Svolgimento del processo
1. Con decreto del 15 febbraio 2022, il Tribunale di Cagliari, adito da M. P., padre della minore I. P., autorizzò la vaccinazione di quest’ultima contro il Covid-19, “salva ogni diversa valutazione di competenza del medico dell’hub vaccinale e con l’impiego del vaccino ritenuto adatto al caso di specie”, dichiarando compensate le spese di lite.
2. Il reclamo promosso da P. S., “nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore I. P.”, è stato respinto dalla Corte di appello di Cagliari, con decreto del 28 marzo 2022, n. 460, reso nel contraddittorio con M. P., che ha pure condannato la reclamante al pagamento delle spese del grado facendo proprio il principio espresso da Cass. n. 28331 del 2017.
3. Per la cassazione di questo decreto ricorre, ex art. 111, comma 7, Cost., la S., “anche nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore I. P.”, affidandosi ad un motivo, illustrato anche da memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.. Resiste, con controricorso, corredato da analoga memoria, M. P..
Motivi della decisione
1. Il formulato motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., dei seguenti articoli: 25, comma 2, e 117 Costituzione; 14 delle Preleggi; 6, 7 ed 8 CEDU; 91 cod. proc. civ.; 111 Cost.; 333 cod. civ.; 737, 739 e 742 cod. proc. civ.. In particolare, si sostiene che:
i) è illegittima la condanna alla rifusione delle spese, ex art. 91 cod. proc. civ., contenuta nel decreto impugnato, poiché attore e convenuto (in primo grado) e reclamante e reclamato (in secondo grado), in un procedimento riguardante l’autorizzazione al vaccino di un terzo (la figlia minorenne), non sono mai parti «…, né in senso formale, né in senso sostanziale…»; ii) la condanna alla rifusione delle spese di lite ex art. 91 cod. proc. civ., disposta dalla corte distrettuale, viola il divieto di analogia in malam partem di cui agli artt. 25, comma 2, Cost. e 14 delle Preleggi;
iii) la medesima condanna, risolvendosi in una sanzione, viola i “criteri Engel” applicabili in relazione agli artt. 117 Cost. nonché 6, 7 e 8 della Carta EDU; iv) l’art. 91 cod. proc. civ., se interpretato come applicabile ai procedimenti di cui si discute, è costituzionalmente illegittimo, oltre che in contrasto con i menzionati articoli della CEDU concernenti: «a) il diritto al processo equo, che, in questo caso, sarebbe violato per il genitore che viene sanzionato per aver espresso una semplice opinione difforme dall’altro a favore sempre del figlio; b) il diritto al divieto di subire una pena o sanzione non prevista dalla legge che avviene con applicazione in malam partem dell’art. 91 c.p.c.; c) il diritto al rispetto della vita familiare, che viene violato perché minore rispetto ad una interpretazione del governo dello Stato membro, come risulta sia dal parere del PM in atti che dalle motivazioni della Corte che dichiarano di attenersi a non ben precisati orientamenti governativi sul tema deciso».
2. L’odierno ricorso è rivolto esclusivamente contro la statuizione sulle spese processuali poste dalla corte territoriale a carico della reclamante, odierna ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza: sotto questo profilo lo stesso è certamente ammissibile, posto che, in parte qua, investe un provvedimento definitivo, di carattere decisorio, che incide indubbiamente sui diritti patrimoniali delle parti, non soggetto alla possibilità di impugnazione in altre sedi (cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 2890 del 2023; Cass. n. 2888 del 2023; Cass. n. 9348 del 2017; Cass. n. 2986 del 2012; Cass. n. 9516 del 2005).
3. Esso, tuttavia, si rivela infondato.
3.1. Invero, l’art. 709-ter cod. proc. civ., così dispone: «Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all'articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore. seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».
