Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 24 maggio 2022 la Corte di appello di Napoli ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, che condannava V.P. alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di istigazione alla corruzione di cui all'art. 322, secondo comma, cod. pen., rideterminando in anni uno e mesi due di reclusione la pena irrogatagli, con la conferma nel resto della sentenza appellata.
2. Avverso la su indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo violazioni di legge e vizi della motivazione in ordine all'accertamento degli elementi costitutivi della penale responsabilità, sull'assunto che. la condotta posta in essere dall'imputato doveva ritenersi priva dei caratteri di serietà idonei ad ingenerare un turbamento psichico tale da indurre il pubblico ufficiale a commettere un atto contrario ai propri doveri d'ufficio.
Nel caso di specie, infatti, egli consegnò immediatamente ai militari operanti la patente di guida, facilitando la sua identificazione senza opporre alcuna resistenza, con la precisazione di non essere in possesso della carta di circolazione e dell'assicurazione obbligatoria in quanto l'autovettura non era di sua proprietà: nessun vantaggio, dunque, egli avrebbe potuto ricavare dalla condotta contestata, né alcun pregiudizio avrebbe potuto subire per effetto del sequestro amministrativo operato dagli agenti.
Si assume, al riguardo, che lo scopo dell'imputato era solo quello di "intenerire" i pubblici ufficiali facendo leva sulla sua precaria condizione economica e sul fatto di essere padre di tre figli, affinché lo lasciassero andare: i giubbotti da lui promessi, peraltro, non erano nella sua immediata disponibilità e la presunta offerta, pertanto, non risultava affatto credibile, anche in considerazione del valore economico non elevato e del luogo in cui gli stessi avrebbero potuto trovarsi.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile sia per manifesta infondatezza, sia in quanto proposto sulla base di motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, per essere le su indicate ragioni di doglianza genericamente orientate a sollecitare, sul duplice presupposto di una rivisitazione in fatto delle risultanze processuali e di una diversa, o alternativa, e come tale non consentita, rivalutazione delle fonti di prova, l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, omettendo di esaminare criticamente, sulla base di una puntuale analisi logico-argomentativa, i passaggi attraverso cui linearmente si snodano le sequenze motivazionali della decisione impugnata.
2. Nel ripercorrere il quadro delle convergenti risultanze probatorie già in senso conforme apprezzate dalla prima decisione di merito, la Corte distrettuale ha puntualmente esaminato e confutato le, qui reiterate, obiezioni difensive, illustrando le ragioni giustificative dell'affermazione di responsabilità là dove ha spiegato le ragioni per le quali l'offerta dal ricorrente avanzata ai militari operanti - ossia di lasciarlo andare e "chiudere un occhio" a fronte di una fornitura gratuita di capi di abbigliamento firmati, dunque di omettere un atto del loro ufficio mentre gli venivano contestate delle infrazioni al codice della strada - doveva ritenersi seria e idonea a determinare un turbamento psicologico nei pubblici ufficiali, evidenziando al contempo sia le finalità dall'imputato perseguite (evitare il sequestro amministrativo di un'autovettura nella sua disponibilità), sia le esigenze di vita ad esse sottese (l'utilizzo dell'autovettura di cui egli si serviva per svolgere la propria attività lavorativa).
Ciò posto, la Cote distrettuale ha escluso la prospettata inidoneità potenziale dell'offerta a conseguire lo scopo perseguito dall'autore, valorizzando la dirimente circostanza di fatto che i suoi destinatari sono stati posti dinanzi alla seria alternativa tra il doveroso adempimento dei loro doveri d'ufficio e l'adesione ad un'offerta che, a fronte di una minima esposizione, avrebbe loro consentito di beneficiare di capi di abbigliamento gratuiti, irrilevante dovendosi ritenere il fatto che tali beni si trovassero, o meno, nella immediata disponibilità del soggetto attivo.
Uniformandosi ai principi stabiliti da questa Suprema Corte, la sentenza impugnata ha congruamente vagliato, pertanto, la serietà dell'offerta proveniente dall'imputato, correlandone ex ante il contenuto e le finalità al tipo di controprestazione richiesta, alle condizioni dell'offerente e del pubblico ufficiale, nonché alle circostanze di tempo e di luogo in cui l'episodio si è verificato (Sez. 6, n. 3176 del 11/01/2012, Stabile, Rv. 251577).
3. In definitiva, a fronte di un apprezzamento completo delle emergenze procedimentali, congruamente illustrato attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logico-giuridici, deve rilevarsi come il ricorrente non abbia individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la solidità della base argomentativa delineata dalla Corte distrettuale, ma vi abbia genericamente contrapposto una lettura alternativa, facendo leva sul diverso apprezzamento di profili fattuali già puntualmente vagliati nel giudizio di appello, la cui rivisitazione, evidentemente, esula dai confini propri del sindacato di legittimità da questa Suprema Corte esercitabile.
4. Sulla base delle su esposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.