La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo ed è riscontrata congruamente sulla base dell'accertamento giudiziale del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno.
Svolgimento del processo
La controversia origina dal crollo parziale di un solaio al settimo piano di un edificio condominiale a Napoli, nel settembre 2004. Ne venivano colpiti due appartamenti sottostanti, di proprietà rispettivamente di E. e M. G., uniti tra di loro e concessi in locazione allo studio legale P.. L’area sovrastante, all’ottavo piano, era occupata dall’appartamento di A. e T. C..
Dall’evento scaturivano due distinti giudizi risarcitori. Uno dei due, che giunge oggi all’esame di questa Corte, veniva promosso da E. G. nel 2007 nei confronti del Condominio e dei fratelli C.. Il Condominio proponeva domanda di garanzia assicurativa nei confronti di I. s.p.a. (oggi G. Italia s.p.a.). I fratelli C. proponevano domanda di garanzia nei confronti di T. s.r.l., che aveva eseguito lavori di impermeabilizzazione della terrazza di loro proprietà. In prime cure il giudizio si concludeva con: (a) la condanna a circa 208.000,00 euro di risarcimento, della quale è destinatario esclusivo il Condominio, accertato responsabile ex art. 2051 c.c. come custode delle cose che hanno cagionato danno, in virtù di lavori di sopraelevazione compiuti all’ottavo piano; (b) l’accoglimento della domanda di garanzia nei confronti dell’Assicurazione; (c) il rigetto della domanda nei confronti di T. s.r.l.
Su appelli dell’Assicurazione, del Condominio e dei fratelli C., in riforma parziale della sentenza di prime cure, il giudizio di secondo grado si è concluso con: (a) l’accertamento della corresponsabilità al 50% e la condanna in solido del Condominio e dei fratelli C.; (b) il rigetto della domanda di garanzia assicurativa, poiché l’art. 25 delle condizioni G. di polizza esclude la garanzia per danni cagionati da lavori di sopraelevazione.
Ricorrono in Cassazione i C. con quattro motivi. Resiste il Condominio con controricorso e ricorso incidentale con tre motivi, illustrati da memoria. Resistono con distinti controricorsi, rispettivamente illustrati da memoria, le G. ed E. G..
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo, proposto ex art. 360, n. 5 c.p.c., i C. deducono omesso esame di fatto decisivo per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sulle eccezioni di litispendenza e/o pregiudizialità e poi di giudicato aventi ad oggetto la seconda causa risarcitoria pendente e poi la sentenza Trib. Napoli n. 2615/2010 relativa alla responsabilità per lo stesso evento dannoso di cui alla presente causa.
Con il secondo motivo, proposto ex art. 360, n. 3 c.p.c., si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. per avere la Corte di appello omesso di accertare l’efficacia sul presente giudizio di un anteriore giudicato avente ad oggetto la responsabilità per lo stesso evento dannoso di cui è causa.
I primi due motivi sono da esaminare congiuntamente, poiché hanno per oggetto la stessa questione: se debba esplicare efficacia sul presente giudizio l’accertamento contenuto nella sentenza Trib. Napoli
n. 2615/2010, passata in giudicato il 10/1/2018 a seguito della scadenza dei termini di impugnazione della sentenza della Corte di appello che l’ha confermata.
I due motivi sono infondati.
I ricorrenti allegano di aver rilevato «sin dalla comparsa di costituzione e risposta [nel giudizio di primo grado] la pendenza di altro giudizio vertente tra le stesse parti e con lo stesso oggetto, tanto che fu eccepita la litispendenza e la pregiudizialità» e di aver coltivato l’eccezione anche nel giudizio di appello.