3.2. Tale disposizione è stata inserita, nelle norme del codice di procedura civile dedicate alla separazione coniugale, dall’art. 2 della legge n. 54 del 2006, che ha contestualmente introdotto la regola generale dell’affidamento condiviso della prole della coppia parentale in regime di separazione, regola che è subito apparsa foriera di più frequenti controversie tra i genitori sulle modalità di attuazione di questo nuovo istituto con un maggiore coinvolgimento del giudice per dirimere ogni genere di contrasto.
3.2.1. La collocazione della norma nell’ambito della disciplina processuale della separazione coniugale, peraltro, non ne limita l’operatività a questo solo àmbito, in quanto l’art. 4, comma 2, della stessa legge n. 54 del 2006 stabilisce espressamente che le nuove disposizioni dettate per la separazione giudiziale si applicano anche ai casi di «scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati».
3.3. L’art. 709-ter cod. proc. civ. demanda, nel primo comma, al giudice il potere di risolvere le controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale ovvero alle modalità dell’affidamento. Tali “controversie” sono costituite da disaccordi e contrasti che insorgono di frequente tra i genitori quando si tratta di individuare le modalità attuative dell’affidamento, ossia le forme di esercizio della responsabilità genitoriale ogni qual volta sia stato pronunciato un provvedimento di affidamento.
3.3.1. Nelle ipotesi in cui vengano accertate, poi, gravi inadempienze rispetto agli obblighi contenuti nei provvedimenti sull’esercizio della potestà genitoriale o sull’affidamento della prole o, in alternativa, il compimento di atti che arrechino pregiudizio al minore ovvero ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, il medesimo giudice può non soltanto modificare i provvedimenti in vigore, ma anche pronunciare, a carico del genitore inadempiente, le misure sanzionatorie di cui ai numeri da 1) a 4) della stessa disposizione.
3.3.2. Proprio da questi poteri demandati all’autorità giudiziaria dal secondo comma dell’art. 709-ter cod. proc. civ. si evince che lo scopo principale della norma è quello di superare le difficoltà da lungo tempo emerse nella prassi applicativa rispetto alla possibilità di assicurare l’effettività del diritto della prole ad un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori - in linea con le finalità generali della stessa legge n. 54 del 2006 sull’affidamento condiviso - anche ove tale diritto sia riconosciuto in un provvedimento di carattere giurisdizionale che disciplina le modalità di affidamento, per tutti gli aspetti diversi da quelli economici, e il diritto/dovere di visita del genitore non collocatario, ossia profili afferenti a obbligazioni complesse di carattere infungibile, incidenti su diritti di carattere non patrimoniale.
3.3.3. Le evidenziate difficoltà si correlavano soprattutto alla sostanziale inidoneità del modello dell’esecuzione forzata delineato dal Terzo libro del codice di procedura civile per l’attuazione delle decisioni giudiziarie in tema di affidamento e responsabilità genitoriale nei confronti dei figli minori (o maggiorenni portatori di handicap) - inidoneità riconosciuta, pur incidentalmente, dalla Corte costituzionale (cfr. ordinanza n. 68 del 1987) - almeno per tutti gli aspetti diversi dalle questioni di carattere economico. Per queste ultime, invece, oltre all’esecuzione per espropriazione forzata, sono previsti vari meccanismi volti ad assicurare una adeguata tutela del diritto di credito quali, ad esempio, il sequestro o il pagamento diretto da parte di terzi ai sensi dell’art. 156 del codice civile, e la possibilità ex art. 545 cod. proc. civ. di pignorare il trattamento stipendiale anche al di là del limite generale del cosiddetto quinto, oltre alla tutela penale di cui, attualmente, agli artt. 570 e 570-bis cod. pen.
3.3.4 In questo contesto, dunque, deve collocarsi l’introduzione nel codice di procedura civile dell’art. 709-ter ad opera della legge n. 54 del 2006 sull’affidamento condiviso, quale disposizione volta principalmente a colmare oggettive lacune che si erano registrate nell’assicurare una tutela effettiva dei diritti della prole di una coppia genitoriale disgregata, correlati a obblighi di natura infungibile pur consacrati in provvedimenti giudiziari.
