
La sentenza, pronunciata ai sensi dell'art. 45 L. fall., che dichiara l'inopponibilità ai terzi degli atti compiuti dal fallito e dispone la condanna al trasferimento di somme di denaro al fallimento, è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell'art. 8, primo comma, lett. b), della prima parte della tariffa, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
La controversia ha ad oggetto un avviso di liquidazione per l'imposta di registro richiesto con riferimento ad una sentenza emessa dal Tribunale di Padova a conclusione di un procedimento per revocatoria fallimentare. Con tale avviso di liquidazione era stata applicata la tassazione ex art. 8, c. 1, lett. b),...
Svolgimento del processo
- la controversia ha ad oggetto un avviso di liquidazione per l’imposta di registro, relativo all’anno 2014 richiesto con riguardo alla sentenza n. 3395/2014, emessa dal tribunale di Padova, a conclusione di un procedimento per revocatoria fallimentare;
- la sentenza ha:
• dichiarato l’inefficacia, nei confronti dell’amministrazione straordinaria della FINMEK s.p.a., delle cessioni di credito dalla stessa effettuate in favore della Enel Factor s.p.a., oggi incorporata dalla (omissis)S.r.l. (d’ora in poi ricorrente) sulla base di un contratto di factoring;
• affermato che tutte le cessioni impugnate dalla FINMEK s.p.a. in amministrazione straordinaria sono inopponibili alla procedura fallimentare e inefficaci;
• condannato l’odierna ricorrente al pagamento in favore dell'attrice FINMEK s.p.a della somma di euro 505.646,37, $ 45.991.958,73, $ 678.670,65.
- con l’avviso di liquidazione oggetto del giudizio era stata applicata la tassazione, ai sensi dell’art. 8, c. 1, lett. b), della Tariffa I del d.p.r. n. 131 del 1986, cd TUR, con liquidazione dell’imposta di registro nella misura del 3%, con riferimento al capo di condanna relativo alle restituzioni del credito ceduto;
- la CTP ha respinto il ricorso introduttivo sul presupposto che l’avviso non necessitava di ulteriori informazioni e perché l’oggetto della tassazione era costituito dalla sentenza che rappresentava il titolo per la ricostruzione della garanzia patrimoniale, non trattandosi di cessione di bene;
- la CTR, confermando la sentenza della commissione tributaria provinciale, ha rigettato l’appello della società, odierna ricorrente, affermando che:
• l'atto sottoposto a registrazione è una sentenza emessa a conclusione di un procedimento per revocatoria fallimentare e “riguarda la ricostruzione della garanzia patrimoniale a favore dei creditori indipendentemente dalla natura del credito/debito posto in contestazione”;
• l'atto impugnato è sufficientemente motivato, essendo relativo a un provvedimento ben conosciuto dalla società contribuente;
• la natura dell'atto tassato, in relazione agli effetti giuridici prodotti, giustifica la tassazione proporzionale di registro;
- avverso la sentenza ricorre la società odierna ricorrente, proponendo due motivi di impugnazione, mentre l’Agenzia delle Entrate si costituisce con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 45 della legge fallimentare, dell'art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986 e dell’art. 8 tariffa -Parte prima, allegata al citato d.p.r. In proposito deduce che la sentenza sottoposta a tassazione non ha pronunciato sulla domanda di revocatoria fallimentare di cui all'art. 67 legge fallimentare, ma ai sensi dell'art. 45 della stessa legge.
Non si tratta, dunque, ad avviso della ricorrente di una restituzione del bene alla massa, ma di un atto inefficace nei confronti della massa e ab origine priva di effetto. La diversità di natura e di effetti giuridici tra i due istituti giustificherebbe, pertanto, un diverso regime di tassazione, in quanto nel caso di specie mancherebbe l'originario depauperamento a danno del patrimonio del fallito e, non essendoci stato alcun effetto traslativo, non sarebbe possibile configurare alcun effetto restitutorio.
La fattispecie, dunque, per la ricorrente dovrebbe essere sottoposta a tassazione ai sensi dell’art. 8 della tariffa, secondo le previsioni di cui al comma 1, lett. e), riferite agli atti che dichiarano la nullità o pronunciano l'annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro beni, o la risoluzione di un contratto; oppure, ai sensi di cui al comma 1 lett. d), riguardante atti non recanti trasferimento, condanna o accertamento di diritti a contenuto patrimoniale, ovvero, ai sensi del comma 1, lett. c) relativo ad accertamento di diritti a contenuto patrimoniale.
2. La controversia pone la questione dell’aliquota da applicare con l’imposta di registro in presenza di una pronuncia emessa ai sensi art. 45 l. fallimentare con contestuale condanna alla restituzione di somme della natura, in particolare, se sia necessario dare rilevanza alla natura dichiarativa della sentenza ovvero agli effetti concreti che la stessa determina.
L'imposta di registro va “ applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extra testuali e dagli atti ad esso collegati (...)” (art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131).
E’ del tutto condivisibile il principio di legittimità da tempo affermato, secondo cui, quando l'atto da registrare sia una sentenza o un lodo arbitrale, per stabilire i presupposti ed i criteri di tassazione, occorre - in conformità al disposto degli artt. 20 del D.P.R. 26 aprile 1985 n. 131 e 8, della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1985 n. 131 - far riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla pronuncia stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei, né di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si sia formato il giudicato (ex plurimis: Cass., Sez. 5^, n. 4601/2009, Rv. 606986 - 01; Cass., Sez. 5^, n. 15918/2011, Rv. 6875/2023; Cass., Sez. 5^, n. 12013/2020, Rv. 657931 - 01).
