Per la Cassazione, vanno prese in considerazione le ritenute fiscali e contributive. Il rilievo delle altre eventuali trattenute effettuate dal datore di lavoro può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso.
In un giudizio avente ad oggetto la determinazione dell'assegno divorzile e del contributo al mantenimento dei figli, la Corte territoriale ne diminuiva il quantum ritenendo eccessivo l'importo stabilito in prime cure in relazione alle condizioni economiche dell'obbligato in quanto la retribuzione percepita dal medesimo risultava gravata da pesanti oneri finanziari.
L'ex moglie ricorre in Cassazione lamentando, tra i motivi di doglianza, la violazione dell'
Con ordinanza n. 6515 del 3 marzo 2023, la Cassazione accoglie il ricorso e afferma il seguente principio di diritto: «In tema di assegno divorzile e di contributo al mantenimento del figlio, la determinazione del reddito da lavoro dipendente del soggetto a carico del quale sono richieste quelle prestazioni impone di tenere conto delle ritenute fiscali e contributiveoperategli in busta paga sulla retribuzione, mentre il rilievo attribuibile, per il medesimo fine, ad altre trattenute ivi eventualmente effettuategli dal datore di lavoro può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso».
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 13 settembre 2018, n. 1186, il Tribunale di Lametia Terme, adito da T.S. G., stabilendo le condizioni economiche derivanti dalla già dichiarata cessazione degli effetti civili del matrimonio da lei contratto con R.F., sancì, a carico di quest’ultimo, il pagamento mensile di € 300,00, quale assegno divorzile in favore della ex moglie, nonché di € 300,00, quale mantenimento di ciascuno dei loro due figli, maggiorenni ma non ancora economicamente indipendenti, oltre rivalutazione monetaria dall’1 gennaio 2019. Pose a carico del medesimo F. il pagamento delle spese straordinarie in favore dei figli.
2. La Corte di appello di Catanzaro, pronunciando sui distinti, e da essa riuniti, gravami autonomamente promossi dalla G. e dal F., con sentenza dell’11 giugno 2021, n. 24, ha così deciso: «Rigetta l’appello proposto da T.S. G.. Accoglie, per quanto di ragione, l’appello proposto da R.F. e, in parziale riforma della sentenza impugnata, revoca il contributo previsto in favore del figlio M., ridetermina in € 250,00 ciascuno sia l’assegno divorzile in favore di T.S. G. che il contributo al mantenimento in favore del figlio R., ponendo a carico di R.F. anche il 50% delle spese straordinarie relative al figlio R., previamente concordate tra le parti».
2.1. Per qui ancora di interesse, quella corte, opinò che «[…] se, da un lato, è pacifico, oltre che accertato a seguito delle indagini espletate a mezzo della Polizia Tributaria, che G. T. sia inoccupata, dall’altro va considerato che, dai medesimi accertamenti, si evince che la retribuzione percepita dal F., pari ad un netto medio di circa € 1.500,00 mensili, risulta gravata da pesanti oneri finanziari (cessione “Fides” di € 397,00, con scadenza il 6/2029, e prestito “Fiditalia” di € 347,00, con scadenza il 12/2024), risultando, pertanto, eccessivo l’importo stabilito in prime cure in relazione alle condizioni economiche dell’obbligato. Ritiene, pertanto, la Corte equo ridurre ad € 250,00 l’assegno divorzile in favore di G. T.S., nonché il contributo in favore del figlio R., in relazione al quale non è in discussione tra le parti la circostanza che lo stesso debba completare il suo percorso formativo».
3. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la G., affidandosi a due motivi. Non svolge difese in questa sede il F..
Motivi della decisione
1. I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente:
I) «Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, della L. n. 898/70, dell’art. 316-bis cod. civ., degli artt. 2 e 29 della Costituzione». La censura si sviluppa in due profili, il primo dei quali, muovendo dall’assunto che non ogni trattenuta che venga operata in busta paga sulla retribuzione di un lavoratore dipendente va presa in considerazione ai fini della determinazione del suo reddito, ascrive alla corte territoriale di aver disposto la riduzione dell’assegno in favore della G. e del figlio R. F. valorizzando, sic et simpliciter, in modo indiscriminato, gli oneri finanziari gravanti sullo stipendio di R.F., sicché i primi «hanno subito la disinvoltura con la quale il F. ricorre al credito per soddisfare non meglio specificati bisogni personali. Dalla documentazione versata in atti nel giudizio di secondo grado emerge, infatti, un continuo ricorso al credito del F. cui fa da contraltare l’insolvenza rispetto ai bisogni dei figli, diversi da quelli soddisfatti dall’assegno di mantenimento». Il secondo aspetto della doglianza, invece, contesta alla corte distrettuale l’avvenuta ripartizione in pari misura, tra gli ex coniugi, dell’obbligo di contribuire alle spese straordinarie del figlio R., che la pronuncia di primo grado aveva posto, invece, interamente a carico del padre, unico genitore percettore di reddito;
II) «Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 7, della L. n. 898/70, degli artt. 2 e 29 della Costituzione», nella parte in cui la sentenza impugnata non aveva stabilito alcun criterio automatico di adeguamento dell'assegno, neppure versandosi nell’ipotesi, contemplata dalla medesima norma, secondo la quale il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con decisione motivata.