Pertanto, il vizio censurato deve essere inquadrato in termini (non già di omesso esame circa fatto decisivo oppure di violazione dell’art. 2909 c.c., bensì) di omissione di pronuncia su eccezione e quindi di violazione dell’art. 112 c.p.c. (sul potere di questa Corte di riqualificare il motivo, cfr., tra le altre, Cass. 26310/2017). Dalla lettura della sentenza in questione - passata in giudicato dopo la pubblicazione della sentenza qui impugnata e depositata dai ricorrenti agli atti di questo giudizio - si desume che si tratta in effetti di causa risarcitoria originata dallo stesso evento dannoso (si parla di un parziale crollo del solaio di copertura al settimo piano dello stesso edificio condominiale, avvenuto il 29/09/2004). Tuttavia, in primo luogo, le parti dei due processi non coincidono, ma sono parzialmente diverse. In secondo luogo, soprattutto, diverso è l’oggetto dei due processi, inteso come deve essere inteso, cioè come diritto dedotto in giudizio, poiché la causa risarcitoria definita dalla sentenza in questione ha visto come attori alcuni componenti dello studio legale P., mentre E. G. (attrice nella presente causa risarcitoria) era convenuta nell’altro processo e non vi ha proposto domande, ma si è limitata a chiedere il rigetto delle domande attoree. In conclusione, le due cause sono connesse tra di loro solo per identità di fatto costitutivo o causa petendi (evento dannoso) e per parziale identità di parti. Ciò esclude il comunicarsi di effetti di accertamento dall’un giudizio all’altro. Il fare stato dell’accertamento di cui all’art. 2909 c.c. ha ad oggetto diritti, non fatti. Non può darsi in questo caso conflitto di giudicati, bensì - eventualmente – difformità di esiti della cognizione di fatti comuni ai due giudizi: difformità che è tollerata dall’ordinamento.
Pertanto, il vizio processuale riscontrato (omissione di pronuncia su eccezione) non conduce alla cassazione della sentenza sul punto, poiché – come è stato recentemente ribadito (Cass. 1669/2023) - il principio di economia processuale (risvolto della garanzia ex art. 111, co. 1 e 2 Cost. di efficienza della giurisdizione) giustifica il potere di questa Corte di correggere ex art. 384, co. 4 c.p.c. la motivazione della sentenza impugnata anche con riferimento ad errores in procedendo, in particolare all’error in iudicando de modo procedendi (errore di applicazione della norma processuale che sfocia in un corrispondente vizio di attività).
In conclusione, i primi due motivi di ricorso sono respinti.
2. - Con il terzo motivo, proposto ex art. 360, n. 3 c.p.c., si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117 e 2051 c.c. per avere la Corte di appello esteso ai C. una responsabilità per il fatto che costoro sono proprietari dell'appartamento sovrastante e per aver ritenuto che esso fosse una sopraelevazione, senza aver verificato se l'ottavo piano fosse stato edificato dagli originari costruttori dell’immobile condominiale o dai danti causa dei C., e quindi senza aver appurato a quale data risalisse la costruzione, lasciando intendere che si trattasse di un'opera realizzata tanto recentemente da aver concorso alla causazione del danno.
Il terzo motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha accertato, sulla scorta della c.t.u., che le cause del crollo sono da attribuire a lavori di elevazione sopra il settimo piano che hanno prodotto un ottavo piano, con l’abitazione dei C. che sovrasta l’appartamento dell’attrice colpito dai danni. I difetti di costruzione consistono nel fatto che la sopraelevazione poggia su un solaio di copertura non idoneo a sostenere il carico di un piano ulteriore e che la parete esterna non è stata edificata in corrispondenza di una parete del piano inferiore, cosicché essa scarica il proprio peso su un punto del solaio non sorretto da un muro portante o comunque da un elemento idoneo a gravarsi del nuovo carico.
Su questa base, la sentenza impugnata ha imputato ai C. la corresponsabilità per i danni, a cagione dei vizi della sopraelevazione, sul presupposto della loro qualità di custodi dell’appartamento all’ottavo piano, in quanto proprietari. Con ciò è stata data all'art. 2051 c.c. un’applicazione conforme alla giurisprudenza di legittimità, ove si è precisato che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo ed è riscontrata congruamente sulla base dell’accertamento giudiziale del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, con i connotati della imprevedibilità ed inevitabilità oggettive e della adeguatezza causale, senza che la diligenza o meno del custode abbia rilevanza.
Nel caso di specie non costituisce caso fortuito il crollo del solaio, dovuto ad un vizio di costruzione dell’appartamento sovrastante, mentre non è ammissibile l’argomentazione che il crollo deriverebbe dall'esecuzione di lavori nel 1997, su iniziativa del Condominio, dal momento che essa mira a rimettere in discussione gli accertamenti di fatto alla base della decisione del giudice, che non esibiscono profili censurabili nel giudizio di legittimità.
In conclusione, il terzo motivo è rigettato.
3. - Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360, n. 3 c.p.c., per l’ipotesi di rigetto dei primi tre, si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1125, 1227 c.c. per avere la Corte di appello omesso di accertare la corresponsabilità al 50% dell’attrice, sulla base della presunzione di comproprietà del solaio e omesso di emettere quindi una condanna al risarcimento conseguentemente ridotta alla metà.
Il quarto motivo è infondato.
