
Nel caso in cui, in ragione della mancata costituzione del convenuto all'udienza di prima comparizione, sia rinnovata la citazione nulla per vizio della vocatio in ius, la stessa parte è rimessa in termini per costituirsi tempestivamente in giudizio a prescindere dal tipo di vizio che inficiava l'originaria citazione.
Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato il 21 aprile 2011, D. M. conveniva, davanti al Tribunale di Ragusa (Sezione distaccata di Vittoria), per l’udienza del 27 settembre 2011, G. A., al fine di sentirlo condannare all’arretramento della costruzione posta sul fondo di sua proprietà, nel rispetto delle distanze dal confine stabilite dai regolamenti comunali vigenti.
All’udienza di prima comparizione del 27 settembre 2011, nella contumacia del convenuto, il Giudice designato rilevava, d’ufficio, il mancato esperimento del previo tentativo di media- conciliazione, quale condizione di procedibilità della domanda, e – per l’effetto – assegnava all’attrice il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di mediazione davanti all’organo competente, rinviando la causa all’udienza del 13 marzo 2012.
Esperito, con esito negativo, il tentativo di mediazione in data 25 ottobre 2011, l’attrice procedeva, di propria iniziativa, alla notifica di altro atto di citazione, con valenza integrativa, per l’udienza del 13 marzo 2012, allo scopo di sanare il vizio della vocatio in ius da cui era inficiato il primo atto introduttivo, il quale conteneva l’avvertimento di cui all’art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c. solo con riferimento alle decadenze di cui all’art. 167, ma non con riguardo a quella di cui all’art. 38 c.p.c.
Per effetto di tale rinnovata notifica, con comparsa di costituzione e risposta depositata il 21 febbraio 2012, si costituiva G. A., il quale resisteva alla domanda avversaria e, in via riconvenzionale, chiedeva che fosse accertata la violazione delle distanze dal confine anche rispetto all’immobile insistente sulla proprietà attrice, con il conseguente ordine di demolizione del fabbricato realizzato contra legem.
Il Giudice designato dichiarava, in via interinale, ammissibile la domanda riconvenzionale con ordinanza del 20 marzo 2012.
Escussi i testi ammessi ed espletata consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale adito, con sentenza n. 27/2017, depositata il 9 gennaio 2017, dichiarava l’inammissibilità – per tardività – della proposta domanda riconvenzionale e, in accoglimento della spiegata domanda principale, previo accertamento della violazione delle distanze legali dal confine del fabbricato realizzato dal convenuto, condannava quest’ultimo all’arretramento della costruzione fino al limite di ml. 6,00 dal confine medesimo.
2. – Con atto di citazione notificato il 27 giugno 2017, G. A. proponeva appello, lamentando: 1) che erroneamente il giudice di primo grado aveva ritenuto tardiva e, dunque, inammissibile la domanda riconvenzionale, poiché, all’esito della nullità della prima citazione notificata, per il mancato avvertimento in ordine alla decadenza di cui all’art. 38 c.p.c. – in ragione della rinnovazione della notifica della citazione, sanata di tale vizio –, la comparsa di costituzione contenente domanda riconvenzione era stata tempestivamente depositata entro il termine di venti giorni prima rispetto alla nuova udienza indicata;
2) che erroneamente era stata applicata la distanza prescritta dall’art. 44 delle norme del Piano regolatore generale del Comune di Vittoria, per la zona E, posto che, al momento della costruzione dell’immobile G., tale piano non era ancora in vigore; 3) che erroneamente era stato ritenuto inoperante il principio di prevenzione; 4) che erroneamente la refusione delle spese era stata posta ad integrale carico del convenuto.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione D. M., la quale chiedeva che il gravame proposto fosse disatteso.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Catania, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia il Giudice d’appello rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che il rinvio della prima udienza, disposto ai sensi dell’art. 5, primo comma, del d.lgs. n. 28/2010, non aveva avuto l’effetto di rimettere in termini il convenuto e, quindi, di consentirgli di esplicare attività dalle quali era ormai decaduto, poiché tale rinvio era diretto esclusivamente a rendere procedibile l’azione giudiziale, consentendo l’esperimento del tentativo di media-conciliazione; b) che la costituzione del convenuto aveva sanato il vizio della citazione per il mancato avvertimento circa il fatto che la costituzione tardiva avrebbe importato la decadenza dalla facoltà di eccepire l’incompetenza; c) che, infatti, nell’ipotesi di costituzione tardiva del convenuto, non doveva essere dichiarata la nullità della citazione, il cui vizio doveva intendersi sanato per raggiungimento dello scopo dell’atto; d) che, non avendo il convenuto lamentato la mancanza dell’avvertimento circa la decadenza dalla facoltà di eccepire l’incompetenza, era inutile la fissazione di una nuova udienza di comparizione; e) che, in ultimo, il vizio della citazione in questione non aveva alcuna rilevanza ai fini dell’ammissibilità della domanda riconvenzionale, non avendo la stessa alcun rapporto con l’avvertimento circa il fatto che la costituzione oltre i termini avrebbe implicato le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.
3. – Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, G. A.. È rimasta intimata D. M..
4. – Il ricorrente ha presentato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità del procedimento per error in procedendo nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 163, terzo comma, n. 7, 38 e 161 c.p.c., per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto inammissibile la domanda riconvenzionale proposta, benché l’originario atto di citazione fosse nullo per vizio della vocatio in ius, in quanto non conteneva l’avvertimento sulla maturazione della decadenza di cui all’art. 38 c.p.c.
In proposito, l’istante obietta che la costituzione del convenuto era avvenuta solo all’esito della rinnovazione della notifica della citazione, sanata del vizio originario, sicché la tempestività della domanda riconvenzionale avrebbe dovuto essere valutata rispetto alla nuova udienza indicata nell’atto di citazione rinnovato, e ciò benché il rinvio fosse stato disposto dal giudice ai fini della verifica della condizione di procedibilità.
2. – Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale respinto la richiesta di escussione di un ulteriore testimone e per non aver tenuto conto del contenuto dell’atto pubblico di acquisto del 28 giugno 1976, da cui sarebbe risultato che i danti causa della D. avevano acquistato soltanto un appezzamento di terreno, ove non insisteva alcun fabbricato, sicché sarebbe stato desumibile che l’odierno ricorrente avesse costruito il suo edificio prima dell’intimata.
3. – Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell’art. 44 delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale vigente nel Comune di Vittoria, per avere la Corte distrettuale applicato le distanze prescritte dal menzionato strumento urbanistico locale, pur non essendo esso vigente all’epoca di realizzazione dell’edificio.
In specie, il ricorrente osserva che, all’epoca della costruzione dell’opera, vigeva il programma di fabbricazione, approvato con delibera del Consiglio comunale del 24 febbraio 1978 e adottato il 15 aprile 1978, il quale non prevedeva alcuna distanza minima degli edifici dal confine.
4. – Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 875 e 877 c.c., per avere il Giudice del gravame ritenuto che il regolamento edilizio comunale fissasse una distanza minima dal confine, senza indicare la possibilità di costruzione in aderenza o in appoggio.
5. – Il primo motivo è fondato.
5.1. – Dalla motivazione della sentenza d’appello si evince che la Corte territoriale, pur riconoscendo che l’originario atto di citazione notificato al convenuto difettava dell’avvertimento circa la decadenza di cui all’art. 38 c.p.c. – e quindi era nullo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 164, primo comma, e 163, terzo comma, n. 7, c.p.c. –, ha ritenuto che comunque la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, con la comparsa di costituzione depositata venti giorni prima della nuova udienza fissata all’esito del rinvio disposto per esperire il tentativo di media-conciliazione, fosse inammissibile per le seguenti, concorrenti ragioni: 1) il differimento era stato disposto dal Giudice di primo grado per la sola attivazione del tentativo di media-conciliazione, ai fini di soddisfare la condizione di procedibilità della domanda giudiziale, e non per la rinnovazione della citazione nulla per vizio della vocatio in ius; 2) in ogni caso, il convenuto si era costituito, indipendentemente dalla disposizione giudiziale della rinnovazione della citazione nulla; 3) inoltre, la carenza causativa di un vizio della vocatio in ius, da cui era affetto il primario atto di citazione, concerneva il solo avvertimento sulla decadenza relativa alla proposizione delle eccezioni di incompetenza, ma non l’avvertimento sulle decadenze di cui all’art. 167 c.p.c., ossia in ordine alla tempestiva proposizione delle domande riconvenzionali, delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e delle chiamate di terzo.
5.2. – Senonché le tre ragioni esposte sono tutte confutabili.
In primo luogo, la circostanza che il rinvio sia stato disposto allo scopo di verificare la procedibilità della domanda non esclude affatto che l’originaria citazione fosse nulla (circostanza di cui la Corte territoriale ha dato atto) e che quindi dovesse essere rinnovata, rinnovazione alla quale non si è proceduto perché l’attore ha anticipato il possibile provvedimento giudiziale. Questi, una volta resosi conto della carenza dell’atto, vi ha provveduto, di propria iniziativa (prima di esservi potenzialmente compulsato), citando il convenuto a comparire per la nuova udienza di prima comparizione già fissata dal Giudice.
In secondo luogo, la costituzione del convenuto originariamente contumace (infatti, dalle emergenze processuali risulta che alla prima udienza del 27 settembre 2011 tale convenuto non si era costituito) è avvenuta in conseguenza della rinnovazione della citazione, sanata, a cura dell’attore, del vizio che inficiava l’originaria citazione, e non già quale mero precipitato della notifica dell’originaria citazione viziata.
