Il giudice deve valutare, sulla base degli elementi di prova o indicazioni offerti dalle parti se, nel determinare la misura del compenso, la delibera abbia effettivamente perseguito l'interesse dei partecipanti del condominio ovvero sia stata ispirata dall'intento di recare vantaggi all'amministratore.
Il Giudice di primo grado rigettava la domanda proposta da alcuni condomini avente ad oggetto la nullità e/o annullamento della delibera adottata dall'assemblea condominiale nella parte in cui prevedeva l'ammontare del compenso dell'amministratore. In sede di gravame, la Corte d'Appello confermava la decisione di prime cure...
Svolgimento del processo / Motivi del processo
Con sentenza n. 1647 del 21. 7. 2017 la Corte di appello di Torino confermò la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dalla s.r.l. A.P., s.r.l. C.I.D.A., C.R., C.R.P. r G.C.A.F., condomini del Centro Commerciale (omissis), di nullità e/o annullamento della delibera adottata il 15. 3. 2013 dall’assemblea condominiale nella parte in cui prevedeva l’ammontare del compenso dell’amministratore.
A sostegno della conclusione accolta la Corte distrettuale dichiarò infondata l’eccezione preliminare sollevata dagli attori-appellanti di nullità della procura alle liti del condominio, reputando irrilevante a tal fine che il suo amministratore fosse stato revocato dall’incarico, con decreto della Corte di appello del 25. 6. 2013, prima della sua costituzione in giudizio, avvenuta il 2.7. 2013, atteso che la procura alle liti era stata rilasciata prima della revoca e trovando applicazione il principio che il negozio compiuto dal rappresentante di un ente rimane valido ed operante fino a quando non intervenga una diversa volontà del rappresentato a prescindere dal mutamento della persona fisica del suo rappresentante. Nel merito, affermò l’inammissibilità della impugnativa proposta, dal momento che essa censurava valutazioni discrezionali di merito di competenza dell’assemblea condominiale, come tali sottratte al sindacato giurisdizionale, e che, altresì, la delibera non si presentava arbitraria, sotto il profilo del denunziato eccesso di potere, non prevedendo addebiti a carico dei condomini per la gestione dei beni comuni, ma solo una integrazione del compenso dell’amministratore in caso in cui la sua attività fosse prestata su richiesta di uno dei condomini o a causa del suo comportamento.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 20.2.2018, hanno proposto ricorso la s.r.l. C.I.D.A., C.R., C.R.P. e G.C.A.F. a, sulla base di due motivi.
Ha resistito con controricorso il condominio Centro Commerciale (omissis).
La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.
Il primo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1129 e 1421 cod. civ. e degli artt. 75, 83, 182 e 299 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato la nullità della procura alle liti rilasciata dall’amministratore di condominio, geom. L.C., nonostante lo stesso fosse stato revocato giudizialmente dall’incarico prima della costituzione in giudizio del condominio e per non avere rilevato che la nullità ed improduttività degli effetti, eccepita dai ricorrenti fin dalla prima udienza, anche della successiva delibera assembleare dell’8. 7. 2013, che, dopo la revoca, lo aveva nuovamente nominato, in palese violazione della diposizione di cui all’art. 1129, comma 13, cod. civ., novellato dalla legge di riforma n. 220 del 2012, la quale fa divieto all’assemblea di nominare nuovamente l’amministratore revocato dall’Autorità giudiziaria.
Sotto altro profilo, il ricorso sostiene che la Corte di appello avrebbe dovuto, per effetto della revoca dell’amministratore intervenuta prima della costituzione in giudizio del condominio, dichiarare comunque interrotto il processo, ai sensi dell’art. 299 cod. proc. civ. ovvero disporre, a mente dell’art. 182, la sanatoria del difetto di rappresentanza processuale.
Il motivo è infondato.