La tesi giuridica sostenuta dai ricorrenti presuppone che la causa del danno risieda esclusivamente nella struttura del solaio, in sé e per sé considerata. Essa urta, pertanto, contro gli accertamenti di fatto alla base della decisione impugnata, che – come detto - non esibiscono profili di censura in sede di legittimità.
In conclusione, il quarto motivo è rigettato.
4. - L’infondatezza di ogni motivo del ricorso principale determina il rigetto di quest’ultimo nel suo complesso.
5. – Con il primo motivo del ricorso incidentale proposto dal Condominio, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 41 c.p., 1125, 1117 e 2051 c.c., nonché violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., per avere la Corte di appello ritenuto sussistente la responsabilità del Condominio ex art. 2051 c.c., benché la c.t.u. avesse accertato come causa del crollo un difetto strutturale del solaio.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c., si deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 132, n. 4 c.p.c., per avere la Corte di appello ricostruito il fatto in modo non corrispondente alle risultanze probatorie.
I primi due motivi sono correlati, quindi da esaminare contestualmente. Essi non sono fondati.
La Corte di merito ha argomentato che la sopraelevazione ha avuto luogo su un solaio costruito originariamente come solaio di copertura, che in quanto tale era di proprietà condominiale. Essa ha fondato dunque la responsabilità del Condominio per non aver impedito l’intervento edilizio di sopraelevazione o comunque per non aver adottato cautele dirette ad evitare che uno dei muri esterni poggiasse «in falso».
A fronte di questa motivazione, il primo motivo è inammissibile in quanto - sotto le spoglie di violazione di legge e illogicità della motivazione - fa valere una interpretazione della c.t.u. diversa da quella posta dal giudice a base della propria ricostruzione, la quale viceversa non si espone a censure nel giudizio di legittimità.
Identica sorte è da riservare al secondo motivo, con il quale si aspira a una rilettura delle risultanze istruttorie, suggerendo che la Corte di appello avrebbe ritenuto apoditticamente che i danni fossero causati dall'esecuzione di lavori di sopraelevazione e non già dal difetto strutturale di costruzione del solaio. In realtà il motivato convincimento espresso dalla Corte è logicamente compatibile con le risultanze probatorie, è esente da travisamenti e non presta il fianco a censure per la scelta degli elementi ritenuti più idonei a fondare la decisione.
6. - Con il terzo motivo del ricorso incidentale, proposto ai sensi dell'art. 360, n. 3 e 4 c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1341 e 1342 c.c., nonché violazione dell’art. 132 c.p.c., per avere la Corte di appello: (a) fornito una interpretazione della clausola di esclusione della copertura assicurativa in contrasto con il significato letterale delle parole di cui all’art 25 delle condizioni G. di polizza; (b) omesso di dichiarare la nullità della polizza per mancata doppia sottoscrizione della clausola di cui all’art. 25 cit., limitativa della responsabilità dell'assicuratore.
Il terzo motivo non è fondato. Sotto il primo profilo, esso è inammissibile, poiché chiede a questa Corte di sovrapporre il proprio apprezzamento interpretativo del testo contrattuale a quello del giudice di merito, che non esibisce aspetti censurabili nel giudizio di legittimità. Sotto il secondo profilo, esso è infondato, poiché la clausola di esclusione della copertura assicurativa de qua non rientra in realtà tra quelle di cui l’art. 1341, co. 2 c.c. richiede la specifica approvazione per iscritto, trattandosi di una clausola volta a determinare il contenuto del contratto sotto il profilo dell’individuazione della prestazione principale della società di assicurazione, vale a dire la copertura assicurativa.
In conclusione, il terzo motivo del ricorso incidentale è rigettato.
7. - L’inammissibilità o infondatezza di ogni motivo del ricorso incidentale determina il rigetto di quest’ultimo nel suo complesso.
8. – In conclusione, sono rigettati sia il ricorso principale, che il ricorso incidentale. Le spese si liquidano come in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater d.p.r. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17 l. 228/12, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di ciascuna delle due parti ricorrenti (in via principale, in via incidentale), dell’ulteriore somma pari al contributo unificato per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna in solido le parti ricorrenti al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente E. G., che liquida in € 8.000, oltre a € 200,00 per esborsi, alle spese G., pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge; condanna il Condominio al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente G. Italia, che liquida in € 6.000, oltre a € 200,00 per esborsi, alle spese G., pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti per il versamento, ad opera di ciascuna delle due parti ricorrenti (in via principale, in via incidentale), dell'ulteriore somma pari a quella dovuta per il ricorso, se dovuto.