3.3.5. In particolare, come può leggersi nella sentenza della Corte costituzionale
n. 145 del 2020, «si è consentito al giudice della cognizione – adito con il ricorso di cui all’art. 709-ter cod. proc. civ., a fronte di violazioni dei provvedimenti concernenti le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale ovvero di quelle di affidamento – di modificare o integrare il contenuto di tali provvedimenti. Il legislatore, quindi, al fine di superare il problema derivante dall’inidoneità dell’esecuzione forzata, ha per un verso demandato al giudice di merito una nuova competenza, che si svincola da moduli rigidi come quelli esecutivi, per sfruttare pienamente la maggiore flessibilità della tutela giurisdizionale di cognizione, e risponde alla finalità di individuare l’autorità più adatta a risolvere le questioni che possono sorgere nella fase di attuazione della misura; per un altro, ha attribuito a tale giudice, accertato l’inadempimento alle statuizioni contenute nei provvedimenti già emanati nei confronti della coppia parentale, il potere di comminare, ove richiesto con ricorso ai sensi del secondo comma della stessa disposizione, le misure sanzionatorie ivi contemplate. Quanto alla «sanzione amministrativa pecuniaria», dell’importo ricompreso tra un minimo di 75 euro ed un massimo di 5.000 euro in favore della Cassa delle ammende, prevista dalla disposizione censurata in parte qua, la stessa realizza innanzi tutto - sul modello di altri sistemi processuali - una forma di indiretto rafforzamento dell’esecuzione delle obbligazioni di carattere infungibile. Si tratta di obbligazioni il cui adempimento dipende in via esclusiva dalla volontà dell’obbligato e l’esecuzione indiretta si realizza, previa necessaria istanza di parte, attraverso un sistema di compulsione all’adempimento spontaneo prevedendo, in mancanza dello stesso, l’obbligo di corrispondere una somma in favore dello Stato. In ciò tale modello si accosta nella finalità - pur divergendo nel meccanismo processuale - alle misure di attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare introdotte successivamente dall’art. 614-bis cod. proc. civ., ad opera della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), che - poi divenute misure di coercizione indiretta - hanno invece vocazione generale, consentono l’esercizio di un potere d’ufficio del giudice e prevedono la corresponsione delle somme liquidate in favore dell’altra parte».
3.4. Fermo quanto precede, è innegabile, allora, che il provvedimento emesso, in sede di reclamo, avverso il decreto con cui il tribunale, su richiesta di uno dei genitori ex art. 709-ter cod. proc. civ., ha autorizzato - nella specie - la vaccinazione contro il Covid-19 della figlia minorenne senza il consenso dell'altro genitore, si configura come un provvedimento di volontaria giurisdizione, volto non già a dirimere, con autorità di giudicato, un conflitto tra diritti soggettivi dei genitori, ma a valutare la corrispondenza del mancato assenso di uno degli stessi all'interesse del minore, costituendo, pertanto, espressione di una forma gestoria dell'interesse di quest’ultimo, con conseguente esclusione dell'impugnabilità anche ai sensi dell'art. 111 Cost. (cfr. Cass. n. 28331 del 2017, in tema di autorizzazione a condurre con sé il figlio minore in settimana bianca; Cass. n. 21667 del 2015, in tema di rilascio di passaporto).
3.5. Nondimeno, l’odierna doglianza della S. si infrange contro il consolidato principio di questa Suprema Corte - che il Collegio condivide ed intende ribadire, non offrendo le argomentazioni della ricorrente significativi elementi per discostarsene - secondo cui «È legittima la condanna alle spese giudiziali nel procedimento promosso in sede di reclamo, ex art. 739 cod. proc. civ., avverso provvedimento reso in camera di consiglio, atteso che ivi si profila comunque un conflitto tra parte impugnante e parte destinataria del reclamo, la cui soluzione implica una soccombenza che resta sottoposta alle regole dettate dagli artt. 91 e ss. cod. proc. civ. e che, inoltre, se lo sviluppo del procedimento nella fase di impugnazione non può ovviamente conferire contenzioso in senso proprio, si deve tuttavia riconoscere che in tale fase le posizioni delle parti con riguardo al provvedimento dato assumono un rilievo formale autonomo, che dà fondamento all’applicazione estensiva dell'art. 91 cit.» (cfr. in termini, proprio la già citata Cass. n. 28331 del 2017. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass. n. 11320 del 2007, in fattispecie riguardante la nomina di un curatore speciale di un minore che ne assumesse la rappresentanza per la tutela di suoi diritti patrimoniali, di natura risarcitoria, vantabili nei confronti di uno o l'altro dei genitori; Cass. n. 1856 del 2006, Cass. n. 14360 del 2000).
