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9 marzo 2023
Le norme della UEFA sui giocatori del vivaio sono fonte di discriminazione indiretta tra cittadini UE?

Secondo l'avvocato generale, il sistema che prevede che tra i giocatori del vivaio rientrino non solo quelli formati dal club interessato ma anche quelli di altri club della stessa lega nazionale non è compatibile con le norme UE sulla libera circolazione.

di La Redazione

La UEFA introdusse a partire dalla stagione 2008/2009 l'obbligo per i club di iscrivere un numero minimo di 8 giocatori del vivaio nella rosa su un numero massimo di 25, intendendo per giocatori del vivaio coloro che, a prescindere dalla cittadinanza, avessero un'età compresa tra i 15 e i 21 anni e fossero stati formati per almeno tre anni dal loro club o da altro club della stessa lega nazionale.
Ora, tenendo conto che la UEFA ha previsto che di quegli 8 giocatori del vivaio, almeno 4 dovevano essere stati formati dal club di cui trattasi, la Federazione calcistica del Belgio ha adottato delle prescrizioni sostanzialmente analoghe per i club calcistici che partecipavano alle divisioni del calcio professionistico ma, al contrario delle norma imposte dalla UEFA, la Federazione belga non aveva imposto che degli 8 giocatori del vivaio, almeno 4 fossero stati formati dal club di cui trattasi. Per questa ragione, un calciatore professionista e una società di calcio professionistico si rivolgevano al Tribunale, affermando che le norme di entrambe le Federazioni sui giocatori del vivaio ledevano la libertà di circolazione dei lavoratori all'interno dell'UE. In base a tali normative, infatti, il club era limitato in sede di ingaggio di quei giocatori che non andavano a soddisfare il requisito di radicamento locale o nazionale, oltre al fatto che si andava a limitare la possibilità del giocatore di essere ingaggiato e schierato in campo da un club rispetto al quale non poteva farsi valere tale radicamento. Di tali questioni viene investita la CGUE.

Con le conclusioni dell'avvocato generale del 9 marzo 2023 nella causa C-680/21, si afferma innanzitutto che le norme sui giocatori del vivaio potrebbero comportare una discriminazione indiretta verso i cittadini di altri Stati membri, poiché nonostante la formulazione neutrale, tali disposizioni pongono i giocatori locali in una posizione di vantaggio rispetto a quelli di altri Stati membri.
Ora, se da un lato l'avvocato generale ritiene giustificato l'obbligo di inserire nel relativo elenco un certo numero di giocatori del vivaio, con l'obiettivo di favorire l'ingaggio e la formazione dei giovani giocatori, dall'altro però nutre dei dubbi sulla coerenza generale del sistema limitatamente alla definizione di giocatore del vivaio, dubbi che aumentano laddove la lega nazionale di cui si tratta è importante, poiché se essa potesse “comprare” fino alla metà dei giocatori del vivaio verrebbe vanificato l'obiettivo di incentivare il club a formare giovani giocatori. Per questo, egli non comprende la logica che ha portato all'estensione della definizione di giocatore del vivaio a quelli al di fuori di un determinato club ma dentro al relativo campionato nazionale, affermando che, secondo lui, i giocatori del vivaio non dovrebbero comprendere giocatori provenienti da club diversi da quello di cui trattasi.