La conclusione accolta sul punto dalla decisione impugnata è conforme all’orientamento di questa Corte, che ha più volte affermato il principio che la procura alle liti rilasciata dal legale rappresentante dell’ente o di una società, essendo atto proprio dell’ente e non dell’organo stesso, rimane valida anche dopo la sostituzione o cessazione della carica del soggetto che l’ha rilasciata ( Cass. n. 17216 del 2017; Cass. n. 1373 del 2016; Cass. n. 11536 del 2014; Cass. n. 5319 del 2007; Cass. n. 13434 del 2002 ). Ne discende che la procura alle liti proveniente dal soggetto che rivestiva in quel momento la rappresentanza dell’ente e pertanto era abilitato a conferirla, resta imputabile all'ente medesimo anche in futuro e finché non venga revocata, indipendentemente dalla sorte che nel frattempo abbia potuto subire l'organo che l'ha rilasciata.
In applicazione di tale principio si è inoltre precisato che la regola della irrilevanza del mutamento dell'organo investito della rappresentanza processuale della persona giuridica, sulla regolarità del procedimento iniziato in forza di procura rilasciata dal precedente rappresentante, trova applicazione anche quando il mutamento avvenga dopo che la procura sia stata rilasciata, ma prima che il processo (o il grado del processo) sia attivato con il deposito in cancelleria o con la notificazione dell'atto ( Cass. n. 26935 del 2008; Cass. n. 14237 del 1999 ).
Né può dubitarsi che nel caso di specie il difensore del condominio abbia indicato il geom. L.C. quale amministratore con implicito riferimento all’epoca in cui venne conferita la procura.
Il motivo va pertanto rigettato.
Il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.1129, 1709, 1720, 1123, e 1135 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., censura la decisione impugnata per avere ritenuto non sindacabile la delibera impugnata in quanto frutto della discrezionalità di merito dell’assemblea, senza considerare e valutare il vizio di eccesso di potere denunziato dagli attori, per essere stato il compenso dell’amministratore previsto in misura del tutto abnorme, irragionevole e sproporzionata. Si assume inoltre che il riconoscimento, ad opera della delibera, di uno specifico compenso in capo all’amministratore ed a carico dei singoli condomini per attività dagli stessi provocate introduce un criterio di ripartizione delle spese derogativo di quello legale, fondato sulle quote di proprietà, ed incide inammissibilmente sui diritti individuali dei condomini.
Il motivo è fondato.
L’impugnativa della delibera assembleare per vizio di eccesso di potere, vizio che si caratterizza per il perseguimento da parte della maggioranza di interessi non aderenti a quelli del condominio e vantaggiosi solo per alcuni dei partecipanti o di terzi, impone al giudice di verificare se la volontà assembleare si sia formata per finalità estranee al condominio, deviando dall’interesse della compagine condominiale, arrecando pregiudizio ai suoi partecipanti. In particolare, nel caso in cui alcuni condomini contestino come eccessiva, sproporzionata ed irragionevole la determinazione del compenso dell’amministratore da parte dell’assemblea, il giudice non può limitarsi a ricondurre la determinazione adottata nell’ambito della discrezionalità di merito spettate all’organo deliberativo, ma deve valutare, sulla base degli elementi di prova o indicazioni offerti dalle parti, in ordine, ad esempio, ai parametri di mercato in vigore per condominii di analoghe dimensioni, se, nel determinare la misura del compenso, la delibera abbia effettivamente perseguito l’interesse dei partecipanti del condominio ovvero sia stata ispirata dall’intento di recare vantaggi all’amministratore in carica ( Cass. n. 15492 del 2007, a proposito della delibera determinativa del compenso di amministratore di società).
Occorre aggiungere che nel caso di specie i condomini impugnanti avevano contestato non solo l’ammontare del compenso, ma anche i meccanismi della sua determinazione in relazione a singole prestazioni dell’amministratore, denunziandone la illegittimità e sproporzionalità a loro danno. La legittimità della delibera avrebbe dovuto pertanto essere esaminata anche sotto tale aspetto.
Entrambi i profili non sono stati invece oggetto di valutazione da parte della Corte territoriale, che si è limitata ad un giudizio sommario e generico in ordine alla non arbitrarietà e dannosità del deliberato.
Il motivo va pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che si adeguerà nel decidere ai principi sopra indicati e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, anche per la liquidazione deDlaleta psubpbelicsazeionde e16l/03/2023
giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2023.
Il Presidente Felice Manna