3.5.1. In altri termini, dopo l'avvenuta sollecitazione del tribunale all'adozione di un provvedimento volto alla protezione degli interessi della minore e la decisione di tale giudice, a seguito della proposizione del reclamo da parte della S. si è determinato un contrasto tra quest’ultima, impugnante, e M. P., resistente, che consente l'identificazione di una parte processualmente vittoriosa e di una parte processualmente soccombente in esito alla definizione del procedimento di impugnazione. Pertanto, laddove ha pronunciato la condanna alle spese di quest’ultimo, il provvedimento oggi impugnato ha riguardato posizioni giuridiche soggettive di debito e credito dipendenti da un rapporto autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stato emesso, così da rivestire, in parte qua, i caratteri della decisione giurisdizionale e l'attitudine al passaggio in giudicato (che ne ha consentito la ricorribilità ex art. 111, comma 7, Cost.), indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui accedeva.
3.6. Proprio alla stregua delle esposte considerazioni, la questione di costituzionalità dell’art. 91 cod. proc. civ., come prospettata dalla S., si rivela manifestamente infondata, bastando qui rimarcare che: i) la regolamentazione delle spese di lite ex art. 91, comma 1, cod. proc. civ., lungi dal potersi configurare come sanzione, risulta finalizzata a disciplinare il regime degli oneri economici sostenuti dai soggetti che usufruiscono, con tesi ed opinioni contrapposte, del servizio pubblico giudiziario. Si è al cospetto, dunque, di un semplice criterio di “ripartizione dei costi” di un tale servizio. Non sussiste, dunque, alcuna violazione dell’art. 25, comma 2, della Costituzione, né dell’art. 14 delle cd. preleggi, norme, queste ultime, che si occupano di tutt’altro; ii) parimenti inconferente appare la lamentata violazione degli artt. 6, 7 e 8 della Carta EDU per contrasto con i cd. “criteri Engel”. È noto, infatti, che questi sono criteri sostanziali per la distinzione tra le sanzioni penali e le sanzioni amministrative, formulati per la prima volta nella celebre sentenza della Corte EDU Grande Camera, dell’8.06.1976 (ricorsi n. 5100/71 e altri, Engel e altri c/ Paesi Bassi), richiamati di recente nell’altrettanto celebre “sentenza Grande Stevens”. Da qui, la irrilevanza della relativa disciplina nell’odierna vicenda processuale, essendosi già chiarita la natura (non di sanzione, bensì, di mero criterio di ripartizione dei costi del servizio pubblico giudiziario) della previsione di cui all’art. 91 cod. proc. civ..
4. In definitiva, quindi, il ricorso proposto dalla S., “anche nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore I. P.”, deve essere respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, con attribuzione all’Avv. Fabio Basile dichiaratosene anticipatario (cfr. conclusioni del controricorso), altresì dandosi atto, giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020, rv. 657198-06, che, malgrado il tenore della pronuncia adottata, non è dovuto il pagamento di un’ulteriore somma, a titolo di contributo unificato, posto che, ai sensi dell’art. 10, comma 2, del d.P.R. n. 115 del, non è soggetto al contributo unificato il processo comunque riguardante la prole.
4.1. Va, disposta, infine, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/2003.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso di P. S. “anche nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore I. P.” e la condanna al pagamento, in favore di M. P., delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano in € 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge, con attribuzione all’Avv. Fabio Basile dichiaratosene anticipatario.
Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/2003.