La sentenza posta a base della tassazione oggetto del presente giudizio ha affermato che tutte le cessioni impugnate dalla FINMEK s.p.a. in amministrazione straordinaria sono inopponibili alla procedura fallimentare e inefficaci e ha condannato l’odierna ricorrente al pagamento in favore dell'attrice delle somme sopra precisamente indicate.
La pronuncia ha, pertanto fatto applicazione dell'art. 45 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, secondo cui “Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori” , disponendo, inoltre, la restituzione del credito ceduto.
Ritiene il Collegio che anche nel caso di specie sia necessario dare rilevanza all'effetto giuridico della sentenza che è quello di recuperare alla massa dei creditori un bene, nella specie il credito ceduto, che, in difetto, non avrebbe potuto considerarsi quale parte della procedura.
Sotto altro profilo si osserva che l'effetto giuridico dell'inefficacia previsto dall'art. 45 della legge fallimentare non può essere comparabile con la voce della tariffa sopra richiamata (lett. e) relativa agli atti che dichiarano la nullità o pronunciano l'annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione in denaro.
A supporto di tale assunto si ritiene che possano trovare applicazione i consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per la revocatoria fallimentare che possono riassumersi nei seguenti termini.
E’ stato affermato che la sentenza di accoglimento dell'azione revocatoria fallimentare, producendo l'effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti e realizzando un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell'art. 8, primo comma, lett. b), della prima parte della tariffa, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Tale disposizione assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell'autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza), mentre la lett. e) del medesimo articolo, norma speciale e di stretta interpretazione, determina l'imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l'annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto (dunque, in funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore; v., ex plurimis, Cass., 13 maggio 2019, n. 12685; Cass., n. 31277/2018, Rv. 651775 - 01; Cass., n. 16814/2017, Rv. 644890 - 01; Cass., n. 24954/2013, Rv. 628720 - 01; Cass., 12 ottobre, n. 17584/2012, Rv. 623935 - 01; Cass., 25 febbraio, n. 4537/2009, Rv. 606856 - 01; Cass., n. 21160/2005, Rv. 584574 - 01).
A fondamento di tale principio di diritto, è stato sottolineato che che: - tra le disposizioni di cui all’art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, cit., si pone «un rapporto da genere a specie, non essendovi dubbio, anche in ragione del loro tenore letterale, che la norma di cui alla lett. b) ha carattere di regola generale, mentre la previsione di cui alla lett. e) ha, rispetto ad essa, carattere speciale»; difatti «la disposizione di cui alla lett. b) colpisce i provvedimenti giudiziari che dispongono un trasferimento di ricchezza, mentre il legislatore ha ritenuto di applicare l'aliquota in misura fissa nei casi in cui il provvedimento comporti una caducazione del titolo del precedente trasferimento e la condanna conseguente abbia contenuto e funzione meramente restitutori, mirando a ripristinare la situazione patrimoniale qua ante actum»;
- in ragione di detto rapporto di specialità, le ipotesi previste dalla lett. e) risultano di stretta interpretazione, «in quanto sottoposte ad una disciplina diversa, sicché essa non può essere estesa oltre i casi espressamente contemplati dalla legge»;
- «la sentenza che pronuncia la revocatoria fallimentare di un atto di cessione del credito ovvero di un pagamento «possiede contenuti ed effetti diversi dalle sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto, dal momento che, a differenza di queste, essa non opera alcuna caducazione dell'atto impugnato, che rimane in vita sia pure privo di efficacia nei confronti del Fallimento e della procedura esecutiva.»;
- in dette evenienze la sentenza di revocatoria fallimentare «non comporta un ripristino della situazione anteriore, ma un trasferimento di ricchezza in favore del Fallimento, che vede incrementata la massa fallimentare. L'effetto giuridico della sentenza che accoglie l'azione di revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti restituzioni è infatti ravvisabile, … nel mero recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti, situazione che realizza, per l'appunto, un trasferimento di ricchezza in favore del Fallimento.».
Alla luce di quanto esposto si osserva che l'inefficacia prevista dall'art. 45 legge fallimentare non invalida il titolo dell'atto di disposizione, ma ne determina solamente la non opponibilità e determina un effetto che sotto i profili impositivi assume carattere recuperatorio.
Ciò posto non ha pregio l'invocazione dell'applicazione della lett. d) dell’art. 8 della tariffa, parte prima allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, in quanto, nel caso di specie, vi è stata un’espressa pronuncia di condanna e, dunque, disposto un trasferimento, consistente nella restituzione del credito ceduto negli importi indicati in sentenza.
3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 112 c.p.c. Ci si duole che la CTR avrebbe omesso di pronunciare sul motivo di appello che involgeva l’incompiutezza della motivazione dell’atto impositivo con riferimento, in particolare, alla determinazione della base imponibile.
Volendo prescindere dai profili di inammissibilità del motivo in esame il quale non ripropone, nemmeno in sintesi, l'effettivo contenuto dell'atto impugnato, se ne deve affermare, comunque, l'infondatezza.
Non è, infatti, configurabile la denunciata violazione dell'art. 112 c.p.c., in quanto sul difetto di motivazione dell'atto la CTR si è espressamente pronunciata, facendo riferimento anche alla conoscenza che di esso ne aveva la società contribuente tale da consentirle di spiegare ampiamente le proprie difese.
4. Ne consegue il rigetto del ricorso con l’elaborazione del seguente principio di diritto: “La sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 45 l. fall., che dichiara l’inopponibilità ai terzi degli atti compiuti dal fallito e dispone la condanna al trasferimento di somme di denaro al fallimento (nella specie amministrazione straordinaria), producendo l'effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti e realizzando un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell'art. 8, primo comma, lett. b), della prima parte della tariffa, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il quale assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell'autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori”.
5. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a pagare alla controricorrente le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell'importo complessivo di € 13.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13, se dovuto.