Quindi, solo all’esito della nuova notifica della citazione, contenente tutti gli avvertimenti di cui all’art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c., il convenuto si è costituito. Sicché siffatto secondo atto introduttivo citava il convenuto a comparire all’udienza rinviata dal Giudice del 13 marzo 2012 e solo nella prospettiva di questa nuova udienza il convenuto si è costituito venti giorni prima in data 21 febbraio 2012, con comparsa di risposta contenente domanda riconvenzionale.
In terzo luogo, a fronte della rinnovazione della citazione nulla, in ragione della mancata costituzione del convenuto, con fissazione di una nuova udienza di prima comparizione, quest’ultimo era “rimesso in termini” per costituirsi tempestivamente, indipendentemente dal tipo di vizio che inficiava l’originaria citazione.
Pertanto, i vizi da cui era affetto l’atto introduttivo del giudizio, sotto il profilo della vocatio in ius, convergevano verso il fine unitario della disposizione della rinnovazione della citazione e, dunque, una volta che la rinnovazione è avvenuta, con la fissazione di una nuova udienza, il convenuto doveva ritenersi “rimesso in termini” per la tempestiva costituzione.
In conseguenza, la rinnovazione della citazione non era limitata a consentire la sanatoria del solo vizio che aveva ingenerato la nullità dell’originaria citazione, ossia – nel caso di specie – a permettere al convenuto di sollevare, nei termini di legge, le eccezioni di incompetenza; né si può sostenere che restassero, invece, ferme le decadenze in ordine alla proposizione delle domande riconvenzionali, delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e delle chiamate di terzo, rispetto alle quali l’originaria citazione conteneva il debito avvertimento sulle decadenze che sarebbero maturate.
In altri termini, benché il vizio della vocatio in ius da cui era affetto il primo atto di citazione riguardasse la sola mancanza dell’avvertimento in ordine alla decadenza di cui all’art. 38 c.p.c., e contenesse invece l’avvertimento in ordine alle decadenze di cui all’art. 167 c.p.c., non può affermarsi – come, per converso, ha ipotizzato la Corte distrettuale – che i vizi fossero scomponibili e che la “rimessione in termini” del convenuto fosse parcellizzata: ossia che restassero ferme le decadenze di cui all’art. 167 c.p.c., in forza dell’originario atto di citazione, e potesse essere sanata solo la decadenza di cui all’art. 38 c.p.c.
Per contro, una volta disposta la rinnovazione della citazione nulla (o, comunque, una volta riconosciuta l’esistenza dei presupposti per la sua rinnovazione, alla stregua della nullità dell’originaria citazione, rinnovazione avvenuta d’iniziativa, a cura dell’attrice) – che è un quid e non un quantum graduabile – al convenuto spettava l’esercizio di tutte le facoltà processuali previste dal codice di rito: sia la proposizione, entro il termine di venti giorni prima della nuova udienza fissata, delle eccezioni di incompetenza, sia la proposizione, entro lo stesso termine, delle domande riconvenzionali, delle eccezioni non rilevabili d’ufficio e delle chiamate di terzo (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 4710 del 21/02/2020; Sez. 1, Sentenza n. 13652 del 22/07/2004).
E tanto perché l’atto di citazione introduce il giudizio di cognizione e la vocatio in ius determina l’attivazione del contraddittorio, perseguendo lo scopo di porre il convenuto in condizione di esercitare correttamente e pienamente le proprie difese.
Con la conseguenza che, al momento della costituzione, il convenuto non solo non deve risultare danneggiato dalla rinnovazione della citazione, ma, al contempo, deve essere posto in grado di svolgere perfettamente tutte le sue difese, proponendo, entro il termine perentorio di legge, le domande riconvenzionali, le eccezioni non rilevabili d’ufficio e le chiamate di terzo.
6. – Per effetto dell’accoglimento del primo motivo, i residui mezzi di critica sono assorbiti.
7. – Conseguentemente deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso mentre i rimanenti motivi devono essere dichiarati assorbiti.
La sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione:
“Nel caso in cui, in ragione della mancata costituzione del convenuto all’udienza di prima comparizione, sia rinnovata – su iniziativa dello stesso attore, all’esito del differimento disposto per soddisfare la condizione di procedibilità della domanda – la citazione nulla per vizio della vocatio in ius – e segnatamente per la mancanza dell’avvertimento di cui all’art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c. in ordine alla decadenza di cui all’art. 38 c.p.c., benché sia previsto l’avvertimento relativo alle decadenze di cui all’art.
167 c.p.c. –, con la notifica di una nuova citazione, sanata del vizio, per l’udienza già stabilita dal giudice, il convenuto è rimesso in termini ai fini della tempestiva costituzione in giudizio, indipendentemente dal tipo di vizio che inficiava l’originaria citazione, sicché può proporre la domanda riconvenzionale nel termine di venti giorni prima della nuova udienza fissata”.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.