della disciplina vigente, ma, per l’appunto, si tratta di mera attività propositiva, non regolatoria.
10. Il Tribunale ritiene che la disciplina dettata in materia di individuazione di impianti “minimi”, laddove il profilo tariffario è mera conseguenza della regola sostanziale, fuoriesca dall’ambito delle funzioni attribuite dalla norma ad ARERA.
La disciplina introdotta da ARERA non solo non ha supporto nel dato normativo letterale sopra richiamato, ma si scontra con il riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di rifiuti e in generale di ambiente (cfr. artt. 195 e 196 del D.lgs. 152/2006) all’interno della cornice costituzionale.
Va in primis ricordato che ai sensi dell’art. 117 secondo comma lett. s) della Costituzione lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
“La «disciplina dei rifiuti va ricondotta alla “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” […], materia naturalmente trasversale, idonea perciò a incidere sulle competenze regionali (sentenza n. 289 del 2019 che richiama, ex multis, le sentenze n. 215 e n. 151 del 2018, n. 54 del 2012, n. 380 del 2007 e n. 259 del 2004; più recentemente, in senso conforme, la sentenza n. 227 del 2020)» (sentenze n. 21 del 2022 e n. 86 del 2021). Difatti, «le Regioni possono esercitare competenze legislative proprie per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, purché l’incidenza nella materia di competenza esclusiva statale sia solo in termini di maggiore e più rigorosa tutela dell’ambiente» (così, ex multis, sentenza n. 189 del 2021)” (Corte Cost. 25 luglio 2022 n. 191).
La potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. risponde, del resto, a ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario (Corte Cost. 7 ottobre 2021 n. 189 e ivi richiamate sentenze n. 246 del 2017, n. 641 del 1987).
10.1. Sotto un profilo programmatorio, pianificatorio e amministrativo l’art. 195 del D.lgs. 152/2006 riserva allo Stato:
- le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del Codice dell’ambiente (ovvero la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) (lett. a);
- l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi (lett. d);
- l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. “Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici… il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale” (lett. f).
10.1.1. L’art. 196 del Codice dell’ambiente attribuisce alle Regioni, tra l’altro, la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199 del medesimo Codice (lett. a).
10.1.2. L’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio” ha introdotto nel Codice dell’ambiente l’art. 198 bis, in forza del quale è stata prevista l’adozione del Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, approvato, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, con decreto del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare.
Il Programma fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199 e, fra l’altro, contiene:
“a) i dati inerenti alla produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità, e fonte;
b) la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione;
…
d) l’indicazione dei criteri generali per l’individuazione di macroaree […] che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità, anche relativamente agli impianti di recupero, in coordinamento con quanto previsto all’articolo 195, comma 1, lettera f)”.
10.2. Il legislatore ha quindi previsto un preciso ambito programmatorio in cui, a livello statale e quindi con un angolo prospettico nazionale ed unitario, si ponga mano alle esigenze impiantistiche del nostro Paese “secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale” (cfr., appunto, l’art. 195 comma 1 lett. f del Codice dell’ambiente).
10.3. D’altro canto nello stesso procedimento di consultazione che ha condotto all’adozione della deliberazione impugnata (cfr. il documento per la consultazione 196/2021/R/RIF), l’Autorità, a fronte dell’eterogeneità della situazione impiantistica nazionale, ha auspicato che l’adozione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti da parte del Ministero per la transizione ecologica, ai sensi dell’art.198 bis del D.lgs. 152/2006 – potesse costituire “un’utile occasione per ridefinire il fabbisogno impiantistico nazionale (che richiederebbe comunque un meccanismo di aggiornamento periodico, al fine di accrescere l’efficacia degli strumenti di programmazione regionale) tanto da essere individuato nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza” come riforma necessaria “ad evitare procedure di infrazione sui rifiuti [e a consentire] di colmare le lacune impiantistiche e gestionali”, prospettando che tra le attività volte a perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale potesse essere annoverato anche un intervento governativo - da valutare anche in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28/1997 - con il quale individuare (e aggiornare con frequenza periodica, ad esempio biennale) gli impianti di chiusura del ciclo “minimi” (da assoggettare a regolazione, nei termini generali sopra rappresentati, al fine di promuoverne l’efficienza in un quadro di progressivo dinamismo concorrenziale)”.
