La Cassazione chiarisce quali sono i presupposti idonei ad attivare il meccanismo di “transito” dalla sezione penale a quella civile competente volto alla definizione delle questioni civili alla luce dell'art. 622 c.p.p..
La Corte d'Appello dichiarava inammissibile l'impugnazione proposta dalla parte civile contro la sentenza con la quale l'imputato era stato assolto dal reato di lesioni colpose. La condotta addebitata all'imputato consisteva nel fatto che egli, nelle vesti di medico-chirurgo, aveva impiantato a diversi pazienti, tra i quali l'attuale ricorrente, un dispositivo dal quale...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile, fra le altre, l'impugnazione proposta dalla parte civile C. C., avverso la sentenza di primo grado che aveva assolto S. A. dal reato di lesioni colpose (capo a), per avere, nella sua qualità di medico-chirurgo, impiantato a diversi pazienti il dispositivo "L.", da cui sarebbero scaturite delle lesioni per difetti intrinseci del dispositivo. La Corte territoriale ha confermato nel resto la sentenza del Tribunale che aveva assolto l'imputato dal reato di cui al capo b) (art. 443 cod. pen.) e dichiarato la prescrizione del reato di cui al capo c) (art. 9, comma 2 in relazione all'art. 23 del d.lgs. n. 46/1997).
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore della parte civile C. C., lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) quanto segue.
I) Violazione di legge, per erronea dichiarazione di inammissibilità dell'appello della parte civile, in assenza di atti comprovanti la proposizione di causa civile parallela da parte del C..
Il) Violazione di legge, per omessa valutazione dei motivi di appello concernenti il merito della vicenda e l'idoneità del dispositivo utilizzato nella esecuzione degli interventi chirurgici.
III) Vizio di motivazione, in relazione alla contraddittoria conferma della decisione di primo grado quanto al capo c), rispetto all'assoluzione perché il fatto non sussiste di cui ai precedenti capi.
IV) Violazione di legge, per mancata effettuazione di integrazione istruttoria mediante perizia collegiale sul funzionamento del dispositivo e sulle conseguenze del suo utilizzo.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
4. Sono state depositate conclusioni scritte da parte dei difensori delle parti civili costituite, avv. E.B. (per A. R. ed altri) e avv. R.B. (per G. L.), con cui si chiede l'accoglimento del ricorso e la condanna dell'imputato, in solido con i responsabili civili (Casa di cura V. E. S.p.a. e Ministero della Salute), al risarcimento dei danni, oltre alla rifusione delle spese del giudizio in favore dei detti procuratori ex art. 93 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1. I primi due motivi di ricorso, essenzialmente di carattere processuale, appaiono fondati e assorbenti delle restanti censure, secondo le considerazioni che seguono.
2. Si deve convenire con il ricorrente che la sentenza impugnata ha palesemente errato nel dichiarare inammissibile l'appello che era stato proposto dal C., nella sua qualità di parte civile, avverso la sentenza di primo grado che aveva prosciolto il medico S.A. dalle accuse che gli erano state mosse in relazione all'utilizzo del dispositivo "L." sulla persona dello stesso C., quale paziente dell'A..
Secondo giudici di appello, la pronunciata inammissibilità dell'impugnazione deriverebbe dalla circostanza che "tutte le parti civili" costituite in giudizio avevano instaurato - nelle more del processo penale - distinte azioni civili sulla medesima regiudicanda.
Per contro si deve osservare che, contrariamente a quanto affermato dai giudici bolognesi, delle complessive dieci parti civili che si erano costituite contro l'imputato nel giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale, risulta pacificamente dagli atti processuali che non tutte avevano proposto separata azione civile, come era stato chiaramente rappresentato in appello dalla stessa difesa dell'imputato nelle note d'udienza datate 19.2.2021 (in cui sono specificate le parti civili che avevano esperito separata azione civile: A. R., V. G., C. E., P. S., P. A., C. C., N.D. e G.L.). Tra queste, quindi, non era ricompreso il C., parte civile che, unitamente a C.M. C. (altra parte civile che però non ha presentato ricorso in questa sede), non risultava aver esperito, successivamente alla sua costituzione nel presente giudizio, separata azione civile contro l'imputato.
