Nel caso specifico, il collaboratore aveva inizialmente dichiarato di volersi avvalere del regime forfettario, con tutte le conseguenze del caso, per poi comunicare all'istante (il sostituto d'imposta) che non era riuscito a fruire di tale regime per la perdita del requisito reddituale. Quali adempimenti spettano dunque in capo al sostituto d'imposta?
L'istante dichiara di aver usufruito delle prestazioni professionali di un collaboratore che aveva dichiarato di avvalersi del regime forfettario previsto dalla
Tuttavia, nel novembre 2022, il collaboratore comunicava all'istante di non poter usufruire del regime forfetario a partire dall'anno d'imposta 2021 a causa della perdita del requisito reddituale (superamento del plafond di euro 65mila annuo di compensi), emettendo per i compensi fatturati nel 2021 e corrisposti lo stesso anno una nota di variazione in aumento per l'IVA nel 2022 e per quelli fatturati nel 2021 e nel 2022 in regime forfettario e corrisposti nel 2022 delle note di credito a storno delle fatture medesime, riemettendo fatture in regime ordinario, quindi con ritenuta d'acconto ed esposizione di IVA.
Ciò posto, l'istante chiede all'Agenzia delle Entrate quale comportamento adottare nelle vesti di sostituto di imposta in relazione alla ritenuta d'acconto non operata sui compensi corrisposti per il periodo in cui il collaboratore aveva affermato di avvalersi del regime forfettario.
Con la risposta n. 245/2023, l'Agenzia delle Entrate richiama innanzitutto i requisiti previsti dalla L. n. 190/2014 per potersi avvalere del regime forfettario, evidenziando che la Legge di bilancio 2023 ha innalzato a decorrere dal 1° gennaio 2023 il limite dei ricavi o compensi che consente alle persone fisiche che esercitano attività di impresa, arti e professioni, di restare nel regime forfettario, nello specifico da 65mila a 85mila euro.
Pertanto, potranno accedere a tale regime sia coloro che iniziano una nuova attività, sia coloro che già sono in attività e nell'anno precedente all'applicazione del regime stesso abbiano conseguito ricavi o compensi entro la soglia suddetta, beneficiando delle semplificazioni contabili previste dalle legge.
Ciò premesso, con riferimento al caso di specie, l'Agenzia delle Entrate precisa che è possibile rimediare alla indebita fruizione del regime forfettario con due modalità:
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Ebbene, in tale contesto, l'Agenzia delle Entrate afferma che
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l'istante non deve eseguire il versamento delle ritenute d'acconto non operate e nemmeno presentare le certificazioni uniche e il Modello 770/2022 integrativo. |
Per quanto riguarda i compensi fatturati nel 2021 e nel 2022 in regime forfettario e corrisposti nel 2022 per i quali il collaboratore dovrebbe già avere emesso note di credito a storno delle fatture, l'Ente è dell'avviso che
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l'istante debba operare, anche se tardivamente, le ritenute d'acconto e versarle con la maggiorazione a titolo di interesse, oltre a rilasciare la certificazione unica per il 2022 e a presentare il Modello 770/2023 indicando i redditi corretti. |
Con riferimento, infine, alle sanzioni per le ritenute non operate e non versate o versate in ritardo, l'Agenzia delle Entrate afferma chiaramente quanto segue:
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«laddove effettivamente l'istante/sostituto sia in grado di dimostrare che, osservando la normale diligenza, non sarebbe stato in grado di verificare che il collaboratore/sostituito era privo dei requisiti per applicare il regime in parola, lo stesso può ritenersi non responsabile delle “violazioni” innanzi descritte e, conseguentemente, delle sanzioni ad esse relative». |
In tal modo, l'Ente dà valore rilevante alla causa dell'errore.