10.4. Tale impostazione – rispettosa della prerogativa statale in materia – è poi stata abbandonata nei successivi documenti di consultazione (e nella deliberazione n. 363/2021), orientandosi l’Autorità per un coinvolgimento attivo delle Regioni nell’identificare gli impianti di chiusura del ciclo “minimi” con quelli presenti sul territorio di pertinenza.
11. L’intervento operato dall’Autorità presenta molteplici profili di incompatibilità con il quadro normativo di riferimento, tenuto conto che, come già rilevato, il predetto intervento non appare riconducibile alle funzioni attribuite all’Autorità dall’art. 1 comma 527 della L. 205/2017.
E così la deliberazione di ARERA:
- ha invaso l’ambito di competenza che il legislatore statale ha assegnato allo Stato ed in particolare al Ministero individuato dall’art. 198 bis del D.lgs. 152/2006 in relazione ai contenuti di cui al Programma nazionale per la gestione dei rifiuti;
- ha attribuito, di fatto, alle Regioni poteri che il legislatore statale non ha, recta via, assegnato agli enti regionali (cfr. art. 196 del D.lgs. 152/2006), traslando quanto dovrebbe essere definito in sede nazionale in un ambito locale in piena violazione delle competenze dello Stato (cfr. art. 195 del Codice dell’ambiente), e allontanandosi dall’obiettivo del riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale;
- ha sovvertito la logica tipica degli atti programmatori in materia ambientale, e, in generale, nei contesti in cui concorrono competenze “multilivello”: ai sensi dell’art. 198 bis comma 2 del Codice dell’ambiente il Programma nazionale fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del presente decreto. Di contro, con la deliberazione impugnata, il piano programmatorio di prima istanza è divenuto quello regionale;
- attraverso l’esercizio di un potere non attribuitole dalla legge l’Autorità ha determinato un’inversione procedimentale dell’iter di programmazione. Solo dopo l’adozione del Programma nazionale – con l’individuazione in quella sede dei criteri per la qualificazione degli impianti come minimi – l’ARERA avrebbe potuto (e dovuto) disciplinare l’ambito tariffario, secondo la competenza che le è attribuita dall’ordinamento.
12. D’altro canto se fosse competenza di ARERA la determinazione dei criteri di individuazione degli impianti “minimi” non avrebbe ragion d’essere la disposizione di cui all’art. 198 bis del Codice dell’ambiente e, in sua attuazione, la successiva disciplina - identica nella sostanza alle disposizioni di cui alla delibera n. 363/2021 - contenuta nel Programma nazionale di gestione dei rifiuti (cfr. paragrafo 9.6), che costituisce in realtà la corretta sedes materiae, date le competenze individuate dall’art. 198 bis del Codice dell’ambiente.
Come si legge nelle premesse del Programma, lo stesso “ha l’obiettivo di individuare misure volte a regolare e migliorare la pianificazione sui diversi livelli di governo, non incidendo sulle funzioni e sulle competenze delle Regioni e delle Province autonome in tema di pianificazione di settore e procedure autorizzatorie per la realizzazione e la modifica degli impianti di gestione dei rifiuti;… è preordinato ad orientare le politiche pubbliche ed incentivare le iniziative private per lo sviluppo di un’economia sostenibile e circolare, a beneficio della società e della qualità dell’ambiente”.
Il Programma si colloca nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che, alla misura M2C1, Riforma 1.2, prevede “l'adozione di un ampio programma nazionale per la gestione dei rifiuti volto a raggiungere livelli molto elevati di preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti, che adatti la rete di impianti necessari per la gestione integrata dei rifiuti, riduca al minimo, come opzione ultima e residua, lo smaltimento finale, istituisca sistemi di monitoraggio, eviti l'avvio di nuove procedure di infrazione nei confronti dell'Italia, affronti lo scarso tasso di raccolta dei rifiuti, disincentivi il conferimento in discarica e garantisca la complementarità con i programmi regionali in materia di rifiuti, consentendo il conseguimento degli obiettivi della normativa dell'UE e nazionale in materia di rifiuti e combattendo gli scarichi illegali di rifiuti e l'incenerimento all'aria aperta”.