Ne consegue che nei confronti del C. non poteva trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 82, comma 2, cod. proc. pen., che prevede la revoca di diritto della costituzione di parte civile nel processo penale qualora la parte civile, fra le altre cose, promuova l'azione davanti al giudice civile.
3. L'appello proposto dal C. era quindi certamente ammissibile ai sensi dell'art. 576 cod. proc. pen., trattandosi indubbiamente di mezzo proposto ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado.
Resta da stabilire quali effetti derivino dalla omessa pronuncia nel merito dell'appello proposto dal C..
Non sembra dubitabile che ciò abbia impedito alla difesa della parte civile impugnante di ottenere una pronuncia della Corte territoriale sulle questioni civilistiche connesse alla fattispecie in disamina, come era suo diritto; così come è indubbio che la sentenza impugnata abbia manifestamente violato il codice di rito, avendo nella specie applicato la citata disciplina di cui all'art. 82 cod. proc. pen. in assenza dei relativi presupposti.
Inoltre, e soprattutto, il C. è stato illegittimamente privato di un grado di giudizio di merito, in aperta violazione del disposto dell'art. 576 cod. proc. pen., che - come opportunamente evidenziato dalle Sezioni Unite Cremonini (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021) - riconosce il diritto della parte civile ad ottenere una decisione incondizionata sul merito della propria domanda, conferendo al giudice penale investito della impugnazione il potere di decidere sulla domanda di risarcimento, pur in mancanza di una precedente statuizione sul punto.
4. La sentenza d'appello impugnata, insomma, nel dichiarare erroneamente inammissibile l'impugnazione della parte civile C., ha emesso nei suoi confronti un provvedimento meritevole di annullamento, tanto che, se si fosse trattato dell'appello dell'imputato, si sarebbe dovuto provvedere all'annullamento senza rinvio della decisione in disamina, in quanto l'annullamento di un provvedimento che, in soglia preliminare, senza che sia stato celebrato il relativo processo, dichiara inammissibile un appello che tale non è, non può dare luogo a un giudizio di rinvio, bensì, appunto, a una mera trasmissione di atti a seguito dell'annullamento senza rinvio di un provvedimento illegittimo, perché "non consentito dalla legge" ex art. 620, lettera d), cod. proc. pen. (cfr. Sez. 3, n. 37737 del 18/06/2014, Rv. 259908 - 01; Sez. 3, n. 41592 del 19/10/2005, Rv. 232746 - 01).
Tuttavia, è pacifico che nel caso che occupa si verta in tema di appello proposto dal C. ai soli effetti civili, sicché l'annullamento del provvedimento impugnato dovrà essere disposto ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., sulla scorta dei principi affermati dalla citata sentenza Cremonini (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021), la quale in motivazione ha ribadito - in estrema sintesi - che in tutti i casi di annullamento di una sentenza in cui la materia penale sia ormai esaurita, il rinvio per il nuovo giudizio va sempre disposto dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Tale importante decisione - sulla scorta di un ampio e approfondito esame della normativa di riferimento e degli orientamenti di legittimità che, sul tema, si sono susseguiti negli anni (in particolare sono citate e analizzate compiutamente le seguenti pronunce delle Sezioni Unite: n. 306/1974, Buzzi; n. 40109/2013, Sciortino; n. 46688/2016, Schirru; n. 28911/2019, Massaria), nonché avuto riguardo a quanto valorizzato in alcune decisioni dalla Corte costituzionale in ordine sia al principio di accessorietà dell'azione civile rispetto all'azione penale, sia al principio di separazione dei giudizi, penale e civile, con prevalente esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale rispetto all'interesse del soggetto danneggiato di esperire la propria azione nel processo medesimo - ha evidenziato che l'art. 622 cod. proc. pen. si pone come norma di eccezione che legittima il coinvolgimento del giudice civile, una volta che sono venute meno le condizioni per radicare la decisione in capo al giudice penale. In tale prospettiva, l'incipit dell'art. 622 ("fermi gli effetti penali della sentenza") è stato interpretato nel senso che tutto ciò che riguarda il versante penale del fatto non può più essere posto in discussione e la cognizione delle questioni di natura civilistica passa, quando occorre, al giudice civile competente per valore in grado di appello, come emerge dal testo della norma. Sotto questo profilo, la ratio dell'art. 622 è stata ravvisata, in linea con la autonomia e separatezza dell'azione civile, nella volontà di escludere la perdurante attrazione delle pretese civili nel processo penale una volta che siano definitive le statuizioni di carattere penale.