2. Il primo motivo è fondato alla stregua delle considerazioni di cui appresso.
2.1. Esso denuncia, in buona sostanza, il mancato rispetto dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, sicché occorre immediatamente richiamare l'innovativo e più recente orientamento di questa Corte, secondo il quale il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della citata disposizione, postula l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive (cfr., in motivazione, Cass. n. 37577 del 2022), applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. In particolare, si impone una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente l'assegno divorzile alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. La natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate (Cass. n. 29920 del 2022, peraltro, ha puntualizzato che «Il riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo- compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull'esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi - che costituisce solo una precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui all'art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970 - essendo invece necessaria un'indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l'assegno, di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente»). La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass., SU., n. 18287 del 2018; Cass. n. 1882 del 2019; Cass. n. 21234 del 2019; Cass. n. 5603 del 2020; Cass. n. 4215 del 2021; Cass. n. 23977 del 2022; Cass., SU, n. 32014 del 2022).
2.2. Questa Corte, poi, ha già chiarito - con pronuncia che, sebbene riguardante l’assegno di mantenimento ex art. 156 cod. civ., può agevolmente riferirsi anche a quello divorzile, almeno nella misura in cui anch’esso richiede comunque una valutazione comparativa delle condizioni economico patrimoniali delle parti (cfr. Cass. n. 28936 del 2022, a tenore della quale «Ai fini dell'attribuzione dell'assegno divorzile secondo il parametro assistenziale e perequativo-compensativo, è indispensabile il previo accertamento di un significativo squilibrio delle condizioni economico- patrimoniali delle parti»), benché da effettuarsi considerando pure il contributo fornito dal richiedente l'assegno divorzile alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto – che «Non ogni trattenuta che venga operata in busta paga sulla retribuzione di un lavoratore dipendente va presa in considerazione ai fini della determinazione del suo reddito. Certamente vanno prese in considerazione le ritenute fiscali e contributive, perché la loro applicazione dà luogo alla determinazione del reddito disponibile da parte del soggetto. Ma le altre trattenute eventualmente operate dal datore di lavoro corrispondono, nella generalità dei casi, a titoli che, a differenza di quelli di cui si è appena detto, non prescindono dalla volontà dell'obbligato e derivano, invece, da suoi atti di disposizione (si pensi alle ritenute sindacali, alle cessioni del quinto della retribuzione in relazione a prestiti ricevuti, ecc.). Il rilievo attribuibile a tali ritenute, in sede di determinazione della condizione economica del coniuge ai fini dell'assegno di separazione, può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso (in caso di cessione del quinto della retribuzione, ad esempio, un conto è essersi indebitati per far fronte a indispensabili spese, altro conto essersi indebitati per spese voluttuarie)» (cfr., anche in motivazione, Cass. n. 10380 del 2012).
2.3. Sarebbe stato necessario, dunque, laddove la sentenza impugnata ha proceduto alla riduzione dell’entità dell’assegno divorzile riconosciuta dalla G. dal tribunale, che la corte distrettuale verificasse da cosa fossero concretamente scaturite le altre trattenute operate in busta paga dal datore di lavoro del F., evidentemente derivanti (attesa la specifica loro tipologia - «cessione “Fides” di € 397,00 con scadenza il 6/2029 e prestito “Fiditalia” di € 347,00 con scadenza il 12/2024» - descritta dalla medesima corte) da atti di disposizione di quest’ultimo. Nulla, invece, sul punto, ha specificato la corte di appello che, peraltro, nemmeno ha concretamente proceduto, ai fini della riduzione di quell’emolumento, ad una effettiva ponderazione alla stregua dei criteri tutti imposti dal descritto nuovo orientamento giurisprudenziale di cui si è dato conto.
2.4. Fondato è anche l’ulteriore profilo della censura in esame, atteso che, evidentemente, - in mancanza di diversa, specifica argomentazione sul punto - la corte territoriale ha fatto derivare la diversa ripartizione dell’onere delle spese straordinarie per R. F., figlio degli ex coniugi, esclusivamente dalla riduzione del reddito effettivamente disponibile da R.F. per le già descritte ragioni dalla stessa esposte.
2.5. Deve, dunque, enunciarsi il seguente principio di diritto:
«In tema di assegno divorzile e di contributo al mantenimento del figlio, la determinazione del reddito da lavoro dipendente del soggetto a carico del quale sono richieste quelle prestazioni impone di tenere conto delle ritenute fiscali e contributive operategli in busta paga sulla retribuzione, mentre il rilievo attribuibile, per il medesimo fine, ad altre trattenute ivi eventualmente effettuategli dal datore di lavoro può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso».
3. Il secondo motivo di ricorso, invece, è infondato, posto che la corte di appello, nel ridurre la sola entità degli assegni predetti, ha lasciato inalterato l’altra parte della statuizione del tribunale riguardante la loro rivalutazione a decorrere dall’1 gennaio 2019, che, pertanto, deve considerarsi confermata.
4. In definitiva, quindi, il ricorso proposto dalla G. deve essere accolto in relazione al suo primo motivo, rigettandosene il secondo, e la sentenza impugnata deve essere cassata, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
4.1. Va, disposta, infine, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/2003.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso proposto alla G., rigettandone il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Dispone per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/2003.