13. In conclusione - sia in base al dato letterale di cui all’art. 1 comma 527 della L. 205/2017 sia considerato il quadro sistematico normativo e la relativa cornice costituzionale in materia ambientale - non si rinviene alcuna disposizione legislativa che supporti la competenza di ARERA nell’individuazione di impianti di chiusura del ciclo “minimi” tra gli impianti di trattamento della frazione organica, inceneritori con e senza recupero di energia e discariche presenti sul territorio.
14. Non è invocabile, nel caso di specie, la teoria dei poteri impliciti al fine di “giustificare” l’intervento di ARERA nella disciplina predetta, diversamente da quanto sostenuto dagli enti regionali resistenti.
Si tratta di un principio, quello dei poteri impliciti, elaborato dalla giurisprudenza amministrativa per individuare poteri che non sono espressamente contemplati dalla legge ma che si desumono, all’esito di una interpretazione sistematica, dal complesso della disciplina della materia, perché strumentali all’esercizio di altri poteri. Nei settori di competenza delle Autorità indipendenti, infatti, è oggettivamente complesso per il legislatore predeterminare quale possa essere il contenuto del provvedimento amministrativo, in presenza di poteri di regolazione con una valenza tecnica e che si esplicano in ambiti in costante evoluzione per dinamiche di mercato differenti (cfr. sulla teoria dei poteri impliciti Cons. Stato sez.VI 14 dicembre 2020 n. 7972).
Nel caso di specie tuttavia il legislatore stesso ha attestato il potere espressamente sullo Stato, individuando altrettanto espressamente lo strumento (il PNGR), sicchè non è possibile far ricorso al principio dei poteri impliciti che, in quanto derogatorio del principio di legalità, va applicato in modo stringente per consentirne la compatibilità costituzionale.
15. In conclusione, per le ragioni che precedono, va accolta la domanda di annullamento della deliberazione n. 363/2021 adottata da ARERA.
16. L’annullamento della delibera determina un effetto immediatamente caducante dei provvedimenti della Regione Puglia assunti sul presupposto della disciplina delineata da ARERA.
Nei termini predetti, pertanto, il ricorso introduttivo va accolto.
17. Con il ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha poi impugnato il Programma nazionale di gestione dei rifiuti, deducendo vizi in via derivata dalla ritenuta illegittimità della deliberazione n. 363/2021 nonché vizi propri.
Come rilevato d’ufficio dal Collegio all’udienza pubblica del 25 gennaio 2023, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., questo Tribunale non è competente a giudicare in relazione al predetto programma nazionale.
Va precisato che – anche in ragione di quanto sopra rilevato – la deliberazione dell’Autorità n. 363/2021 non si pone quale presupposto giuridico del Programma nazionale.
L’art. 198 bis del Codice dell’Ambiente delinea nei seguenti termini la procedura da seguire: “Il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare predispone, con il supporto di ISPRA, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Il Programma nazionale è sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS, ai sensi dell'articolo 12 del presente decreto, ed è approvato, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, con decreto del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare”.
Come si evince chiaramente dalla disposizione nessun ruolo all’interno del procedimento assume ARERA.
Sicchè l’annullamento della delibera dell’Autorità, disposta dal Tribunale, non spiega alcun effetto sul Programma nazionale.
D’altro canto il richiamo contenuto nel PNGR alla deliberazione di ARERA deve ritenersi un mero riferimento “storico” senza che ciò faccia assurgere la delibera stessa a presupposto procedimentale.
17.1. Ciò precisato, deve allora farsi applicazione delle disposizioni di cui all’art. 13 c.p.a. in relazione alla competenza territoriale, che il codice qualifica come inderogabile.
In ragione degli effetti del Programma, estesi all’intero territorio nazionale, la competenza deve essere individuata in capo al Tar Lazio – sezione di Roma.
17.2. Dunque il ricorso per motivi aggiunti va dichiarato inammissibile per difetto di competenza del Tar Lombardia – sede di Milano.
18. Considerata la assoluta novità e complessità delle questioni trattate, le spese di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
- accoglie il ricorso introduttivo ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati per la parte di interesse;
- dichiara inammissibile per incompetenza del Tar Lombardia sede di Milano che declina in favore del Tar Lazio – sezione di Roma il ricorso per motivi aggiunti.
Spese compensate.