Ebbene, è indubbio che nel caso in disamina le statuizioni di carattere penale siano ormai divenute definitive, posto che la sentenza di proscioglimento dell'imputato emessa dal primo giudice è stata impugnata dalle sole parti civili, tra cui il C., al fine di ottenere, ai soli effetti civili, il risarcimento dei danni asseritamente subiti in conseguenza della condotta tenuta dall'A., medico curante nella vicenda oggetto di imputazione.
5. A questo punto, però, ragioni di completezza della decisione impongono di dare conto delle ragioni per cui il ricorso in disamina, proposto per i soli interessi civili e ritenuto non inammissibile per le ragioni dianzi richiamate, sia stato esaminato e deciso nella presente sede penale, in luogo di provvedere alla sua trasmissione alla competente sezione civile di questa Corte, come (apparentemente) imposto dalla nuova disposizione del comma 1-bis dell'art. 573 cod. proc. pen., a mente del quale: «Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile».
Quanto alla immediata applicabilità della norma dianzi indicata, questo Collegio non può che richiamarsi alle condivisibili argomentazioni offerte, sul punto, da questa stessa Sezione nell'ordinanza n. 2854 emessa in data 11.1.2023, secondo cui l'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. a), n. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30/12/2022 ex art. 6 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, riguardante la decisione delle impugnazioni per i soli interessi civili, è applicabile anche ai giudizi di impugnazione pendenti al momento della sua entrata in vigore, anche in considerazione dell'assenza di una disciplina transitoria, per cui il principio del "tempus regit actum" impone di fare riferimento, onde individuare la normativa applicabile, a quella vigente al momento in cui è verificata dal giudice penale la non inammissibilità dell'impugnazione, cui consegue, per ciò solo, l'automatica prosecuzione del giudizio davanti al giudice civile (Sez. 4, Ordinanza n. 2854 del 11/01/2023, Rv. 284012 - 01).
Non si ignora che sul punto sia sorto un opposto orientamento (espresso, per quanto consta, da Sez. 5, n. 3990 del 20/01/2023 e sez. 5, n. 4902 del 16/01/2023), secondo cui la norma non sarebbe applicabile ai procedimenti pendenti, ma solo alle impugnazioni proposte avverso le sentenze emesse a partire dal 30 dicembre 2022, valorizzando in tal senso il pregiudizio che la nuova disciplina è suscettibile di arrecare alla posizione di chi abbia già proposto impugnazione.
Successivamente alla data della presente decisione, peraltro, la questione è stata rimessa alla decisione delle Sezioni Unite, con udienza fissata al 25.5.2023.
6. Tuttavia, la problematica che si pone nel caso di specie prescinde dalla questione attinente alla immediata applicabilità o meno della norma ai ricorsi pendenti, poiché riguardante la diversa questione attinente all'esatta interpretazione della disposizione in sé, la quale, a regime, imporrà comunque un certo meccanismo di "attribuzione interna" dei fascicoli processuali, determinando, sulla base dei presupposti indicati dalla stessa norma, la trasmissione del ricorso (non inammissibile) "per la prosecuzione" al giudice o alla sezione civile competente.
Il punto, allora, è stabilire, con specifico riferimento anche al ricorso in disamina, quali siano esattamente i presupposti idonei ad attivare o meno il meccanismo di "transito" (dal giudice penale a quello civile) previsto da tale disposizione, anche in relazione a quanto si dirà fra poco con riferimento ai motivi di ricorso già esaminati in precedenza.
7. Apparentemente la disposizione di cui all'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen. si presta ad una facile lettura: l'impugnazione per i soli interessi civili, che non sia ritenuta inammissibile dal giudice penale (nel caso, dalla sezione penale della Corte di cassazione), deve essere "rinviata per la prosecuzione" alla sezione civile competente, la quale deciderà "sulle questioni civili".
Sembrerebbe, quindi, che la delibazione del giudice penale, preliminare alla eventuale trasmissione del procedimento alla sede civile, sia limitata a due soli profili, vale a dire: a) verificare che l'impugnazione sia stata proposta per i soli interessi civili; b) verificare che l'impugnazione non sia inammissibile.
