Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 28/2/2022, la Corte di appello di Trieste, in riforma della pronuncia emessa il 1°/10/2019 dal locale Tribunale, dichiarava L.H. colpevole del delitto di cui all'art. 515 cod. pen., condannandolo alla pena di 1.200,00 euro di multa; lo assolveva, per contro, dalla contravvenzione di cui all'art. 5, lett. g), I. 30 aprile 1962, n. 283, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
2. Propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
- violazione di legge, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione. La Corte di appello, diversamente dal Tribunale, avrebbe travisato l'impianto probatorio, ritenendo - senza alcun riscontro - che il ricorrente avesse utilizzato additivi chimici non autorizzati per la preparazione degli alimenti. La mancanza di accertamenti tecnici o di esami, tuttavia, avrebbe impedito una tale conclusione, sostenuta in sentenza da mere congetture, quale, ad esempio, il colore "vivace" dei cibi indiani. La sentenza, inoltre, non indicherebbe quali norme vieterebbero l'uso dei coloranti indicati nella contestazione, né per il pollo né per il riso;
- la violazione di legge, poi, è dedotta con riguardo al mancato riconoscimento della fattispecie tentata dell'art. 515 cod. pen., come peraltro ripetutamente affermato da questa Corte in casi analoghi;
- violazione di legge e vizio motivazionale, infine, sono denunciati quanto al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131- bis cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche, istituti che ben avrebbero potuto esser applicati sol considerando che: a) gli additivi chimici sarebbero stati acquistati due anni prima dell'accertamento, a conferma di un uso sporadico od occasionale, tutt'altro che frequente; b) il ricorrente avrebbe tenuto un comportamento collaborativo nel corso delle ispezioni del suo locale, oltre a scegliere un rito deflattivo dei carichi del Tribunale di Trieste.
Motivi della decisione
3. Il ricorso risulta fondato.
4. La sentenza, infatti, muove da una premessa indimostrata, ossia che gli additivi in questione fossero stati effettivamente utilizzati nella preparazione di cibi da somministrare.
4.1. Ancora, e con particolare rilievo nell'ottica dell'art. 515 cod. pen., anche nell'eventuale forma tentata, la Corte di appello non ha provato che il menu offerto alla clientela desse conto dell'utilizzo di spezie, in luogo dei coloranti; al riguardo, infatti, la sentenza afferma che il menù non riportava l'uso di questi additivi, ma non anche che vi fosse un'indicazione di segno diverso, tale da evidenziare una frode in commercio.
4.2. Quest'ultimo rilievo, peraltro, appare di particolare importanza, in quanto - come riportato dalla stessa Corte di merito - l'impiego alimentare dei coloranti in questione non risulta vietato in sé, ma soltanto qualora siano superati specifici limiti quantitativi; ebbene, dell'eventuale superamento di questi la sentenza non offre alcun cenno, e questo dato - di immediato rilievo ai fini della decisione - non appare suscettibile di essere ulteriormente acquisito nel corso dell'istruttoria, come peraltro quelli che precedono, così dovendosi concludere per l'insussistenza della condotta contestata.
5. Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza senza rinvio, perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.