Sulla verifica in ordine al punto a) non sorgono particolari problemi, essendo pacifico che il ricorso proposto dalla parte civile non può che riguardare, in senso lato, gli interessi civili.
I problemi sorgono con la verifica di cui al punto b), poiché, tornando al ricorso proposto dal C., si è visto che le censure con cui è stata sostanzialmente dedotta l'omessa pronuncia sul merito dell'appello proposto dalla parte civile concerne violazioni di norme della legge processuale penale che nulla hanno a che vedere, in termini di stretto diritto, con le questioni civili che avrebbero dovuto essere risolte, in ipotesi, dalla sezione civile cui sarebbero stati trasmessi gli atti, secondo il meccanismo (solo apparentemente scontato) previsto dalla norma in disamina.
Né si comprende il senso e la ragione per cui l'impugnazione avrebbe dovuto "proseguire" dinanzi alla sezione civile di questa Corte, a fronte di motivi di ricorso che, denunciando preliminarmente e fondatamente, come già visto, la violazione di norme del codice di rito preposte al corretto svolgimento del giudizio penale, appaiono idonei a determinare il "regresso" del processo al giudice (civile) di merito, a seguito del diretto annullamento da parte della sezione penale di questa Corte del provvedimento impugnato, in quanto emesso palesemente al di fuori dei casi consentiti dalla legge processuale penale. In altri termini, nel caso, a stretto rigore, pare un fuor d'opera parlare di "prosecuzione" del giudizio dinanzi alla sezione civile, come previsto dalla norma in disamina, potendosi piuttosto addivenire alla immediata "regressione" del giudizio, secondo le forme e i modi previsti nell'ambito del giudizio (penale) di legittimità.
8. Si tratta, allora, di fornire una interpretazione ragionevole e funzionale della norma, anche in considerazione della persistente vigenza della disposizione di cui all'art. 622 cod. proc. pen., che, come già detto, consente pur sempre alla Corte di cassazione penale di annullare la sentenza impugnata ai soli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Ebbene, occorre muovere dalla considerazione che, a ben vedere, è la stessa norma in questione a prevedere che il rinvio alla sezione civile della Corte, per quanto qui rileva, è finalizzato alla sola decisione "sulle questioni civili", formulazione che a questo punto non può che essere interpretata nel senso che qualora siano prospettate, nel ricorso, questioni diverse da quelle strettamente civili che non siano inammissibili ed il cui accoglimento possa condurre all'annullamento della sentenza ai fini civili (tipicamente, questioni di natura processuale dal cui accoglimento possa derivare l'annullamento della sentenza impugnata, ad es. per omessa citazione del difensore o per violazione del contraddittorio processuale), il ricorso non potrà essere "rinviato" tout court alla sezione civile, ma dovrà essere trattato dalla sezione penale assegnataria dello stesso; la quale, una volta preso in carico il ricorso, si dovrà pronunciare in toto sullo stesso, decidendo all'esito in termini di rigetto ovvero di accoglimento del medesimo (esclusa ovviamente la pronuncia di inammissibilità, che avrebbe giustificato la previa ed immediata trasmissione del ricorso alla sezione civile), in tale ultima ipotesi con conseguente annullamento agli effetti civili del provvedimento impugnato ex art. 622 cod. proc. pen., trattandosi pur sempre di ricorso proposto per i soli interessi civili.
Tale soluzione si presenta coerente con il sistema introdotto con la norma di cui al comma 1-bis dell'art. 573 cod. proc. pen., la cui ratio, individuata nella scelta di ridurre il carico di lavoro del giudice penale nella fase delle impugnazioni, assicurando comunque il diritto della parte civile a una decisione sull'azione risarcitoria in tempi non irragionevoli, trova come essenziale presupposto che nel mezzo di impugnazione proposto dinanzi al giudice penale siano prospettate solo censure riguardanti questioni di natura strettamente civilistica, le sole che possono essere trattate e decise dal giudice civile, al quale in tal caso andranno rimessi gli atti; se però così non è, in quanto le doglianze proposte attengono anche a questioni di natura processualpenalistica non manifestamente infondate, potenzialmente idonee a giustificare - se accolte - l'immediato annullamento del provvedimento impugnato ai fini civili, le stesse non potranno che essere trattate dal giudice naturalmente deputato a deciderle, vale a dire il giudice che si occupa degli affari penali.
Tale impostazione consente di ricondurre a ragionevolezza l'interpretazione della norma in questione, evitando, sotto il profilo funzionale, di trasmettere ai giudici civili ricorsi che, pur se presentati lato sensu per i soli interessi civili, comportino la preliminare risoluzione di questioni - spesso controverse - riguardanti l'applicazione nel caso concreto di norme processualpenalistiche aventi potenziale rilievo assorbente (perché, se accolte, determinanti l'annullamento del provvedimento impugnato), normalmente estranee all'orizzonte conoscitivo del giudice civile; quest'ultimo, del resto, è chiamato dalla stessa norma a decidere delle sole "questioni civili", espressione cui non possono ricondursi doglianze attinenti a questioni procedurali, in ipotesi integranti "fatali" errores in procedendo propri del giudizio penale ma deducibili anche dalla parte civile ai sensi dell'art. 620, lett. c), cod. proc. pen.
9. È evidente che il più delle volte sarà la fondatezza del motivo processuale prospettato in ricorso a comportare l'annullamento immediato della sentenza impugnata ex art. 622 cod. proc. pen., con assorbimento delle residue questioni civili, come avvenuto nel caso di specie; ma in astratto non si può escludere che il giudice penale di legittimità, pur non accogliendo la censura di carattere processuale dedotta dalla parte civile, non la ritenga manifestamente infondata, con il che si spalanca la possibilità, per il prosieguo, a due diverse soluzioni: a) trasmettere gli atti alla sezione civile, motivando in ordine alle ragioni che non rendono inammissibile il ricorso e che, inoltre, rendono (solo) infondati i motivi di carattere processuale sollevati dal ricorrente, rimettendo quindi al giudice civile la decisione sulle residue "questioni civili"; b) trattenere integralmente il ricorso in decisione nella sede penale, motivando sulla infondatezza dei motivi processuali ed esaminando anche le residue "questioni civili", rigettandole o disponendo l'annullamento del provvedimento impugnato agli effetti civili.
Si ritiene, come già accennato in precedenza, che la soluzione corretta sia quella sub b), in quanto il senso della norma sembra propendere per una trasmissione integrale del ricorso non manifestamente infondato alla sezione civile, la quale in tal caso sarà chiamata a decidere su tutti i motivi di ricorso, sicché la soluzione sub a), con la pronuncia "parziale" del giudice penale sulla (non manifesta) infondatezza dei motivi processuali, oltre a non essere prevista dalla disciplina in disamina, sarebbe anche inutiliter data.
La soluzione sub b), inoltre, appare coerente con l'interpretazione qui propugnata del sistema introdotto dall'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., che si può riassumere con l'affermazione che in tanto si giustifica il rinvio al giudice civile del ricorso proposto per i soli interessi civili, in quanto il ricorso stesso solleciti la decisione su questioni esclusivamente civilistiche; per contro, eventuali rilievi - presenti in ricorso - riguardanti vizi procedurali, non manifestamente infondati e idonei, se accolti, a determinare l'annullamento della sentenza impugnata, sia pure ai soli effetti civili, non potranno che impedire il "transito" del fascicolo alla sezione civile, con quanto ne consegue in termini di inevitabile trattenimento in decisione del ricorso da parte del giudice penale, al quale del resto non sono estranee le decisioni che ex art. 578 cod. proc. pen. attengono soltanto agli interessi civili.
10. Le superiori considerazioni giustificano, quindi, la mancata trasmissione del presente procedimento alla competente sezione civile della Corte di cassazione ed il trattenimento in decisione del ricorso, non operando nel caso di specie il meccanismo di rinvio del ricorso alla sezione civile previsto dal comma 1-bis dell'art. 573 cod. proc. pen.
11. In conclusione, la fondatezza e il rilievo assorbente dei primi due motivi di ricorso, di per sé idonei a invalidare la sentenza impugnata, impongono l'annullamento della stessa, limitatamente agli effetti civili, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., con conseguente rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui va anche rimessa la decisione sulla regolamentazione delle spese fra le parti per questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.